VINCE LA BUNDESBANK, MA IL FONDO SALVA-STATI AVRA’ LA LICENZA BANCARIA
E LA BANCA CENTRALE LAVORA ALL’ACQUISTO DI BOND AZIENDALI
La preoccupazione su una fuga in avanti di Draghi aveva cominciato a circolare nelle cancellerie europee nei giorni scorsi, tanto che il presidente francese Hollande aveva confessato a Mario Monti di temere che l’italiano avesse «sparato troppo in alto».
La reazione delle Borse è stata eloquente: una settimana fa, a Londra, Draghi aveva contraddetto il primo comandamento dei banchieri centrali, quello dell’«ambiguità costruttiva». Ansioso di calmare i mercati – forse angosciato perchè la sua intervista a Le Monde di qualche giorno prima non era riuscita a sortire effetti sugli spread -, Draghi era stato di una chiarezza che col senno di poi si è rivelata pericolosa.
Ha scandito che la Bce era pronta a fare «qualsiasi cosa per salvare l’euro».
E, forte dell’endorsement del governo tedesco, poi arrivato da Angela Merkel, aveva promesso la ripresa del programma di acquisti dei bond statali.
L’ipotesi di fuga in avanti ha fatto insorgere la Bundesbank: Jens Weidmann ha sparato ad alzo zero sulla possibilità di riprendere gli acquisti dei bond.
E ieri, quando gli analisti, gli investitori, gli speculatori, gli hanno chiesto di mostrare le carte che aveva davvero in mano, il presidente della Bce ha dovuto ammettere il bluff.
Di fronte all’irrigidimento dell’azionista di riferimento, la Bundesbank, non solo aveva declassato il programma da «decisione» da mettere ai voti a «opzione» che è stata solo discussa.
Ma anche che gli acquisti saranno legati a condizionalità pesanti, molto tedesche.
Draghi ha ributtato la palla nella metà campo dei governi e ha preteso che prima di beneficiare dell’acquisto dei bond ammettano di essere con l’acqua alla gola, chiedano aiuto al fondo salva-Stati e accettino, poi, il monitoraggio.
Ha fatto evaporare in pochi minuti l’ombrello sotto il quale molti investitori avevano già trovato riparo.
Una mossa che rischia, di danneggiare di più l’Italia, che per stessa ammissione di fonti dell’Eurotower soffre principalmente di un contagio spagnolo. E che forse con una ripresa immediata degli acquisti avrebbe potuto sottrarsi all’effetto domino.
Intanto, ai piani alti dell’Eurotower la riflessione sull’arsenale che sarà schierato a difesa dell’euro è cominciata.
Si lavora alla licenza bancaria per il fondo salva-Stati.
Per Draghi e per la Bce (eccezion fatta per la Bundesbank) non c’è un pregiudizio nei confronti della possibilità di fornire all’Esm una potenza di fuoco illimitata.
Il problema, però, è la “monofunzionalità ” del salvaStati, il fatto cioè che al momento serva solo ad aiutare i paesi.
Ovvio che non possa prendere soldi in prestito da Francoforte: la Bce si macchierebbe di finanziamento indiretto ai paesi, vietatissimo dai Trattati.
Ma se potesse finanziare il settore privato, se, come previsto dal vertice Ue di fine giugno, potesse ricapitalizzare direttamente le banche, quella “monofunzionalità ” sparirebbe.
Solo allora la Bce potrebbe dare il suo nulla osta alla decisione dei governi di dotare l’Esm di licenza bancaria.
Quanto agli strumenti straordinari annunciati ma non specificati ieri da Draghi, negli uffici dell’Eurotower stanno già lavorando alla possibilità che acquisti bond aziendali, bypassando così il “grande freddo” delle banche.
Infine, sarà importante anche definire i dettagli dei nuovi programmi di acquisti dei bond spagnoli e italiani.
Su una cosa sono certi, i banchieri centrali: che il problema della seniority «va affrontato», come ha detto anche Draghi.
Il fatto cioè che i mercati sono rimasti scottati dal trattamento privilegiato concordato a Francoforte quando c’è stata la ristrutturazione del debito greco.
Per gli acquisti futuri varrà dunque la regola che la Bce condividerà i rischi, nel caso di un taglio del debito.
Tonia Mastrobuoni
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