Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile
E’ UN MODO PER NON RISCHIARE DI PRENDERSI UNA SCHIOPPETTATA DA FUOCO AMICO…DA NAPOLITANO CI VA LUI CON IL GURU, ORA FINISCE CHE SI INCAZZANO IL NIPOTE E IL COMMERCIALISTA
Sul caso dei senatori “dissidenti” che avevano votato per Grasso ora Beppe Grillo abbassa i
toni dopo i tuoni e i fulmini lanciati a caldo.
«È stata una trappola, qualcuno in buona fede c’è caduto», fa sapere in modo quasi conciliante il leader 5 Stelle.
Una giustificazione degna del miglior Bossi dei tempi d’oro e del burlesque di Berlusconi che prima sparavano pippe megagalattiche e il giorno dopo smentivano o davano la colpa ai giornalisti di aver interpretato male.
Sarà che la notte porta consiglio, sarà che prosegue l’outing di quanti non hanno seguito le direttive sulla presidenza del Senato, sarà che Grillo si è trovato sommerso di improperi dalla base pensante e ha persino dovuto tagliare migliaia di commenti critici dal blog per non finire asfaltato, fatto sta che è tornato su suoi passi.
Nessun senatore dissidente sarà fucilato all’alba.
Ma Grillo mente ancora quando afferma che si tratta di un rinvio della decisione che spetta al gruppo parlamentare e a successiva ratifica dell rete.
Se uno legge bene il regolamento infatti capisce che non se ne farà nulla: sull’espulsione degli eletti sono «i parlamentari del M5S riuniti, senza distinzione tra Camera e Senato», ad avere la possibilità , «per palesi violazioni del Codice di Comportamento», di «proporre l’espulsione di un parlamentare del M5S a maggioranza».
Ovvero i parlamentari “hanno la possibilità ” di proporre l’espulsione, basta non proporla e il caso è chiuso, altro che le palle di Beppe.
E così sarà , come nei regimi leninisti e integralisti religiosi è prevista la grazia per la magnanimità del dictator o caposetta.
Ma la paura che qualcuno possa dire cose non gradite fa sì che la delegazione cinquestelle che andrà da Napolitano sia composta proprio da Grillo e da Casaleggio.
Non si sa costui a che titolo visto che in base allo statuto, registrato all’insaputa della base, i rappresentanti legali Cinquestelle sono Grillo, suo nipote e il suo commercialista.
Il giorno che il nipote si incazza e fa cocca col commercialista c’è il rischio di…grilli amari per Beppe.
D’altronde sarebbe una decisione a maggioranza, non sono previsti casi di coscienza.
O no?
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Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile
ACCANTONATI I POLITICI DI PROFESSIONE PER DARE UN SEGNALE FORTE DI CAMBIAMENTO E IMBARAZZARE I GRILLINI… TRA GLI UOMINI RODOTA’, GALLI, SETTIS, FERRARI, GOTOR E FIANO
«Ho buttato via due ministri!». Nella battuta con cui Bersani commenta l’elezione di Boldrini e Grasso c’è in nuce la lista che spera di consegnare al Quirinale, se e quando sarà .
Dopo aver portato «una boccata d’aria fresca» in Parlamento, il segretario del Pd progetta la stessa rivoluzione per Palazzo Chigi.
Un «governo di cambiamento» dove al posto di D’Alema, Veltroni, Fioroni, Bindi, Vendola o Visco siedano talenti che poco o nulla hanno a che fare con la politica di professione.
«Gente nuova e di esperienza», è la formula magica che ronza nella testa di Bersani.
I nomi? Lui non li fa, ma al Nazareno le voci si rincorrono.
Il leader vuole «giovani sperimentati» e molte donne ed ecco che nel totoministre entrano Maria Chiara Carrozza, rettore del Sant’Anna di Pisa e la filosofa Michela Marzano, Paola Muti del Regina Elena e Irene Tinagli: l’onorevole economista montiana potrebbe tornare utile nella chiave della «corresponsabilità ».
Se mai toccherà a lui il segretario si muoverà con il «metodo Boldrini» cercando figure autorevoli come Stefano Rodotà , figure che possano incrinare la rigida obbedienza dei grillini.
Intelligenze esterne alla logica partitocratica: da Gianpaolo Galli a Salvatore Settis. Il socialista Riccardo Nencini ha in tasca una rosa di papabili: il campione delle nanotecnologie applicate alla medicina Mauro Ferrari per la Sanità e Alessandro Cecchi Paone per un futuribile ministero dei Diritti civili.
E i «giovani turchi»? Matteo Orfini e Stefano Fassina, pur apprezzati da Bersani, pensano più alla segreteria che al governo.
