Marzo 15th, 2012 Riccardo Fucile
I COSTI DEI GETTONI IN UNA LEGISLATURA: I COMPENSI DEI CONSIGLIERI EQUIVALGONO A UN TERZO DEL FONDO PER L’AUTOSUFFICIENZA
In Consiglio comunale – dove la tensione, dopo le rilevazioni sui gettoni rubati, si taglia col coltello – qualcuno ha fatto i calcoli.
Novantasette euro e sessantuno (il gettone lordo) per diciotto (che sono le sedute al mese) per cinquanta (cioè il numero dei consiglieri) e per sessanta (dodici mesi per cinque anni di legislatura) dà una cifra impressionante.
Cioè cinque milioni e 271mila euro.
Per dire, un terzo del fondo per l’autosufficienza.
Per dire, tre nuovi asili.
Per dire, il taglio del servizio domiciliare provocato da Tremonti.
Ma, mentre lo scandalo dei gettoni facili in comune divampa, “Primocanale” ne fa esplodere un secondo, quello dei gettoni facili nei Municipi.
Qualche consiglio – spiega l’emittente televisiva – ha inserito il contrappello a fine seduta, ma la stragrande maggioranza no.
Così Primocanale è andato a vedere chi dà gettoni (valgono la metà di quelli in Comune, cioè circa 48 euro lordi) e chi no, chi chiede ai propri consiglieri di restare fino alla fine e chi è di manica larga, ben sapendo che alla fine la grande falce di Tremonti ha tagliato in modo massacrante qualsiasi tipo di gettone.
Tornando a Tursi, i soldi dei gettoni, cioè cinque milioni (abbondanti) di euro, sono buttati al vento?
“Ma questa è demagogia allo stato puro – sbotta uno degli assessori più influenti della giunta Vincenzi – Le commissioni fanno parte dei costi della democrazia. Il problema non è togliere le commissioni: il problema è farne meno e farle tutte utili”.
Quanto si potrebbe risparmiare davvero?
Proviamo a fare qualche esempio.
Il 13 febbraio le commissioni 7 e 3 si sono riunite congiuntamente (tema: piano urbano della mobilità ).
Appello alle ore 9,45, inizio effettivo dei lavori ore 10, fine 10 e 58.
Costo per la collettività , solo in gettoni, tremiladuecento euro.
Nel pomeriggio commissione 5 sul giorno d’azzardo: appello alle 14,45, inizio dei lavori 14 e 55, fine alle 16.
Due giorni dopo, il 15, si riunisce la commissione 4, appello alle 9,40, fine 11,10, tema è la vendita di un sedime in Costa Ometti.
All’inizio sono presenti in trenta (costo per la collettività , solo in gettoni, tremila euro), alla fine i nove che restano si accorgono che mancano dei documenti e la pratica è rinviata.
Il giorno dopo la commissione 8 discute dell’Accademia Ligustica: all’appello delle 14,30 sono in 27, alla fine sono in nove.
Il giorno dopo ancora si riuniscono ben tre commissioni, la terza, la quarta e la sesta, sulla gestione del Servizio parchi pubblici: in 33 prendono il gettone all’appello delle 9,40, alla fine sono rimasti in undici.
Poi, naturalmente, ci sono commissioni molto più sfiancanti, che durano anche tre ore e dove i cento euro di gettone sono ampiamente meritati, ma è probabile che abbia ragione Alberto Gagliardi quando propone un tipo di retribuzione fissa, non legata al gettone di presenza e, quindi, al “Prendi i soldi e scappa”.
Raffaele Niri
(da “La Repubblica”)
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Marzo 15th, 2012 Riccardo Fucile
LA DEPUTATA BARTOLINI DENUNCIA: “RISULTAVANO CON DIRITTO DI VOTO AL CONGRESSO IMPRENDITORI DI ORIGINE CAMPANA E PERSONE SENZA PERMESSO DI SOGGIORNO”… E PENSARE CHE IL COMMISSARIO VERDINI AVREBBE DOVUTO GARANTIRE LA CORRETTEZZA DELLE ISCRIZIONI
“Stranieri senza permessi di soggiorno, destinati o, in alcuni casi, già chiusi nei Cie”. C’erano anche loro
fra i 5.780 tesserati del Pdl di Modena, oltre a persone “iscritte ad altri partiti e 100 imprenditori edili di origine campana”.
A rivelarlo è la deputata Pdl Isabella Bertolini, che due mesi fa aveva denunciato il rischio di infiltrazioni mafiose nel partito.
Troppe tessere concentrate nei Comuni della provincia più esposti alla criminalità organizzata, come Castelfranco Emilia e Carpi.
Così, la Lady di ferro del Pdl — che aveva già chiesto la testa di Giovanardi in passato e che guidò i malpancisti per chiedere a Berlusconi un passo indietro quando era ancora presidente del consiglio – aveva scritto a Roma chiedendo un intervento dei vertici del partito.
Detto fatto. Il 17 febbraio, il segretario Angelino Alfano ha deciso di commissariare il partito, inviando a Modena Denis Verdini a fare le dovute verifiche.
Di conseguenza, il congresso è stato rinviato sine die.
Ma c’è un’altra novità . “Ad oggi abbiamo già eliminato più di 100 tessere”, fa sapere l’ex coordinatrice del partito modenese.
Tra questi c’erano anche “iscritti ad altri partiti, come Fli e Forza Nuova, e stranieri senza permesso di soggiorno”.
A chi appartenevano queste tessere? “Di certo non alla mia lista”, assicura la deputata. Dai primi controlli “è emerso quello che avevo detto, cioè che ci sono soggetti legati al mondo dell’edilizia, tutti di origine campana, residenti in alcuni Comuni della provincia. È su questi Comuni che ora faremo un’ulteriore verifica intestandoci le tessere”.
Con questa mossa, i nodi dovrebbero venire al pettine: “Se ci sono stati tentavi di scalate esterne al partito, questo verrà fuori ed elimineremo gli iscritti”, ragiona la deputata.
