Marzo 18th, 2012 Riccardo Fucile
L’ASTREA MILITA IN SERIE D: I GIOCATORI PERPEPISCONO STIPENDI FINO A 1800 EURO AL MESE PER DUE ALLENAMENTI ALLA SETTIMANA….E A FINE CARRIERA POSSONO CONTARE SU UN POSTO FISSO NELLA POLIZIA PENITENZIARIA
Altri tempi quelli in cui Francesco Guccini cantava che la mamma aveva ragione nel dire che “un laureato vale più di un cantante”.
In un bando del ministero di Grazia e Giustizia per entrare a far parte del corpo di polizia penitenziaria, infatti, una presenza in serie B vale come titolo 24 volte in più di un master in criminologia alla Harvard Law School.
Il concorso è stato creato per risollevare le sorti dell’Astrea, squadra di calcio di serie D di proprietà del Ministero di Grazia e Giustizia.
Niente calciomercato dunque: dopo risultati non proprio esaltanti ecco che arriva il concorso per reclutare nuove e valide risorse.
Ai fini della graduatoria finale contano poco laurea (1 punto) o master (0,5 punti), rispetto alla partecipazione a un campionato di serie C (8 punti), di serie B (12 punti) per non parlare di una convocazione in nazionale che garantisce 25 punti.
I vincitori del bando, poi, vengono inquadrati come dipendenti della polizia penitenziaria.
Lo stipendio fisso non è di quelli che fanno girare la testa nella categoria (in serie D un attaccante da 20 goal a campionato arriva a prendere anche oltre 3mila euro al mese): dai 1300 ai 1800 euro, per sole due ore al giorno di allenamento e con le trasferte considerate alla stregua di missioni.
Quello che fa la differenza, però, è che alla fine della carriera sportiva per i giocatori dell’Astrea non ci sarà nessun patema d’animo su cosa fare da grandi: saranno assegnati a lavoro d’ufficio in istituti penitenziari o comunque nel corpo della polizia penitenziaria.
Una squadra, l’Astrea, diversa dalle altre in tutto e per tutto: anche la gestione finanziaria infatti non ha nulla in comune con le altre squadre di serie D, che, non potendo contare sui soldi delle tv, ed essendo comunque poca roba i ricavi provenienti dalla vendita dei biglietti, fanno ampio ricorso alle sponsorizzazioni e, soprattutto, ai presidenti che mettono mano al portafoglio.
L’Astra, invece, di sponsor non ne ha, nè sulla maglia bianco blu nè al campo di gioco, lo stadio Casal del Marmo di Roma.
Lo statuto della squadra dice che i fondi si basano su “somme stanziate sui capitoli di bilancio passivo del Ministero della Giustizia che consentono l’imputazione della spesa” e poi “fondi erogati dall’Ente Assistenza per il personale dell’Amministrazione penitenziaria” oltre che a contributi di Figc e Coni e introiti derivanti da vendita di biglietti e cessione di diritti televisivi e radiofonici.
E’ chiaro dunque che, almeno una parte del bilancio dell’Astrea, è a spese dei contribuenti. Un’altra parte è composta da una sorta di contribuzione volontaria del personale della polizia penitenziaria.
Non è dato sapere però a quanto ammonti una voce e a quanto l’altra: il ministero non fornisce il bilancio dell’Astrea Calcio, e in ogni caso per le squadre di calcio dilettantistico il bilancio d’esercizio non è vincolante, ed è esonerato da molteplici obblighi che hanno i professionisti (redazione bilancio CEE, deposito presso il Registro delle Imprese ecc).
Elementi che fanno storcere il naso a chi il calcio lo fa in maniera tradizionale. Massimo Taddeo, presidente della Forza e Coraggio, squadra vicinissima a vincere lo scorso campionato di serie D: “Certo che se una squadra può offrire ai giocatori qualcosa come una sistemazione per la vita è avvantaggiata rispetto alle altre. Un calciatore, ovviamente, sa che solo pochi fortunati, specie in serie D, possono restare nel circuito del pallone come allenatori o direttori sportivi, perciò se qualcuno può offrire un lavoro che dura per sempre è chiaro che ha qualcosa in più rispetto alle concorrenti. In più, pensare che una squadra possa avvalersi, anche in misura minima, di soldi pubblici, è tutt’altro che simpatico”.
E in effetti non soltanto ai presidenti concorrenti, ma anche ai contribuenti la notizia dell’Astrea “squadra a statuto speciale” non è piaciuta: è partita su internet una petizione per chiedere al Ministero che cessino le assunzioni di calciatori e il finanziamento con soldi pubblici per l’Astrea.
n ultimo c’è da pensare ai detenuti: vincere la tradizionale partitella di pallone contro le guardie per chi è dietro le sbarre ha spesso motivazioni che vanno oltre il semplice lato sportivo.
Chi glielo dice adesso che dovranno battere dei campioni?
Cristiano Vella |
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Marzo 18th, 2012 Riccardo Fucile
GIRO DI VITE DELL’ESECUTIVO ANCHE SUI GIORNALISTI…DA NOVEMBRE L’USO DI TUTTI GLI AEREI BLU CONSULTABILI SUL SITO INTERNET DEL GOVERNO…IL COSTO DEL PASSAGGIO PER LA STAMPA COSTERA’ CARO: DA 500 A 2.500 EURO
I famigliari di ministri e sottosegretari potranno salire sugli aerei di Stato solo se sono sotto
protezione e hanno una scorta.
