Marzo 4th, 2012 Riccardo Fucile
DAI CONTI CORRENTI ESCONO RIMBORSI SPESE AL SENATORE CHE SI DIFENDE: “ERANO PER MIEI COLLABORATORI”…MA TRA I DESTINATARI DEI BONIFICI FIGURA ANCHE LA SOCIETA’ DELLA SUA EX SEGRETARIA
Documenti di spesa, rimborsi, costi per società di comunicazione, francobolli e fotocopie. 
In quelli che sembrano gli ultimi giorni della Margherita, si sta combattendo una guerra senza esclusione di colpi.
I panni sporchi si lavano in piazza, con un duplice effetto.
Da una parte si mettono sotto una luce sinistra coloro che hanno preso soldi dal partito negli ultimi tre-quattro anni (quando cioè la Margherita ha finito di compiere il suo percorso elettorale trasformandosi in un’associazione politica assistita peraltro dal finanziamento pubblico dei partiti fino al 2011).
Dall’altra, però, quei panni lavati in pubblico, fanno una maggiore luce su come i Dl spendessero i propri soldi.
Elemento, che se può dispiacere a chi quei finanziamenti li ha ricevuti, fornisce un quadro d’assieme più completo della vicenda.-
Il quotidiano Libero, che nei giorni precedenti si era concentrato su un passaggio di denaro dai conti dei Dl alla campagna elettorale di Matteo Renzi (che ha negato la circostanza annunciando querela), ha raccontato di un altro passaggio di denaro: questa volta dalla tesoreria dei Dl ad una società , la M&S Congress, ritenuta vicina al Presidente dell’Assemblea federale della Margherita Enzo Bianco.
Dopo la pubblicazione dell’articolo, gli avvocati del partito di Francesco Rutelli (l’organizzazione politica è parte offesa nel procedimento giudiziario contro l’ex tesoriere Luigi Lusi, accusato di aver distratto milioni dalla cassa comune) hanno annunciato querela contro Libero, colpevole “di alcuni articoli in cui si attribuisce, contro il vero, l’opera di diffusione di presunto materiale istruttorio agli inquirenti del caso-Lusi. Vi sono prove, infatti — scrivono i legali Titta Madia e Alessandro Diddi — che le ricostruzioni e informazioni false, inesatte e contraddittorie pubblicate dal quotidiano non provengono dagli inquirenti”.
Sono al contrario “strumento di un tentativo di inquinamento dell’indagine in corso, un occulto e vano tentativo di intimidazione verso la parte offesa nel procedimento pena-le”, vale a dire i Dl.
Quei dati, quindi, non provengono dall’indagine in corso a Roma. Nondimeno esistono.
Libero, ieri, ha pubblicato dunque una serie di versamenti che la Margherita ha fatto alla società M&S Congress, ascritti a Enzo Bianco in quanto la società catanese con sede nella medesima via della segreteria di Bianco, è posseduta a metà tra Mario e Patrizia Minnelli. Quest’ultima, per anni segretaria dello stesso Bianco, è anche tra i fondatori dell’associazione Liberal che fa capo al senatore.
Dai conti della Margherita a quelli della M&S Congress transita il grosso della cifra che il partito versa per l’attività politica del presidente dell’assemblea Dl: 47.286 euro nel 2009, 151.005 nel 2010 126.359,24 nel 2011.
Sia l’amministratore unico della società Mario Minnelli (a Libero), che lo staff di Enzo Bianco (al Fatto Quotidiano), non negano l’esistenza di questo rapporto.
La distinta dei pagamenti, però, contiene altre voci, che, fuori dalla polemica giudiziaria, hanno una loro importanza.
Secondo questo rendiconto la Margherita negli ultimi tre anni ha versato all’attività politica di Bianco una cifra vicina ai 600mila euro.
Vale a dire: 186.639 euro nel 2009, 212.559,66 nel 2010 e 226.780,92 nel 2011.
Nel 2009 i Dl pagano infatti al presidente dell’assemblea federale le spese telefoniche (sue e della sua segreteria), per la cifra annua di 7.478 euro, 47.969 euro per i suoi collaboratori a progetto, 7.501 di contributo Inpgi, 9.875 per lo stipendio di un altro dipendente, 10.680 euro per la pubblicità su Europa, 1.200 per un’iniziativa editoriale con l’Unità e il Riformista, 2.933 per l’acquisto dei giornali, e altri 41 mila euro per rimborsi spese per comunicazione e propaganda (oltre a quelli della M&S, si deduce).
Nel 2010 e nel 2011, poi, tra le altre voci, compare un “rimborso spese” senza voci specifiche. E sono cifre importanti: 48.972,05 euro nel 2010 e 66.238 euro nel 2011.
Cosa sono quei soldi?
Il sospetto — che arriva dalle trincee di questa guerra — è che siano uno stipendio mascherato che il partito forniva al proprio presidente (cifra peraltro non denunciata poichè Bianco dichiara per il 2010 la sola indennità di Palazzo Madama).
Il senatore, invece, che ammette senza difficoltà quei versamenti, spiega che sono gli stipendi di tre collaboratori che erano in precedenza assunti dalla Margherita.
Certo i Dl potrebbero far cadere i sospetti di questa guerra (e il “tentativo di intimidazione”) se decidessero di rendere pubblico quello che, si sospetta, verrà riversato a rate su giornali e tribunali con ben diversa eco.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Costume, denuncia, Giustizia, la casta, Politica, radici e valori | Commenta »
Marzo 4th, 2012 Riccardo Fucile
CIFRE E TESI A CONFRONTO TRA DUE ESPERTI CONTRARI E DUE FAVOREVOLI ALL’OPERA
Ma vale davvero la pena di spendere un numero imprecisato di miliardi di euro per la nuova linea ferroviaria Torino-Lione?
Per farci un’idea al di là di slogan e artifici retorici abbiamo messo a confronto dati e argomenti di due esperti contrari all’opera (Marco Ponti, docente di Economia dei Trasporti al Politecnico di Milano, e Sandro Plano, ingegnere e presidente della Comunità montana della Val di Susa e Val Sangone) con quelli di due sostenitori dell’investimento (Paolo Foietta, direttore dell’area territorio e trasporti della Provincia di Torino e Oliviero Baccelli, docente di Economia dei Trasporti all’Università Bocconi di Milano).
Ecco che cosa ci hanno detto.
La prima domanda è d’obbligo: è davvero necessaria la nuova ferrovia? E a che cosa serve precisamente?
Baccelli: Serve a sanare un’anomalia del sistema di trasporto delle merci fra Italia e Francia rispetto agli altri contesti transalpini. Tra Italia e Francia il 90 per cento delle merci vanno su strada, con la Svizzera la quota di trasporto ferroviario è del 63 per cento, con l’Austria del 31 per cento. Verso la Francia, che significa anche verso Spagna e Gran Bretagna, abbiamo un interscambio commerciale di 150 miliardi di euro.