Qualora, invece, tutte le tessere dovessero trovare una “paternità ”, sarà responsabilità di chi ha presentato l’iscritto garantirne i requisiti di rispettabilità e moralità .
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 15th, 2012 Riccardo Fucile
NELLE CARTE DELLA PROCURA LE COMMESSE AI FAMILIARI DEL SINDACO E LE PRESSIONI SU ENRICO LETTA PER MODIFICARE IL “MILLEPROROGHE” DA PARTE DEL GRUPPO DI IMPRENDITORI COINVOLTI NELL’OPERAZIONE CHE HA PORATO ALL’ARRESTO DEL CONSIGLIERE REGIONALE DEL PD
Quando scocca il Capodanno 2007, la “primavera pugliese” degenera in un’altra stagione. E’ la stagione della “luna del pozzo”, per dirla con le parole del vicesindaco, Emanuele Martinelli. E vedremo perchè.
Quella del 31 dicembre 2006, infatti, era davvero una buona occasione: da un lato c’era Annarosa Marzia, definita la “poverina”, perchè segnalava alcune illegittimità nella gestione degli appalti.
Dall’altro c’era l’ingegnere Vito Nitti, che quelle irregolarità , invece, le sottoscriveva con i suoi atti dirigenziali.
Dovendo scegliere, il sindaco Michele Emiliano non premiò la “poverina”, ma onesta signora Marzia, all’epoca direttrice della ripartizione Lavori pubblici.
Premiò invece Nitti, che prese il suo posto, e oggi è accusato di associazione per delinquere nell’inchiesta che la Procura di Bari ha avviato sugli appalti affidati alla Dec — società di costruzioni della famiglia Degennaro — dal 2004 in poi.
I costruttori Daniele e Gerardo Degennaro sono agli arresti domiciliari da due giorni e, secondo l’accusa, godevano di una “forte influenza” all’interno “delle formazioni politiche di maggioranza nel governo regionale e comunale”.
Un’influenza tale da poter affermare al telefono: “E sono due — dice Michele Corona, direttore tecnico della Dec, a Vito Nitti — ci siamo fatti un altro assessore”.
Il riferimento è agli ex assessori Ludovico Abbaticchio e Simonetta Lorusso.
E torniamo alla Nitti e alla sua scelta.
“Gli elementi acquisiti — scrivono i pm Renato Nitti e Francesca Romana Pirrelli — confermano che la scelta del sindaco Emiliano non era fondata da ragioni di valorizzazione delle professionalità ma, al contrario, dalla piena capacità di Nitti di soddisfare le esigenze della politica e le specifiche pressioni dei Degennaro”.
Una descrizione confermata dalle parole dell’ex vicesindaco Martinelli che, parlando con Nitti, dice: “Tu alla fine qualche volta, non è che fai atti illegittimi, però fino al massimo ci arrivi (…). In fondo non è che chiediamo la luna nel pozzo…”.
Ed ecco il ritratto che, di Nitti, fa la Procura di Bari: “E’ un sodale dell’associazione. Il suo ruolo di dirigente apicale è di fondamentale importanza per il compimento del disegno criminoso. Nel suo ufficio si sono tenute molte delle riunioni riservate dell’associazione, per definire le strategie per aggiudicarsi illecitamente gli affidamenti dei lavori pubblici e garantirne l’immunità ”.
Questo è il dirigente scelto dal sindaco Emiliano, dall’ex pm antimafia che, della legalità , ha sempre fatto la propria bandiera.
Il suo staff spiega che, essendo distaccata dal Comune di Taranto, la signora Marzia non poteva essere riconfermata.
Il che non giustifica certo la scelta di Nitti, che fu trasferito d’incarico, sì, ma solo nel 2009, quando l’inchiesta sugli appalti alla Dec divenne pubblica.
E ottenne l’incarico, su scelta del sindaco, proprio perchè esaudiva i desideri d’imprenditori e politici.
A meno che Emiliano non sia stato preso in giro, oltre che da Nitti, anche da Martinelli, cioè il suo vice, che disquisiva sulla “luna nel pozzo”.
Anche perchè, proprio sulle opere pubbliche affidate alla Dec, secondo l’accusa, Emiliano confidava d’accrescere il proprio consenso politico.
Ed è proprio Martinelli a definire, questi benefici, come un “regalo”.
Il sindaco cerca di favorire, però, anche l’immagine degli imprenditori, che vengono pubblicamente rappresentati come dei “benefattori” nonostante a volte — si legge negli atti — “l’opera fosse remunerata e illegittimamente aggiudicata a loro vantaggio“.
Un giardino pubblico, inaugurato nel gennaio 2005, fu chiuso per inagibilità il giorno dopo.
In effetti, un regalo Emiliano lo riceve dai Degennaro per Natale: “Champagne, vino e formaggi, quattro spigoloni, venti scampi, ostriche imperiali, cinquanta noci bianche, cinquanta cozze pelose, due chili di allievi locali di Molfetta e otto astici”.
Un peccato davvero veniale.
Ben altro peso politico, invece, hanno le commesse affidate dai Degennaro all’omonimo cugino del sindaco, Michele Emiliano, che nel 2007, “nell’ambito dei lavori di realizzazione del centro direzionale del San Paolo“, ottiene dalla Dec una commessa “dell’importo di 1,7 milioni di euro”.
Gli imprenditori s’interessavano anche agli affari di suo fratello, Alessandro Emiliano, come dimostra un’altra intercettazione. Simone Degennaro, dopo aver incontrato Alessandro, spiega al padre: “Ho parlato, anzi, vedi che… si può far lavorare, perchè… c’ha una ditta, che fa tipo celle frigorifere, cose per cucine grosse, supermercati (…), ristoranti (…) Ladisa ha preso l’appalto alla Farnesina e lui gli sta fornendo le cucine. (…) Gli ho parlato di Villa Camilla: ‘Vedi che… a Villa Camilla, mio zio vuole fare tutte queste cose all’aperto, cioè nel senso non vuole fare una cucina chiusa, ma vuole farle aperte, per cui c’è tutto questo discorso…’”.
