Marzo 17th, 2012 Riccardo Fucile
“QUANTO A MALAFFARE LA LEGA NON E’ DIVERSA DA ALTRI”…”LA NUOVA STAGIONE E’ MERITO DI FUTURO E LIBERTA”… “SE E’ NECESSARIO, IL GOVERNO NON ABBIA TIMORE DI COMMISSARIARE LA RAI”
“Piaccia o meno Fli è stata determinante per chiudere il berlusconismo. Non ha senso l’anatema, ma ci siamo presi la responsabilità di evitare che la fase finale del berlusconismo determinasse il declino dell’Italia”.
Gianfranco Fini davanti alla assemblea di Fli rivendica il ruolo di primo piano suo personale e del suo partito nella nuova fase politica, ora aperta dal governo tecnico guidato da Mario Monti.
“Se viviamo una fase nuova e c’è un nuovo governo, è anche o forse o soprattutto perchè Fli ha iniziato quella lunga marcia dolorosa e difficile”.
”A Monti vorrei dare un consiglio — aggiunge — sia cosciente per davvero della sua forza, governi a tutto campo e non si faccia impantanare dai tatticismi dei partiti, non accetti veti, governi con quel coraggio e determinazione che gli italiani hanno chiesto invano ai precedenti governi. Quando giungerà al termine della legislatura nulla sarà più come prima”.
Sostegno al governo.
“Dobbiamo continuare in un’azione di sostegno convinto per dare efficacia ai provvedimenti che il Governo ha preso. Un Governo che ha restituito concretezza dopo mesi e mesi di sbornie collettive” ha chiarito Fini.
“Al di là delle riforme che, in alcuni casi, possono essere giudicate frutto di compromessi, timide, il Governo ha il merito di aver indicato una strada univoca, quella della concretezza”.
“Il mio consiglio non richiesto a Monti – prosegue – è questo: sia cosciente della sua forza, deve governare a tutto campo, non si lasci impagliare dai tatticismi dei partiti. Sappia che deve governare, non accetti di fermarsi davanti ai veti, vada avanti nelle riforme”.
Anche perchè “è una pessima democrazia quella che permette ai rappresentanti delle lobby di affollare i palazzi del Parlamento. Serve una norma che eviti che il Parlamento si trasformi in un suk”.
Ineleggibili i condannati per i reati contro la Pa.
“Come fare per comporre una Camera che sia un po’ più rappresentativa degli elettori? “Il punto cardine di una nuova legge elettorale deve essere il diritto dell’elettore a scegliere il parlamentare, il deputato e il senatore” riflette Fini.
Tra le riforme da approvare ha citato quella sul finanziamento dei partiti, spiegando che “noi siamo la dimostrazione che si può fare politica anche senza finanziamenti pubblici”, ma anche una norma “che renda impossibile la candidatura di un condannato per reati contro la pubblica amministrazione”.
Il ruolo dei moderati.
Poi tre affondi agli ex alleati.
Il primo: “Dire moderati oggi non ha senso: aggettivo moderato non significa nulla se riferito a chi urla ed è incapace di ascoltare, la vera alternativa è tra i rinnovatori ed i nostalgici, i gattopardi. Il discrimine e tra chi vuole riformare e chi è privo di progettualità innovativa”.
Il secondo: “Non abbiamo nessuna intenzione di rivangare il passato ma non abbiamo nessuna intenzione di intrecciare di nuovo le nostre strade” con il Pdl.
“A scanso di equivoci — ribadisce — facessero quello che ritengono più opportuno”.
D’altronde il Pdl “è un partito senza bussola”.
Una forza politica per “italiani di buona volontà ”.
Così c’è bisogno di un nuovo soggetto politico: “Dopo le amministrative, che saranno importanti ma non decisive, dovremo lavorare alla fase costituente del Terzo polo” annuncia il presidente della Camera. Dovrà trattarsi, continua, di un disegno “per la Terza Repubblica, non un’operazione di piccolo cabotaggio”.
Fini evita di scegliere un nome fra Partito degli italiani, Polo della nazione o lista civica, quello che importa è che “sta crescendo lo spazio per una nuova aggregazione politica” che però deve “mettere meglio a fuoco i contenuti, un’offerta politica a tutti gli italiani di buona volontà ”.
L’alternativa non è “tra moderati ed estremisti” ma tra “riformisti e chi con lo specchietto retrovisore” e in questo contesto Fli deve “giocare la sua partita ed essere protagonista della Terza Repubblica” dopo che la seconda “è finita con il berlusconismo”.
Il Terzo polo quindi “deve avere una chiara vocazione maggioritaria. Non sarà di centro, ma sarà centrale, rappresentando una sintesi delle migliori culture politiche italiane”.
La Lega.
La terza scudisciata è per la Lega Nord: ”Una Lega solo di opposizione sarà sempre più una Lega radicale che ostenta una diversità solo presunta perchè, in quanto a malaffare, non è diversa da altri”.