La nuova linea è per le merci o per i passeggeri?
Baccelli: Come tutti i nuovi collegamenti (è il settimo in programma sull’Arco alpino) anche questo è misto, passeggeri e merci.
È VERO CHE LA VECCHIA LINEA NON HA FUTURO?
Foietta: Sì. Ho trovato uno studio del 1908 di un certo Domenico Regis, ingegnere, che già definiva il tunnel del Frejus fatto da Cavour una “vecchia carcassa”. La sagoma della galleria è così piccola che i container oggi più usati non passano.
Poi c’è una pendenza eccessiva della salita per arrivare ai 1200 metri del vecchio tunnel. Il traffico crolla perchè per le merci andare a Parigi passando dalla Svizzera costa il 30 per cento in meno.
Plano: Vogliamo andare dal panettiere con la Ferrari e non abbiamo i soldi per comprare il pane.
Stiamo parlando di un progetto vecchio di 22 anni, partito come treno ad alta velocità pura.
Poi l’analisi del traffico passeggeri ha decretato l’insostenibilità del progetto e allora si sono tirate fuori le merci, poi ancora ci si è inventati il collegamento Lisbona-Kiev, il cosiddetto Corridoio 5.
Adesso c’è il nuovo progetto low cost, che certifica il gigantismo del progetto iniziale.
Stiamo parlando di una linea già esistente che porta meno di 4 milioni di tonnellate all’anno e potrebbe portarne fino a 20 milioni. E non si vede in prospettiva nessun aumento del traffico.
Però Foietta ha appena detto che la vecchia linea non è più tecnicamente adatta.
Plano: Ma no, ci passa anche il Tgv… Il problema è il traffico. Anche su gomma sta calando. Nel traforo autostradale del Frejus siamo passati da un picco di 895 mila Tir all’anno ai 753 mila del 2011.
Ponti: Il problema non è dire se serve o non serve. A qualcosa servirà sicuramente. Ma c’è la questione delle priorità .
I soldi pubblici sono così scarsi che si stanno tagliando i servizi sociali.
E di progetti infrastrutturali come questo ce ne sono sul tappeto un gran numero, tutti inseriti nei corridoi europei.
Cito il “terzo valico” tra Milano e Genova, la Verona-Venezia, la Napoli-Bari, la Vene-zia-Trieste, tutti giocattoli da 5-6 miliardi di euro se va bene.
Dobbiamo scegliere.
Anche la Corte dei Conti francese ha eccepito che, se sulla linea esistente del Frejus passano solo 4 milioni di tonnellate di merci quando potrebbero passarne 20 milioni, forse bisognerebbe pensarci bene prima di pagare il progetto tutto con soldi pubblici.
Baccelli: La Torino-Lione è una priorità , per due motivi.
Ridurre la dipendenza dall’autostrasporto, con la possibilità di togliere dalla strada centinaia di migliaia di Tir ogni anno, e farlo con l’unico intervento previsto sulla direttrice con la Francia, dove il traffico complessivo attualmente è di ben 45 milioni di tonnellate all’anno.
Ponti: Però bisognerebbe che aveste il coraggio di dire che la Torino-Lione è più importante di tutte le altre tratte che ho elencato, visto che i soldi per fare tutto non ci sono.
E lì voglio vedere le reazioni politiche! Secondo me il rischio è che queste opere le faremo tutte, ma un pezzetto ciascuna, sotto elezioni…
Avremo infiniti cantieri aperti che non si chiuderanno mai.
MITO E REALTà€ DEL CORRIDOIO 5
Parliamo del mitico Corridoio 5: da Lisbona a Kiev attraversando l’Italia. È uno slogan o ci sono davvero prospettive di traffico?
Ponti: Il fatto è che queste nuove infrastrutture non tolgono le merci dalla strada. La Francia ha fatto grandi investimenti sulle strade ferrate e ha perso negli ultimi anni il 30 per cento del traffico merci ferroviario.
Foietta: La Svizzera l’ha raddoppiato però…
Ponti: Per forza, ha messo dei vincoli molto stringenti sul traffico stradale. Ma se tasso il trasporto su gomma aumento i costi per le imprese: siamo sicuri che saranno contente? Comunque vedo che nessuno mi risponde sulle priorità …
Foietta: È vero, bisogna fare una scelta delle priorità . Come piemontese credo che la Torino-Lione sia una priorità . Stiamo parlando di 45 milioni di tonnellate di merci che scambiamo con la Francia: oggi vanno su ferrovia per il 10 per cento, noi puntiamo ad arrivare per il 2035 al 55 per cento.
Ma in pratica fatta la nuova strada ferrata le merci vi si trasferiscono automaticamente?
Plano: Guardiamo i numeri. Sull’autostrda Torino-Bardonecchia circolano ogni giorno 2000-2200 autocarri, sulla tangenziale torinese ci sono ogni giorno 200 mila veicoli in circolazione. Torino ha una sola linea di metropolitana, Lione cinque. Se vogliamo fare una politica ambientale lavoriamo sulla tangenziale di Torino, e lavoriamo sui nodi di Mestre-Marghera, sul nodo di Milano e via dicendo…
LE MERCI ANDRANNO DAVVERO SUL TRENO?
Ponti: Da dieci anni faccio simulazioni per l’Unione europea su questo problema: si riesce a spostare merci dalla strada al treno, ma su numeri piccoli e a costi molto elevati, tassando i camion e sussidiando la ferrovia. Si riesce a spostare non più di 2-3 punti percentuali del traffico. Perchè la gomma ipertassata vince sulla ferrovia sovvenzionata? Ci sono motivi strutturali: in Italia produciamo vestiti di Armani e oggetti di alta tecnologia, non carbone, cereali o prodotti siderurgici. I prodotti ad alto valore aggiunto non sono vocati al treno.
Baccelli: L’autotrasportatore che percorre l’autostrada del Frejus fa in media un viaggio di 880 chilometri. E’ chiaro che la ferrovia è vincente su grandi distanze e su direttrici particolari, come quelle da e per i porti. La Torino-Lione è una di queste direttrici.
CHE COS’È IL NUOVO PROGETTO LOW COST
Che cosa prevede questo progetto low cost benedetto dal premier Mario Monti?
Foietta: Avevamo un progetto definitivo che nel 2006 è stato buttato via dall’Osservatorio tecnico presieduto da Mario Virano, dicendo che bisognava ridefinire un nuovo percorso. Avevamo un progetto preliminare che per la parte italiana costava 8-8,5 miliardi di euro. Siccome ci siamo resi conto che tirare fuori tutta insieme questa cifra era impossibile, abbiamo deciso di concentrare l’investimento sulle parti più urgenti dell’opera. In pratica si pensa di fare il nuovo tunnel di 57 chilometri e connetterlo la linea storica. Questo costerebbe in tutto sugli otto miliardi, il che significa che per la parte italiana, tenendo conto del possibile finanziamento europeo, che, lo ammetto, non è certo, il costo scenderebbe a 2,9 miliardi.