I giornalisti invece potranno volare con gli uomini del governo solo se la destinazione si trova in un’area di crisi, è difficile da raggiungere e non ci sono voli di linea.
E comunque gli inviati dei giornali e delle tv, compresi i tecnici, dovranno pagare allo Stato il “passaggio”.
La cifra prevista va da 500 euro a 2.500 a secondo della località da raggiungere.
Una bella stretta sui “voli blu” decisa da Mario Monti comunicata con una nota ufficiale di Palazzo Chigi.
Una scelta annunciata da tempo e già applicata in alcune occasione.
Per seguire il premier nel suo viaggio in Liba dello scorso gennaio i giornalisti avevano dovuto versare 200 euro.
Adesso però la regola per salire sugli aerei di Stato è ufficiale e la scelta rimanda immediatamente alle polemiche sui voli verso la Sardegna e Villa Certosa dell’era Berlusconi. Recentemente, inoltre, il tema è tornato di attualità nell’aula del Senato dove è stata negata la richiesta dei magistrati di processare l’ex ministro Roberto Calderoli per un uso improprio di un volo di Stato.
Dunque il nuovo governo fa dell’uso corretto del “volo blu” un fiore all’occhiello.
Seguendo in questo modo quanto aveva iniziato a fare il governo Prodi nel 2006.
Del resto, Palazzo Chigi nella nota in cui spiegava l’operato dei primi 100 giorni, aveva già fatto sapere che in quel periodo c’era stato un taglio dei voli di Stato del 92 per cento. Continuando su questa strada, avevano spiegato dal governo, nel 2012 si prevede di risparmiare 23,5 milioni di euro.
Inoltre tutti i voli di Stato, e chi ne fa uso, sono da novembre consultabili sul sito Internet del governo.
E questo è un grosso deterrente per ministri e sottosegretari.
Per esempio a febbraio sono partiti solo 17 aerei, usati in gran parte dal ministro degli Esteri e da quello della Difesa.
Monti questi soldi li vuol proprio fare risparmiare alle casse dello Stato e per questo scrive che dal 15 marzo “sono ammessi a bordo degli aeromobili di Stato il titolare del volo e i componenti della delegazione istituzionale, la presenza dei quali deve essere giustificata dalla necessità di fornire un supporto specifico e diretto”.
Potranno salire a bordo, invece, solo i familiari “per i quali sussistano specifiche esigenze di tutela o di altra natura, debitamente motivate”.
Una stretta che non risparmia i giornalisti che già pagano il “passaggio” quando volano, per esempio, con il Papa.
Per loro Monti ha deciso che “per quanto attiene agli inviati degli organi di stampa e di informazione, si precisa che è consentito l’accreditamento dei giornalisti e dei loro assistenti, nonchè di operatori della comunicazione istituzionale e pubblica esclusivamente per missioni in località che presentano rilevanti difficoltà di raggiungimento per mancanza o per notevoli problemi nel ricorso a mezzi di trasporto di linea ovvero in aree di crisi”.
Dunque giornali e tv resteranno spesso a terra.
E comunque pagheranno quando saliranno a bordo perchè ci sono problemi.
Resta però aperto il problema dell’uso degli aerei dei servizi segreti italiani.
Secondo l’Espresso in edicola, gli 007 hanno speso nel 2010 quasi 40 milioni di euro per i loro voli.
Silvio Buzzanca
(da “La Repubblica”)
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Marzo 18th, 2012 Riccardo Fucile
SCANDALO GETTONE DI PRESENZA A GENOVA: ANCORA UNA VOLTA PER I CONSIGLIERI UNA PRESENZA MORDI E FUGGI AI LAVORI…LA PROTESTA FA SALTARE LA COMMISSIONE CONTRO IL MOBBING, MA SOLO DOPO L’APPELLO
Venerdì mattina, alle nove e trenta, era prevista una commissione comunale molto importante: quella relativa al regolamento sul mobbing nei confronti dei dipendenti.
Ventisei persone presenti all’ appello (cioè duemilaseicento euro spesi dalla collettività solo alla voce “gettoni”), i soliti furbini che si allontanano dopo pochi minuti (ma meno del solito, che i giornali sono all’ erta), ma dopo un’ ora inizia la conferenza stampa sulle presenze in consiglio comunale e così – uno dopo l’ altro – i consiglieri si infilano nella sala accanto alla bouvette, per dimostrare ai giornalisti che non rubano il gettone.
Così, in commissione restano in sette (ma il gettone lo hanno preso in ventisei), il Pdl chiede la verifica del numero legale, la presidente Biggi deve ammettere che non c’ è e, quindi, scioglie i lavori: niente regolamento sul mobbing per questa legislatura, se ne riparlerà tra qualche mese, forse nel 2013.
Intanto altri duemilaseicento euro di soldi pubblici buttati nella spazzatura.