La Rai. Infine la Rai.
Fini dice: “Monti proceda con il commissariamento della Rai se lo ritiene necessario e metta i partiti di fronte alle loro responsabilità ”.
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Marzo 17th, 2012 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DELLA “CASA DELLA LEGALITA”: “NON CI PRESTIAMO A FARE DA PARAVENTO AD UNA POLITICA E AD UN’IMPRESA CHE CON LA MAFIA FA AFFARI”….”LIBERA” SOLO DI NOME, MAI UNA DENUNCIA, PROMUOVE SOLO ILLUSIONI, VIVENDO DI OPERAZIONI MEDIATICHE”
Su “Libera” bisogna una volta per tutte dirsi la verità .
Con tutto il rispetto per i parenti delle vittime di mafia e di quanti, in buona fede, sono oggi all’appuntamento promosso da Libera a Genova, noi non possiamo esserci.
Libera ha scelto da tempo di essere il “paravento” di una politica e di certa impresa che con le mafie ha fatto e fa ottimi affari.
Noi a questo “gioco”, in cambio di visibilità e soldi, non ci siamo mai prestati e mai ci presteremo.
Crediamo che la lotta alle mafie sia una cosa seria in cui, prima di tutto, occorre onestà intellettuale e realismo.
Vivere nell’illusione non serve e Libera promuove un “illusione” utile a farsi sentire meglio, ma sopratutto utile a certa politica per coprire le proprie indecenze…
Utile a non cambiare nulla.
Se sappiamo, come ci ricordava Caponnetto, che le mafie temono più l’attenzione dell’ergastolo, Libera questo “dettaglio” se lo è dimenticato.
Mai un nome e cognome… mai un indice puntato… solo e sempre un parlare di mafia come se questa fosse un ectoplasma.
Non è solo questione di “metodi” diversi.
E’ ben altro.
Per questa giornata genovese di Libera, ci sono stati palchi e presenze che rappresentano un insulto alla decenza, con amministratori pubblici locali “amici degli amici”, a partire dal presidente della Regione Claudio Burlando e scendendo verso molteplici amministratori di Comuni e Province.
Soggetti che hanno dato e continuano a dare lavori e concessioni, soprattutto attraverso società pubbliche, a imprese di note famiglie mafiose, anche quando si è in presenza di misure interdittive (come anche nel caso eclatante proprio del Comune di Genova) o quando le imprese sono prive della certificazione antimafia.
Questa ipocrisia per noi è intollerabile.
Lo strabismo, il piegare la lotta alla mafia ad un colore politico o a certa politica in cambio di soldi e visibilità , non è tollerabile e provoca danni. Prendiamo il presidente onorario di Libera, Nando dalla Chiesa.
A Milano fa grandi proclami contro le mafie, indica le collusioni con le Amministrazioni di centrodestra a Milano, ma poi a Genova, da consulente dell’amministrazione comunale della Vincenzi, ha coperto come polvere sotto il tappetino, indecenze assolute e gravissime.
Mai una denuncia… mai un nome e cognome!
Un esempio concreto, per andare oltre all’aspetto politico, viene poi, in terra di Liguria, anche dal settore delle imprese.
Qui, nella capitale del Partito del Cemento, posizione di rilievo hanno le grandi cooperative emiliane, come la Coopsette e Unieco, oltre alla “ligure” Abitcoop.
Cooperative che nei propri cantieri hanno dato lavoro – senza manco vergognarsi ed anzi ribadendo sempre che tutti gli incarichi erano a norma di legge – ai MAMONE (Coopsette ed Unieco), ai FOTIA (Unieco e Abitcoop), ai PELLEGRINO (Abitcoop).
E chi è uno tra i principali sponsor di Libera?
Proprio la Lega delle Cooperative, così come anche direttamente lo è l’Unieco!
“Libera” da tempo è tale solo nel nome, purtroppo.
Ha scelto di essere una “colonia”, abbandonando ciò che era alle origini.
E’ una scelta che nega quell’indipendenza necessaria per un efficace, credibile e corretta lotta alle mafie.
Vivere di operazioni mediatiche non serve a produrre un cambiamento reale e tanto meno a sconfiggere le mafie.
Quella di oggi a Genova è l’ennesima farsa dove Libera fa salire sul palco l’indecenza presentandola come decenza.
E’ un pessimo segnale e per noi è intollerabile.
Casa della Legalita
Ufficio di Presidenza
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Marzo 17th, 2012 Riccardo Fucile
L’ANALISI DI MANNHEIMER: VOGLIA DI ELEZIONI AL MINIMO STORICO, IL 50% DEGLI ITALIANI NON SAPREBBE PER CHI VOTARE, FIDUCIA IN MONTI
Si aggirano alla ricerca delle telecamere che non sono più quelle di una volta.
Di tanto in tanto ricompaiono in video e fanno uno strano effetto, come la visita di un vecchio e malsopportato parente.