La versione ridotta del progetto è più accettabile per le popolazioni della Val di Susa?
Plano: Il tunnel low cost certifica il fallimento del progetto faraonico che fino a ieri sembrava irrinunciabile. E comunque alla fine della fiera il collo di bottiglia resteranno i nodi di Torino e di Chambery, che noi proponevamo di risolvere prima di affrontare il tunnel di base. Ma hanno voluto incominciare dal tunnel. Noi restiamo dell’idea che impongono alla valle il disagio di dieci anni di cantieri senza essere la Svizzera, perchè poi noi non possiamo tassare i camion per costringerli a salire sul treno, per cui dopo i cantieri ci terremo i Tir.
Ponti: I più recenti studi dicono che il bilancio ambientale di un’opera del genere è positivo solo se si toglie molto traffico all’aereo, che è il mezzo più inquinante, sennò l’impatto di un’opera come la Torino-Lione è complessivamente negativo: cioè genera più inquinamento durante l’esecuzione dell’opera di quello che elimina con il suo funzionamento.
Chi pagherà il tav della Val di Susa? Visto che non si parla più del mitico project financing, cioè l’illusione che l’opera si ripaghi da sola con i proventi del traffico, pagherà tutto lo Stato? E quanto finirà per costare? I preventivi saranno rispettati?
Baccelli: Per la cifra esatta ci sono dei problemi. Per adesso i calcoli si basano su un progetto preliminare, non definitivo. Ma cercheremo di imparare da altre esperienze, svizzere e austriache soprattutto.
Veramente abbiamo già copiato le ferrovie francesi, ma ci sono costate tre volte tanto…
Baccelli: In Francia le linee alta velocità sono solo per i passeggeri, da noi anche per le merci.
Ponti: La ferrovia gli utenti non la vogliono pagare. Vogliono pagare le strade. Dobbiamo pensarci, soprattutto i costi sono sempre certi, i benefici no. Esperti svedesi e inglesi dicono che mediamente in queste opere il sovraccosto sui preventivi è del 40 per cento. In Italia è del 400 per cento. È ovvio: i costruttori e i politici, soprattutto locali, sono molto contenti se si fanno queste opere. Per questo bisogna stimare i costi sempre all’insù e i benefici sempre al ribasso.
I PREVENTIVI SARANNO RISPETTATI?
Ma nella Torino-Lione è stata rispettata la regola della cautela nelle previsione? Chi ha fatto le stime?
Ponti: Le ha fatte l’Osservatorio.
Foietta: — No, non le abbiamo fatte noi. Ponti: Le hanno fatte i promotori.
Baccelli: Sì.
Foietta: I promotori sono Rfi (braccio operativo delle Ferrovie dello Stato) ed Rff (l’equivalente francese) che hanno costituito la società di scopo Ltf che ha l’obiettivo di progettare la parte internazionale comune. Le parti nazionali invece le progetteranno Rfi e Rff.
Plano: Dopo anni di chiacchiere non si sa ancora quanto si spende. In una società privata con una gestione così qualche testa sarebbe caduta.
I dati dell’Osservatorio sono convincenti?
Plano: Non li sanno nemmeno loro. Dopo sette anni dicono forse tre miliardi, se l’Europa ce ne dà il 40 per cento, se non ci sono sorprese…
Ponti: Per tutti i nuovi corridoi ferroviari, una settantina di progetti, l’Europa ha a disposizione 31 miliardi di euro. Che ne vadano 3 a un solo progetto italiano è auspicato da Italia e Francia, ma inverosimile.
L’iter è stato approssimativo?
Baccelli: Il progetto è estremamente complesso: attraversa 43 comuni, con problemi di ogni tipo, interferenze con autostrade, falde acquifere, prevedeva centri intermodali, gronda merci, interconnessioni con linee storiche.
Siamo ancora in tempo per fermarci?
Ponti: L’operazione “corridoi” dai tecnici della Commissione Europea è considerata risibile. Sono operazioni tutte politiche, collage dei desiderata dei vari Paesi. L’esempio più clamoroso sono proprio i corridoi italiani. C’era il corridoio Helsinki-Malta, passando dalla Sicilia.
È vero che l’Italia ha preso impegni irrevocabili?
Ponti: Le scelte politiche sono sempre rinegoziabili. Non ci sono soggetti privati in mezzo.
Baccelli: L’Italia ha sottoscritto impegni da oltre vent’anni. I francesi hanno investito oltre un miliardo per tre tunnel geognostici. Sarebbe operazione ridicola cancellare il progetto.
Plano: Si dice che nl’Europa ci chiede di farlo. Hanno 130 miliardi di richieste e 30 disponibili: se gli diciamo di no fanno salti di gioia.
Foietta: È tecnicamente possibile recedere. Naturalmente se si risarciscono le spese fatte dalla Francia. Ma ha un senso risarcire un miliardo quando con altri due hai una grande opera?
Giorgio Meletti e Ferruccio Sansa
( da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 4th, 2012 Riccardo Fucile
IL DOSSIER FRANCESE SULLA TORINO-LIONE: PROGETTI INCOMPLETI E FORTE IMPATTO AMBIENTALE….L’AGENZIA NAZIONALE AMBIENTE DI PARIGI HA GROSSI DUBBI SULLA LIONE-TORINO, MENTRE IL GOVERNO MONTI NON SENTE RAGIONI
“Il dossier” sulla Lione-Torino “ha un carattere incompleto… il suo grado di coerenza e di
precisione è spesso inferiore a quello che ci si potrebbe attendere da uno studio di impatto riferito a un’opera di questa portata”.
A dirlo non sono i No-Tav della Val di Susa, ma un documento dell’Agenzia Nazionale per l’Ambiente francese.
Un soggetto pubblico. Che, pur con linguaggio diplomatico, avanza dubbi clamorosi: i calcoli dei traffici e della redditività potrebbero essere stati compiuti su dati non più validi e forse troppo ottimistici.
Ma un documento che soprattutto dice: “La valutazione socio-economica del progetto stima che sarà a partire dal 2030-2035”, dopo la realizzazione delle opere che metteranno fine al doppio utilizzo passeggeri-merci della linea, “che si potrà operare una svolta modale importante”.
Ma il progetto low cost su cui puntano adesso Italia e Francia prevede ancora le strutture essenziali per separare i traffici passeggeri e merci rendendo vantaggiosa la linea?
Il documento di 28 pagine (firmato nel dicembre scorso) contiene decine di “raccomandazioni” alla società realizzatrice su questioni non secondarie, come la valutazione degli impatti ambientali.
Un rapporto che arriva in un momento delicato per la Francia: siamo alla vigilia delle elezioni e la Lione-Torino sembra non convincere più tutti.
L’Autorità Ambientale francese “raccomanda di rimediare”.
Non bocciati, ma rimandati, questo sì.