“L’azione di Vito Degennaro — scrive l’accusa — poteva vantare illustri conoscenze di esponenti del governo: gli onorevoli Mario Lettieri e Francesco Boccia“.
E infatti nel 2007 i Degennaro provano (inutilmente) a interferire anche sulla politica nazionale, per ottenere, attraverso il consigliere economico di Enrico Letta, Francesco Boccia, un emendamento al “” che danneggiava i loro interessi.
Antonio Massari e Valeria Pacelli
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 15th, 2012 Riccardo Fucile
DA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO A QUELLA BASATA SULL’INDENNIZZO… IL PASSAGGIO DALL’ETA’ DEI VALORI IDEALI A QUELLA DEI VALORI MONETARI
Se non ora quanto? L’interrogativo resistenziale e catartico di Primo Levi è stato virato in un incubo
economico e monetario.
Eppure l’Italia è stata davvero, nel dopoguerra, e negli anni Settanta, “una Repubblica fondata sul lavoro”, un paese di artigiani, contadini, operai, di piccoli e geniali imprenditori (e soprattutto una terra di emigranti), che avevano costruito sull’etica del lavoro ben fatto, e dell’onestà , la loro fortuna.
Poi, dalla fine degli anni Ottanta, questo Paese si è trasformato in una democrazia fragile — non a caso assaltata dai monopoli e dai poteri speculativi — finalizzata alla moltiplicazione della precarietà .
Adesso, alla fine di un percorso netto, si sta preparando l’ultimo salto dis-evolutivo: quello che ci farà diventare un paese “fondato sull’indennizzo”.
Si può pensare qualsiasi cosa sul problema del Tav, per esempio, ma che senso di responsabilità comunica una classe dirigente che invece di rassicurare e risolvere dice: va bene, faremo qualche disastro, devasteremo dei territori, però vi ricopriamo di soldi?
Che credibilità può avere un imprenditore (indovinate chi?) che dice: ti tolgo dieci minuti di pausa alla catena di montaggio, ogni giorno, però ti metto in busta paga 44 euro (se possibile lordi).
E quale terremoto sociale produce, nel paese della demeritocrazia realizzata (in questo siamo i più bravi al mondo) l’idea che il licenziamento si legittima con la liquidazione economica e che persino quando i tribunali scrivono in una sentenza che una azienda ha tenuto un comportamento anti-sindacale, tutto si può risolvere con un obolo e con una monetizzazione del danno?
Senza che quasi ce ne accorgessimo si è realizzato un terremoto culturale e sociale: chi ha soldi può fare quello che vuole, basta che paghi.
Può evadere, purchè poi aderisca al condono, può cementificare, perchè tanto poi si mette in regola.
Può inquinare, tanto poi promette bonifiche che non arrivano mai (chiedere al sindaco di Taranto o di Porto Torres, a quelli della petro-Basilicata).
Nella nuova Italia feroce in cui aumentano le differenze tra ricchi e poveri tutto può essere comprato, e sembra che non esistano più diritti non negoziabili.
Com’è triste il passaggio dall’età¡ dei valori ideali a quello dei valori monetari.
Luca Telese blog
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Marzo 15th, 2012 Riccardo Fucile
AI COMPONENTI DELL’ASSEMBLEA FEDERALE E’ STATO IMPEDITO DI VISIONARLI, FINIRA’ PER VIE LEGALI LA RICERCA DI DOVE SONO FINITI I SOLDI
In quello che resta della Margherita comincia la battaglia per carte bollate.
Perchè a un mese e mezzo dall’esplosione del caso Lusi, i bilanci dell’ex partito sono ancora chiusi in cassaforte.
I vertici dell’ex partito — a cominciare dal presidente Enzo Bianco — rispondono con il silenzio alle richieste di visione che arrivano dai membri dell’assemblea federale, l’organo sopravvissuto allo scioglimento nel Pd deliberato nel 2007.
Così, per iniziativa di uno di loro, Luciano Neri, oggi responsabile della Consulta italiani del Mondo dei democratici, ora la parola passa agli avvocati.
“Insieme ad altri membri dell’assemblea ho dato mandato a un gruppo di legali di inviare un’istanza ai dirigenti, per diffidarli dal prendere qualsiasi decisione gestionale e, appunto, perchè mettano a nostra disposizione i bilanci degli ultimi cinque anni, con i relativi documenti contabili”, spiega Neri.
Destinatari dell’ingiunzione, il presidente dell’assemblea federale Enzo Bianco, il presidente del partito Francesco Rutelli, il presidente del Comitato di tesoreria Gianpiero Bocci.
Già un mese fa Neri, in veste di membro dell’Assemblea federale, che tra l’altro è l’organo che quei bilanci ha approvato, aveva inviato una richiesta formale a Bianco per poter visionare i conti, diventati oggetto dell’inchiesta della Procura di Roma contro l’ex tesoriere Luigi Lusi. “Bianco non mi ha neppure risposto”, afferma Neri, che così ha deciso di imboccare la via dell’azione legale.
Il paradosso è che mentre le ricevute delle “spese folli” del senatore Lusi — tra acquisti di immobili e vacanze extralusso in giro per il mondo — filtrano dall’inchiesta giudiziaria e finiscono sui giornali, “noi ‘azionisti’ del partito siamo ancora tenuti all’oscuro di tutto”, commenta Neri.
“La mia sensazione è che l’attuale gruppo dirigente voglia scaricare tutte le responsabilità sull’ex tesoriere ormai ‘bruciato’ dall’inchiesta e arrivare a una rapida liquidazione di ciò che rimane del partito”.
Invece ci sarebbero tante vicende ancora da chiarire.
Nel 2007, la Margherita vota per la confluenza nel Pd insieme ai Ds.
Ma Rutelli, in disaccordo con quella scelta politica, fonda l’Api, un partito centrista concorrente del Pd, e ne diventa presidente. Ma non molla la poltrona di numero uno della Margherita.