Qualche volta rilasciano interviste ai grandi quotidiani e giurano di tornare, un po’ come gli
ubriachi allontanati dai bar a tarda notte.
Sono i politici italiani, così maldestri (per esser carini) da logorarsi fino al punto di cadere al fondo del fondo della fiducia degli elettori. Lo sa bene chi per mestiere sonda gli umori del Paese, come il sondaggista Renato Mannheimer: “La fiducia nei partiti? Sta al 4 per cento”.
Una percentuale irrisoria, eppure una quota non indifferente della vita di ciascuno di noi è ancora nelle loro mani che votano in Parlamento.
Il problema, semmai, è che pochi sembrano preoccuparsene, come se della democrazia dei partiti — tale è stata la performance dei suoi rappresentanti negli ultimi lustri — si potesse tranquillamente fare a meno.
Basta un poco di Monti e la pillola va giù: “Monti gode di un’elevatissima fiducia — sostiene Mannheimer — anche perchè la maggioranza che lo sostiene va da destra a sinistra. È vero, infatti, che la fiducia nei partiti nel complesso è bassissima, ma la fiducia nel partito di riferimento è solitamente più elevata. Capita poi che il gradimento del governo Monti vanga messo in discussione in relazione ai singoli provvedimenti, ma pochissimi si sentono davvero in imbarazzo per il fatto di essere governati da un esecutivo che, in fondo, nessuno ha eletto. Da questo punto di vista non c’è timore per la democrazia. La voglia di elezioni è ai minimi storici, anche perchè un italiano su due dichiara di non sapere per chi votare. Certo, il quadro politico attuale e la legge elettorale potrebbero cambiare molto da qui alla primavera del 2013 e questo influisce non poco sulla scelta degli elettori, ma rimane il fatto che quello degli indecisi e degli astensionisti è oggi di gran lunga il primo partito”.
Si può quindi parlare di politica “rinnegata”?
“Non esagererei. Partiti rinnegati sì, senza dubbio, ma la politica, nonostante tutto, a volte è ancora percepita come qualcosa di diverso da chi la fa”.
E il fatto che il governo Monti così popolare, pazienza se non eletto democraticamente, dipenda comunque da un Parlamento a cui quasi nessuno affiderebbe più nemmeno un pacchetto di sigarette, non preoccupa gli italiani?
“Il dibattito ricorrente — ancora Mannheimer — è sui sacrifici, su chi debba pagare di più o di meno la crisi. Il consenso sulla legittimazione di questo governo a proseguire il proprio lavoro è fuori discussione. Ma forse c’è speranza anche per la classe politica attuale. Il disagio maggiore, infatti, salta fuori quando i partiti non decidono. I leader che chiacchierano, soprattutto dei rapporti tra di loro, irritano profondamente l’elettorato. Se, per fare esempio, si trovasse un accordo serio per una vera una riforma elettorale, anche loro potrebbero riguadagnare fiducia”.
Quindi, tutto sommato, l’italiano è sì indignato, ma in fondo in fondo indulgente.
Un film simile su questi schermi si è già visto; e forse qui sta la minaccia vera, peggio dei vecchi leader che promettono di tornare: “Dalle nostre rilevazioni — prosegue il presidente di Ispo — emergono molti punti di contatto tra la crisi attuale e quella che seguì a Tangentopoli nel 1992-94. Allora Berlusconi seppe trovare un mercato potenziale presente nell’elettorato con una proposta di novità e iniziative che diedero l’idea della concretezza. Come poi sia andata a finire quella storia, è un altro discorso, ma il quadro è molto simile. Certo è difficile replicare il 1994, la credibilità di quelle proposte, allora considerate innovative, è nettamente diminuita. L’attuale crisi di fiducia nella politica, poi, è indubbiamente figlia anche della delusione per il tramonto del berlusconismo, a cui molti avevano sinceramente creduto. Il mercato elettorale che si apre di fronte a chi saprà dare di sè un’idea di novità e concretezza è tuttavia grandissimo”.
Alla domanda su chi saprà occupare questo spazio, il sondaggista si ritrae e preferisce non rispondere: “Non è il mio mestiere — conclude il professor Mannheimer — Dico solo che la via d’uscita a questa preoccupante crisi di legittimazione della politica ci può essere. Da una parte è necessario un ricambio della classe politica, ma soprattutto la gente manifesta il bisogno di un ricambio del linguaggio e delle idee. La gente si aspetta e pretende un linguaggio più chiaro, proposte concrete e non tanti discorsi in politichese senza contenuto”.
“Linguaggio chiaro”, “ricambio”, “politichese”, mancano solo il consociativismo e il teatrino della politica e sembra di essere nel 1994.
Nel 2013 si vota; un anno e poco più: poi si discuterà su cosa questi ultimi vent’anni abbiano insegnato agli italiani.