Si parla “dell’impatto ambientale complessivo” delle strutture connesse alla nuova linea ferroviaria.
L’Autorità non si accontenta della documentazione presentata da Rff (la società pubblica che gestisce la rete ferroviaria francese, gemella dell’italiana Rfi, assieme alla quale gestisce il cento per cento delle azioni della Lyon-Turin Ferroviaire) chiede approfondimenti sulla “sistemazione delle stazioni e delle tratte urbane resa necessaria dal traffico più intenso”. Pretende poi chiarimenti della sistemazione “dei campi e dei boschi” attraversati dalla nuova linea.
Il rischio inondazioni
All’impatto ambientale sono dedicate sette pagine.
L’Autorità “ritiene che lo studio di impatto non ha il livello di precisione, di completezza e non tiene adeguatamente conto delle specificità locali”.
Partiamo dall’acqua: “Si raccomanda di completare gli studi… e di precisare le misure tecniche che si intendono prendere… tenuto conto dell’importanza dell’elemento “acqua” per questo progetto”.
Un capitolo fondamentale riguarda le zone umide e a rischio inondazioni.
L’opera, raccomanda l’Autorità , “deve essere trasparente”, cioè non deve ostacolare il deflusso delle acque: “La società Rff deve dimostrare la trasparenza idraulica dell’opera, senza limitarsi ad affermarla”.
C’è poi la questione dello “smarino” che preoccupa anche in Val di Susa: “Nello studio sull’impatto bisogna fornire dettagli sul trattamento del materiale proveniente dallo scavo dei tunnel, che richiederà lo smaltimento di dieci milioni di metri cubi ”.
Quindi il punto forse più scomodo per i sostenitori dell’opera in cui si raccomanda un “migliore studio sull’impatto” precisando “la valutazione socio-economica del progetto”.
Qui l’Autorità pare mettere in discussione i dati sulla redditività dell’opera: “Tenuto conto della fortissima probabile sensibilità dei risultati di redditività alle ipotesi delle diverse scadenze, l’Autorità raccomanda di mettere in relazione le ipotesi di traffico dello studio socio-economico con quelle dello studio di impatto” tenendo in conto le diverse fasi del progetto “e di indicare la sensibilità dei risultati a ipotesi di traffico merci più deboli di quelle considerate…”.
Insomma, il calcolo dei benefici non può essere effettuato sull’ipotesi più ottimistica.
L’Autorità avverte di “aver avuto comunicazioni di nuove previsioni di traffico differenti da quelle che sembrano essere state prese in considerazione nella valutazione socio-economica attuale…”.
L’Autorità non ha potuto conoscere “per giunta gli impatti di queste nuove ipotesi sui calcoli di bilancio del progetto”.
E qui un punto chiave: “Il risultato abbastanza debolmente positivo (dei calcoli presentati dalla società realizzatrice, ndr) è dipendente da una parte di ipotesi di traffico non stabilizzato e dall’ipotesi di scadenze di lavoro molto serrate”.
In sostanza l’Agenzia pare dubitare che “un ritardo, che non appare inverosimile” nella realizzazione dell’opera “modificherebbe la redditività ipotizzata”.
Dubbi sostanziali.
L’Autorità raccomanda: occorre chiarire in che cosa la redditività sarebbe influenzata dai ritardi per dare “una buona informazione al pubblico sulla reale utilità del progetto”.
Il dossier dell’Autorità non è passato inosservato in Francia.
Le associazioni ambientaliste Frapna e Fne inizialmente avevano dato il via libera al Tav, adesso chiedono una proroga della discussione pubblica.
Alcuni partiti, come anche una parte dell’Ump, cominciano a nicchiare.
Dubbi cugini
Difficile dire se nella battaglia del Tav si stia per aprire un fronte francese. Finora la popolazione era in gran parte favorevole.
Merito anche del lungo lavoro di preparazione compiuto dai governi di Parigi .
La legge del 2002 ha previsto che in val Maurienne l’86% delle imprese siano locali. Il personale dei cantieri si appoggia ad alberghi e ristoranti della zona.
Poi sgravi fiscali, ipotesi di destinare alle comunità locali il ricavato della vendita della roccia scavata.
Per finire con il dibattito pubblico che si sta concludendo in questi giorni.
Vero, i lavori per le gallerie preliminari sono quasi finiti.
Ma in Francia da più di dieci anni stanno lavorando anche per preparare il terreno “umano”.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 4th, 2012 Riccardo Fucile
ANNUNCI ROBOANTI, MA IL RAPPORTO COSTO-BENEFICI NON REGGE: COSTI E SOTTOSTIMATI DEL 40%, TRAFFICI SOVRASTIMATI DELLA STESSA PERCENTUALE… IL TRAFFICO PASSEGGERI ORMAI INDIRIZZATO VIA AEREA
Il presidente Monti nel difendere la decisione di continuare con il progetto della linea Torino-Lione cita ovviamente i risultati dell’analisi costi-benefici fatta dall’Osservatorio presieduto dall’architetto Mario Virano.
Ora, quello studio è molto contestato da studiosi indipendenti e non certo legati alla protesta degli abitanti della Valsusa.
Senza entrare in dettagli tecnici, le osservazioni concernono aspetti fondamentali di metodologia e di stima dei benefici del progetto.
Due aspetti tuttavia vanno sottolineati con molta forza: la migliore prassi internazionale costringerebbe ad essere molto prudenti nel valutare i costi, che a consuntivo tendono ad essere assai più elevati di quelli a preventivo, e simmetricamente a essere prudenti nello stimare i benefici, per loro natura assai più incerti dei costi (si consideri l’esperienza dell’Alta Velocità italiana).
La letteratura internazionale ha constatato che mediamente per grandi progetti ferroviari i costi sono sottostimati del 40%, di un valore analogo sono sovrastimati i traffici.
Non pare proprio che lo studio promosso dall’Osservatorio sia molto prudente.
Ma la cosa più eclatante è che, nonostante tale scarsa prudenza, il progetto risulta “marginale”, cioè con saggi di ritorno economico intorno al 5% o inferiori.
Se l’analisi fosse comparativa con quella di altri progetti da finanziare (come dovrebbe essere), questo risultato lo metterebbe “in fondo alla lista”: si pensi per esempio che il tunnel del Brennero presenta costi analoghi ma traffici più che doppi, e così sarebbe per molti progetti.
Veniamo ora ad un punto specifico citato dal premier, relativo al traffico passeggeri ed ai risparmi di tempo di cui godrebbero grazie al progetto.
Il traffico passeggeri ufficialmente stimato per il progetto originale (quello da 23 miliardi di euro di preventivo) era di soli 16 treni al giorno, su una capacità aggiuntiva della nuova linea di circa 250 treni/giorno.
Da qui la successiva evoluzione nell’immagine del progetto, presentato improvvisamente come “principalmente destinato al traffico merci”, e non più come Alta Velocità .
