SULLA PELLE DEGLI ITALIANI, GOVERNO NEL PALLONE
SPREAD ALLA GRECA, CRESCITA ZERO, L’ALLARME DI VISCO, BOZZE DI LETTERE CHE CIRCOLANO, VERTICI DI GOVERNO INVOCATI E NON TENUTI, ESECUTIVO ALLO SBANDO
Fosse stata una giornata litigiosa come le tante a cui questo governo ha abituato il Paese, la rabbia di Luigi Di Maio contro Giovanni Tria sulla lettera di giustificazione a Bruxelles sarebbe stata archiviata come un film già visto, ennesimo fotogramma di un governo che non ha collante interno e che comunque tiene.
E lo stesso ragionamento, con una sfumatura più pessimista, si sarebbe applicato al veleno post elettorale che si sono gettati addosso Lega e 5 stelle, uno per rafforzare l’operazione Salvini premier di fatto, l’altro per riabilitare il suo capo politico e un partito in affanno.
E no, però per l’Italia è stata una giornata anomala. Drammatica.
Lo spread schizzato oltre i 290 punti, i titoli di Stato a cinque anni giudicati dai mercati più rischiosi di quelli della Grecia, la crescita zero certificata dall’Istat, la stroncatura della strategia economica da parte della Banca d’Italia.
È stato un giorno da rischio Paese.
È stato un giorno in cui la natura bicefala del governo si è ulteriormente rarefatta in un ectoplasma incapace di tenere la barra del comando in mano. Il litigio sulla lettera ne è la prova.
Di Maio contro Tria. Tria che smentisce Di Maio. Bozze di lettere che circolano, vertici di governo invocati via Facebook quando da settimane non si tiene un Consiglio dei ministri.
Salvini che fa da solo e avanza ancora, bussando alla porta di Draghi per provare a fare dello spread un altro tassello di una strategia che punta a cambiare Europa e Bce. Conte e la sua mediazione in rincorsa, disallineata nei tempi.
Il tratto che accomuna questo puzzle che non trova la quadra dei suoi tasselli è quello della confusione, che genera debolezza perchè non si può che definire debole un governo che su quella che doveva essere la strategia della rivincita contro l’Europa si è fatto la guerra in casa.
E dentro questa guerra sono affiorate tutte le contraddizioni politiche, di contenuto, con il Tesoro prudente che voleva lasciare qualcosa di tangibile a Bruxelles per salvare la pelle all’Italia e Di Maio che invece ha puntato i piedi contro i tagli al reddito di cittadinanza e quota 100.
Da una parte la sconfessione della strategia economica voluta dai due vicepremier, che è anche tentativo di rivincita di Tria, dall’altra il vicepremier grillino intento a salvarla perchè tagliare il reddito significa derubricare l’esperienza al governo a una visita turistica in un museo.
E in mezzo Salvini, che ha portato Tria dalla sua parte sulla flat tax. Ancora confusione.
Ecco che così il litigio interno al governo è diventato qualcos’altro. Pericolosamente qualcosa altro perchè l’incendio divampato sui mercati è qualcosa di più e di diverso rispetto alle tensioni che si sono registrate in altri passaggi critici della vita di questo governo, come in occasione della gestazione della manovra dello scorso autunno. Quello che i mercati hanno detto oggi è che sì le tensioni sono state causate dalle politiche sui dazi di Donald Trump e da un Bund tedesco che è diventato super conveniente. Ma ha soprattutto ha generato – attraverso i numeri, che sono i riflessi dei comportamenti degli investitori, cioè di chi ci mette i soldi – un’immagine da brivido: l’Italia come la Grecia.
L’Italia come il Paese che qualche anno fa è andato con le gambe per aria e poi sottoposto a una cura da cavallo per mano della troika. Sembra di essere ritornati al 2011, con tutte le conseguenze politiche che lo scenario di allora evoca, cioè incapacità del governo di rispondere ai mercati, di fronteggiare il rischio Paese.
Lo ha detto anche Carlo Cottarelli, che conosce bene i meccanismi dell’economia e della politica, in un’intervista a Huffpost: “Rischiamo di tornare al 2011-2012, con lo spread che arriva a 500-600 punti”.
E litigare oggi, dare al Paese e ai mercati la dimostrazione che non si è neppure capaci di mettersi d’accordo in quella che doveva essere la risposta alle critiche ritenute ingenerose da parte di Bruxelles sui conti pubblici, attesta che il governo così come l’abbiamo conosciuto fino al 26 maggio, prima del voto europeo, davvero non esiste più.
Che sia diventato altra cosa si è capito da qualche giorno, da quando Salvini ha deciso di occuparsi di tutto, travalicando competenze e ruoli non solo rispetto a Di Maio e ai 5 Stelle, ma anche nei confronti del ministro dell’Economia.
Anche oggi Salvini ha giocato da premier o quantomeno ha provato a farlo, approfittando di un presidente del Consiglio, Conte, che ha rimandato a lunedì – un tempo che si centuplica visto il rischio che corre l’Italia sui mercati – la sua analisi sullo stato dell’arte del governo e del Paese.
Lo spread e la lettera alla Ue non sono stati l soli fattori che hanno dato natura diversa allo sbandamento totale del governo. La Banca d’Italia ha strigliato e non poco il tentativo di sabotare il progetto europeo, lanciando un warning chiaro al governo: o si resta in Europa o si diventa più poveri.
E stare in Europa significa credere nell’euro, costruire l’Unione bancaria, tutti tratti di un’Europa lontana anni luce da quella sovranista che la Lega vorrebbe costruire dopo il voto che le ha consegnato oltre il 30% dei consensi.
Nelle raccomandazioni del governatore Ignazio Visco c’è la bocciatura della ricetta economica del governo, che passa dal reddito di cittadinanza e dalla quota 100.
C’è la previsione di un debito più alto, di conti pubblici che rischiano di andare ancora di più allo sbando e di colpire un’economia reale che non si è risollevata, con imprese e famiglie che fanno ancora fatica. E poi l’Istat, che ha non ha lasciato spazio a possibilità di aggrapparsi agli specchi: se si va avanti così non ci sarà crescita. Nessun miarcolo in vista.
In questo campo ha giocato oggi il governo. In maniera confusa, senza una direzione di marcia univoca, litigando, usando spin.
Un gioco sulla pelle del Paese.
(da “Huffingtonpost“)
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