Stefano Caselli
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 17th, 2012 Riccardo Fucile
IL NEGOZIATO SUL LAVORO HA OBBEDITO AL VECCHIO FORMAT TRIANGOLARE GOVERNO, CONFINDUSTRIA, SINDACATI
Giovedì Marco Venturi ha fatto persino il giro delle «tre chiese».
È stato da Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini per manifestare tutta l’insoddisfazione di Rete Imprese Italia, di cui è portavoce, verso le conclusioni a cui sta arrivando il negoziato sul lavoro.
La battuta migliore gliel’ha fatta Bersani: «Mi sembra di stare su un autobus in cui tutti hanno qualcosa da dire sull’autista, ma si rivolgono al bigliettaio perchè sia lui a rappresentare il loro malumore» .
Scherzi a parte il massimo rappresentante di commercianti e artigiani ha ricevuto ampie rassicurazioni da tutti ma a Rete Imprese Italia non si fanno illusioni.
Il negoziato sul lavoro ha obbedito ancora una volta al vecchio format triangolare governo-Confindustria-sindacati, quello che ha dominato il nostro Novecento e che si pensava dovesse andare in soffitta.
Come Venturi la pensano anche le associazioni delle partite Iva.
Quel triangolo le ha escluse persino dal tavolo e Anna Soru, presidente di Acta (l’associazione dei consulenti del terziario avanzato) sostiene che tutti coloro che nel governo o nei partiti si occupano della riforma continuano «a pensare solo dentro gli schemi del lavoro dipendente e non sanno niente di quello autonomo».
È chiaro che dovendo affrontare lo spinosissimo tema dell’articolo 18 il governo Monti non potesse pensare di depotenziare il confronto con i sindacati confederali e la Confindustria ma artigiani, commercianti e partite Iva si aspettavano comunque qualche segnale di novità in chiave universalistica e non concertativa. Delusi, ora sfogano il loro mugugno.
Raccontano come Cgil-Cisl-Uil e industriali comunque siano riusciti a negoziare con il governo e a ottenere partite di scambio mentre Rete Imprese è partita con un documento ed è arrivata alla fine sostanzialmente con il medesimo testo senza che nel mezzo ci fossero avvicinamenti, compromessi e mezzi risultati.
In termini calcistici si direbbe che Venturi è uscito dal campo con la maglia intonsa perchè non ha visto palla e non ha dovuto nemmeno correre.
Già in sede di decreto Salva Italia e di completamento della riforma previdenziale artigiani e commercianti avevano dovuto mandar giù qualche boccone amaro.
In primis l’aumento dei contributi pensionistici che entro il 2014 comporterà per i loro associati un maggior esborso di 2,7 miliardi.
L’aumento dell’Imu e tutta un’altra serie di piccoli balzelli sono stati un altro dispiacere e secondo i conti di rete Imprese graveranno per circa 5 mila euro aggiuntivi su ciascuna impresa.
Venturi e gli altri speravano che i rospi finissero qui.
E invece l’introduzione dell’Aspi, la nuova indennità di disoccupazione comporterà per le Pmi un aggravio di 1,2 miliardi di cui almeno la metà aggiuntivi ai contributi versati oggi.
Non è tutto.
Rete Imprese aveva chiesto che le risorse aggiuntive per allargare le tutele degli ammortizzatori sociali fossero compensate da una diminuzione dei soldi che le imprese versano per Inail e malattia.
Due gestioni che sono fortemente e, sostengono gli artigiani, “inutilmente” in attivo. Non se n’è fatto nulla.
Il quaderno delle doglianze dei Piccoli si chiude con le maggiorazioni di costo sui contratti a tempo determinato che comunque renderanno più rigida la flessibilità in entrata, un ossimoro.
Lo stesso vale per Confindustria ma le grandi imprese porteranno comunque a casa la revisione dell’articolo 18 e certamente non è poca cosa dal punto di vista simbolico.
Tra le partite Iva i mugugni sono ancora più forti.
L’impressione è di essere rimasti “figli di un Dio minore” anche in un contesto politico che si era prefissato l’obiettivo di allargare la platea dei rappresentati.
E invece, ad esempio, l’intervento sulle finte partite Iva riguarderà solo le professioni non ordinistiche, ricalcando quindi una vecchia bipartizione che ha mandato da sempre in bestia consulenti e knowledge worker. In più i criteri per individuare la finzione sono la monocommittenza e la fruizione di una postazione di lavoro presso il committente.
«Ma ciò richiede l’azione degli ispettori del lavoro. E allora se entrano in gioco gli ispettori sono molte le cose che vorremo far verificare» dicono ad Acta.
La considerazione più amara riguarda però l’aumento dei contributi previdenziali: c’è il fondato sospetto che li si voglia far salire, per parasubordinati e partite Iva, dall’attuale 28% fino al 33% e quest’operazione per Soru è «inaccettabile».