I 16 treni al giorno, se ragionevolmente pieni (500 passeggeri/treno, su un numero di posti di circa 750) sono pochissimi per una ferrovia, ma molti se riferiti al trasporto aereo: corrispondono infatti a circa 80 voli al giorno, quindi sono una previsione non certo sottodimensionata, anzi.
Il progetto low cost attuale, in coerenza con il ruolo dominante assegnato alle merci, velocizza poco la relazione con Lione: si risparmia tempo passando in galleria, ma la linea rimane invariata nella parte italiana, e poi nella parte francese fino a Chambery, quindi al massimo si risparmiano un paio d’ore rispetto alle sette attuali, facendo scendere la percorrenza a cinque ore.
L’aereo rimarrà dominante, anche perchè le tariffe low-cost degli aerei oggi competono pesantemente con quelle dell’alta velocità ferroviaria su tutte le distanze superiori ai 300 km, e rimarranno tali anche dopo l’introduzione delle tasse ambientali europee.
La relazione Milano-Parigi in particolare oggi è servita regolarmente con tariffe aeree inferiori ai 100 Euro, e questo senza costi per le casse pubbliche.
In altre parole: l’alta velocità passeggeri c’è già .
E certo spendere altri 15 miliardi dei contribuenti (la differenza tra 8 e 23) per portare pochi treni passeggeri sembra davvero difficilmente difendibile, anche perchè i passeggeri con molta fretta di solito sono di reddito medio-elevato.
Marco Ponti
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 4th, 2012 Riccardo Fucile
MENTRE CONTINUA LA RETORICA DEL PALAZZO, AUMENTANO LE CONFERME DI CHI SI OPPONE ALLA TAV DIVENTATA TAC
Rischio amianto e rischio radiazioni”. È scritto nero su bianco nella delibera del Cipe
(Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) che di fatto dà il via al progetto della Lione-Torino [nato come “alta velocità ” per i passeggeri, trasformato in “alta capacità ” per le merci, che non ci sono — n.d.r.].
Nelle carte allegate ai progetti della società Ltf.
E in tanti studi universitari, come quelli del Politecnico di Torino.
Per affrontare tutti i nodi legati al Tav non bisogna guardare soltanto a valle, dove si consumano gli scontri, le polemiche.
Bisogna alzare lo sguardo e guardare la roccia che domina la valle, quella pietra che le trivelle dovrebbero penetrare per 57 chilometri.
È una terra fine, rossastra, perchè contiene ferro. Ma non solo.
La Val Susa è terra di amianto. E di uranio.
Se ne sono accorti gli ingegneri che, in vista delle Olimpiadi invernali del 2006, cominciarono a scavare per realizzare la pista di bob a Salice e dovettero fermarsi per colpa di quel maledetto minerale: l’amianto.
Niente da fare.
Stessa sorte quando si trattò di scavare una galleria per la circonvallazione di Claviere, al confine con la Francia: di nuovo amianto.
Di nuovo uno stop per le ruspe.
E anche la cava di pietra di Trana (vicino a Giaveno) fu bloccata quando ci si accorse che oltre alla pietra la montagna sputava fuori amianto.
“Un bel guaio, soprattutto, in una valle ventosa come la nostra dove le polveri rischiano di sollevarsi e arrivare lontano, di infilarsi nei polmoni della gente”, racconta il meteorologo Luca Mercalli, da sempre contrario al Tav.
Un problema noto da decenni. Ma che gli stessi ingegneri impegnati negli studi del progetto hanno sollevato.
Soprattutto quando hanno analizzato la zona dove sbucherebbe il tunnel, non lontana dagli abitati: “Gli studi precedenti hanno messo in evidenza come in alcuni campioni di roccia prelevati in superficie siano state riconosciute mineralizzazioni contenenti amianto con caratteristiche asbestiformi”.
Si parla di una zona superficiale di ampia circa cinquecento metri.
Da anni in valle si sta cercando di monitorare i casi di mesotelioma, ma studi compiuti su solide basi scientifiche non ci sono.
La delibera del Cipe contiene oltre 220 osservazioni che dovranno essere rispettati da chi realizzerà l’opera. Ben nove riguardano il “rischio amianto”.
Si chiede un “efficace controllo sulla dispersione di fibre connessa all’attività ” di cantiere. Un monitoraggio indipendente, chiede il Cipe, compiuto da un ente terzo.
Se verranno superati i valori previsti, avverte senza mezzi termini il Cipe, “dovranno essere interrotte le attività lavorative”.
Ancora: in presenza di amianto, vietato l’uso di esplosivi. Il progetto definitivo del tunnel dovrà adottare adeguate misure per proteggere i lavoratori e per lavorare il materiale.
Insomma, elementi di cautela per gli abitanti, ma anche per chi lavora nei cantieri.
Ma non c’è soltanto l’amianto.
Nella delibera del Cipe si parla anche di presenza di uranio.
Non è una novità : nel 1977 l’Agip chiese l’autorizzazione per compiere sondaggi in nove comuni della valle convinta di poter estrarre il minerale: ecco Venaus, Chiomonte e altri comuni interessati dai lavori per la Lione-Torino.
Amianto e uranio, ma il pericolo è stato adeguatamente affrontato?
I tecnici di Ltf sono convinti di sì: “Con le più avanzate tecniche di scavo si possono lavorare sia l’amianto che l’uranio senza rischi per la popolazione. Mentre si scava si annaffia costantemente l’amianto in modo da rendere impossibile una sua dispersione nell’aria. Poi si utilizzano imballaggi stagni caricati su camion anch’essi annaffiati e lavati”.
Ma dove sarebbero smaltiti i materiali pericolosi?
“Noi li metteremo dove ci indicheranno, garantendo la massima sicurezza, nell’interesse anche dei nostri lavoratori”.
Ecco l’altra preoccupazione dei No Tav: “Le zone di smaltimento non sono ancora state individuate. Non è un dettaglio. E poi servono zone sicure al cento per cento, al riparo anche dai rischi idrogeologici”.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 4th, 2012 Riccardo Fucile
PATACCARI PADAGNI: IL SENATUR HA GOVERNATO CON LUI PER 10 ANNI, MA NON SI ERA ACCORTO DI NULLA…”SOSTIENE MONTI PER INTERESSE PERSONALE”… MA BOSSI CHE CI ANDAVA A FARE OGNI LUNEDI’ A CENA AD ARCORE? PER IL RISOTTO MANTECATO?
Il Senatur riscopre i fucili padani e, in un revival anni 90, rispolvera slogan contro il Cavaliere: “Ragiona come Mussolini”, dice.
“Era un delinquente ora è stato assolto. Sostiene l’esecutivo per interesse personale”.
Ma Calderoli usa uno slogan dell’ex premier: “L’evasione fiscale a volte è legittima difesa”
“Se Monti non ci ascolta portiamo a Roma centinaia di migliaia di persone e facciamo saltare il suo scranno”.