E Andrea Orlando, il cui nome riecheggiava per la Giustizia, è in corsa per guidare il gruppo alla Camera: sfida ardua, perchè la sua area ha giocato duro nella partita delle presidenze. Si dice che Bersani abbia proposto a Franceschini e Finocchiaro di restare ai loro posti almeno per un po’, ma tra i giovani bersaniani c’è chi propone di sparigliare lanciando due renziani: Richetti e Marcucci.
Per lo storico Gotor si parla dell’Istruzione, mentre il cammino verso Palazzo Chigi di Errani e Migliavacca è tutto in salita: con Bersani vittorioso sarebbero entrati al governo da sottosegretari alla presidenza del Consiglio, ma col nuovo schema anche «gli emiliani» rischiano di dover fare un passo indietro.
Bersani è stato chiaro: «Io, Franceschini e Finocchiaro siamo di una generazione che è capace di non mettersi davanti al bene collettivo…».
La novità è che ora il leader include anche se stesso nel novero dei «rottamandi» e apre all’ipotesi di gazebo in estate: «Spero che non si vada a votare a giugno. Quanto alle primarie, siamo talmente collaudati che non vedo problemi».
Gli elettori potrebbero trovare sulla scheda due nomi, Matteo Renzi e Fabrizio Barca, che è in corsa anche per i ministeri economici.
Ma se gli elettori del centrosinistra fossero chiamati a scegliere il candidato premier anche Laura Boldrini potrebbe essere un bel nome.
Per gli Interni si è vociferato di Emanuele Fiano e per il Lavoro di Guglielmo Epifani, ma chissà : forse anche l’ex leader della Cigl appartiene ormai ad un’altra era…
E se pure Enrico Letta dovesse fare le spese del nuovo che avanza, il vicesegretario ha due discepoli che godono della stima di Bersani, Francesco Boccia e Alessia Mosca.
Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera“)
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Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile
RADIOGRAFIA DELL’ELETTORE GRILLINO: SOLO IL 30% NON E’ INFORMATO DEL DIBATTITO POLITICO… RACCOGLIE UN TASSO ELEVATO DI PARTECIPAZIONE ATTIVA
La divisione creatasi tra i senatori del M5S rappresenta un fatto significativo e indicativo
della natura estremamente composita della base elettorale – ma anche dei parlamentari – del Movimento.
E a poco valgono le ire di Grillo: il M5S, per sua precisa volontà , non è un partito organizzato come quelli tradizionali.
È il contesto, talvolta disordinato, di raccolta di istanze molto differenziate e disomogenee, dalla semplice protesta all’adesione a proposte molto specifiche, anche se tutte connotate da una forte voglia di rinnovamento.
In particolare, solo il 18% (che corrisponde grossomodo al 4% dell’elettorato italiano) dei votanti per il comico genovese è costituito da quanti animano attivamente e in modo continuativo il Movimento.
Sono stati definiti dallo stesso Grillo come più partecipi: ad esempio, chi discute online su Meetup e/o dà impulso a raccolte firme o altre azioni.
Qui si trovano in particolare i più giovani, specie sotto i 24 anni, e i possessori di titolo di studio più elevato.
Un ulteriore 24% prende comunque parte al Movimento attraverso la pubblicazione di propri commenti e interventi sul blog, pur senza promuovere vere e proprie iniziative.
Ancora, il 28% dei votanti per Grillo legge comunque regolarmente il blog, anche se non vi partecipa attivamente.
Solo il 30% dell’elettorato del M5S è costituito da semplici elettori, meno giovani di età e più lontani dal dibattito politico (tanto che buona parte di essi si definisce «apolitico») che in molti casi si sono decisi all’ultimo momento a dare il voto a Grillo, e che, però, non prendono (sinora) parte a nessuna delle attività e delle iniziative promosse dal Movimento.
Dall’insieme di questi dati emerge comunque come l’M5S sia caratterizzato da un forte tasso di partecipazione attiva – assai maggiore di quello riscontrato nei partiti tradizionali – legato certamente anche alla grande quantità di giovani che in esso sono presenti e, al tempo stesso, dalla forte ed efficace capacità di mobilitazione di Grillo.
A questi caratteri non corrisponde tuttavia – come si è visto anche in Parlamento – sempre una coesa unanimità sulle posizioni espresse da Grillo.
Si è già rilevato come sull’euro buona parte degli elettori grillini assuma una posizione di contrarietà e ritenga addirittura non opportuna la proposta di un referendum popolare al riguardo.
Ma anche sulla più rilevante e attuale prossima decisione se acconsentire o meno a entrare in un governo di coalizione, per esempio con il Pd, una quota consistente di votanti del M5S esprime orientamenti diversi da quelli proposti dalla leadership.