Dario Di Vico
(da “Il Corriere della Sera”)
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Marzo 17th, 2012 Riccardo Fucile
LA STALLER CORRE A SINDACO DI MONZA…A TARANTO PRIMARIE TRA DIVE HARD
Tra due declini, meglio un onorevole compromesso.
Lontani da un set bulgaro, magari alla buvette. Nella scelta tra il cadente porno di frontiera e la politica da trincea, la seconda si fa ancora preferire.
Cicciolina è tornata sul luogo del delitto pochi giorni fa. A 25 anni dal suo ingresso. C’era la folla, allora. I commessi la dovettero sollevare di peso.
Dalla strada la gente l’ha intravista tra i carabinieri. Qualcuno ha commentato: “E adesso sono cazzi”. Non c’era ombra di ironia.
Dall’alveare radicale,all’epoca, Ilona Staller interveniva su donne e carcerati.
Nilde Jotti annuiva: “Considerazione ammirevole”. I colleghi moralisteggiavano: “Povera Italia”.
Rimase cinque anni. Dall’87 al ’92. Uscì dalla porta principale, altri entrarono a San Vittore.
Oggi con la pensione da parlamentare in tasca e l’idea di candidarsi a sindaco di Monza con il suo partito , Nuova democrazia amore (in tandem col fidanzato, l’avvocato Di Carlo) sembra quasi una restauratrice.
Era a Roma per “cercare appoggi” e “fare incontri”.
Vanta il quattro per cento, Ilona, ma si ostina a parlare di prigioni e malati di Aids. Antica e meno disinvolta della collega che l’avrebbe dovuta sfidare, Milly D’Abbraccio.
Per tentare la stessa impresa si era spostata cavallerescamente settecentonovantotto chilometri a sud, a Torre Del Greco.
Esagerando: “Nel napoletano vengo dopo Maradona e sono vista come la madonna” e riscrivendo la massima di Emile Cioran: “È chiaro come il sole che Dio era una soluzione e che non ne troveremo mai una altrettanto soddisfacente”.
Si proponeva come tale, Milly, ma ieri tradendo le attese e spegnendo l’esultanza dei videonoleggiatori, ha rinunciato alla lotta perchè “sola e piena di impegni personali”. Peccatrice da sempre, ma non di modestia, dimenticati semantica e calembour che la mettevano alternativamente al centro di “una famiglia per pene” o nel ruolo della “professoressa di lingue”, in campagna elettorale aveva dato spettacolo.
Alzando l’asta. Esordendo con un semplice: “Milly for Monza” e poi uscendo di scena, una volta monetizzata la pubblicità . Titoli. Subito. Ci riproverà . Le crediamo. Se Milly sosteneva che tra politica e sesso esistesse un filo rosso: “Il Bunga bunga, Berlusconi, è chiaro no?” e che il più bell’articolo della Costituzione fosse “il 69”, in faccia all’Ilva, qualcuno terrà dritta le bandiere (a luci) rosse.
Ci sono state le pornoprimarie in città (una settimana di urne aperte, circa 600 votanti) e davanti alle legittime aspirazioni della marchesa dell’Hard, Luana Borgia: “Votate per me perchè sono una persona seria che lavorerà per gli umili” hanno prevalso le velleità della venere polacca, Amandha Fox, amante delle allusioni nominali, già di tricolore vestita in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia e intenzionata a trasformare la città nella succursale di Miami.
Entrambe le candidate sbagliavano le proporzioni (sic) del sito: “Un milione di abitanti?” ma intanto promettevano scoprendo programmi e nudità : “Alberghi e casinò”. A trionfare, infine, è stata la chiarezza.
Di fronte allo stupito anacronismo della Borgia sottoposta da Nobile delle Iene a giochi dialettici sui pilastri tecnici di Mario Monti che avrebbero richiesto ben altra prontezza, la marchesa ha deluso: “Passera? Come?”.
Così ad Amandha sono bastati un paio di giri nelle discoteche della riviera, flautare un “amo il sesso di gruppo” e paventare un festival internazionale sibillinamente denominato “Taranto Sex” per rincuorare (e convincere ) i votanti delle uniche primarie previste nel tarantino a darle voto e preferenza.
Così se Amandha (sostenuta da “Taranto svegliati”) ha scelto la via terzista tra destra e sinistra e come Cicciolina (che vorrebbe trasformare la Villa Reale di Monza in un angolo di Croazia) sogna “night club da realizzare grazie alle conoscenze che posso vantare nel mondo dell’imprenditoria italiana” altri, nell’attesa, si industriano parallelamente.
A sinistra ad esempio, dove trascorsi 60 anni dal comunista di Morselli e dalla scoperta della doppia morale, pulsa un desiderio deideologizzato (l’anno scorso una segretaria del Pd di San Miniato girò un porno amatoriale “È venuta a saperlo mia madre” dove il gioco di parole si trasformò in realtà , gogna, scandaletto e dimissioni) e in tutto l’arco costituzionale.