“E’ incredibile”, continua Neri, “è come se il presidente della Fiat diventasse il numero uno della Volkswagen, ma allo stesso tempo mantenesse il controllo del gruppo torinese e dei suoi bilanci. Una cosa assurda. Ci sono le inchieste giudiziarie, ma ci sono anche le responsabilità politiche”.
Ai microfoni di Radio 24, Bianco promette di convocare l’Assemblea federale nei prossimi giorni.
“Proporrò che le risorse non spese siano destinate a iniziative di carattere sociale pubblico, in modo da restituirle allo Stato”.
Si tratta infatti di fondi ottenuti esclusivamente a titolo di rimborsi elettorali.
L’identica soluzione era stata proposta da Neri l’anno scorso, all’assemblea federale del 20 giugno (e Rutelli si arrabbiò molto, guarda il video), con tanto di indicazione dei possibili beneficiari: Emergency, Medici senza frontiere, Caritas…
Ma all’epoca il caso Lusi era di là da venire e l’idea cadde nel vuoto.
Oggi l’ammanco nelle casse della Margherita è valutato in 20 milioni di euro.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 15th, 2012 Riccardo Fucile
L’EX TESORIERE DELLA MARGHERITA AVREBBE GIRATO UNA VALANGA DI SOLDI ALLA FONDAZIONE DEL LEADER DELL’API…”VERSAMENTI SOTTO I 150.000 EURO PER AGGIRARE LO STATUTO”, TUTTI PROVATI DA BONIFICI BANCARI
Che abbia ragione lui? 
Il centrosinistra rischia davvero di crollare, nel caso uscissero fuori tutti i segreti custoditi nei forzieri di quella che fu la Margherita-Democrazia e Libertà ?
Luigi Lusi, senatore del Pd ed ex tesoriere del partito che nel 2007 si è fuso con i Ds formando il Partito democratico, lo ha detto senza giri di parole nell’intervista “rubata” a “Servizio pubblico”.
Parole e frasi che sono state interpretate da molti come una minaccia, quasi come un ricatto.
Avvertimenti lanciati per sminuire la propria posizione (Lusi è infatti accusato di aver usato i soldi del partito per aquistare ville da sogno, viaggi di lusso e cene al caviale) tirando in ballo le responsabilità dei big dell’ex Margherita, politici illustri che hanno condiviso con lui – farebbe intendere l’ex uomo di fiducia di Francesco Rutelli – la responsabilità della gestione delle finanze del partito.
Foraggiato anche dopo la sua scomparsa politica con decine di milioni di euro ottenuti grazie ai generosi rimborsi elettorali.
La Margherita, che in dieci anni ha incassato la bellezza di 214 milioni, ha risposto alle allusioni dell’ex tesoriere presentando querela e con una richiesta di danni tra i 5 e i 10 milioni di euro.
Saranno ora i magistrati a decidere chi ha ragione, e se al saccheggio delle risorse del partito abbia partecipato soltanto Lusi.
Quel che è certo è che ad attingere a quella cassaforte sembrano essere stati in molti.
“Per quanto mi riguarda metto a disposizione su Facebook il mio estratto conto: 56 mila euro. Da quando faccio politica il mio patrimonio è diminuito. Sul mio impegno trasparente non posso accettare ombre. Quando ho fondato Api ho tagliato la carta di credito che avevo come presidente della Margherita e l’ho restituita a Lusi”, ha detto Francesco Rutelli qualche giorno fa.
Sarà sicuramente vero. Ma di certo Lusi non ha mai dimenticato il conto corrente della fondazione che Rutelli ha creato e di cui è presidente, il Centro per il futuro sostenibile (Cfs).
A questa fondazione Lusi ha girato centinaia di migliaia di euro della Margherita quando l’ex sindaco di Roma non solo era uscito dal Pd, ma aveva già fondato un altro partito, Alleanza per l’Italia (Api), antagonista al centrosinistra.
A “l’Espresso” risulta che il Cfs ha ricevuto da Lusi, dal novembre 2009 al luglio 2011, ben 866 mila euro. In media oltre 43 mila euro al mese.
Il primo bonifico alla fondazione (conto corrente Unicredit-Banca di Roma numero 000401107758) è del 13 novembre 2009.
Sono giorni cruciali per Rutelli: abbandonato in polemica il Pd considerato troppo sbilanciato a sinistra, Francesco insieme a Bruno Tabacci sta lanciando l’Api, il suo partito personale nato appena due giorni prima.
La fondazione il 13 novembre riceve da Lusi i primi 48 mila euro della Margherita. Altri 48 mila arrivano a gennaio del 2010.
Poi – tra quelli che risultano a “l’Espresso” – ne giungono altri 140 mila a ottobre, 145 mila a novembre, altri 140 mila il 17 dicembre 2010.
Anche il 2011 per Rutelli e la sua fondazione comincia bene: il primo febbraio arrivano dalle casse del partito che non esiste più ulteriori 145 mila euro, mentre altri 200 mila piovono con due distinti versamenti nel mese di luglio.
Tutti i versamenti sono inferiori (spesso di poco) alla soglia dei 150 mila euro.
Guarda caso, lo statuto della Margherita nel comma 7 delle sue “Disposizioni finali” prevede che durante la fase di costituzione del Pd “gli atti di straordinaria amministrazione e quelli di ordinaria amministrazione di importo superiore a 150.000 euro sono adottati congiuntamente dal Tesoriere e dal Presidente del Comitato Federale di Tesoreria”.
La norma è stata inserita nel maggio del 2007, e avrebbe dovuto rafforzare il ruolo di controllo su Lusi del Comitato. Peccato che quasi tutte le uscite del tesoriere siano state inferiori a quella somma, cosicchè non vi è mai stato bisogno della firma del presidente del Comitato federale di tesoreria.
Una carica ricoperta da Giampiero Bocci, deputato Pd della corrente di Dario Franceschini.