Umberto Bossi rispolvera i fucili padani e, in un revival anni novanta, torna a definire Silvio Berlusconi un “delinquente”.
Che non sarà incisivo come “il mafioso di Arcore” che usò nel 1995 per indicare il Cavaliere, ma conferma come il Sènatur tenti di prendere le distanze in ogni modo dall’ex amico.
Ma per cancellare quasi venti anni di alleanza e governi non basta qualche vecchio slogan.
E di fatto alla fiaccolata organizzata a Monza contro il governo guidato da Mario Monti partecipano poche decine di militanti.
Le centinaia di migliaia di persone di cui parla Bossi sono lontane da qui e, forse, anche dal partito.
La Lega sta infatti vivendo una profonda lacerazione interna.
La base da mesi invoca con forza l’incoronazione di Roberto Maroni alla guida del movimento.
A deludere i militanti è stato proprio il sostegno che Bossi ha dato al governo Berlusconi, arrivando persino a salvare dal carcere Nicola Cosentino, coordinare campano del Pdl accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
E oggi Bossi tuona anche contro la mafia. Il via libera al trasferimento della sorveglianza speciale per Salvatore Riina junior a Padova “è un attentato contro il nord, che il nord dovrebbe punire con la pena di morte per le conseguenze che avrà nella nostra società : rapine, violenze e mafia”.
Della decisione Bossi ha incolpato il governo Monti che a suo dire “ha fatto tornare il soggiorno obbligato”, ma “non accetteremo di essere invasi ancora una volta dai mafiosi”.
Qualche slogan, forse, non basta.
Ma il Sènatur ci prova.
Berlusconi, dice il leader del Carroccio, sostiene il governo in loden perchè prima “era un delinquente, ora è stato improvvisamente assolto (prescritto, ndr) in tribunale” al processo Mills.
“E’ poco ma sicuro” che sta con Monti per interesse, aggiunge.
E ragiona “come Benito Mussolini“. Perchè “dire ‘facciamo l’accordo fra le forze maggiori e cancelliamo quelle minori’ per non disperdere i voti è un ragionamento che fece Mussolini, ma sono cose che non portano da nessuna parte”.
Pochi minuti dopo però il Carroccio dimostra di ragionare come Berlusconi: Roberto Calderoli, con ritrovato slancio padano, afferma che “quando si paga il 50% di tasse l’evasione fiscale è legittima difesa”.
Dichiarazione di cui il Cavaliere detiene il copyright.
Ma capita di far confusione. ”In questo momento ce l’abbiamo con tutti e due”, dice Calderoli.
Con Monti e Berlusconi, “perchè uno è l’assassino e l’altro il palo, il complice”. Poi certo, che “il complice” sia stato un amico fino a tre mesi fa, poco conta.
A Bossi e Calderoli lo ricorda Sandro Bondi. “Vorrei dire agli amici della Lega,con i quali fino a pochi mesi fa abbiamo lavorato con spirito di collaborazione e amicizia, che non risponderemo a toni polemici che sono lontani dai bisogni e dagli interessi veri degli italiani”.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 4th, 2012 Riccardo Fucile
SECONDO I CONTESTATORI GLI ABITANTI DELLA VALLE SONO CONTRARI, SECONDO I FAUTORI DELL’OPERA SAREBBERO INVECE FAVOREVOLI? DIAMO A LORO LA POSSIBILITA’ DI ESPRIMERSI E FACCIAMOLA FINITA CON LA PRETESA DI INTERPRETARE LA LORO VOLONTA’
Non pochi si sono chiesti perchè non organizzare qualcosa di simile a un referendum
sulla Tav in Val di Susa.
Io ci avevo pensato dopo aver scritto qui che la maggioranza degli abitanti della valle era contraria alla Tav.
Questo mi sembrava di aver capito, e mi è stato obiettato che non sia così. Chiunque vede che se gli avversari della Tav in valle, e anzi nella stessa bassa valle, fossero una minoranza, le loro ragioni (e magari la loro ragione, perchè anche la minoranza di uno può aver ragione) dovrebbero fare i conti con una condizione ben diversa da quella di una popolazione scavalcata e sfidata da decisioni altrui.
Ieri una corrispondenza di Niccolò Zancan sulla Stampa si intitolava così: “Siamo una minoranza, ma abbiamo ragione”.
Non so come stiano le cose, nè quanto l’opposizione alla Tav si sia ridotta per la durezza presa dalla lotta e la dissociazione da attori e modi degli scontri. Ma consultare le persone non sarebbe un passo giusto, e utile a interrompere un corpo a corpo di cui qualcuno forse si compiace, ma dal quale senz’altro i più vorrebbero trovare il modo di uscire lealmente?
Non c’è la possibilità giuridica di ricorrere a un referendum che decida su un tema simile, se non sbaglio, e nemmeno l’eventualità politica.
Il governo, benchè giri ancora attorno al brutto affare, ha spalle abbastanza coperte dai partiti e dall’opinione media per tener duro sul “rispetto degli impegni assunti”, i “lavori che vanno avanti”, il “dialogo ma senza rimettere in discussione” eccetera.
Ma governo, partiti e opinione non possono eludere il rischio immediato di un confronto di forza che costi un prezzo altissimo ora, e lasci a lungo un extraterritorio d’Italia in una situazione di esilio interno.
Ho visto che l’idea di un referendum – diciamo, meno tecnicamente, di una consultazione popolare – evoca immediatamente la discussione su chi dovrebbe essere chiamato a pronunciarsi: dalla Valle, magari nemmeno tutta intera, fino a tutta l’Italia.
Non è una difficoltà pretestuosa, se si trattasse di decidere: basta pensare a pretese separatiste e razziste che si immaginino legittimate da un consenso locale.
Che una ferrovia o una strada o un ponte passino da un territorio non può essere affare riservato di quel territorio: peraltro succede spesso, e con una incomparabile condiscendenza dello Stato. Il quale, sia detto per inciso, perchè il metodo delle comparazioni è fuorviante, ma qualcosa dice, è molto meno determinato a misurarsi con l’extraterritorialità mafiosa che con l’anarcoinsurrezionalismo vero o supposto.
E però proprio il carattere consultivo, qualcosa che somigli a un sondaggio reso serio e capillare dalla partecipazione volontaria, come in un’elezione primaria senza partiti, risolve, mi sembra, la questione di chi chiamare a pronunciarsi: i residenti della Valle, coloro di cui importa appurare oggi l’opinione e il sentimento.
Ammettiamo che governo e partiti nazionali non vedano di buon occhio una consultazione simile, per paura che ne emerga una volontà della maggioranza contraria alla loro: ma sono loro a dichiarare la convinzione opposta, e a negare che la gente della valle non sia stata ascoltata quanto occorreva.
Ammettiamo anche che il movimento No-Tav non veda di buon occhio la consultazione, per paura di uscirne in minoranza, ma sta di fatto che, a parte frasi volatili come quella riportata in un titolo di ieri, l’opposizione alla Tav fonda il proprio buon diritto sulla certezza di avere dalla sua la gente del posto.