È vero che il 77% di quanti optano oggi per il M5S si dichiara contrario a concedere la fiducia a un esecutivo che veda la presenza dei partiti tradizionali.
Ma, al tempo stesso, quasi un elettore grillino su quattro assume una posizione opposta.
Ancora una volta, c’è differenza tra le posizioni di chi ha votato M5S senza parteciparvi attivamente (si tratta, come si è detto, di grossomodo il 30% dell’elettorato del Movimento) e chi prende parte in qualche modo alle attività promosse da Grillo.
I primi appaiono in qualche misura più propensi e disponibili ad una apertura nei confronti del Pd (così come si erano dimostrati più favorevoli ad un mantenimento della nostra presenza nell’euro), mentre i secondi assumono una posizione di maggior chiusura.
Ma anche tra questi ultimi – gli «attivisti» del M5S – ben il 25% ritiene opportuna una alleanza di governo in cui partecipi anche il Movimento.
Insomma, una parte significativa dell’elettorato di Grillo appare più disponibile ad un confronto. E lo è, di conseguenza, un segmento degli eletti.
Che potrebbe essere forse in qualche misura recuperato dai partiti tradizionali.
Solo però se questi ultimi offriranno un’immagine – e proporranno delle scelte – coerenti all’ascolto delle istanze di rinnovamento espresse dagli elettori con il voto di Febbraio.
In caso contrario – ed è quello che suggeriscono alcuni avvenimenti e alcune prese di posizione anche di questi ultimi giorni – l’elettorato del M5S non potrà che aumentare ancora.
Renato Mannheimer
(da “il Corriere della Sera”)
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Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile
L’OFFERTA DI DE GREGORIO ALL’IDV CAFORIO DI 5 MILIONI PER PASSARE AL CENTRODESTRA FU REGISTRATA E GIRATA IN PROCURA … MA IN TRIBUNALE SAREBBE SPARITA
Nascosta in qualche cassetto c’è da sei anni una registrazione nella quale l’ex senatore Sergio De Gregorio, dopo avere preso accordi a suo dire con Berlusconi, offre al senatore dell’Idv Giuseppe Caforio vantaggi economici (fino a 5 milioni) perchè abbandoni il governo Prodi.
Questa registrazione bomba, consegnata ad Antonio Di Pietro da Caforio nel marzo 2007, non è mai stata ascoltata dai cittadini.
La voce di un senatore che tenta di comprarne un altro non è stata mai ascoltata dagli elettori defraudati del loro governo grazie anche a De Gregorio.
Michele Santoro avrebbe costruito una puntata sull’audio, L’Espresso avrebbe dedicato una copertina alla sua trascrizione e invece per sei anni nessuno ha saputo nulla.
Solo grazie a De Gregorio, che ha raccontato la storia ai pm il 28 dicembre 2012, la vicenda del nastro è uscita.
Si dirà : l’allora ministro Di Pietro avrà presentato in segreto la cassetta di Caforio ai pm per tutelare l’indagine.
Eppure alla Procura di Roma la registrazione non risulta essere mai arrivata.
Per capire cosa è accaduto e per rintracciare il nastro, i pm romani Francesco Caporale e Alberto Pioletti sentiranno come persona informata dei fatti il capitano della Finanza Salvatore Scaletta, storico collaboratore di Di Pietro dai tempi dell’indagine di Mani Pulite e poi al ministero nel 2006 come capo dell’Alta sorveglianza delle grandi opere. Nessuno dei protagonisti di questa incredibile vicenda ha trattenuto una copia del nastro: Caforio dice di averla data a Di Pietro che a sua volta sostiene di averla girata a un suo collaboratore, probabilmente Scaletta, perchè la consegnasse agli inquirenti. Di qui la convocazione del finanziere.
I pm romani, diversi da quelli che allora avrebbero ricevuto la denuncia e la cassetta, non trovano traccia del nastro ed escludono che un esposto di un ministro in carica con allegata una registrazione simile si sia perso.
Tutto inizia il primo marzo del 2007 quando De Gregorio incontra Caforio e gli chiede di non votare la fiducia a Prodi.
Caforio registra la proposta indecente: 1,5-2 milioni subito e altri tre negli anni a venire. Il giorno dopo vota la fiducia e Di Pietro dichiara in un’intervista video su internet che De Gregorio ha cercato di convincere con promesse economiche un senatore.
Il 3 marzo Repubblica scrive il nome di Caforio.
Nel video Di Pietro sostiene di avere interessato gli “organi competenti”, ma non parla di registrazione nè di denuncia in Procura.
Nei giorni precedenti, dopo le prime avances, Caforio si era confidato con Nello Formisano, allora capogruppo Idv. Formisano ha ricostruito i fatti con i pm e poi con il Fatto : “Caforio ci disse di avere avuto questo contatto e insieme a Di Pietro decidemmo di chiedergli di andare all’incontro con De Gregorio munito di un registratore, fornito dal portavoce del ministro.