Non solo. Il comitato che avrebbe dovuto vigilare sulla cassa era costituito da altri cinque componenti, espressioni delle varie correnti della Margherita: insieme a Bocci c’erano infatti Pierluigi Mantini, rutelliano come il tesoriere Lusi; Ivano Strizzolo, considerato esponente della corrente di Franco Marini; Italo Tanoni, di Lamberto Dini; il deputato Pd Guglielmo Vaccaro, vicino a Enrico Letta; e Maurizio Taormina, ex vicepresidente della provincia di Rimini, buon amico di Renzo Lusetti e dello stesso Francesco Rutelli.
Possibile che nessuno dei big e dei responsabili dei controlli dei bilanci sapesse che la Margherita finanziava la fondazione di un politico che era uscito dal centrosinistra fondando un partito che si è alleato con l’ex missino Gianfranco Fini?
Almeno una persona doveva sapere, si lamentano alcuni ex dirigenti di Democrazia e Libertà .
Certo è infatti che ad incassare i soldi della Margherita per conto del Cfs è Giovanni Castellani, tesoriere della stessa fondazione e, contemporaneamente, revisore dei conti della Margherita.
E’ lui uno dei tre commercialisti che avrebbero dovuto verificare i bilanci del partito. Un rutelliano della prima ora che segue fedelmente il leader dai tempi della lista “Beautiful” con l’appoggio della quale Rutelli trionfò alle elezioni comunali di Roma nel 1997.
Di quella lista Castellani era coordinatore.
La vicenda delle erogazioni al Centro per un futuro sostenibile lambisce anche un autorevole componente del governo in carica.
Animatore e co-fondatore della fondazione è infatti pure Guido Improta, attuale sottosegretario ai Trasporti nel governo di Mario Monti finito sulle cronache dei giornali per le sue sterminate proprietà immobiliari. Improta, per il salto nel governo dei tecnici, ha potuto contare sulla sponsorizzazione di Rutelli.
Non solo: nel Cfs, nato per tutelare “il bene comune” e per realizzare “una società migliore” diffondendo “i valori politici, culturali e sociali in tema di ambiente globale”, ci sono altre personalità del gotha politico italiano: da Marianna Madia a Santo Versace nel Comitato dei parlamentari sono rappresentati quasi tutti i partiti, anche con pezzi da novanta del calibro di Piero Fassino, Emma Bonino, Pier Ferdinando Casini ed Ermete Realacci.
Torniamo ai bonifici incassati dalla fondazione di Rutelli.
A fine 2009 Cfs riceve ben 150 mila euro pure da “Cento Città Italia nuova”.
Forse pochi lo ricordano, ma si tratta del vecchio comitato Centocittà fondato dai sindaci di centrosinistra dei grandi comuni nel 1998 e sciolto – almeno sulla carta – un anno dopo.
Tra i promotori c’erano Enzo Bianco, Rutelli, Massimo Cacciari, il leader di Legambiente Realacci e Paolo Gentiloni. Anche dopo lo scioglimento, però, la cassa aveva evidentemente ancora cospicue risorse.
Forse perchè, nonostante l’organismo fosse morto da più di dieci anni, la Margherita ha continuato a girare sul conto bancario di Centocittà circa 40 mila euro l’anno. Sembra una stranezza, ma una spiegazione c’è: come risulta da un documento del Senato del gennaio 2007, il “tesoriere nazionale” di Centocittà è ancora lui, Lusi.
E’ il 30 novembre 2009 quando Centocittà versa i 150 mila euro alla Cfs e, secondo le movimentazioni documentate dai bonifici bancari presi in visione da “l’Espresso”, il giorno successivo, il 1 dicembre, la fondazione Cfs spedisce un bonifico (anche questo da 150 mila euro tondi tondi) al neonato partito di Rutelli, fondato da un paio di settimane.
Soldi di cui però non vi è traccia nella contabilità dell’Api: nell’unico bilancio sinora presentato, quello per il 2009 e il 2010, ci sono solo le voci relative alle quote associative, i rimborsi elettorali, il denaro raccolto con le collette dei privati e i contributi dei gruppi parlamentari.
Di Centocittà nemmeno l’ombra.
Oggi Lusi è indagato per appropriazione indebita dalla procura di Roma, che ha aperto un’inchiesta su di lui dopo un “warning” della Banca d’Italia sulle movimentazioni sospette del conto della Margherita.
Il senatore avrebbe sottratto una ventina di milioni di euro per interessi privatissimi, come l’acquisto della villa di Genzano e quello di un appartamento a Roma a via Monserrato, senza dimenticare l’altra residenza ad Ariccia data in usufrutto a una nipote.
Il vorticoso giro di quattrini però, in base a quanto scoperto da “l’Espresso”, sembra disegnare un sistema più vasto e complesso che va oltre le disinvolte cene a base di caviale.
Già nel 2010 alcuni deputati avevano messo in dubbio la correttezza con cui sono stati impiegati i soldi pubblici del partito confluito nel Pd nell’ottobre del 2007: se oggi Arturo Parisi teme le conseguenze politiche devastanti di eventuali comportamente poco trasparenti, altri – sospettando che la cassa sia stata saccheggiata per favorire alcune correnti e lasciando fuori altri “aventi diritto” – nel 2010 sono passati alle vie legali. Rino Piscitello, Renzo Lusetti ed Enzo Carra, ex Dl, hanno avviato una causa civile contro i vertici del partito per non essere stati convocati alle assemblee che dovevano approvare i bilanci.
Chiedono ai giudici, in pratica, di annullare i rendiconti consuntivi degli ultimi anni, anche se i soldi ormai sono stati già spesi. I tre ce l’hanno in sostanza non solo con Lusi, ma con il presidente federale Rutelli e con Enzo Bianco.
“E’ Bianco il presidente dell’assemblea della Margherita, ed è vero che non ci ha mai chiamato”, racconta furioso pure Riccardo Villari, ex margheritino passato al gruppo Coesione Nazionale che appoggiò il governo Berlusconi diventando anche sottosegretario.
