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RAI, ECCO A CHI VANNO I DUE MILIARDI DI EURO L’ANNO DI APPALTI PUBBLICI

Luglio 8th, 2013 Riccardo Fucile

NEL DOCUMENTO SEGRETO DI 20 PAGINE I NOMI DELLE 2.400 SOCIETA’ CHE SI SONO DIVISE LA TORTA: DALL’EX DALEMIANO VELARDI AI FRATELLI “BERLUSCONIANI” CASELLA, PER FINIRE A DINO VITOLA, PROTETTO DALL’EX AN ROSITANI

Le pagine, venti. Le società , 2400. Le scatole, infinite. Il denaro, 2 miliardi di euro. Ogni anno, a ogni sussulto di canone che rispetta l’inflazione, la Rai distribuisce centinaia di appalti e commesse per le serie televisive e per la ristorazione, per i varietà  e i trasporti.
Un documento di viale Mazzini, che il Fatto Quotidiano ha visionato e la Commissione di Vigilanza dovrà  esaminare, prova a servire la trasparenza: le tabelle, in ordine alfabetico, sembrano un elenco telefonico.
Ma di nome e in nome, di sigla in sigla, si scoprono le aziende che lavorano con i migliori contratti.
I fratelli Casella, Losito e Mediaset
Per fare impresa in viale Mazzini, società  pubblica che può apparire inespugnabile, non occorrono grossi capitali: una società  a responsabilità  limitata, 10mila euro per cominciare, un preventivo, un progetto.
I fratelli Casella, Cristian e Marco, avevano esperienza.
Il minore Marco ha in carriera sette anni e mezzo nell’ufficio stampa di Silvio Berlusconi e un incarico nei giovani per la libertà .
Il maggiore Cristian, l’amministratore, aveva gestito la televisione di propaganda berlusconiana.
Il passato di rilievo, seppur politicamente non imparziale, fa scorrere il cancello di viale Mazzini. Qualche sospetto e qualche accusa nascono presto e finiscono ancora prima. I ragazzi sono cresciuti e, in questa stagione, possono vantare un programma (costato 600mila euro, una parte ai fratelli) su Rai1 condotto da Paola Perego e i 10mila euro di 2B Team Group valgono ancora di più.
La presenza di amici al quadrato di Silvio Berlusconi non è un’ossessione per la Rai, anzi, è quasi una prassi, una tradizione che si rinnova e si amplifica.
Quando Teodosio Losito, rinomato ammiratore e produttore di Gabriel Garko e Manuela Arcuri su Canale 5, ha incassato un paio di commesse per la televisione pubblica, subito il pensiero è volato a Mediaset, a Cologno Monzese.
Proprio a Cologno Monzese, Losito ha residenza: una curiosità , nulla più.
Perchè fra i soci di Ares Film c’è Rti, acronimo di Reti televisive italiane, una controllata di Mediaset. Losito non si è fatto impressionare, non ha mai commentato nè smentito, finchè la quota di Rti è scesa al 5 per cento.
Non si è mai mossa dal 10 per cento, nè un passo avanti nè un passo indietro, l’ex compagna di Paolo Berlusconi, Patrizia Marrocco.
La Luxvide di Ettore Bernabei e figli non è mai la novità , nè in negativo nè in positivo: la torta per la fiction si riduce di qualche milioni di euro, ma i santi e i poeti raccontati non perdono spazio nè puntate.
Anche se il franco-tunisino Tarak Ben Ammar, da sempre alleato di Berlusconi, vorrebbe vendere il 18 per cento del pacchetto azionario che detiene attraverso Prima Tv.
L’ennesima edizione di Don Matteo, il prete interpretato da Terence Hill, sarà  pronta al prezzo di oltre 15 milioni di euro. E la presenza di Banca Intesa fra i soci trasforma la Luxvide in un colosso multinazionale, non soltanto per le propaggini che si estendono sino a Londra.
Fiduciarie anonime e scatole cinesi
Ecco, per rintracciare un committente di spessore, per la quantità  dei prodotti offerti, vale la pena fare un salto nella capitale inglese.