Caforio è andato in clinica, ha registrato e la mattina, o due mattine dopo, sono andato con lui nell’ufficio del ministro e abbiamo consegnato tutto a Di Pietro.
La registrazione non l’abbiamo ascoltata, è stato tutto molto rapido. Insomma la cassetta esiste perchè Caforio la consegnò in mia presenza a Di Pietro che disse “lasciatela qui che me la vedo io’”.
Ma che fine ha fatto il nastro?
“Presumibilmente, come ho detto ai pm, Di Pietro — prosegue Formisano — avrà lasciato l’incombenza al capitano Scaletta. Mi sembra inverosimile che la Procura non abbia la cassetta”.
Di Pietro ricorda di avere denunciato più volte De Gregorio e suppone che si sia occupato dell’incombenza Scaletta.
Il capitano oggi lavora all’ambasciata italiana a Kuala Lumpur come ufficiale di collegamento in Malesia. I pm lo hanno contattato telefonicamente e gli hanno preannunciato che sarà sentito.
Al Fatto Scaletta dice: “Mi sembra tutto strano. Solitamente ero io ad occuparmi delle denunce: le scrivevo e poi le facevo firmare a Di Pietro. Quando erano questioni importanti, come questa di cui lei mi parla, non le consegnavo ai carabinieri del Ministero, ma prendevamo l’auto con il ministro e andavamo dal Procuratore. Questa era la prassi. Non le dirò invece una parola sulla questione specifica per rispetto ai magistrati”.
Il Procuratore capo di allora, l’attuale sottosegretario Giovanni Ferrara, dice: “Non ho mai sentito nominare questa cassetta”.
Eppure De Gregorio nel suo interrogatorio del 28 dicembre ai pm di Napoli dice: “Caforio mi registrò e mi denunciò. La registrazione è presso la Procura di Roma che archiviò”.
Solo grazie a questo verbale l’Italia ha scoperto l’esistenza della cassetta.
Egli inquirenti si chiedono: come faceva De Gregorio a sapere della registrazione e dell’indagine?
“L’ho letto sui giornali”, risponde l’ex senatore.
In realtà negli archivi non risultano articoli e Formisano replica: “La storia della cassetta non era uscita”.
Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile
NEL PARTITO SI DIFFONDE IL TIMORE DI ESSERE STATI ISOLATI DAL PD
La richiesta è sempre la stessa. Più esplicita, più secca, più incalzante, perchè sempre meno
possibilità ha di essere accolta.
Lo sanno bene nel Pdl quando, come ha fatto ieri Angelino Alfano, arrivano a proporre un appoggio quasi incondizionato a Bersani sul governo in cambio di un presidente, se non della propria parte, almeno di garanzia, condiviso, accettabile.
Una mossa che serve a dire al Pd «non avete alibi, se vi servono voti per governare siamo qui, non c’è motivo di eleggere un presidente di sinistra per conquistare i grillini», ma una mossa sulla cui riuscita, da sabato, si conta meno.
Perchè non c’è dubbio, e lo ammettono nel Pdl, che la decisione di Bersani di sparigliare sulle candidature alle presidenze delle Camere «ha funzionato», e la contromossa di avergli opposto Schifani è stata «un autogol, era meglio scheda bianca, perchè così facendo abbiamo portato voti dei grillini al Pd».
Voti che in realtà nessuno nel Pdl pensa davvero che siano conquistati alla causa del governo: «Per avere la fiducia – ragiona Gaetano Quagliariello – il Movimento 5 Stelle dovrebbe subire una grossa scissione, reale e sancita. Non la vedo, allo stato».
Ma voti che stanno a significare che la linea di seduzione e sfondamento sul versante grillino è quella al momento (e forse ormai definitivamente) imboccata dal Pd, con due sbocchi potenziali: un governo con il M5S (improbabile, come improbabile viene considerato che Napolitano affidi a Bersani un incarico pieno «con questi numeri»), o il voto anticipato dopo aver eletto un capo dello Stato «di parte» e fuori dagli schemi tradizionali per sfidare comunque Grillo sul terreno dell’innovazione: «Se vogliono – ammette Gasparri – il presidente della Repubblica se lo eleggono da soli assieme a qualche grillino».
E in quel caso appunto, è la deduzione che fa lo stesso Berlusconi parlando con i suoi, non sarà certo un moderato
Insomma, rientrare nei giochi è considerato «molto difficile».
E le carte a disposizione per forzare la mano praticamente non ci sono.