“Io ero un dirigente nazionale della Margherita, ma mai nessuno mi ha chiesto il permesso per impiegare i soldi del partito per un convegno, per il quotidiano “Europa”, le segretarie o qualche fondazione. Forse avevo diritto come altri ad essere supportato nelle mie iniziative politiche. Sarebbe paradossale ora se per colpa di altri, coloro che non hanno preso un euro si ritrovassero a rispondere di responsabilità giudiziarie. Lusi ha padri e madri, persone che lo hanno sostenuto e messo lì a fare l’amministratore. E’ poco verosimile che nessuno sapesse come venivano gestite le cose. C’era un comitato di tesoreria, votato nel 2006, espressione di tutte le correnti. Ecco: un’auto usata da questi signori non la comprerei mai”.
Ma quali sono le regole secondo le quali la Margherita finanziava un politico, un centro studi, l’ufficio di una fazione? Semplicemente, non esistevano.
Tutto faceva capo a Lusi, che ha raccontato di aver distribuito denaro come un Bancomat a seconda delle richieste che venivano dai leader.
Per ora, quello che emerge sono i fondi a Rutelli, che tra l’altro aveva lasciato il Pd, partito dove la Margherita è confluita.
E a che titolo questi soldi di Democrazia e Libertà sono finiti alla sua fondazione Cfs? Una risposta la fornisce uno dei personaggi di primo piano dell’entourage del leader dell’Api al centro di questa girandola di denaro e che a “l’Espresso” ha chiesto l’anonimato: “I soldi incassati da Cfs erano considerati una sorta di anticipo della quota del tesoro accumulato dalla Margherita e spettante alla corrente rutelliana”.
Altra domanda: sono legittimi questi contributi?
Non lo sappiamo, regolamenti scritti e deliberazioni in proposito – tranne lo statuto – non ce ne sono.
“Libero” ha raccontato di presunti finanziamenti ottenuti anche da Matteo Renzi (che ha promesso querela) e da Enzo Bianco, per convegni e campagne elettorali. Bianco, in particolare, è stato tirato in ballo per quattro fatture da centinaia di migliaia di euro pagate da Lusi alla M & S Congressi di Catania, un’azienda controllata al 50 per cento dai fratelli Mario e Patrizia Minnelli.
Quest’ultima è stata la segretaria di Bianco, ed è tra i promotori dell’associazione Liberal Pd che fa capo proprio al presidente dell’assemblea della Margherita.
Ai soldi della M & S, ha spiegato poi “Il Fatto Quotidiano”, se ne aggiungerebbero altri destinati all’attività politica dell’ex sindaco di Catania, versamenti considerati da qualcuno una specie di “stipendio” che la Margherita garantiva a Bianco.
Le indiscrezioni hanno scatenato il finimondo.
Nonostante Renzi e Bianco siano ancora esponenti del Pd.
Che succederà allora nel caso di Rutelli?
Risulta a “l’Espresso” che grazie alle elargizioni ottenute dalla Margherita, la fondazione Cfs paga pure l’affitto della sede dell’Api nel centro storico di Roma a largo Fontanella di Borghese.
Circa 5 mila euro al mese, secondo i movimenti bancari del 2009, 2010 e 2011, denaro girato ad Alberto e Domenico Giusti De Marle, proprietario dei locali.
Ma non è tutto.
Un’altra stranezza dovrebbe provocare le ire di Pier Luigi Bersani. All’Api, concorrenti del Terzo polo, lavorano infatti funzionari il cui stipendio è pagato dalla Margherita, socio fondatore del Partito democratico.
Tra loro, paradossalmente, c’è addirittura il portavoce dell’Alleanza per l’Italia di Roma, Luciano Nobili, nelle sue dichiarazioni pubbliche mai tenero con il Pd.
“E’ vero, ci sono ancora dipendenti che pesano sui bilanci della Margherita, e alcuni fanno politica per l’Api. Io lavoro anche per il Pde, il Partito democratico europeo a cui aveva aderito la Margherita. Lusi? Tutti andavano da lui, chiedendo di volta in volta quello che era utile e necessario”.
Per la cronaca, Luigi Lusi è anche tesoriere di questo partito sovranazionale, nato da un’iniziativa di Rutelli e del conservatore francese Franà§ois Bayrou per riunire a Strasburgo i moderati cattolici.
Anche “Alliance of democrats” è una loro creatura, “un network costituito”, spiega Nobili, “con il Partito democratico americano di Barack Obama”.
Ebbene nella capitale la sede dell’Alliance è negli stessi uffici della fondazione rutelliana.
Dunque, anche lei ospite a scrocco della Margherita.
Primo Di Nicola e Emiliano Fittipaldi
(da “L’Espresso”)
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Marzo 15th, 2012 Riccardo Fucile
CI SARA’ UNA FORMA CONTRATTUALE DOMINANTE A TEMPO INDETERMINATO CON INGRESSO ATTRAVERSO L’APPRENDISTATO… NUOVE GARANZIE ANTI-ABUSI DALLE FINTE PARTITE IVA AI COLLABORATORI… COSTI AGGIUNTIVI PER LE IMPRESE
Addio alle 46 forme di atipicità calcolate dalla Cgil (una ventina per Confindustria).
E stretta sui rapporti di lavoro camuffati, gli impieghi distorti, gli abusi.
Il governo traduce la flessibilità “buona” sfoltendo la giungla dei contratti ad otto tipologie essenziali e si impegna a disincentivare e sanzionare gli «utilizzi impropri».
Con l’obiettivo – si legge nella proposta di riforma – di «rendere più dinamico il mercato del lavoro», soprattutto per le «fasce svantaggiate», come i giovani, «contrastando al contempo la precarizzazione».
«Il mantenimento della precarietà sarebbe suicida», ha spiegato ieri il ministro Fornero, specificando poi che «abbiamo in mente una forma contrattuale dominante, il contratto a tempo indeterminato, che preveda l’ingresso nel mercato del lavoro possibilmente in giovane età attraverso un vero apprendistato».
Collaboratori
Disincentivi e nuovi vincoli così saranno evitati gli abusi
Il tentativo è quello di restringere l’uso dei co.co.pro., spesso lavoro subordinato mascherato, introducendo disincentivi normativi e contributivi.