Anche mettendoci tanta fantasia, era difficile immaginare una scena come quella andata in scena attorno alla Sala Rossa: i consiglieri che protestano rumorosamente contro i giornalisti («non ci sono sprechi» «non è giusto che facciate di ogni erba un fascio» «siamo persone serie e voi fate del sensazionalismo») e, per farlo, nel farlo, si intascano un altro gruzzoletto. E veniamo alla cronaca.
Come ogni anno – ma a maggior ragione essendo questo l’ ultimo della legislatura – il presidente del consiglio comunale Giorgio Guerello ha fatto sintetizzare, dagli uffici preposti, la hit-parade di presenze e produttività .
Per gli amanti dei numeri nella colonna dei bravi finiscono lo stesso presidente Guerello, il consigliere del Partito Democratico Luciano Grillo, il capogruppo del Pdl Matteo Campora e il consigliere dell’ Italia dei Valori Alberto Gagliardi.
Sulla colonna dei cattivi invece finisce l’ aspirante sindaco Enrico Musso (presente in appena 76 sedute su 226, in quanto impegnato come senatore: ma il doppio incarico è stato una sua libera scelta) insieme al presidente del Gaslini Vincenzo Lorenzelli (Gruppo Misto, presente in 83 sedute, sempre su 226).
Naturalmente (come abbiamo dimostrato in questi giorni, senza aver ricevuto nemmeno una smentita da nessuno dei consiglieri “Prendi i soldi e scappa”, segno che evidentemente tutti i dati pubblicati da Repubblica sono reali) essere segnati presenti dal presidente della commissione o del consiglio non vuol dire nulla.
Per esempio il Superman della toccata e fuga Aldo Praticò ha una presenza altissima (216 sedute di consiglio comunale su 226) e sono messi benissimo anche Vincenzo Vacalebre (204 presenze su 226) e Andrea Proto (209).
Anche l’ hit parade delle delibere votate proietta verso il primo posto il presidente del consiglio comunale, l’ onnipresente Giorgio Guerello: 499 su 500, perchè in un caso uscì per motivi personali.
Sopra quota 450, cioè con presenza quasi da stakanovista, una dozzina di consiglieri, quasi tutti del Pd: Michela Tassistro, Italo Porcile, Giampaolo Malatesta, Luciano Grillo, Alessandro Frega, Marcello Danovaro, Paolo Cortesi, Maria Rosa Biggi, Giorgio Jester, Rino Lecce, e poi Guido Grillo, Giovanni Bernabò Brea, Franco De Benedictis di Italia dei Valori.
Raffaele Niri
(da “La Repubblica”)
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Marzo 18th, 2012 Riccardo Fucile
LE PMI PREOCCUPATE DELL’IMPATTO CHE LA RIFORMA POTREBBE AVERE IN UN PERIODO DI CRISI… I SINDACATI CHIEDONO NORME CHIARE PER IL GIUDICE CHE DOVRA’ DECIDERE SULL’ALLONTANAMENTO DEL LAVORATORE
Dopo il vertice alla Fiera di Milano il dossier sul mercato del lavoro si è aggiornato. 
E cambierà ancora mano a mano che si avvicina la data in cui Monti ha annunciato l’intenzione di chiudere la partita.
I tre capitoli principali del confronto sono stati affrontati dai segretari dei sindacati, dalla presidente di Confindustria e dal ministro Fornero.
L’osso più duro resta l’articolo 18.
Più semplice invece una soluzione su ammortizzatori sociali e contratti atipici.
Gli ammortizzatori
Per le aziende la mobilità non va cancellata subito
I sindacati
Sono contrari alla prevista abolizione della cassa integrazione straordinaria e della mobilità . Sostengono che sostituire la prima con l’indennità di disoccupazione (la cosiddetta “Aspi”) sia un grave errore soprattutto in periodo di crisi perchè spinge le aziende a liberarsi di lavoratori e professionalità che potrebbero invece diventare utili al momento della ripresa.
Temono che finanziare poco l’indennità di disoccupazione (si è parlato di due miliardi) finisca per non fornire la stessa tutela oggi garantita dalla mobilit�
Le imprese
Sono contrarie all’abolizione immediata dell’indennità di mobilità . Anche ieri Emma Marcegaglia ha fatto osservare al ministro del Lavoro Elsa Fornero che nei prossimi tre anni l’Italia sarà attraversata da un duro processo di ristrutturazione e che dell’indennità di mobilità ci sarà molto bisogno.
Le imprese chiedono dunque che venga allontanato il momento dell’entrata in vigere di questa parte della riforma.
Il governo
Il ministro Fornero starebbe tornando all’impostazione originaria. L’abolizione della mobilità avverrebbe entro il 2017 mentre l’Aspi, l’indennità di disoccupazione, che non supererà i 1.100 euro lordi, entrerà in vigore gradualmente.
L’indennità di disoccupazione sarà sospesa a chi non accetta i posti di lavoro offerti dai Centri regionali per l’impiego.
I licenziamenti
I sindacati
Sono contrari ad abolire una norma che punisce l’imprenditore quando licenzia ingiustamente un singolo lavoratore.
Cgil, Cisl e Uil difendono il principio per cui a licenziamento ingiusto deve seguire la riparazione del danno, cioè la reintegra sul posto di lavoro.
Ma negli ultimi giorni anche nel fronte sindacale comincia a radicarsi l’idea che una modifica parziale dell’articolo 18 possa essere accettata.
