ULTIME (FORSE) DELLA SERA, BERLUSCONI NEL BUNKER: “PORRO’ LA FIDUCIA, VOGLIO VEDERE IN FACCIA I TRADITORI”
TRA CONFERME E SMENTITE, CONTINUA IL TEATRINO BERLUSCONIANO TRA ANNUNCI DI DIMISSIONI E PROCLAMI DI LOTTA… LETTA: “SE CADE L’ESECUTIVO, GLI IMPEGNI RESTANO”… GLI INTERESSI DI MEDIASET DIETRO L’INVITO ALLA RESISTENZA COL VINAVIL ALLA POLTRONA
Silvio Berlusconi non si dimette: «Domani si vota il rendiconto alla Camera, quindi porrò la fiducia sulla lettera presentata a Ue e Bce. Voglio vedere in faccia chi prova a tradirmi».
Il presidente del Consiglio ferma così, con una telefonata al quotidiano Libero, la girandola di voci su un suo possibile passo indietro.
Stop alle voci, alle congetture, al «De profundis» intonato al governo per tutta la mattina.
«Che Silvio Berlusconi stia per cedere il passo è cosa acclarata, è questione di ore. Alcuni dicono di minuti».
Anzi, no: «Berlusconi si presenta alle Camere, chiede la fiducia per varare la legge di stabilità e il maxiemendamento, annuncia che si dimetterà un minuto dopo e che chiede le elezioni a gennaio. Di questo si discute».
A dare il via alla ridda di ipotesi sulla prossima – o ultima – tappa del governo, è stato il direttore del Foglio, Giuliano Ferrara.
In un primo messaggio video, pubblicato questa mattina sull’edizione online del quotidiano, Ferrara dava per certe le dimissioni, parlando anche del dopo, dicendo che «qualunque soluzione mascherata di emergenza che non siano le elezioni subito è inutile».
Poi sono piovute le smentite.
In primis quella del diretto interessato, che da Arcore – dove ha incontrato i figli Pier Silvio e Marina e il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri – ha eliminato ogni dubbio, pur attraverso una pagina Facebook: «Le voci di mie dimissioni sono destituite di fondamento e non capisco come siano circolate».
Immediatamente dopo, lo stop alle illazioni arriva da Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, che in una nota ufficiale riporta le parole del premier: «Ho parlato poco fa con il presidente Berlusconi che mi ha detto che le voci sulle sue dimissioni sono destituite di fondamento».
E subito ecco anche Ferrara correggere il tiro.
La notizia delle dimissioni era stata accreditata anche dal vice direttore di Libero, Franco Bechis, che su Twitter, poco prima di Ferrara, annunciava che il vertice Pdl di domenica sera «si è chiuso con l’intesa che entro domani» Berlusconi «annuncerà » le dimissioni e proporrà un «governo Letta».
Salvo poi fare marcia indietro: «dopo aver parlato con la famiglia, Berlusconi avrebbe deciso di sfidare anche i suoi chiedendo la fiducia sul testo della lettera della Bce», «cinguetta» Bechis, sul social media.
E ancora, nel giro di una manciata di minuti: «Nuova linea Pdl. Governo forza subito fiducia in Senato su maxi-emendamento. Se lì ha i numeri e Camera no, elezioni inevitabili».
Insomma, solo voci, quelle delle dimissioni del premier, iniziate a circolare da ieri sera, e rafforzate da due direttori a lui vicini, stamani: Bechis e Ferrara, appunto.
D’altronde, già ieri, per tutto il giorno, Berlusconi aveva smentito l’ipotesi di un passo indietro. Dal suo staff la conferma che il Cavaliere non avrebbe alcuna intenzione di mollare, nonostante le pressioni provenienti dallo stesso Pdl: i dissidenti chiedono le dimissioni del premier per lasciare spazio a un altro governo, con una maggioranza più ampia, in grado di far fronte alla difficile crisi economica e finanziaria, guidato magari dal sottosegretario Gianni Letta.
Un’ipotesi cui sembra guardare anche lo stesso Letta, quando in conferenza stampa a Palazzo Chigi (si parla dell’accordo con la Commissione Europea sui fondi per il Sud, ndr) dice che «nel passaggio da un governo ad un altro – non è che lo stia auspicando – gli impegni assunti non si rinnovano e non cadono, ma continuano. Si chiama principio della continuità amministrativa».
Ma intanto quelle voci che si rincorrono, rimbalzate in Borsa a Milano, fanno recuperare immediatamente terreno a una seduta partita in negativo e poi arrivata a guadagnare il 3% (con lo spread sceso a quota 473 punti base dal record iniziale, 491); salvo invertire bruscamente la tendenza, dopo le smentite.
La settimana politica si era aperta con forti pressioni sul governo e con la conta dei deputati con il pallottoliere.
Dopo l’umiliazione subita al G20 di Cannes, durante il quale ha dovuto chiedere il monitoraggio del Fondo monetario internazionale sull’attuazione delle misure urgenti, per colmare la crisi di credibilità di cui soffre, Berlusconi ha visto crescere il numero delle defezioni nel suo partito.
Il tutto mentre dalla Lega il ministro Maroni osservava che «la maggioranza sembra non esserci più» e che «è inutile accanirsi».
Sul campo, c’è ancora l’ipotesi che Berlusconi tenti oggi in extremis di «riacciuffare» qualcuno dei dispersi e, qualora non ce la facesse, si dimetta tra stasera – quando tornerà a Roma – e domani.
Magari dopo il passaggio del voto sul Rendiconto previsto a Montecitorio, che anche senza maggioranza passerebbe grazie all’astensione delle opposizioni.
Il primo test ufficiale attende Berlusconi alla Camera domani, in occasione della votazione del Rendiconto generale dello Stato per il 2010, legge sulla quale il governo è già andato sotto una volta e senza la quale si paralizza l’attività pubblica.
Dopo il rendiconto ci sarà l’esame del ddl di assestamento.
Diversi ribelli del Pdl hanno detto che voteranno il Rendiconto poichè si tratta di un atto dovuto. Le opposizioni invece potrebbero astenersi con l’intento di far emergere i numeri della maggioranza.
Se questi fossero inferiori alla maggioranza assoluta di 316, Berlusconi non sarebbe forzato a dimettersi ma potrebbe prendere atto di un indebolimento tale della maggioranza da non consentire lo svolgimento di un’efficace azione di governo.
L’ostacolo successivo si porrebbe per Berlusconi al Senato, dove verrà presentato, a partire da mercoledì, il maxi emendamento alla legge di Stabilità con le misure anti crisi promesse all’Europa. Berlusconi ha annunciato a Cannes che chiederà la fiducia di palazzo Madama in modo che nel giro di 10-15 giorni gli interventi chiesti dall’Unione europea siano approvati. Finora il governo ha goduto al Senato di una maggioranza più solida rispetto a quella della Camera, ma un drammatico peggioramento della situazione sui mercati internazionali potrebbe far precipitare i numeri della coalizione anche a palazzo Madama.
I lavori parlamentari avverranno sotto gli occhi dei rappresentanti della Commissione europea che insieme a quelli del Fondo sono stati incaricati di seguire le mosse dell’Italia e certificarne i passi avanti sulla strada del risanamento e del rilancio economico.
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