In pratica, la definizione del “progetto” dovrà essere più stringente e specifico.
L’attività del collaboratore sarà assimilata a quella del dipendente («presunzione relativa») se svolta con modalità analoghe.
Non sarà più possibile inserire clausole individuali nei contratti che consentono il recesso prima della scadenza o del completamento del progetto anche senza giusta causa.
Il contratto potrà essere chiuso solo per giusta causa, incapacità professionale, cessazione dell’attività cui il progetto è inerente.
Partite Iva
Se la collaborazione è strutturale scatta l’assunzione definitiva
Se la collaborazione professionale, autonoma e occasionale (partite Iva), dura più di 6 mesi nell’arco di un anno, il lavoratore ne ricava più del 75% del fatturato e comporta l’uso di una postazione di lavoro presso il committente, si presume, salvo prova contraria a carico del datore, che quel rapporto di lavoro è di fatto “coordinato e continuativo”.
L’eventuale accertamento giudiziale comporterà automaticamente la conversione del rapporto in subordinato a tempo indeterminato, come avviene per i co.co.pro. «privi di un progetto specifico».
Escluse le collaborazioni di professionisti iscritti ad albi e saranno rivisti modalità e requisiti per aprire una partita Iva.
Associazioni
Giro di vite per bonificare la situazione dei soci “simulati”
Stretta in arrivo anche per le associazioni in partecipazione.
La bozza parla di «bonifica» delle situazioni di finti soci o soci simulati, senza reale partecipazione agli utili, che coinvolgono soprattutto “milleuristi”, giovani impiegati nei negozi in franchising (oltre 52 mila, secondo la Uil).
L’abuso sarà perseguito con la limitazione del numero massimo degli associati (sino a 5 soggetti, dice la bozza, compreso l’associante), fatte salve le associazioni familiari e quelle che svolgono attività «di elevato contenuto professionale».
Ma soprattutto se non ci sarà una distribuzione effettiva degli utili, il rapporto si presumerà di natura subordinata, fatta salva la prova contraria.
Part-time
Obbligatorio per il datore di lavoro comunicare le modifiche di orario
Per il contratto a tempo parziale, arriva l’obbligo per il datore di comunicare «ogni variazione di orario», contestualmente al preavviso al lavoratore, nell’ambito del part-time verticale o misto (è questa la forma che più si presta ad abusi).
Anche per il contratto intermittente (“a chiamata”) si introduce un obbligo di comunicazione amministrativa, con «modalità snelle» (compreso il messaggio telefonico), ad ogni chiamata del lavoratore, per scongiurare che sia utilizzato in modo irregolare.
Per il contratto di lavoro accessorio, si pensa di restringere il campo di operatività , modificare il regime orario dei buoni (voucher) e anche qui modalità snelle per comunicare l’inizio dell’attività lavorativa.
Lavori a termine
Contributi più costosi per le aziende finanzieranno i nuovi ammortizzatori
Il contratto a termine costerà di più (escluso quello di sostituzione), ma l’aggravio sarà recuperato se il datore assumerà il lavoratore a tempo indeterminato.
Il meccanismo bonus/malus («premio di stabilizzazione») si attiverà con un rialzo dell’aliquota contributiva pari all’1,4% (2,7% totale) che andrà a finanziare il nuovo ammortizzatore, l’Aspi (assicurazione sociale per l’impiego).
Per limitare gli abusi, aumenterà l’intervallo temporale tra un contratto e l’altro.
E sarà eliminato il termine risicato di 60 giorni dalla scadenza entro cui manifestare al datore la volontà di impugnare il contratto ritenuto illegittimo, riducendo però da 330 a 270 giorni (9 mesi) il termine per l’azione in giudizio.
Apprendistato
Canale privilegiato per i giovani ma dovranno esserci più assunzioni
Sarà «il canale privilegiato di accesso dei giovani al mondo del lavoro» (15-29 anni), così come previsto dal nuovo Testo unico del 2011 che dovrà essere implementato da Regioni e parti sociali entro il 25 aprile. In arrivo, però, alcuni correttivi.
Il datore potrà assumere nuovi apprendisti solo dimostrando di averne confermati una certa percentuale nel passato recente. Ci sarà una durata minima.
La figura «ambigua» del referente aziendale verrà eliminata e il tutore sarà obbligatorio. La registrazione della formazione sarà sostituita da una dichiarazione del datore, in attesa del “libretto formativo”.
Il nuovo “contributo di licenziamento” si applicherà anche agli apprendisti.
Valentina Conte
(da “la Repubblica“)
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Marzo 15th, 2012 Riccardo Fucile
TETTO AI RISARCIMENTI, ARRETRATI PER 24 MESI….PIU’ CONTRIBUTI CONTRO IL PRECARIATO
La riforma del mercato del lavoro prende forma. 
Ieri, in un vertice con i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, il ministro Elsa Fornero ha illustrato la sua proposta sui licenziamenti.
Il diritto al reintegro nel posto di lavoro previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori resterebbe solo nel caso dei licenziamenti discriminatori.
Per quelli per motivi economici ci sarebbe invece solo un indennizzo, mentre per quelli disciplinari sarebbe il giudice a decidere se il lavoratore debba essere reintegrato oppure indennizzato, sul modello tedesco.
Si prevede inoltre un tetto al risarcimento in caso di reintegro, che dovrebbe essere di 24 mesi.
Significa che se anche la sentenza arriva, per esempio, dopo 4 anni, il lavoratore ha diritto a non più di 2 anni di stipendio arretrato, ma i contributi per la pensione devono essere pagati dall’azienda per tutto il periodo.
Si sta infine valutando come instaurare una procedura d’urgenza per i processi in materia di licenziamento.
La proposta Fornero è giudicata troppo dura dai sindacati, che vogliono mantenere l’articolo 18 senza modifiche (reintegro) anche sui licenziamenti disciplinari.
Contro questa richiesta è schierata la Confindustria, ma anche il Pdl.