E magari, però non sarà  facile, capire chi si nasconde (o non vuole farsi riconoscere) dietro la fiduciaria Reynolds Advisor Limited, azionista di maggioranza relativa (40%) di Albatros Entertainment di Maurizio Momi e Alessandro Jacchia, entrambi italianissimi, entrambi riferimenti costanti per i palinsesti di viale Mazzini. Albatros ha un’estrazione di centro più destra, molte volte si è speso (a parole, sia chiaro) l’ex ministro Maurizio Gasparri.
L’esterofilia può farci sbarcare persino in Olanda. Paypermoon Italia fu un’invenzione di Claudio Velardi, all’epoca reduce dagli anni di Palazzo Chigi con Massimo D’Alema.
Il referente italiano di Paypermoon, che realizza serie televisive con i vari Neri Marcorè e Anna Valle, si chiama Mauro Mari.
Le quote italiane sono divise in tre pezzi: il 3% sta a Londra, il 37% fa capo ad Aislin Italia e il restante a un’omonima olandese.
La parte italiana, però, è di proprietà  olandese: leggendo l’ultimo bilancio disponibile, dichiara 714 euro di utile.
Sarà  che le buone idee premiano e così, nonostante una finanzia non certo multinazionale, la Paypermoon ha tante serate da girare e occupare per circa 8 milioni di euro.
Ci sono produttori che non beccano una voce di spesa da anni e colleghi che non mancano mai. I direttori apprezzano la fantasia (e il successo) di Lorenzo Mieli, che non va legato soltanto a Fremantle Italia.
Wildside, uffici in viale Mazzini, raccoglie giovani di talento e cognomi, il bravo regista figlio di Maurizio Costanzo, Saverio; l’esegeta di Notte prima degli esami, Fausto Brizzi e Mario Gianani, da poco marito di Marianna Madia, deputata Pd.
I grandi affari dei soliti noti
Il calabrese Dino Vitola si è ritrovato in mezzo a una polemica sterminata perchè durante il suo Canzoni e Sfide, al teatro Politeama di Catanzaro, in sala c’era il camorrista Gaetano Marino (poi ammazzato) che ascoltava la figlia cantare.
Il nome di Vitola figura ancora fra i fornitori di viale Mazzini, quelli che, esaminati e vagliati, possono partecipare a una gara.
Per vicinanza territoriale, di origine, s’intende, il consigliere d’amministrazione Guglielmo Rositani l’ha sempre difeso in Cda.
In ascesa, va segnalata la Tunnel Produzioni di Ferdinando Mormone che, per Rai2, ha confezionato il contenitore di satira Made in Sud con Elisabetta Gregoraci, moglie di Flavio Briatore.
Il fallimento di soldi pubblici per Barbarossa, Umberto Bossi protagonista di un cameo, non ha stroncato il rapporto fra il regista Renzo Martinelli e viale Mazzini. Roberto Sessa ha cambiato tanto, ma non ha smarrito la sintonia con la Rai e ritorna operativo con Picomedia.
Di Benedetto & C. passato di ritorno
L’ex direttore generale Agostinò Saccà  ha preso il largo, non senza qualche imbarazzo interno (ha i suoi amici e i suoi nemici) e, da ex capo di tutto in viale Mazzini, fa lievitare la Pepito.
C’è un gruppo storico, plasmato nelle ultime stagioni, che conferma la presenza.
C’è sempre la Goodtime di Gabriella Buontempo, ex moglie di Italo Bocchino.
Come la Titania di Ida Di Benedetto, consorte di Giuliano Urbani.
La Itc di Beppe Caschetto va bene anche con la cinepresa.
E l’agente Lucio Presta, Arcobaleno 3, presidia sempre il territorio.
Questa settimana, i parlamentari in Vigilanza Rai avranno le venti pagine che il dg Gubitosi — dopo aver iniziato a ripulire l’albo — ha consegnato al presidente Roberto Fico: può annoiare e ricordare un elenco telefonico, ma ci sono notizie e incroci che possono aiutare la televisione pubblica a sconfiggere brutti sprechi e cattive abitudini.