Il Pdl continuerà a gridare al pericolo «occupazione militare» e assieme a offrire disponibilità , si dividerà tra responsabilità e manifestazioni, la prima sabato a piazza del Popolo da dove, spiega Maurizio Lupi, partirà il messaggio che «siamo tutti con Silvio, non ci divideranno mai, a rilanciare i nostri temi concreti con tantissima gente che non potrà essere ignorata».
Ma per il resto, bisogna solo aspettare e, sempre Lupi ragiona «rimettersi alla saggezza di Napolitano» che aprirà mercoledì le consultazioni, e che ha la fiducia di Berlusconi e dei suoi.
In ogni caso, la strada che si reputa più probabile ad oggi resta quella delle elezioni: «Se continuano a dirci di no – e anche se sono divisi su questo punto hanno problemi a cambiare linea – si finirà al voto, altra strada non c’è», ha ripetuto ieri Berlusconi a pranzo allo stato maggiore del partito che ha riunito anche per ufficializzare le scelte dei prossimi capigruppo: hanno la sua benedizione sia Schifani al Senato sia Brunetta alla Camera, che dovrebbero essere eletti per acclamazione, anche perchè in caso di voto segreto «vari malumori potrebbero venire a galla e i giochi si riaprirebbero», dicono i bene informati.
Scelte comunque che rivelano – assieme a quella che viene data per possibile della Santanchè come vice presidente della Camera – che la legislatura che si attende sarà «da combattimento», sia che finisca a giugno sia che prosegua per qualche mese. In ogni caso, il nodo dell’elezione del capo dello Stato dovrà essere sciolto presto.
Dopo il governo, chiaro, ma nel giro di pochi giorni.
Con una certezza: «per noi la soluzione più praticabile ad oggi resta una rielezione di Napolitano», hanno ragionato Berlusconi e i suoi.
Con una domanda che resta nell’aria: «Ma se anche riuscissimo a forzare il presidente che si dice indisponibile, il Pd ci starebbe?».
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera”)
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Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile
PER BERSANI INVECE “AVANTI CON IL METODO GRASSO”
Anche se le voci più smaliziate nel Pd fanno notare che «Pierluigi ha sparigliato con Grasso e Boldrini solo dopo il no di Monti a qualunque accordo», è pur vero che il risultato di immagine incassato con la «mossa del cavallo» è andato oltre le previsioni: vedere gli applausi dei grillini alla neopresidente della Camera, assistere alla loro spaccatura al Senato, ottenere il placet di Renzi e il plauso di tutte le anime del Pd, ha rinvigorito non poco Bersani.
Che si prepara ad affrontare il giro di boa più difficile di tutta la sua carriera continuando a puntare tutte le sue carte sul «cambiamento».
Pur consapevole che dopo le chiusure della Lega e il gelo con Monti, quella «strada stretta» si sta trasformando in un ripido sentiero.
Ma se la convinzione di Bersani, condivisa con i «giovani turchi» alla Orfini, è che «ieri sono stati sconfitti tutti quelli che volevano un governissimo», si capisce la determinazione ad andare avanti sfidando i grillini, «perchè se vai sul loro terreno si è visto che la breccia si apre».
E quindi anche nella preparazione della squadra di governo va seguito quel «modello Grasso» che ha messo in crisi i grillini, certificando pure che in Senato «non c’è una maggioranza alternativa».
Ecco perchè ieri sul sito del Pd campeggiavano le proposte sul finanziamento pubblico, sulla moralità e sulla trasparenza della vita pubblica, con la novità di «un sistema di piccoli contributi privati» ai partiti; e la disponibilità annunciata da Bersani di «fermare la macchina dei rimborsi a luglio»; insomma una svolta, condita dal dimezzamento secco dei parlamentari e dei loro stipendi messo nero su bianco. Il tutto a corredo degli otto punti già proposti da Bersani «per dare vita ad un governo del cambiamento».
Un esecutivo che per dirla col sindaco di Bari Emiliano, in sintonia con le istanze dei grillini – dovrebbe essere «un governo a dieci stelle».
Bersani si guarda bene dallo scoprire le sue carte prima dell’avvio delle consultazioni, anche se si aspetta di ricevere un incarico pieno.
Ma nel partito, dove le voci corrono, da giorni circolano nomi del calibro di Roberto Saviano, Stefano Rodotà , Gustavo Zagrebelsky, per una rosa di alto livello di un possibile «governo del presidente guidato da Bersani», per usare la definizione di un alto dirigente del Pd.
Con l’idea di sfidare tutte le forze politiche, grillini, leghisti e montiani, a dire no a un esecutivo che faccia una serie di riforme sui costi della politica e i tagli alla Casta e che eviti al paese nuove elezioni.
Alla Lega Bersani tende la mano dicendosi pronto a discutere di «autonomie, perchè di Regioni me ne intendo».