In una consultazione popolare, anche se solo simbolica – ma qui i simboli la fanno da padroni – si può vincere o perdere: però ci si è contati.
Che obiezioni serie si potrebbero muovere a questa iniziativa?
Che i militanti No-Tav non residenti nella valle si sono guadagnati il diritto a contare e essere contati come i loro compagni di lotta?
Io non condivido affatto le deplorazioni contro quelli “venuti da fuori”: le cose migliori, compresa la storia d’Italia, le hanno fatte quelli venuti da fuori. (Anche le peggiori: infatti).
Ma in una consultazione che voglia accertare che cosa pensi una popolazione su un progetto che investe il suo luogo è normale che il voto le sia riservato.
Mi figuro già i buontemponi che, per reazione, suggerissero di far pronunciare anche poliziotti e carabinieri, l’altra faccia dei venuti da fuori.
All’indomani di un simile para-referendum, si completerebbe – e aggiornerebbe – la lista di informazioni che viene citata e sospinta di qua e di là : approvazioni governative, voti parlamentari, delibere regionali e provinciali e comunali.
Si saprebbe anche che cosa ne pensano le persone della valle.
Sarebbe un elemento in più, e non dei minori, per regolarsi.
E intanto, si sarebbe forse data una tregua ai fronteggiamenti feroci.
Adriano Sofri
(da “La Repubblica”)
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Marzo 4th, 2012 Riccardo Fucile
PROGETTI CHE CAMBIANO, SCADENZE CHE SLITTANO, UN TUNNEL CHE DAREBBE LAVORO A SETTEMILA ADDETTI PER UN COLLEGAMENTO PER MOLTI INUTILE… SCEMPIO AMBIENTALE PER UNA LINEA SOTTOUTILIZZATA
Ventidue di lotta contro la Tav, tra progetti che cambiano, scadenze che slittano e migliaia di persone pronte a scendere in piazza ogni volta in cui la Torino-Lione è sul punto di passare dalle carte dei progetti ai cantieri sul territorio.
È successo nel 2005 a Venaus, quando doveva partire il sondaggio per il tunnel geognostico che fu bloccato, innescando il processo di radicale revisione del progetto.
E accade anche in questi tormentati giorni.
Ecco quali sono i nodi di una vicenda che sta dividendo l’intero Paese.
ALTA VELOCITà€
La Torino-Lione disegnata sulla carta è un megatunnel di 57 chilometri sotto le Alpi, di cui 14 in Italia.
A Susa, all’uscita dalla montagna, una stazione internazionale dove fermeranno i Tgv per Parigi.
La linea si infila poi nella montagna dell’Orsiera per quasi 20 chilometri, attraversa la pianura sotto la Sacra di San Michele per poi infilarsi nella collina morenica, entrare allo scalo ferroviario di Orbassano, toccare Torino per poi correre nella pianura padana.
La versione attuale è però low cost con il doppio obiettivo di placare le proteste riducendo l’impatto e rendere affrontabili gli investimenti per le casse pubbliche.
Saranno realizzati appena 28 chilometri sugli 81 previsti. Il resto dopo il 2023.
CANTIERI
Seicentomila metri quadrati di territorio sono destinati ai cantieri con oltre 17 milioni di tonnellate di materiali di scavo. Una cifra uguale alla quantità di zucchero esportata dal Brasile o a quella del riso prodotto Thailandia in un anno.
Con la versione attuale spariscono però, almeno per dieci anni, i cantieri della basse valle e quello di Rivoli, vicino all’ospedale e nel mirino degli agricoltori.
Per non intasare la viabilità locale è già previsto che il materiale di scavo sarà portato fuori solo attraverso i treni.
EUROPA
L’Europa contribuisce al 30% dei costi della tratta di confine: 2 miliardi di euro, di cui 671 già previsti, ridotti a 662 a dicembre per i ritardi accumulati sul progetto.
Ma per mettere mano al portafoglio ha imposto in questi anni scadenze precise, puntualmente disattese.
Aveva chiesto l’avvio del cantiere di Chiomonte nell’autunno del 2010. Inverno e tempi di approvazione del progetto hanno fatto slittare l’appuntamento con le ruspe al 31 marzo. Anche quella data però è andata buca.
Nuovo termine il 31 maggio, diventato poi 30 giugno.
Scadenza centrata a metà : il cantiere è aperto, ma mancano la firma dell’accordo internazionale tra Italia Francia e l’approvazione del progetto.
Solo allora l’Europa confermerà i fondi: mercoledì il banco di prova nel vertice bilaterale a Roma. I lavori a Chiomonte dureranno fino al 2015.
Nel 2013 dovrà invece partire il buco per il megatunnel sotto le Alpi e i lavori finiranno nel 2023.
FRANCIA
Sono tre le discenderie gemelle di quella prevista a Chiomonte già realizzate in Francia, nella regione della Maurienne.
Quattro milioni e mezzo di euro per le gallerie di Saint Martin del Porte, La Praz e Modane.
I lavori che in Italia sembrano così difficili da digerire in Francia sono partiti già nel 2001 e terminati.
Grazie a una legge del governo di Parigi, che il Piemonte ha replicato da questa parte delle Alpi, nei cantieri delle gallerie geognostiche francesi hanno lavorato per il 48% aziende e maestranze locali.
INVESTIMENTI
La Torino-Lione costa 14 miliardi di euro: 10,5 per la tratta internazionale, da dividere tra Italia, Francia e Unione Europea.
Pesano poi tutti sulle casse di Roma i 4,3 miliardi della tratta da Chiusa San Michele a Torino; su Parigi i 6 miliardi previsti per la linea oltreconfine.
La versione low cost consente un risparmio per la casse pubbliche di 4 miliardi rimandando al 2035 il resto della spesa.
NO TAV
Ventitrè comuni della Valle e migliaia di cittadini da anni si oppongono al supertreno.
Nel 2005 nel mirino i rischi per la salute per amianto e uranio presenti nelle rocce.
Oggi la battaglia si gioca soprattutto sui costi e sulle motivazioni dell’opera: “Uno scempio ambientale e uno spreco inaccettabile, in un momento in cui si chiede a tutti di tirare la cinghia”.
La linea ferroviaria è secondo i No Tav più che sufficiente ad assorbire il traffico perchè oggi è sottoutilizzata e sarà saturata non prima del 2025-30″.
SàŒ TAV
La Tav metterà il Piemonte al centro dell’Europa e consentirà una crescita di 1,5 punti di Pil l’anno e 7 mila posti di lavoro.
Pensare di cavarsela con la linea storica “è antiquato e poco serio” sostengono i Si Tav. È stata progettata nel 1857: è come se l’Olanda avesse un solo collegamento ferroviario, dicono i tifosi della Tav.