Carlo Tecce
(da “il Fatto Quotidiano”)

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INTERVISTA A SBALCHIERO, IL CAPO DEGLI ARTIGIANI VENETI CHE HANNO VOTATO M5S: “E’ STATO UN VOTO DI PROTESTA INUTILE”

Luglio 8th, 2013 Riccardo Fucile

“LE RIFORME NON SI STANNO FACENDO ANCHE PER COLPA DEI CINQUESTELLE CHE RIFIUTANO TUTTO E TUTTI”

Il co-leader del Movimento Cinque Stelle Gianroberto Casaleggio torna in Veneto per incontrare gli imprenditori, così come fece insieme a Beppe Grillo durante la campagna elettorale.
Riuscendo a raccogliere numerosi consensi ed adesioni.
Oggi sarà  a Castelbrando, a pochi chilometri da Treviso, ospite della Confapri, associazione di piccoli e medi imprenditori con la quale il legame è ormai solido.
Non sarà  solo: con lui, tra gli altri, i sindaci Federico Pizzarotti, Flavio Tosi e Giovanni Manildo. Il tema, ovviamente, è l’economia: come farla ripartire?
Ma l’aria intorno al M5S, da queste parti, è un po’ cambiata.
Sensazione confermata dall’esito delle scorse amministrative: a Treviso, per dire, i Cinque Stelle sono passati dal 24 per cento di febbraio al 6,8 del giugno scorso.
Il vicentino Giuseppe Sbalchiero da due anni è a capo della Confartigianato Veneto, che conta 60mila associati.
Come molti dei suoi colleghi aveva votato il M5S alle politiche.
Oggi rifarebbe quella scelta?
«Innanzitutto bisogna dire perchè in tantissimi, tra i nostri associati e non, diedero il loro voto a Beppe Grillo. Cioè per dare un segnale forte a centrodestra e centrosinistra, per dirgli “guardate che la nostra pazienza sta finendo, datevi una mossa”. Dopo anni in cui il 70-80 per cento della nostra categoria aveva premiato Pdl e Lega».
Il risultato qual è stato?
«Che il M5S ha scelto la via del rifiutare tutto e tutti. Le riforme non si stanno facendo anche per colpa di questo atteggiamento. Il voto di protesta si è rivelato fine a se stesso, quindi inutile».
Quindi la fiducia in Grillo è già  finita? Il vostro non era un voto di adesione ma solo un segnale?
«In alcuni casi c’è ancora chi crede in lui. Ma tutti i voti presi a febbraio oggi come oggi sono una chimera. Il fenomeno si è ridotto di molto. E sa chi se ne avvantaggerà ? L’astensionismo. La totale sfiducia ».
Padroncini e operai, nelle vostre fabbriche, si erano ritrovati a votare M5S. I lavoratori la pensano come voi su Grillo? Stessa delusione?
«A dire il vero erano anni che accadeva la stessa cosa, questa comunanza tra piccoli imprenditori e collaboratori, magari votando Lega. La quale doveva portare il federalismo, e invece niente. Ora è toccato a Grillo, e ancora niente. C’è una sensazione di rifiuto molto diffusa».
Domani (oggi, ndr) sarà  all’incontro con Casaleggio?

«Ho altri impegni. La dialettica resta comunque utile, ci mancherebbe.Il fatto è che si parla troppo, magari».
E il governo di larghe intese come vi sembra?
«Stiamo ancora aspettando che cominci a governare. Che si tagli la spesa pubblica inutile e la burocrazia. E si dia il via alle riforme. Altrimenti succede che si tornerà  a votare con questa stessa legge. Metà  cittadini non ci andranno nemmeno. E l’altra metà  decreterà  ancora una volta il totale immobilismo».

Matteo Pucciarelli

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ANCHE SPEGNERE INCENDI E’ FARE POLITICA