A Monti non chiude la porta del tutto sul Quirinale.
Ma «niente accordi preventivi con nessuno, ora va chiesto alle forze politiche di sostenere un programma di cambiamento».
E nel Pd ormai è pressing a tutto campo per il rinnovamento: i quarantenni si oppongono ad una «prorogatio» di Franceschini e Finocchiaro come capigruppo, ventilata come soluzione ponte.
E i candidati non mancano: il «turco» Orlando, il lettiano Boccia e la franceschiniana Sereni alla Camera, il renziano Tonini o l’attuale vice capogruppo Latorre al Senato. Così come la conferma di Bersani che il Pd sarebbe pronto a nuove primarie se si votasse a giugno serve a placare le ansie dei renziani che temono una forzatura dei bersaniani per tornare al voto con lo stesso leader senza passare dai gazebo.
Carlo Bertini
(da “La Stampa“)
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Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile
LA PROCURA DA’ RAGIONE A “STRISCIA LA NOTIZIA” CHE ERA STATA QUERELATA DAI NOTAI DI “AFFARI TUOI”…”NON C’E’ STATA DIFFAMAZIONE, IL MECCANISMO DEL GIOCO VIENE MODIFICATO”
La Rai perde la guerra dei pacchi. 
E diventa un boomerang la querela dei notai di “Affari tuoi” contro “Striscia la notizia”.
È l’ultimo atto della battaglia giudiziaria con il tg satirico di Canale 5: la procura di Roma stabilisce che la trasmissione della Rai viene pilotata e di fatto consegna a viale Mazzini un altro “Tapiro d’oro”.
Lo fa rigettando la querela dei notai dello show della tv di Stato contro “Striscia”, che da anni, anche per motivi di concorrenza, accusa la Rai di “brogli” durante la trasmissione lasciando alla fine i premi più ricchi in modo che gli ascolti salgano. Secondo i magistrati il gioco dei pacchi è stato “irregolare” e “assolutamente scorretto”.
Almeno per un certo periodo di tempo, “i concorrenti più accorti sono stati messi in grado di individuare i premi più sostanziosi”.
Questo raccontano le carte depositate dal procuratore aggiunto Leonardo Frisani, che assolve dunque “Striscia” e chiede l’archiviazione della querela presentata dallo staff notarile di “Affari Tuoi” contro il programma Mediaset.
Non c’è diffamazione, quindi, nessun reato nella guerra infinita dei pacchi dichiarata da Ezio Greggio, Jimmy Ghione, Valerio Staffelli e Antonio Ricci.
E questo perchè – si legge ancora nelle carte – “è stato rispettato il principio della continenza anche posto in relazione al carattere notoriamente satirico della trasmissione”.
Ora la parola spetta al gip, che il prossimo 26 marzo dovrà decidere se accogliere oppure no la richiesta dei pm.
Una battaglia giocata per anni sul filo dell’audience, tra le continue accuse di brogli da parte di Ezio Greggio& Co e la rituale consegna del classico “Tapiro d’oro”.
Lo scontro inizia nel 2005, quando “Striscia” insinua i primi dubbi sulla trasparenza del meccanismo dei pacchi.
È nel 2009, poi, che Massimiliano Dona, segretario dell’Unione italiana consumatori, presenta una denuncia ai magistrati di Roma contro “Affari tuoi”, evidenziando alcune anomalie.
Viene quindi avviata l’indagine per verificare l’eventuale pilotaggio.
Gli inquirenti acquisiscono il regolamento del gioco, ascoltano alcuni concorrenti e fanno anche un sopralluogo negli studi della Rai per verificare tutte le modalità di preparazione e di esecuzione.
Dopo aver iscritto nel registro degli indagati una delle curatrici del programma, l’inchiesta termina con l’archiviazione ma lascia molti dubbi sulla regolarità della trasmissione.
Secondo la procura, infatti, “il meccanismo di predisposizione dei pacchi era stato modificato” facilitando inevitabilmente i concorrenti.
Tant’è che le regole vengono cambiate proprio per evitare che l’inconveniente potesse ripetersi.
Ma, aggiungeva il pm, “pur essendo stato accertato il predetto meccanismo, non sarebbe stato possibile, comunque, appurare che ciò fosse stato fatto dolosamente”. Dunque l’imbroglio c’era, ma non si poteva dimostrare.
Un giudizio inequivocabile, come sottolinea anche il gip nel 2010 quando accoglie la richiesta di archiviazione: “La vicenda evidenzia i difetti di un gioco che per garantire vera e certa trasparenza avrebbe dovuto avere ben altre modalità “.
Di qui la querela per diffamazione presentata nel 2010 da Luigi e Giovanni Pocaterra, notai di “Affari Tuoi”.