Maria Chiara Giacosa
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Marzo 4th, 2012 Riccardo Fucile
PIAZZATO NELLA LISTA DEI CANDIDATI PER IL RINNOVO DEL CDA DEL SESTO GRUPPO BANCARIO ITALIANO ROMANO MINOZZI… DOPO QUATTRO ANNI DI GUERRA E’ ARRIVATA LA PACE ARMATA
E alla fine l’accordo più temuto o auspicato della storia della Bper, quello tra coop rosse e
finanza azzurra, è arrivato.
Giampiero Samorì, avvocato vicino al senatore Dell’Utri che da quattro anni cercava invano di scalare l’istituto cooperativo, ora piazza un suo socio, Romano Minozzi della Graniti Fiandre, nella lista di maggioranza che il 21 aprile punta al rinnovo di un terzo del Consiglio di amministrazione.
Allo stesso tempo, mentre fa il suo ingresso nel collegio sindacale Fabrizio Corradini, consigliere della holding samoriniana Modena Capitale, l’avvocato non presenterà per la prima volta la sua lista di opposizione, Bper Futura, nella nuova assemblea: ”Per svelenire il clima e dare un segnale”, ha detto oggi un Samorì raggiante in conferenza stampa. L’ingresso per interposta persona nel salotto buono del sesto gruppo bancario italiano è una vittoria per l’avvocato d’affari che negli anni Novanta creò un impero dal nulla.
Dall’assist del governo Andreotti che lo nominò commissario liquidatore del Consorzio Caseario italiano, Samorì gestì due banche locali, la Banca di Modena e la Banca Modenese, poi cedute a Emil Banca e a Carife, diversificando gli investimenti tra assicurazioni, finanza e ceramiche sassolesi, per cui è ricercato advisor.
Il passo dal doroteismo al berlusconismo è stato breve, non solo per la vicepresidenza dei circoli del Buongoverno di Marcello Dell’Utri, senatore Pdl condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Dal Cavaliere, l’avvocato ha mutuato anche la strategia comunicativa, lanciando tv e quotidiano locale Modena Qui, e la passione per l’eccesso come l’aereo personale, un bimotore da 4 milioni di dollari.
Nella governance della Bper nessuno osa parlare di accordo, ma la dice lunga, oltre al nome della lista di maggioranza 2012 Bper avanti, il fatto che nella stessa siano saltate le candidature degli avversari dello scalatore azzurro.
A partire da Guido Leoni, già direttore generale e amministratore delegato condannato per l’appoggio di Bper alla scalata illegale di Unipol a Bnl assieme a Consorte, Ricucci, Fiorani e soci.
Manca per la prima volta anche Vittorio Fini, erede dell’eccellenza alimentare dei tortellini sfaldatasi nelle mani della Kraft.
Il presidente in carica Ettore Caselli, banchiere di area cattolica ex San Geminiano e San Prospero, non ha rilasciato dichiarazioni ma spiegherà il patto con la necessità di una fase collaborativa per il rilancio della banca: abbattimento dei costi, gestione più efficiente dei crediti, accorpamenti e fusioni evocati già dalla minoranza.
I nuovi candidati consiglieri sono l’avvocato di Ravenna Valeriana Maria Masperi e Massimo Giusti, vicepresidente della Fondazione Cassa di risparmio di Modena (azionista di Unicredit), mentre vengono confermati Giosuè Boldrini, commercialista di Rimini, e l’ingegner Giulio Cicognani.
E naturalmente Mario Zucchelli, già presidente di Coop Estense e di Holmo, holding che tramite Finsoe controlla Unipol.
Non è dato sapere se l’ingresso di Samorì sia una sconfitta delle coop rosse o se invece, più probabile, sia avvenuto con l’avallo delle stesse.
L’unica cosa certa è il silenzio registrato in queste settimane dai vertici del Pd, dove l’unico intervento è stato quello del presidente della Provincia Emilio Sabattini, area Margherita e pedigree democristiano.
Sabattini, nei giorni delle trattative ancora sommerse, ha appoggiato la critica di Samorì alle esposizioni debitorie dei membri del cda verso l’istituto, “circa 430 milioni di euro”.
La situazione starebbe mutando anche in termini numerici in una banca cooperativa per definizione non scalabile con un’Opa, dove tutto il potere risiede nelle mani di un Cda eletto con la formula di una testa un voto.
Si assottiglia la truppa dei più ferventi anti-samoriniani come l’editore-costruttore Erminio Spallanzani, Deanna Rossi e Manfredi Luongo, il magistrato in pensione che l’anno scorso con la sua lista strappò all’avvocato il posto riservato alla minoranza nel cda.
E proprio sull’ex procuratore di Modena e di Forlì si è concentrato l’intervento di Samorì: “Invito il dottor Manfredi Luogo, prima che si pronunci la Consob sulla sua lista civetta dello scorso anno, a rassegnare subito le proprie dimissioni. Il mio è un appello per evitare un danno d’immagine alla Bper e alla Procura di Modena: lui che da magistrato si è speso per trent’anni in nome della legalità , ora si comporti coerentemente facendo un passo indietro. Per parte nostra — continua -non presenteremo la lista Bper Futura in aprile, auspicando che in maggio o giugno si svolga una nuova assemblea dopo l’annullamento di quella del 2011 per effetto di una sentenza del tribunale civile, anche solo per una questione di opportunità . E naturalmente con sole due liste, maggioranza e opposizione”.
In sostanza il 21 aprile, quando potranno votare a Modena e in videoconferenza al centro sud i 95mila soci del gruppo federale, andrà in scena la pax tra governance o opposizione.
Ma la lotta continuerà per i nuovi equilibri di maggioranza nel cda, dove al netto del posto di diritto alla minoranza nell’eventuale assemblea bis del 2011, Samorì potrà contare su almeno due dei 19 membri: il ceramico Minozzi e Alberto Galassi, amministratore delegato di Piaggio Aero industrial, vero pontiere per il finanziere azzurro.
Restano alla finestra altri big come Piero Ferrari, figlio del Drake e suocero di Galassi, e il leader mondiale delle carni Luigi Cremonini.
Dunque si preannunciano grandi manovre nel ‘parlamentino’ del Cda alla luce dell’ambizione mai nascosta da Samorì di arrivare al vertice: “Credo di avere le capacità di gestire questo gruppo anche se oggi non ci sono le condizioni — ha concluso l’avvocato modenese – Faremo opposizione sui contenuti perchè se questa banca vuole ancora esistere, in un periodo di crisi strutturale italiana, deve cambiare passo, ad esempio tagliando gli sportelli, riequilibrando l’asse al nord e premiando solo i manager capaci. Quanto all’ex ad Leoni, non ero contrario alla sua presenza nella lista, perchè considero positivo il suo impegno storico per la banca fino a che non è diventato direttore generale. Lo stesso non si può dire quando ha iniziato ad occuparsi di strategia, arrivando a sedere su 18 cda diversi e circondandosi di yes man”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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