Le imprese
Non chiedono l’abolizione tout court dell’articolo 18, ma propongono di distinguere i licenziamenti ingiusti in due categorie: quelli discriminatori e quelli legati a necessità economiche dell’azienda.
Confindustria chiede di lasciare l’obbligo di reintegro per i licenziamenti discriminatori e di abolirlo per quelli dettati da ragioni economiche.
In questo secondo caso, il lavoratore ingiustamente licenziato verrebbe risarcito con una somma in denaro.
Il governo
Accoglie sostanzialmente l’impostazione degli imprenditori sottoscrivendo l’idea che anche un licenziamento ingiusto possa essere accettabile se risarcito con una congrua somma. Naturalmente questo non varrebbe in caso di licenziamenti discriminatori.
Ma dove finiscano i licenziamenti ingiusti e discriminatori e dove comincino quelli ingiusti ma non discriminatori è il vero nodo da sciogliere entro martedì.
I contratti
I sindacati
Chiedono che si metta un limite alla giungla dei contratti atipici sui quali è proliferato il precariato negli ultimi anni.
Nel mirino i contratti a progetto, le associazioni in partecipazione e il falso lavoro autonomo delle partite Iva con un solo committente.
Cgil, Cisl e Uil premono perchè dopo un congruo periodo di tempo tutti i contratti diventino a tempo indeterminato. In alternativa c’è la proposta di un tetto al numero dei contratti atipici sul totale degli assunti nell’azienda.
Infine i sindacati propongono che i contratti a tempo determinato siano più costosi degli altri.
Le imprese
Sono soprattutto le piccole imprese a protestare perchè sostengono che la riduzione dei contratti atipici penalizza le possibilità di assunzione, quella che in gergo tecnico viene chiamata “la flessibilità in entrata”.
Le piccole imprese chiedono anche che non si penalizzino i contratti a tempo determinato con aggravi fiscali o minori deduzioni.
Il governo
Il ministro Fornero sta pensando a trasformare il contratto di apprendistato nella principale porta di ingresso dei giovani al mondo del lavoro.
Ma, diversamente da quanto si pensava all’inizio della trattativa, sarebbe contraria a tagliare in modo deciso i contratti atipici per evitare di chiudere, in un periodo di crisi, possibili vie d’accesso all’impiego.
Rimane invece l’aggravio dell’1,4% per i contratti a termine in modo da privilegiare l’assunzione a tempo indeterminato.
Paolo Griseri
(da “la Repubblica”)
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Marzo 18th, 2012 Riccardo Fucile
FINI DICE SI’ AL COMMISSARIAMENTO RAI, MA NON FARA’ ALCUN NOME: “BASTA LOTTIZZARE, DECIDA LIBERAMENTE MONTI”
“Monti vada giù duro, se la Rai non gli piace così com`è, se è convinto «che non adempia al servizio pubblico e al suo dovere di pluralismo, proceda tranquillamente al commissariamento e metta i partiti di fronte alle loro responsabilità ».
Ecco Gianfranco Fini, versione «fase due» e cioè, oltre Fli e oltre il Terzo Polo, con buona pace dei suoi stressati militanti.
Qui al teatro comunale di Pietrasanta l’ ex leader di An si presenta in edizione muscolare, guardando già alla «Terza Repubblica».
E la Rai è un buon argomento per far capire qual è l`aria nuova che tira.
Al premier dà un consiglio: «Governi a tutto campo, senza farsi condizionare dai veti dei partiti».
Il presidente della Camera parla in questo caso a nome del Terzo Polo (solo in questo caso) e dietro le quinte del teatro aggiunge: «Se si dovesse nominare un nuovo Cda noi non avanzeremo nessuna indicazione. La- sceremo Monti libero di scegliere i nomi».
Una destra che rinuncia a lottizzare. Il Pd ha già fatto la stessa mossa.
A fare la battaglia di potere ormai resta solo il Pdl.
Certo la volontà di non interferire annunciata daFini rischia di incendiare gli sponsor delle mani sulla Rai.
Non è un caso che Monti abbia manifestato ai suoi interlocutori la volontà di posticipare la soluzione del rebus a dopo le amministrative.
«Non è questo un momento favorevole per parlare di Rai», spiega il premier ai suoi. Ai partiti Monti chiede di «farsi avanti, di avanzare proposte».
Fini gli risponde dandogli carta bianca. Il Pd insiste per una ventata di aria nuova subito, il Pdl, invece, pratica l`immobilismo più assoluto.
Per il Professore, poco abituato alle sabbie mobili, una bella sfida di cui è perfettamente consapevole:
«Dobbiamo trovare una mediazione a tutti i costi perchè questo modello così non regge».
Una delle tante grane di questo governo di cui Fini rivendicala paternità («C`è chi lo supporta e chi lo sopporta.»)
E` Fli che ha rotto con il berlusconismo per prima, è Fli che ha interrotto «la deriva, la sbornia ideologica», assicurando al Paese «sobrietà e rigore».
In cento giorni, dice il presidente della Camera, parlando ai suoi da un palco «francescano», il governo Monti ha scompaginato tutto, «niente è come prima, il sistema bipolare è stato destrutturato, così come le vecchie etichette».
Che senso ha parlare di «moderati ed estremisti»?
