LA PROTESTA DEI LAVORATORI AUTONOMI: “NOI FIGLI DI UN DIO MINORE”
IL NEGOZIATO SUL LAVORO HA OBBEDITO AL VECCHIO FORMAT TRIANGOLARE GOVERNO, CONFINDUSTRIA, SINDACATI
Giovedì Marco Venturi ha fatto persino il giro delle «tre chiese».
È stato da Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini per manifestare tutta l’insoddisfazione di Rete Imprese Italia, di cui è portavoce, verso le conclusioni a cui sta arrivando il negoziato sul lavoro.
La battuta migliore gliel’ha fatta Bersani: «Mi sembra di stare su un autobus in cui tutti hanno qualcosa da dire sull’autista, ma si rivolgono al bigliettaio perchè sia lui a rappresentare il loro malumore» .
Scherzi a parte il massimo rappresentante di commercianti e artigiani ha ricevuto ampie rassicurazioni da tutti ma a Rete Imprese Italia non si fanno illusioni.
Il negoziato sul lavoro ha obbedito ancora una volta al vecchio format triangolare governo-Confindustria-sindacati, quello che ha dominato il nostro Novecento e che si pensava dovesse andare in soffitta.
Come Venturi la pensano anche le associazioni delle partite Iva.
Quel triangolo le ha escluse persino dal tavolo e Anna Soru, presidente di Acta (l’associazione dei consulenti del terziario avanzato) sostiene che tutti coloro che nel governo o nei partiti si occupano della riforma continuano «a pensare solo dentro gli schemi del lavoro dipendente e non sanno niente di quello autonomo».
È chiaro che dovendo affrontare lo spinosissimo tema dell’articolo 18 il governo Monti non potesse pensare di depotenziare il confronto con i sindacati confederali e la Confindustria ma artigiani, commercianti e partite Iva si aspettavano comunque qualche segnale di novità in chiave universalistica e non concertativa. Delusi, ora sfogano il loro mugugno.
Raccontano come Cgil-Cisl-Uil e industriali comunque siano riusciti a negoziare con il governo e a ottenere partite di scambio mentre Rete Imprese è partita con un documento ed è arrivata alla fine sostanzialmente con il medesimo testo senza che nel mezzo ci fossero avvicinamenti, compromessi e mezzi risultati.
In termini calcistici si direbbe che Venturi è uscito dal campo con la maglia intonsa perchè non ha visto palla e non ha dovuto nemmeno correre.
Già in sede di decreto Salva Italia e di completamento della riforma previdenziale artigiani e commercianti avevano dovuto mandar giù qualche boccone amaro.
In primis l’aumento dei contributi pensionistici che entro il 2014 comporterà per i loro associati un maggior esborso di 2,7 miliardi.
L’aumento dell’Imu e tutta un’altra serie di piccoli balzelli sono stati un altro dispiacere e secondo i conti di rete Imprese graveranno per circa 5 mila euro aggiuntivi su ciascuna impresa.
Venturi e gli altri speravano che i rospi finissero qui.
E invece l’introduzione dell’Aspi, la nuova indennità di disoccupazione comporterà per le Pmi un aggravio di 1,2 miliardi di cui almeno la metà aggiuntivi ai contributi versati oggi.
Non è tutto.
Rete Imprese aveva chiesto che le risorse aggiuntive per allargare le tutele degli ammortizzatori sociali fossero compensate da una diminuzione dei soldi che le imprese versano per Inail e malattia.
Due gestioni che sono fortemente e, sostengono gli artigiani, “inutilmente” in attivo. Non se n’è fatto nulla.
Il quaderno delle doglianze dei Piccoli si chiude con le maggiorazioni di costo sui contratti a tempo determinato che comunque renderanno più rigida la flessibilità in entrata, un ossimoro.
Lo stesso vale per Confindustria ma le grandi imprese porteranno comunque a casa la revisione dell’articolo 18 e certamente non è poca cosa dal punto di vista simbolico.
Tra le partite Iva i mugugni sono ancora più forti.
L’impressione è di essere rimasti “figli di un Dio minore” anche in un contesto politico che si era prefissato l’obiettivo di allargare la platea dei rappresentati.
E invece, ad esempio, l’intervento sulle finte partite Iva riguarderà solo le professioni non ordinistiche, ricalcando quindi una vecchia bipartizione che ha mandato da sempre in bestia consulenti e knowledge worker. In più i criteri per individuare la finzione sono la monocommittenza e la fruizione di una postazione di lavoro presso il committente.
«Ma ciò richiede l’azione degli ispettori del lavoro. E allora se entrano in gioco gli ispettori sono molte le cose che vorremo far verificare» dicono ad Acta.
La considerazione più amara riguarda però l’aumento dei contributi previdenziali: c’è il fondato sospetto che li si voglia far salire, per parasubordinati e partite Iva, dall’attuale 28% fino al 33% e quest’operazione per Soru è «inaccettabile».
Dario Di Vico
(da “Il Corriere della Sera”)
Leave a Reply