Luglio 8th, 2013 Riccardo Fucile

COME POTERE E PRIVILEGIO SI POTREBBERO CONIUGARE IN POSITIVO

Non c’è spiaggia abbastanza appartata, vetta sufficientemente alta.
Non esiste ombrellone che ti ripari. Ti raggiungono ovunque. Inesorabili con il loro ronzio, come mosconi estivi. Come zanzare tigre.
Sono le polemiche politiche. E poi ti dicono pure che sei diventato anti-politico.
Ma se guardi il giornale con il distacco della vacanza — chi può permettersela — ti viene un dubbio: la politica è davvero la faccia tirata come un violino di Berlusconi, sono le estenuanti polemiche per la segreteria del Pd?
Oppure è un vigile del fuoco che rischia la pelle per salvare i nostri boschi perchè hanno tagliato i fondi per i Canadair?
Ce lo siamo detti tante volte cominciando la settimana, ogni lunedì: ritroviamo il senso profondo delle parole. La politica è potere.
Ma quello stesso vocabolo, potere, ha due significati profondamente diversi. Può essere un sostantivo, parola immobile, respingente e minacciosa perfino nel suono martellante: po-te-re. Ma anche verbo, movimento.
Ecco il punto, abbiamo trasformato un’azione in una cosa.
Abbiamo dimenticato quello che può davvero voler dire “potere”: avere, appunto, la possibilità , l’occasione straordinaria di incidere nella realtà .
Occuparsi delle vite delle persone.
Vale anche per la parola privilegio. Che per noi ha ormai il suono dell’ingiustizia, dell’arbitrio. Ma sarebbe anche altro: l’occasione — frutto del merito o della sorte — concessa a pochi di raggiungere una posizione che consenta di fare qualcosa di grande.
Allora pensiamo ai giornali, ai telegiornali, ai nostri discorsi.
Alla parola politica ormai associamo le sparate di Berlusconi preoccupato di dover passare le giornate ad Arcore agli arresti domiciliari, per serate poco eleganti con vestito a righe.
La colleghiamo a Matteo Renzi, ai vertici del Pd che come stalker ci perseguitano con polemiche sul regolamento del partito.
à‰ questa la politica?
O forse, come raccontiamo oggi, sarebbe piuttosto occuparsi della prevenzione degli incendi che si mangiano milioni di ettari di boschi.
Che mettono a repentaglio la vita di volontari, vigili del fuoco e piloti di Canadair.
Non è politica capire che non si possono tagliare milioni ai voli anti-incendio quando se ne spendono 22 soltanto per mantenere gli aerei blu?
Quando si destinano miliardi agli F35?
Difficile trovare una risposta.
Poi arriva tuo figlio e ti chiede: “Fammi vedere casa nostra con il satellite sul computer”.
Compare una macchiolina gialla. Noi siamo qui. Ma a lui non basta. Subito con un tocco sullo schermo amplia la prospettiva, vuole vedere il puntino perdersi nella città , nell’Italia. Nel mondo.
Lo vorresti rimproverare perchè ti fa perdere la concentrazione mentre scrivi l’articolo.
Poi d’un tratto te ne accorgi: ecco, questa è la politica.

Ferruccio Sansa

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IL PAPA POVERO IN VIAGGIO TRA I SENZA DIRITTI

Luglio 8th, 2013 Riccardo Fucile

LA SCOMPARSA DEI POLITICI CHE SVENTOLAVANO I VESSILLI DELLA CRISTIANITA’ … PAPA FRANCESCO LASCIA A CASA TUTTI I NOTABILI SICILIANI CHE VOLEVANO FARE PASSERELLA