Non è meglio dividersi tra «innovatori e gattopardi»?
E dove crede di andare il Pdl, «partito senza bussola», legato ad un «cesarismo» che non tira più?
Così come la mette Fini tutto è un po` stantio.
E anche il Terzo Polo è già vecchio.
Tanto che l`ex leader di An ha in mente un`«altra offerta»:
«Dopo le amministrative faremo una Costituente per un grande Polo riformatore nazionale, a vocazione maggioritaria».
Parla di «un patto tra italiani di buona volontà , di una forza centrale ma non centrista, non moderata, con una cospicua componente del centro cattolico, insomma un`aggregazione delle migliori culture, liberale, socialista, nazionale».
L`inizio della Terza Repubblica, dice e assicura: «Le nostre strade non si incroceranno più con quelle del Pdl».
Dalla platea lo seguono un po` rapiti, un po` preoccupati.
Arriva lui e spariglia. Dirigenti sempre sulla graticola, da Bocchino a Granata:
scioglie Fli? No, non la scioglie, ma è come se la sciogliesse.
Guarda oltre, chi mi ama mi segua.
Esce a fumarsi una sigaretta e spiega: «Anche Casini lo sa che non si va da nessuna parte solo con una Udc allargata e con Fli».
Stare «tutti insieme nel Ppe » gli va bene ma «nessuna casa dei moderati in Italia, sgombro subito il campo da quest`ipotesi».
Vuole altro, vuole la Lista degli Italiani, una cosa grande, che «non sia «la somma aritmetica dei partitini».
Parla del ritorno della «bella politica» e viene in mente Veltroni.
Scusi non è che state progettando un Ulivo di destra?
Ride e fa gli scongiuri: «Il rischio c`è».
Alessandra Longo
(da “La Repubblica“)
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Marzo 18th, 2012 Riccardo Fucile
IL MAGGIORE QUOTIDIANO LIGURE RIPRENDE LA DENUNCIA DI “LIGURIA FUTURISTA” SUL PRESUNTO “PENDOLARISMO” DEL CANDIDATO SINDACO DI GENOVA DELLA LEGA… E IL LEGHISTA NON RISPONDE
Riportiamo l’articolo apparso stamane sul “Secolo XIX” in merito al comunicato di “Liguria Futurista”
che trovate più sotto nella versione integrale.
“LIGURIA FUTURISTA ATTACCA RIXI: FALSO PENDOLARE
La domanda è: il candidato sindaco della Lega Nord ha fatto davvero il pendolare come moltissimi giovani tra Genova e Milano?
Se questo argomento Rixi e Liguria Futurista hanno incrociato le lame.
Il primo sostiene di essere stato pendolare per molti anni, i secondi sostengono che in quelle affermazioni ci sia poca trasparenza.
Soprattutto perchè il pendolarismo dell’attuale candidato, almeno tra il 2005 e il 2010, era motivato da un incarico in Regione Lombardia “non certo a tempo pieno perchè almeno fino al 2007 – aggiungono i futuristi – Rixi è stato impegnato quasi tutti i giorni in Comune a Genova” dove era consigliere.
“Rixi dovrebbe dire come aveva ottenuto quell’incarico e quanto guadagnava”.
Rixi risponde: “Certo che son stato pendolare. E certo che ho lavorato come funzionario a contratto alla commissione bilancio della Regione Lombardia. Quanto guadagnavo? Sono pronto a esibire la mia dichiarazione dei redditi”.
(da “Il Secolo XIX”)
Commento
Di fronte a rilievi circostanziati, prendiamo atto (per ora) che il candidato sindaco della Lega glissa e non risponde nel merito.
Dopo aver detto: “Ho fatto il pendolare dal 1996 al 2002, dopo la laurea in Economia e Commercio, come tanti giovani che a Genova non hanno trovato lavoro”, di fronte alla nostra osservazione che ciò non sarebbe stato possibile visto che si è laureato nel 1999, ora pare propenso a collocare il suo pendolarismo dal 2004 al 2009, in coincidenza con il suo collocamento con contratto a termine presso una Commissione della Regione Lombardia.
Visto che è stato anche consigliere comunale a Genova fino al 2007 non si comprende come potesse avere per tre anni, dal 2004 al 2007, il dono dell’ubiquità .
Rixi, in evidente difficoltà , non risponde alla domanda su come e da chi aveva ottenuto quell’incarico in regione Lombardia, sul suo orario e sulle sue reali presenze al Pirellone, sulle sue mansioni e sullo stipendio percepito.
Evidentemente si tratta di aspetti che preferisce nascondere ai cittadini genovesi.
LIGURIA FUTURISTA
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Marzo 18th, 2012 Riccardo Fucile
UN INDAGATO: “SOMME DA DIVIDERE TRA FORZA ITALIA E LEGA”
«Della dazione dei 20 mila euro – dice ai pm l’ex assessore leghista al Comune di Cassano d’Adda, Marco Paoletti, parlando della tangente che ammette di aver ricevuto dall’architetto Michele Ugliola, cioè dal principale accusatore del leghista presidente del Consiglio regionale lombardo Davide Boni – io non ho mai parlato nè con Dario Ghezzi (capo della segreteria di Boni, ndr) nè con Boni o altri esponenti della Lega, anche se presupponevo che Ugliola glielo avrebbe riferito in quanto li frequentava abitualmente».