Gli esclusi, i feriti, pensano di chiedere il copyright.
Riccardo Schicchi ebbe l’intuizione originaria. Antipolitico prima di Tangentopoli. Prima Cicciolina, poi, nel ’92, il partito dell’amore.
Stavolta non l’hanno coinvolto. Lo avrebbe meritato.
Moana Pozzi, candidata nella circoscrizione laziale da Schicchi prese più preferenze di Rutelli e nel ’93 provò a vedere l’alba dal Campidoglio. Novemila voti.
Alla caccia del fascino discreto della borghesia, anni dopo, nell’ammucchiata generale, qualcuno se ne è ricordato.
Malcom Pagani
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 17th, 2012 Riccardo Fucile
UN’OPERA COSTOSA E DANNOSA…LE OBIEZIONI DEI TECNICI NO TAV AL DOCUMENTO DI MONTI
E così il governo tira finalmente fuori alcune risposte ai dubbi sul Tav Torino-Lione.
Posto che una seria valutazione non si fa a colpi di comunicati e dibattito sui giornali, ma attivando una apposita commissione tecnica indipendente, accenniamo qui ad alcune obiezioni. Secondo il team tecnico della Comunità Montana Valli Susa e Sangone, i 14 punti appaiono “affrettati, superficiali, parziali e qua e là inesatti; in ogni caso mancano i riferimenti agli studi che dovrebbero esserne la base e che, se esistono, continuano a essere coperti da segreto di Stato”. Il riferimento alla riduzione delle emissioni di gas serra e ai benefici ambientali dell’opera non è credibile, in quanto la letteratura scientifica internazionale attribuisce a opere simili pessime prestazioni energetiche e qui si afferma il contrario senza fornire un’Analisi del Ciclo di Vita (LCA) o un semplice bilancio di carbonio verificabile, invocati da anni.
Il nuovo tunnel di base, tra energia e materie prime spese in fase di realizzazione ed energia di gestione, inclusa quella per il raffreddamento dell’elevata temperatura interna alla roccia, produrrebbe più emissioni della linea storica a pieno carico di merci e passeggeri, in palese contrasto con gli obiettivi europei di efficienza energetica 20-20-20.
Per limitare l’impatto psicologico e diluire quello finanziario a carico dei contribuenti si tende nei 14 punti a frammentare l’opera in sezioni indipendenti più piccole, che tuttavia non permetterebbero da sole di raggiungere le prestazioni promesse.
Un esempio: si dichiara una riduzione dei tempi di percorrenza tra Torino e Chambèry pari a 79 minuti, solo grazie al nuovo tunnel di base, rimanendo invariati i raccordi.
Ma tale risultato è irraggiungibile senza la realizzazione dell’intera tratta, in quanto implicherebbe velocità prossime ai 500 km/h in tunnel a fronte di una velocità di progetto di 220 km/h.
Delle tre ore di riduzione tempi di percorrenza sulla tratta Parigi-Milano enunciate al punto 6, già ora circa 40 minuti sarebbero recuperabili facendo transitare i TGV sulla nuova e sottoutilizzata linea ad alta velocità Torino-Milano, sulla quale tuttavia i treni francesi non sono ammessi per discutibili scelte sui sistemi di segnalamento, che pure l’Europa individua come primo fattore da armonizzare per le reti transeuropee.
Al punto 11 si arriva addirittura ad affermare che “il progetto non genera danni ambientali diretti ed indiretti” il che è ovviamente impossibile, un’opera di questo genere presenta inevitabilmente enormi criticità ambientali e sanitarie, evidenziate perfino nelle relazioni progettuali LTF, che si può tentare di mitigare e compensare, ma non certo eliminare.
L’unico modo per non avere impatti “nel delicato ambiente alpino” è lasciarlo indisturbato.
I posti di lavoro promessi, oltre che sovrastimati, riguarderebbero principalmente gli scavi in galleria, dunque notoriamente temporanei, insalubri e di modesta qualificazione professionale, in genere coperti da emigrati da paesi in via di sviluppo.
Le prestazioni della linea esistente vengono minimizzate sulla base della vetustà e non delle sue effettive capacità .
Nel 2010 infatti la linea attuale è stata utilizzata a meno del 12% delle sue potenzialità .
Un tunnel è un tunnel, non può essere nè vecchio nè nuovo allorchè svolge la sua funzione di condotto.
Il Frejus, benchè ultimato nel 1871, a differenza di quanto affermato al punto 8 “dove non entrano i containers oggi in uso per il trasporto merci” è stato recentemente ampliato per consentire il passaggio di container a sagoma GB1 (standard europeo), spendendo poco meno di 400 milioni di euro.
Non è chiaro perchè il collaudo tardi ancora o, se c’è stato, perchè permangano i limiti preesistenti ai lavori.