Un’azione legale intrapresa poco dopo la consegna del “Tapiro” al primo dei due, Luigi.
La tradizionale onorificenza satirica che, come spiega la procura, “appare priva di qualsiasi rilevanza di carattere penale”.
Analogo ragionamento viene fatto per la denuncia intentata nei confronti di Massimiliano Dona e del suo libro “Affari Loro”, in cui l’autore ripercorre tutte le tappe dell’inchiesta e smaschera presunti trucchi e bugie del programma dei pacchi. Ha “narrato solo fatti”, e ogni espressione utilizzata è stata inserita in un contesto di “sostanziale verità “.
Angela Maria Erba
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Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile
LA CANDIDATURA RODOTA’ POTREBBE ESSERE GRADITA AI CINQUESTELLE
Bersani è sicuro di essere sul Frecciarossa, direzione palazzo Chigi.
«Venerdì ci davano già per morti — scherza il segretario con i suoi — adesso mi sa che devono spostare un po’ la data del funerale».
E tuttavia il segretario rischia di essere la prima vittima del suo successo: se infatti il “metodo Grasso” ha funzionato per individuare i presidenti delle Camere, in molti nel Pd iniziano a chiedersi perchè non applicare lo stesso schema anche per il premier.
L’idea di trovare un outsider per palazzo Chigi, un Rodotà o un Prodi, che spiazzi i cinque stelle e li costringa a uscire dal loro splendido isolamento si va facendo strada.
Ne parlano in molti sottovoce, ma nessuno esce allo scoperto finchè è in campo il segretario.
L’unico che ha il coraggio di teorizzarlo è Pippo Civati, che nel suo blog l’ha definito il Piano C: «Si fa un governo a tempo determinato, un governo del Parlamento, sulla base dei punti che si stanno discutendo in questi giorni, e si cerca una figura che piaccia al Pd e al M5S, se a quest’ultimo non dovesse andare bene il governo Bersani».
Una prospettiva che, al momento, il leader del Pd non prende in considerazione.
Anzi, è deciso a sfidare la sorte e lo «scetticismo» della gerarchia del partito in nome del «rinnovamento ».
Prossima stazione la composizione dell’ufficio di presidenza di Camera e Senato, dove il Pd darà spazio ai candidati vicepresidenti di cinque stelle, Scelta civica, Lega e Pdl. Per ampliare la capacità di attrazione in vista della prova più difficile, quella della fiducia.
Galvanizzato dal successo di sabato sulle presidenze parlamentari, Bersani è infatti determinato ad andare avanti e per farcela intende applicare integralmente il “metodo Grasso” anche per la formazione del governo.
Costituire un «dream team» di personalità di altissimo profilo, con un programma inattaccabile dai grillini (prova ne è la nuova proposta sul finanziamento pubblico ai partiti, prima difeso ora sostanzialmente superato).
I nomi che circolano per la squadra Bersani sono già un manifesto: da Carlin Petrini (il fondatore di Slow Food, per l’Agricoltura) a Milena Gabanelli, da Fabrizio Barca a Don Ciotti, dallo stesso Stefano Rodotà a Giuseppe De Rita.
Che il criterio sia quello della massima apertura a personalità esterne lo dimostra, del resto, una battuta fatta ieri dal leader del Pd a Maria Latella su SkyTg24: «Grasso e Boldrini? Ho buttato via due ministri».
Il punto fermo, ovviamente, è che il numero uno debba essere proprio lui, nonostante il veto assoluto di Grillo a un governo guidato dal Pd.
L’incarico insomma Bersani lo pretende per sè, «non per ambizione ma per senso di responsabilità ».
E a questo punto, dopo aver eletto il presidente di palazzo Madama, ritiene di aver silenziato chi nel partito puntava ancora sulle larghe intese. «Bersani – riconosce Walter Verini – ha fatto una mossa intelligente. Se avesse presentato Finocchiaro o qualunque altro nome politico la crepa nel M5S non si sarebbe mai aperta».
Ma l’apertura ai bei nomi della società civile non è l’unica arma su cui intende puntare Bersani.
Per assicurarsi il sostegno dei senatori di Scelta Civica, raccontano che il segretario abbia riaperto alla grande il canale con Pierferdinando Casini.
Riavutosi dalla botta del risultato elettorale, il leader dell’Udc è infatti di nuovo in campo come mediatore per portare i montiani verso il sì alla fiducia.
Del resto la leadership di Monti sulla sua formazione politica, dopo i passi falsi sulle presidenze, è in questo momento un po’ appannata.
Anche i parlamentari di Italia Futura sono rimasti senza parole quando il premier, durante l’assemblea (infuocata) del gruppo che doveva decidere come comportarsi sulle presidenze, ha tirato fuori il suo iPhone e ha letto davanti a tutti un Sms ricevuto dal capo dello Stato.