«Per noi la reintegrazione va eliminata. Demandare al giudice la scelta tra indennizzo e reintegro non è una soluzione, ma aggrava i problemi», dice Maurizio Sacconi.
Sul fronte opposto il Pd sostiene la posizione dei sindacati, accettando al limite di togliere dal diritto al reintegro solo i licenziamenti per motivi economici oggettivi.
Sabato, al convegno della Confindustria a Milano, ci saranno tutti i protagonisti della trattativa, compreso il premier Mario Monti, e si tenterà una prima stretta.
Da martedì pomeriggio, a Palazzo Chigi, comincerà la non stop per arrivare all’accordo. Fornero e Monti ci puntano.
L’intesa con sindacati e imprese metterebbe le norme al riparo da modifiche in Parlamento.
Il ministro del Lavoro ieri ha lanciato segnali distensivi verso i sindacati: «Non vogliamo consentire alle imprese di licenziare in maniera selvaggia, non è questo il nostro scopo». La Cgil comincerà da oggi le verifiche interne in vista di un possibile accordo.
Ma a questo punto sono le associazioni imprenditoriali a preoccuparsi.
La Confindustria teme alla fine sull’articolo 18 l’intervento minimo e intanto guarda con agitazione alle proposte sul riassetto dei contratti, che determinerebbero un irrigidimento delle norme e un aumento dei costi. Insostenibile per artigiani e commercianti, i più lontani dall’accordo.
Il documento sui contratti
Anche questo è stato mandato da Fornero alle parti sociali, come quello sugli ammortizzatori sociali.
Si compone di 5 pagine ed è intitolato: «Linee di intervento sulla disciplina delle tipologie contrattuali». Obiettivo: «Rendere più dinamico il mercato del lavoro (…) contrastando al contempo il fenomeno della precarizzazione».
Per questo ci vuole flessibilità in entrata e in uscita, rendendo «più adeguata la disciplina limitativa dei licenziamenti individuali, e in particolare di quelli per motivi economici». Molte le novità .
Accanto al contratto a tempo indeterminato, che resta la forma normale di lavoro, il contratto di apprendistato diventerebbe il canale principale di ingresso al lavoro, mentre resterebbero 7 tipi di contratto a termine ma sarebbero più difficili da utilizzare.
Apprendisti solo se l’azienda assume
Si parte dalla riforma Sacconi e si aggiungono alcuni correttivi.
In particolare, si legge nel documento, si vuole «condizionare la facoltà di assumere tramite apprendisti al fatto che il datore di lavoro possa dar conto di una certa percentuale di conferme in servizio nel passato recente».
Insomma le aziende potranno assumere apprendisti beneficiando del fortissime agevolazioni sui contributi solo se dimostreranno di avere stabilizzato a tempo indeterminato una parte di quelli assunti in precedenza.
Inoltre la formazione dovrà essere certificata e garantita dalla «presenza obbligatoria del tutore».
Contratto a termine più costoso
Ci sarà una «maggiorazione contributiva» (aliquota dell’1,4%) sui contratti a termine che l’azienda potrà recuperare, sotto forma di «premio di stabilizzazione», se assume il lavoratore a tempo indeterminato.
Per «limitare il fenomeno della successione abusiva di contratti a termine» ci sarà «l’aumento dell’intervallo temporale» tra un contratto e l’altro.
Verrà inoltre eliminato l’obbligo di impugnare il contratto a termine davanti al giudice entro 60 giorni dalla cessazione dello stesso e si ridurrà a 9 mesi il termine entro il quale proporre l’azione in giudizio».
Più contributi sui co.co.pro.
Sui contratti a progetto verrà «introdotto un incremento dell’aliquota contributiva» all’Inps, così da proseguire l’«avvicinamento alle aliquote previste per il lavoro dipendente» (33%).
Sarà inoltre eliminata la possibilità delle clausole che consentono il recesso del committente prima della scadenza del termine, anche in mancanza di giusta causa.
Si propone anche «una definizione più stringente del progetto» e «l’abolizione del fuorviante concetto di programma».
Stretta sulle partite Iva
«Per contrastarne l’abuso» Fornero pensa a «norme rivolte a far presumere, salvo prova contraria, il carattere coordinato e continuativo della collaborazione tutte le volte che duri complessivamente più di sei mesi nell’arco di un anno» e da essa il lavoratore ricavi «più del 75% dei corrispettivi» e comporti «una postazione di lavoro presso il committente».
Bonifica delle associazioni in partecipazione
Potranno ricorrere a questa forma di lavoro solo le «piccole attività », fino a 5 persone, compreso l’associante, fatte salve le associazioni in ambito familiare.
Inoltre va provata «l’effettività della partecipazione agli utili», altrimenti il rapporto di lavoro si trasforma in subordinato.
Part time, job on call e voucher
Per ogni variazione di orario in attuazione delle «clausole elastiche del part-time» scatterà un «obbligo di comunicazione amministrativa». Stesso obbligo sul job on call ogni volta che l’azienda chiama il lavoratore. Infine si prevede di «restringere il campo di operatività » dei voucher.
Resta l’indennità di mobilità
Rispetto al documento sugli ammortizzatori, nell’incontro di ieri, i sindacati avrebbero ottenuto da Fornero la disponibilità ad allungare la fase transitoria dal 2015 al 2016-17, prima dell’andata a regime del nuovo sistema.
Nel quale, inoltre, dovrebbe sopravvivere l’indennità di mobilità che sussidierebbe il lavoratore terminata l’Aspi, la nuova indennità di disoccupazione. Il tutto per accompagnare il più possibile i lavoratori espulsi dalle aziende in crisi vicino alla pensione. Il testo sugli ammortizzatori prevede comunque per i lavoratori anziani la possibilità di costituire, con accordi sindacati-imprese, fondi di solidarietà a carico delle aziende (sul modello del settore bancario) per consentire il prepensionamento con 4 anni di anticipo rispetto alle regole generali.
Enrico Marro
(da “Il Corriere della Sera“)
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