Quanto alla pendenza della linea storica, indicata al punto 6 nel 33 per mille, si rileva che il valore medio è attorno al 20 per mille, e solo 1 km raggiunge il 31 per mille e non il 33. L’energia spesa per raggiungere la quota massima del tunnel del Frejus a 1335 metri viene inoltre in buona parte recuperata nel tratto di discesa.
Si ricorda che negli Stati Uniti l’unico tunnel che attraversa il Continental Divide nelle Montagne Rocciose del Colorado, il Moffat Tunnel, lungo 10 km, è a binario unico e culmina a ben 2817 m, e dal 1928 viene ritenuto ancora perfettamente efficiente. In conclusione: c’è già una ferrovia funzionante lungi da essere paragonata a una macchina da scrivere nell’era del computer; l’attuale domanda di trasporto è enormemente inferiore alla capacità della linea; costruire un’altra linea in megatunnel costa una cifra spropositata in un momento così critico per la nostra economia; l’Europa non ci ha imposto niente, tant’è che non ha ancora deciso se finanziare o meno il tunnel di base; la valutazione di impatto ambientale dell’intero progetto non è mai stata effettuata; l’analisi completa costi-benefici non è ancora stata pubblicata; il bilancio energetico non è disponibile.
E nel frattempo, intorno alla torta si affollano anche troppi commensali, tutti interessati a partire con i lavori, non importa come, purchè si cominci a scavare.
Luca Mercalli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 17th, 2012 Riccardo Fucile
DA PALERMO A VARESE, EPIDEMIA DI URNE COL TRUCCO
Il 17 ottobre 2011 il signor Ampelio Ercolano Pizzato, di Bassano del Grappa, quantunque defunto da tempo, lasciò la sua dimora eterna per iscriversi al Pdl.
Prova provata che, come Lui sostiene da anni, la sola evocazione di San Silvio da Arcore fa miracoli.
Va però detto che, di prodigi simili, la politica trabocca.
A destra, a sinistra, al centro…
L’ultimo caso è la decisione della Lega Nord di annullare le «primarie» di Varese che dovevano eleggere i delegati al congresso della Lombardia: alla conta c’erano 332 voti contro 329 votanti effettivi.
Quanto bastava perchè l’ex segretario Stefano Candiani, nella culla del Carroccio scossa dalle risse fratricide, dicesse: «Anche un solo voto fuori posto è una circostanza sgradevole. Non vedo alternative alla ripetizione del voto».
Il partito di Bossi, del resto, la «verginità » l’aveva già persa anni fa.
Quando il presidente del movimento in Toscana, Vincenzo Soldati, era stato condannato con altri tre militanti per aver taroccato le firme necessarie a presentare la lista alle elezioni
Varie inchieste giudiziarie, tuttavia, hanno dimostrato che non un partito, manco uno, è riuscito negli anni a rimanere del tutto estraneo a queste faccende.
Basti ricordare, tra gli altri, il processo che a Udine, per le provinciali e le comunali del 1995, vide 12 persone finire in manette e 71 a giudizio appartenenti un po’ a tutti i partiti, da An al Ccd, da Forza Italia al Pds, dai Verdi alla Lega Friuli e al Ppi.
Furono coinvolti perfino, sia pure di striscio, i radicali, che storicamente hanno combattuto le battaglie più dure sul fronte della legalità nella raccolta delle firme, fino alla denuncia per brogli del governatore Roberto Formigoni.
E come dimenticare l’inchiesta genovese di qualche anno fa nella quale restarono inguaiati 49 esponenti di un po’ tutti i partiti?
Erano false 187 firme su 1.183 dell’asse Pri-Socialisti, 388 su 1.351 del Rinnovamento italiano di Lamberto Dini, 310 su 1.148 del Msi-Fiamma tricolore, 314 su 1.261 delle Liste civiche associate, 53 su 1.133 del Ppi, 161 su 1.141 dei Verdi…
Per non dire delle inchieste aperte a Monza, Trento, Bologna, Rossano, Campobasso, dove la Digos indagando sulle regionali si spinse a denunciare 16 segretari provinciali di diversi partiti…
Insomma, le cose avevano preso una piega tale che a metà luglio 2003, mentre la gente boccheggiava nell’estate più calda da decenni, il centrodestra decise di metterci una pezza varando (270 sì, 154 no, 5 astenuti) la depenalizzazione: basta con le manette, basta con la galera. Solo una multa.
Il relatore Michele Saponara rassicurò che in fondo, queste truffe sulle firme, «non sono reati pericolosi socialmente».
Chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Era da tempo, tuttavia, che non si accavallavano tanti imbrogli. Ancora trasversali.
Ed ecco a sinistra lo scandalo delle primarie del Pd per le comunali 2011 a Napoli, dove la vittoria di Andrea Cozzolino è contestata dal segretario provinciale del partito Nicola Tremante: «In molti seggi ci sono stati consiglieri di municipalità ed esponenti dei partiti di centrodestra che hanno portato centinaia di persone a votare. Ne abbiamo le prove».