Nel messaggio Napolitano sollecitava Scelta Civica ad apprezzare l’offerta del Pd per mandare un montiano alla presidenza della Camera.
Ma, al di là del contenuto, tutti i presenti sono rimasti colpiti dal fatto che Monti rivelasse una comunicazione tanto riservata del presidente della Repubblica.
Insomma, con il Pdl ormai sulle barricate e proiettato verso le elezioni anticipate, Casini è certo di poter convincere le truppe sbandate di Monti a seguirlo verso la fiducia al governo Bersani.
Anche la Lega, con i suoi diciassette senatori, resta un interlocutore del Pd.
Quanto meno per ottenere una fiducia “tecnica” che consenta alla legislatura di partire. Insomma, il governo Bersani potrebbe assomigliare al calabrone, che riesce a volare nonostante le leggi della fisica dicano il contrario.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Marzo 18th, 2013 Riccardo Fucile
“CONTANO LE IDEE NON LE PERSONE, SE NON VADO BENE LASCERO’ MA TRA SCHIFANI E GRASSO VOTEREI ANCORA GRASSO”
«Se si cercano i colpevoli di alto tradimento ai principi dell’M5S, ecco, uno l’avete trovato».
Cittadino-senatore Giuseppe Vacciano, quell’uno è lei?
«Io, esatto. E se la base vuole sono pronto a dimettermi».
Perchè lo chiede Grillo?
«Figuriamoci. Il suo parere vale esattamente quanto quello di chiunque altro all’interno del MoVimento».
Però è stato lui a puntare il dito.
«Non so perchè l’abbia fatto. Dovete chiederlo a lui. Ma soprattutto non mi importa. Ci mancherebbe altro che Grillo non fosse libero di esprimere la propria opinione».
E allora?
«E allora, il voto per Grasso al Senato ha scatenato un dibattitto gigantesco in rete. Molti sono convinti che la scelta di non mantenere le distanze dalla casta sia stata sbagliata. Io credo che ci sia una differenza tra un voto destinato a una carica istituzionale rappresentativa e un voto destinato a chi deve governare. E questo secondo voto, se mai dovessi rimanere in carica, da me non l’avranno mai. Nè il Pd nè il Pdl».
Amareggiato.
«No. Quello che è capitato è nella natura delle cose. Il posto al Senato e alla Camera non è un tesoro conquistato. Soltanto uno strumento attraverso il quale speriamo di fare delle cose buone per il Paese. Abbiamo portato nel Palazzo delle persone splendide, che possono fare la differenza vera per l’Italia».
Perchè ha scelto Grasso?
«Me lo imponeva la coscienza. Di fronte al rischio di vedere nuovamente una persona come quella proposta dal Pdl quale seconda carica dello Stato (non credo che i cittadini italiani meritino una cosa del genere), pure tra mille dubbi, e consapevole che tra Pd e Pdl non esiste il meno peggio, ho votato Grasso. Non potendo più indicare l’unico candidato al quale avrei affidato quell’incarico: Luis Alberto Orellana. È esattamente quello che ho scritto su Facebook. Se lo cita testualmente mi fa un piacere».
Ha ricevuto pressioni esterne per il suo voto?
«No, no e poi no. Io sono una persona libera. Nessuno mi ha fatto proposte o offerte. E non mi vedrete mai in un gruppo misto o in un gruppo di un altro colore. Io sono un cittadino Cinque Stelle».
Grillo non l’ha chiamata per dirle: Giuseppe, ma che hai fatto?
«Assolutamente no. Beppe è una persona che stimo e che stimerò sempre. Ma che nella mia ottica conta sempre uno».
Dunque a chi rimetterebbe il suo mandato se non a lui?
«Alle persone che mi hanno eletto».
Un po’ vago.
«Per nulla».
Ce lo spiega?
«Oggi e domani mi confronterò con gli altri componenti del Senato. Sentirò il loro parere. Se mi chiederanno di farmi da parte lo farò. Ma mi piacerebbe che ci fosse anche la possibilità di un confronto in rete. Con la base. Sono nelle loro mani. Se non vado bene io, sono sicuro che troveranno uno migliore di me».
Non le pare un filo drastico?
«Sembrerà drastico a chi ragiona con i criteri della vecchia politica. Ma noi del MoVimento siamo fatti così. Contano le idee, non le persone».
Lo darebbe ancora il voto a Grasso?
«Se mi trovassi nella stessa situazione, con lo stesso dilemma tra lui e Schifani e con lo stesso quadro politico, certamente sì».
Perchè il vostro dibattito non è andato in diretta streaming?
«Solo per ragioni tecniche. Presto ogni singola parola sarà a disposizione di tutti».
g.m.
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