Paoletti, nei mesi scorsi espulso dalla Lega, spiega che sul «gradimento politico di Ugliola anche nei confronti del partito Lega Nord», e cioè «sul fatto che Ugliola fosse l’uomo di fiducia della Lega, ero stato già rassicurato sia da Boni sia da Ghezzi».
E «del fatto che Ugliola fosse colui che doveva occuparsi delle provviste di denaro per il movimento ebbi conferma in un successivo incontro con Ghezzi nell’autunno 2009 quando già avevo preso i 20 mila euro. Mostrai la disponibilità a contribuire alle spese della campagna elettorale di Boni, ma Ghezzi mi rispose: “Tu pensa a portare i voti, che il resto ce lo aspettiamo da Michele”» (cioè da Ugliola), «facendomi così capire che non vi erano problemi per quanto riguardava l’approvvigionamento a sostenere i costi della campagna elettorale».
Anche Gilberto Leuci, il cognato di Ugliola tra alterni rapporti, non ha notizie dirette: «Personalmente non ho mai consegnato denaro a Boni o a Ghezzi», perchè i pagamenti «sono stati gestiti da Ugliola».
Leuci, però, riferendosi a «12 operazioni a Cassano d’Adda per le quali ho percepito dagli imprenditori circa un milione e mezzo di euro e insieme a Ugliola abbiamo trattenuto generalmente tra un quarto e un terzo», si dice «consapevole che un terzo dei profitti sarebbero andati alla Lega»; nonchè «a conoscenza che i soldi per la politica dovevano essere destinati pro quota ai partiti che reggevano la giunta di Cassano d’Adda, in particolare Forza Italia e Lega Nord».
Ma con quale «copertura politica»?
«Non so indicare un esponente politico preciso per quanto riguarda Forza Italia, mentre posso indicare Boni e Ghezzi come i politici di livello più alto, con cui Ugliola aveva stretti rapporti, da cui avevamo copertura».
Leuci ritiene di «averne avuto conferma quando, in un incontro con l’amministratore delegato della Serenissima Sgr, egli mi rappresentò che era a conoscenza del fatto che per montare affari immobiliari in Lombardia era necessario fare un passaggio da Boni e Ghezzi, i quali dirigevano l’imprenditore verso me e Ugliola».
Anche dopo il deposito al Tribunale del Riesame dei verbali resi mesi fa da questi indagati, il peso maggiore e diretto delle accuse a Boni resta dunque appeso al controverso valore delle note dichiarazioni di Ugliola, che «a Ghezzi la mattina presto nel suo ufficio in Regione» dice di aver «dato 200 mila euro nel 2008, credo in 6-7 tranche in contanti all’interno di una busta, in relazione a un centro commerciale di Albuzzano» d’interesse per l’imprenditore veronese Monastero.
Questi, «preannunciatomi da Ghezzi, venne da me accompagnato da Monica Casiraghi», avvocato, ex vicesindaco leghista di Lissone, moglie di un ex pm monzese in forza all’Ispettorato del ministero della Giustizia, e «all’epoca consulente dell’assessorato regionale di Boni al Territorio.
Casiraghi disse a Monastero di affidarsi completamente a me perchè ero la loro persona di fiducia per queste questioni, aggiungendo che l’accordo che Monastero avrebbe preso con me sarebbe andato bene anche a Boni, a Ghezzi e a lei».
Altri «100 mila euro» Ugliola afferma di aver versato a Ghezzi «per l’area di Rodano Pioltello», una di quelle (con l’area Falck a Sesto San Giovanni e l’area Santa Giulia a Milano) per le quali a suo dire l’immobiliarista Luigi Zunino era «stato d’accordo con la proposta avanzatami da Boni e Ghezzi»: e cioè con «l’accordo stretto nell’ufficio di Ghezzi, nel senso che Boni si impegnò, in cambio della somma di un milione e 800 mila euro che Zunino avrebbe pagato, a farmi ottenere la valutazione di impatto ambientale ai fini dell’autorizzazione commerciale, impegnandosi perchè anche Nicoli Cristiani rilasciasse quella di propria competenza» (Nicoli, allora assessore regionale pdl, di recente è stato arrestato per 100 mila euro di tangente dall’imprenditore Locatelli per l’ok su una cava). Eccetto i 100 mila euro a Ghezzi asseriti da Ugliola, però, promesse e progetti di Zunino sono tutti rimasti «non concretizzati»: come pure gli ulteriori 800 mila euro che, secondo Ugliola, «Ghezzi mi disse andavano bene a lui e a Boni» per un’altra «area commerciale Marconi 2000 di Varedo», a cuore dell’immobiliarista Gabriele Sabatini «in un pranzo al ristorante “Riccione” con me, Ghezzi e Boni».
«D’altronde – è la tesi di Ugliola riparlando di Cassano d’Adda – il benestare politico a Ghezzi non poteva che venire dal suo diretto referente politico. Quando parlavo con lui parlavo con interposta persona, con Boni, essendo Ghezzi il suo capo di gabinetto. Schema di comunicazione anche in altri accordi di tangenti per aree non di Cassano».