E mostra foto scattate da un militante: «Qui siamo al seggio di San Carlo all’Arena dove si vede la presenza di un consigliere municipale del Pdl». Peggio: a Miano, a nord di Capodimonte, «hanno votato 1.606 persone in 8 ore: 200 l’ora. Tre al minuto. Tecnicamente impossibile».
Un trauma.
Ripetuto giorni fa a Palermo. Dove Maurizio Sulli e la sua compagna Francesca Trapani (già indagata per favoreggiamento perchè ospitava in casa sua Michele Catalano, arrestato con l’accusa di essere vicino al clan mafioso dei Lo Piccolo) sono indagati, ricorda l’Ansa, «per presunti illeciti nel voto alle primarie del centrosinistra, in vista dell’elezione del sindaco di Palermo, nel seggio allo Zen.
Secondo testimonianze la donna e l’uomo avevano decine di certificati elettorali nella propria auto». Una brutta storia.
Che ha portato all’annullamento dei voti in quel seggio e spinto il presidente della Toscana Enrico Rossi a sfogarsi su Facebook e Twitter: «Credo occorra trovare delle regole. Se in Internet si digita la parola “brogli”, purtroppo viene fuori “brogli Palermo Pd” e “brogli Putin”. Io sono un po’ stufo di questo».
Imbarazzante.
Unica consolazione, in base all’adagio «mal comune, mezzo gaudio», lo scandalo dei falsi iscritti al Popolo della libertà . Ricordate le dichiarazioni trionfali di Angelino Alfano ai primi di novembre?
«Oltre un milione di italiani hanno deciso di iscriversi al Pdl. Molti più della somma degli iscritti ai partiti che l’hanno fondato».
Giuseppe Castiglione gli fece coro: «Abbiamo doppiato anche le più rosee previsioni: il vero Big Bang siamo noi».
Non l’avesse mai detto!
Poche settimane ed ecco il Big Bang vero. Ecco i dubbi nella Regione più grande, quella più amata dal Cavaliere, sintetizzati sul Corriere così: «Mai così tanti iscritti, mai così in basso nei sondaggi. Serve un matematico di quelli tosti per risolvere l’equazione a più incognite del Pdl in Lombardia».
Ecco la denuncia sugli iscritti di Modena da parte di una berlusconiana Doc come Isabella Bertolini: «Scorrendo l’elenco dei nuovi tesserati, quasi 6 mila, ho notato un impetuoso aumento degli iscritti in alcuni Comuni a forte rischio di infiltrazioni… I sospetti sono aumentati quando ho verificato che molte iscrizioni erano in blocco, a famiglia, e che si trattava di persone provenienti da Casal di Principe, Casapesenna, San Cipriano d’Aversa…»
Ecco la rivelazione, sul Fatto Quotidiano , di Gianni Barbacetto, che racconta come un dipendente del Cepu avesse «trovato sulla sua scrivania il modulo per l’iscrizione al Popolo della libertà . Con un ordine secco scritto a mano su un post-it : “Da consegnare firmato”».
Ecco la militante antiberlusconiana del Pd che si ritrova iscritta al Pdl di Brescia con la tessera numero 158.378.
Il cabarettista vicentino Dario Grendele, membro del gruppo «Risi & Bisi» che nega di aver mai dato il suo consenso e dice di essere stato imbarcato a sua insaputa esattamente come i sindaci vicentini di Brendola e Zanè e il segretario udc di Schio.
Seccante.
Tanto più per il partito di Silvio Berlusconi, che aveva per anni rovesciato sospetti sugli avversari arrivando a invocare «osservatori dell’Onu» e a tuonare, dopo la sconfitta alle politiche 2006: «Secondo mie informazioni i professionisti della sinistra ci hanno sottratto circa un milione e settecentomila voti». Informazioni di chi? Sue.
Particolarmente sgradevole il caso della provincia berica, storica roccaforte del centrodestra.
Dove sarebbe più o meno taroccata la metà delle 16 mila tessere d’iscrizione raccolte dall’eurodeputato Sergio Berlato, che fiero del suo bottino si era fatto fotografare con due valigie extralarge stracolme di adesioni.
E dove Il Giornale di Vicenza ha via via raccolto testimonianze strepitose. Come quella di alcuni carabinieri imbarazzatissimi perchè mai e poi mai (lo dice la legge) avrebbero potuto iscriversi a un partito.
O quella di Marco Berlato, 21 anni, iscritto a Rifondazione. Irresistibile il commento ironico di Giuliano Ezzelini Storti, coordinatore provinciale comunista: «Se il Pdl era così disperato poteva chiederci un piacere, no? Noi stiamo sempre dalla parte dei deboli».
Gian Antonio Stella
(da “Il Corriere della Sera”)
argomento: Costume, denuncia, Politica, radici e valori | Commenta »