SAECO, LA MESSA DI NATALE DAVANTI ALLA FABBRICA PER DIFENDERE IL LAVORO
NELL’APPENNINO MODENESE CON I 243 DIPENDENTI CHE VEDONO IL PERICOLO IL POSTO DI LAVORO… LA PHILIPS VUOLE DELOCALIZZARE IN ROMANIA
Una messa di Natale sugli Appennini (anche) per difendere un marchio tra i più noti del made in Italy: Saeco, le macchine del caffè celeberrime nei bar.
Logo tutto rosso, impresso anche in certe storiche maglie di una squadra pluri-vincente nel ciclismo con Cipollini, Simoni, Cunego.
Nonostante i fasti passati, ora i dipendenti se la passano male: la proprietà , quella della multinazionale olandese Philips, a novembre ha annunciato il licenziamento di 243 operai sui 558 in pianta organica.
A casa uno su due per delocalizzare l’attività in Romania.
Una falcidie pesantissima, anche perchè il personale è impiegato per intero in un solo impianto a Gaggio Montano, borgo di 5 mila anime sull’Appennino emiliano che molto si appoggia all’indotto della Saeco. Trasporti, rifornitori, tornitori di precisione.
Da queste parti la storia è passata pesantemente: il monastero di Camaldoli non è nemmeno troppo lontano. E poi i nomi di Ronchidoso, Silla e Molinaccio, frazioni di Gaggio dove, in tre distinti eccidi, i nazisti fecero fuori, tra il 24 settembre e il 2 ottobre 1944, un totale di 90 persone. Bimbi, adulti, anziani. Operai.
Tra i 243 esuberi c’è anche qualche lontano parente dei martiri. Fascicoli trovati negli archivi della vergogna e processi mai celebrati
Giovedì notte lavoratori che dovrebbero conservare il posto e quelli nella lista dei licenziati si sono ritrovati davanti al cancello d’ingresso della Saeco per la messa della Vigilia officiata dal parroco di Porretta Terme Lino Civerra ed alla quale hanno preso parte, in segno di solidarietà , molte persone che abitano sull’Appennino bolognese.
Nel giorno di Natale, i lavoratori che non hanno abbandonato il presidio, sono stati raggiunti dal sindaco di Bologna.
Due delle ultime iniziative prese scongiurare la delocalizzazione dell’impianto che azzererà l’occupazione.
Il 23 c’erano state le t-shirt dei 243 operai sistemate in piazza Maggiore, a un tiro di schioppo dalla sede comunale del capoluogo emiliano. Su ogni maglietta stesa sul crescentone, un numero: da 1 a 243. Accanto alla fila l’immancabile caffè offerto ai passanti con una delle macchinette.
Senza contare la «maratona artistica» ancora in corso: cantanti, musicisti e poeti che si esibiscono un po’ ovunque, tra Appennino e Bassa, a favore della Saeco.
E poi anche quell’appello per «una legge contro le multinazionali che delocalizzano» lanciato dal palco della Leopolda davanti al premier Renzi che l’aveva invitata, da una dipendente del marchio, Cinzia Nanni, 26 anni nell’azienda.
Senza contare l’augurio esplicito agli operai dell’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi: «Buon lavoro e buona lotta».
Nel frattempo si muovono sindacati e governo per premere su Philips.
Mentre Fiom e Pd bolognese sono ai ferri corti – il sindacato non vuole che «gli esuberi diventino davvero esuberi» ed è propenso alla «linea dura», il partito ipotizza una specie di «exit strategy» per ricollocare gli esuberi -l’idea dell’esecutivo è di riportare la produzione delle macchine da caffè di alta gamma a Gaggio Montano e vincolarle con investimenti e tre anni ammortizzatori sociali, prevedendo esclusivamente uscite volontarie e incentivate.
Questa la proposta fatta dal ministro dello Sviluppo economico, Federica Guida alla multinazionale e illustrata a Fiom-Cgil e Fim-Cisl.
E Philips? Stando a quanto emerso in un incontro del 22 «l’azienda nel ribadire che non ha ritirato gli esuberi, ha dato timidi segnali di apertura e dice che si prende tempo per valutare le proposte del ministro», riferiscono i delegati di Saeco.
Se ne riparlerà il 18 gennaio in un nuovo tavolo ministeriale.
Alessandro Fulloni
(da “il Fatto Quotidiano“)
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