Luigi Ferrarella
(da “il Corriere della Sera”)
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Marzo 18th, 2012 Riccardo Fucile
L’ARCHITETTO UGLIOLA, AL CENTRO DELL’INDAGINE PER CORRUZIONE CHE COINVOLGE IL LEGHISTA, RACCONTA AI PM IL GIRO DELLE MAZZETTE…”SOLDI A PDL E LEGA”, ACCUSE CONFERMATE DA UN POLITICO LOCALE DEL CARROCCIO
Per concludere affari immobiliari in Lombardia era necessario passare “per Boni e Ghezzi”. Cioè Davide
Boni, presidente leghista del consiglio regionale, e Dario Ghezzi, suo stretto collaboratore, indagati per corruzione.
Una nuova testimonianza, depositata la Tribunale del riesame in seguito a un ricorso di alcuni indagati, rende ancora più pesante il quadro del malaffare politico-imprenditoriale in Lombardia, la regione guidata da Roberto Formigoni dove nove consiglieri su 80 sono indagati.
Due giorni fa è toccato al pidiellino Angelo Giammario, accusato di aver intascato mazzette sulla manutenzione del verde pubblico.
Ma altri casi emergono, in modo bipartisan, in altre regioni del Nord. In Toscana, dove il consigliere regionale del Pd Riccardo Conti è indagato per corruzione con il manager Vito Gamberale (in una vicenda legata al caso Sea che fa tremare la giunta Pisapia a Milano).
E in Emilia-Romagna, dove il presidente Vasco Errani si dice pronto alle dimissioni dopo essere finito sotto inchiesta con l’accusa di aver ostacolato indagini su una coop in cui è interessato suo fratello.
A parlare di Boni è un altro indagato, Gilberto Leuci, che in un interrogatorio ai pm di Milano dichiara: ”Nel corso di un incontro che ho intrattenuto con l’amministratore delegato della Serenissima Sgr (società di gestione del risparmio creata dalla spa pubblico-privata Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova, ndr), lo stesso mi rappresentò che era a conoscenza del fatto che per montare affari immobiliari in Lombardia era necessario fare un passaggio da Boni e da Ghezzi, i quali dirigevano l’imprenditore verso il sottoscritto e da Ugliola”.
Il riferimento è a Michele Ugliola, l’architetto-mediatore intorno al quale ruota l’inchiesta condotta dai pm Alfredo Robledo e Paolo Filippini. “Personalmente non ho mai consegnato denaro a Boni o a Ghezzi, in quanto tali incombenze sono state gestite da Ugliola”.
L’inchiesta nasce dal presunto sistema di tangenti sull’urbanistica di Cassano D’Adda, comune in Provincia di Milano.
Ma il meccanismo era esteso alle grandi operazioni immobiliari di altre zone della Lombardia, compresa l’area Falck di Sesto San Giovanni per la quale è indagato per corruzione l’ex dirigente del Pd Filippo Penati.
Lo afferma in interrogatorio , il 12 luglio 2011, l’architetto Ugliola, che elenca una serie di operazioni “viziate” da mazzette: “Si tratta di tutti gli incarichi che ho ottenuto dalla società ‘Risanamento’ di Luigi Zunino, quali Santa Giulia, Area Falck di Sesto San Giovanni, Rodano — Pioltello — area ex Sisas, Scalo Farini, con riferimento all’immobile ex poste e Marconi 2000 — comune di Varedo.
In ciascuno di questi casi”, ha spiegato Ugliola, “sono state promesse somme di denaro ai medesimi esponenti politici sopra indicati, e cioè Boni, Ghezzi e Casiraghi (Monica Casiraghi, consulente di Boni all’assesssorato regionale al Territorio, ndr), in cambio dell’ottenimento delle autorizzazioni necessarie”.
Circostanziato il racconto sul presunto sistema delle tangenti a Cassano D’Adda, di nuovo dai verbali di Leuci. “Sono a conoscenza che i soldi per la politica dovevano essere destinati pro quota ai partiti che reggevano la giunta cassanese, in particolare Forza Italia e Lega Nord“, spiega ancora Leuci.
“Posso dire che le operazioni che io ho montato a Cassano, sulle quali ho percepito denaro dagli imprenditori, denaro che oggi ho girato a Michele Ugliola trattenendo la mia parte, sono circa 12. Posso quantificare in circa un milione e mezzo di euro la somma che io ho ritirato dagli imprenditori per le predette operazioni. Io e Ugliola trattenevamo generalmente tra un quarto e un terzo delle somme ricevute valutando la quota trattenuta caso per caso”.
L’indagato ha spiegato come avveniva la spartizione delle tangenti. “La quota da destinare ai politici, di circa due terzi della somma percepita, era gestita completamente da Ugliola, il quale si occupava di recapitarla ai politici”.
Per quanto riguarda i presunti collettori delle tangenti, “non so indicare un esponente politico preciso per quanto riguarda il partito Forza Italia”, ha precisato Leuci, mentre posso indicare Boni e Ghezzi come politici di livello più alto, con cui aveva stretto rapporti Ugliola, da cui avevamo copertura”.
