SPUNTANO SAVIANO E RODOTA’ PER UN ESECUTIVO A “DIECI STELLE”
PER BERSANI INVECE “AVANTI CON IL METODO GRASSO”
Anche se le voci più smaliziate nel Pd fanno notare che «Pierluigi ha sparigliato con Grasso e Boldrini solo dopo il no di Monti a qualunque accordo», è pur vero che il risultato di immagine incassato con la «mossa del cavallo» è andato oltre le previsioni: vedere gli applausi dei grillini alla neopresidente della Camera, assistere alla loro spaccatura al Senato, ottenere il placet di Renzi e il plauso di tutte le anime del Pd, ha rinvigorito non poco Bersani.
Che si prepara ad affrontare il giro di boa più difficile di tutta la sua carriera continuando a puntare tutte le sue carte sul «cambiamento».
Pur consapevole che dopo le chiusure della Lega e il gelo con Monti, quella «strada stretta» si sta trasformando in un ripido sentiero.
Ma se la convinzione di Bersani, condivisa con i «giovani turchi» alla Orfini, è che «ieri sono stati sconfitti tutti quelli che volevano un governissimo», si capisce la determinazione ad andare avanti sfidando i grillini, «perchè se vai sul loro terreno si è visto che la breccia si apre».
E quindi anche nella preparazione della squadra di governo va seguito quel «modello Grasso» che ha messo in crisi i grillini, certificando pure che in Senato «non c’è una maggioranza alternativa».
Ecco perchè ieri sul sito del Pd campeggiavano le proposte sul finanziamento pubblico, sulla moralità e sulla trasparenza della vita pubblica, con la novità di «un sistema di piccoli contributi privati» ai partiti; e la disponibilità annunciata da Bersani di «fermare la macchina dei rimborsi a luglio»; insomma una svolta, condita dal dimezzamento secco dei parlamentari e dei loro stipendi messo nero su bianco. Il tutto a corredo degli otto punti già proposti da Bersani «per dare vita ad un governo del cambiamento».
Un esecutivo che per dirla col sindaco di Bari Emiliano, in sintonia con le istanze dei grillini – dovrebbe essere «un governo a dieci stelle».
Bersani si guarda bene dallo scoprire le sue carte prima dell’avvio delle consultazioni, anche se si aspetta di ricevere un incarico pieno.
Ma nel partito, dove le voci corrono, da giorni circolano nomi del calibro di Roberto Saviano, Stefano Rodotà , Gustavo Zagrebelsky, per una rosa di alto livello di un possibile «governo del presidente guidato da Bersani», per usare la definizione di un alto dirigente del Pd.
Con l’idea di sfidare tutte le forze politiche, grillini, leghisti e montiani, a dire no a un esecutivo che faccia una serie di riforme sui costi della politica e i tagli alla Casta e che eviti al paese nuove elezioni.
Alla Lega Bersani tende la mano dicendosi pronto a discutere di «autonomie, perchè di Regioni me ne intendo».
A Monti non chiude la porta del tutto sul Quirinale.
Ma «niente accordi preventivi con nessuno, ora va chiesto alle forze politiche di sostenere un programma di cambiamento».
E nel Pd ormai è pressing a tutto campo per il rinnovamento: i quarantenni si oppongono ad una «prorogatio» di Franceschini e Finocchiaro come capigruppo, ventilata come soluzione ponte.
E i candidati non mancano: il «turco» Orlando, il lettiano Boccia e la franceschiniana Sereni alla Camera, il renziano Tonini o l’attuale vice capogruppo Latorre al Senato. Così come la conferma di Bersani che il Pd sarebbe pronto a nuove primarie se si votasse a giugno serve a placare le ansie dei renziani che temono una forzatura dei bersaniani per tornare al voto con lo stesso leader senza passare dai gazebo.
Carlo Bertini
(da “La Stampa“)
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