Dai verbali emerge una conferma interna al partito di Umberto Bossi: “Ero consapevole del fatto che un terzo dei profitti sarebbero andati alla Lega”, afferma nell’interrogatorio del 21 ottobre 2011 Marco Paoletti, consigliere provinciale milanese eletto con la Lega Nord.
Nel 2010, Paoletti subisce una perquisizione nell’ambito dell’inchiesta su Cassano: “Ricordo che Boni in più occasioni mi tranquillizzò — dice ai pm — dicendomi che non mi avrebbero abbandonato politicamente qualora ci fosse stato un risvolto giudiziario negativo nei miei confronti”.
Le presunte tangenti, ha aggiunto Paoletti, erano una sorta di “approvvigionamento” per “sostenere i costi della campagna elettorale” di Boni. Paoletti ha raccontato di un colloquio con Ghezzi, il collaboratore di Boni, nell’autunno 2009: “Avevo già preso i 20mila euro quando mostrai la disponibilità a contribuire alle spese della campagna elettorale di Boni, ma a fronte di questa disponibilità Ghezzi mi rispose: ‘tu pensa a portare i voti che il resto ce lo aspettiamo da Michele’, facendomi così capire che non vi erano problemi per quanto riguardava l’approvvigionamento a sostenere i costi della campagna elettorale”
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Marzo 18th, 2012 Riccardo Fucile
IL SENATUR A MONACO DI BAVIERA: “DA SOLI ALLE URNE PER CONTARCI, COSI’ DOPO NON CI SARANNO PIU’ DUBBI”… SVELATA LA FARSA DELL’OPPOSIZIONE PATACCA DEI MARONIANI
«Se dovesse andare male? Almeno avremmo dimostrato la necessità dell’alleanza con Berlusconi».
Nella notte bavarese, Umberto Bossi lo dice.
Elena Artioli, leader leghista dell’Alto Adige nonchè sua interprete in terra di Germania, lo invita al silenzio: la stampa ascolta.
Ma il Senatur è di ottimo umore.
L’accordo firmato ieri mattina tra l’assessore lombardo Luciano Bresciani, suo fedelissimo, e il ministro della Sanità del land, Marcel Huber, è un pezzo pregiato della strategia leghista di Europa delle Regioni.
E, sorpresa, la birraia tedesca, Sara, lo ha riconosciuto: «Perchè noi siamo una forza popolare».
E così, il capo padano – qui tutti lo chiamano «Panzer Bossi» – si lascia andare a qualche considerazione più nostrana: «Berlusconi continua a dirmi che dobbiamo vederci per le amministrative. Ma quelle, ormai sono andate…».
Sulla corsa solitaria, nessun ripensamento.
Per «tre motivi. Il primo è che dobbiamo contarci. Vedere quanti siamo. Il secondo è che ormai alla gente è arrivato quel messaggio. Il terzo…».
Il Senatur – giacca blu, cravatta a righe sur tone e pochette verde che affiora a stento dal taschino – si prende un attimo.
Poi, la butta fuori: «Se andasse male, non ci saranno più dubbi sulla necessità dell’alleanza con Berlusconi».
Insomma, Umberto Bossi per la prima volta lo ammette.
Non ha mai condiviso la scelta dell’«amico Silvio» di porre fine al suo governo.
Ancor meno ha digerito la scelta di sostenere l’esecutivo degli «affamatori».
Eppure, non è mai stato convinto fino in fondo dell’opportunità di spezzare il rapporto con il Pdl per le elezioni nei municipi: la convinzione profonda di Bossi era, e resta, che da Berlusconi non si possa prescindere.
E allora, si superino le amministrative: se si vince, bene.
Se si perde, basta con gli schizzinosi: con la puzza sotto il naso rispetto al Cavaliere non si va da nessuna parte.
Certo: l’ex premier, dice Bossi, è «sottotono perchè non riesce a trovare l’idea giusta».
Ma lì, prima o poi, si dovrà tornare.
Intanto, guerra a Mario Monti. Con l’aiuto di un altro amico, Giulio Tremonti.
Entrerà nella Lega? «Vedremo, vedremo… per adesso lo teniamo un po’ lì…».
Di certo, non sembra un no.
Anche perchè con l’ex superministro all’economia, Umberto Bossi da tempo lavora al programma elettorale per le prossime politiche.
Ma perchè ora? Perchè così presto?
È guerra non convenzionale: «Perchè se noi presentiamo un programma forte, anche gli altri dovranno farlo». Dovranno rispondere a tono e spiegare i loro progetti per il dopo: «E quando i programmi elettorali ci saranno, Monti cade e si va alle urne».
E così, la campagna elettorale per le amministrative sarà assai politica: «Tra poco – annuncia Bossi – partiranno migliaia di gazebo in tutta la Padania. Raccoglieremo le firme per una serie di leggi di iniziativa popolare».
La prima, è la più nota: «Li martelleremo sulla riforma delle pensioni».
Ma il Carroccio aprirà almeno due nuovi fronti.
Parola di Bossi: «No ai mafiosi al nord, basta con i soggiorni obbligati».
E poi, dato che «le banche non danno più una lira a nessuno e l’economia muore», la Lega chiederà una legge per «separare le banche d’affari da quelle commerciali».
Marco Cremonesi
(da “Il Corriere della Sera”)
argomento: Berlusconi, Bossi, Costume, elezioni | Commenta »