Don Stefano Nastasi si sgola, ripete, precisa, conferma, insiste: “Quella del Papa è una visita pastorale, il messaggio che intende lanciare il Santo Padre è esclusivamente pastorale”.
Ma anche il “prete di mare”, l’uomo che con la sua lettera del 19 marzo scorso (“…Santità , il cuore del Mediterraneo la attende”) è riuscito a fare il miracolo del Papa a Lampedusa, sa che non è così.
Tutta la visita, i simboli e i segni che Papa Francesco ha scelto e imposto, la sobrietà  voluta, addirittura ostentata, sbattono sul tavolo della politica europea e italiana il dramma dell’immigrazione.
E lo sbatte in faccia soprattutto a quei politici che sventolano i vessilli della cristianità  e che in questi anni hanno voluto e votato leggi vergogna.
Come sono lontane e come appaiono scomposte le parole che Pier Ferdinando Casini pronunciò un giorno del 1999. “Con gli scafisti non servono le buone maniere, oggi si deve poter sparare”, e come stride il volto severo di Giovanardi che imponeva di “chiudere il rubinetto dell’immigrazione clandestina a tutti i costi”.
E allora i simboli, ad iniziare dall’altare da dove il Papa dirà  la messa, una vecchia barca lampedusana, e dal leggio, ricavato da tre timoni.
E poi il calice, come la croce fatto col legno dei barconi ammassati a pochi metri dal luogo dove Francesco celebrerà  i sacramenti.
Portavano gente dall’Africa, anime sofferenti, naufraghi di un mondo in rovina.
Sarà  attraversato da un chiodo lungo e arrugginito, per rappresentare il calvario di una umanità  alla deriva.
Andrà  per mare, il Papa, circondato da centinaia di motopescherecci della marineria di Lampedusa che gli faranno da corona.
Ci sono i pescatori, quelli che per anni nelle reti hanno trovato cadaveri e pezzi di corpi restituiti dalle onde.
Alcuni sulle vele hanno scritto: “Habemus papam, benvenuto nell’isola dell’accoglienza e dei senza diritti. Grazie Papa”.
E in mare, “quel mare dove sono morti 20mila nostri fratelli”, ricorda don Nastasi, lancerà  fiori.
Alle spalle l’azzurro infinito, di fronte un monumento , la Porta d’Europa. “Chiederemo perdono — dice don Rino Lauricella — perchè non siamo stati in grado di capire il messaggio lanciato dai migranti”.
Segni e simboli chiari anche nella “liturgia” scelta dal Papa. La domanda che Dio rivolge a Caino: “Dov’è tuo fratello?”.
Il Vangelo secondo Matteo e la strage degli innocenti.
Un messaggio forte al mondo intero nelle preghiere che saranno recitate in italiano, francese, inglese e spagnolo. Francesco Montenegro, il vescovo di Agrigento, ricorda la visita di vent’anni fa di Papa Woityla ad Agrigento, quel suo grido nella Valle dei Templi contro la mafia.
“Pentitevi verrà  il giudizio di Dio”.
“Ecco — dice il vescovo — il Papa sarà  qui per dire se vuoi cambiare il mondo devi iniziare dagli ultimi. E dopo questa visita non si potrà  più parlare dell’immigrazione come emergenza, perchè è una realtà  dei nostri tempi e non servono nuove armi e leggi per fermarla. L’immigrazione non è questione di statistiche ma di vite umane e una società  civile non può dire che l’immigrato è nemico, ci toglie il lavoro, ci disturba perchè diverso, no, perchè questa è la nostra storia”.
Parole che la politica affondata nei suoi rituali lontani dalla realtà  non riesce neppure a balbettare.
E i politici oggi a Lampedusa non ci saranno. Nessuno.
Non ci sarà  Angelino Alfano il ministro dell’Interno agrigentino, non ci sarà  Renato Schifani la cui foto in tenuta da sub fa bella mostra di sè in un negozio di articoli marinari dell’isola, non ci sarà  Rosario Crocetta, il governatore della Regione.
Sobrietà , rigore, semplicità , la cifra di questa visita che le burocrazie, quella vaticana e quella italiana, non solo non hanno capito, ma stanno mal sopportando.
Hanno portato via in tutta fretta i migranti, ne restano appena 112, di cui 75 minori soli, li hanno sbarcati nottetempo sull’altra sponda, sbarrato il centro di accoglienza, sorvegliato da militari e poliziotti come non mai. Imbarazzo quando si chiede come, in base a quali criteri, sono stati scelti i 50 immigrati che incontreranno Papa Francesco.
“Non in base alla loro fede religiosa”, dicono i preti ai giornalisti. “Il Papa ha bussato alla loro porta , chi vuole è libero di venire”. Quelli che vorranno forse racconteranno al Papa la disperazione che spinge un uomo a vendere il poco che ha e ad affidare il proprio futuro ad un legno marcio che lo porti finalmente in Europa.
Il dolore, la morte negli occhi delle traversate in mare di notte, quando le onde si fanno scure e la speranza comincia a farsi spazio alle prime luci del faro di Lampedusa.
E poi la terraferma, i volti dei soccorritori e quelli dei poliziotti. Le file per un pezzo di pane, i documenti da mostrare, gli ordini urlati in una lingua sconosciuta. Racconteranno come inizia una vita da clandestino.

Enrico Fierro

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NON CI RESTA CHE PIOVERE: AEREI ANTINCENDIO DIMEZZATI DA 30 A 15

Luglio 8th, 2013 Riccardo Fucile

UN’ESTATE “CALDA”: NO AI CANADAIR, SI AGLI F35

È uno degli ultimi provvedimenti del governo Monti: dimezzare la flotta antincendio della protezione civile.
I mezzi chiamati a spegnere gli incendi, questa estate, passano da 30 a 15. Motivo: mancanza di fondi. Non solo.
Il controllo della flotta — che dal 2010 a oggi è passato di mano per tre volte — finisce ai vigili del fuoco che hanno già  le casse ridotte all’osso.
Una volta i soldi abbondavano e Guido Bertolaso teneva in mano quei Canadair che considerava piccoli gioielli, ma questa decisione oggi, con le casse completamente vuote, rischia di esporre il Paese in maniera drammatica.
Una speranza: affidarsi al destino, sperare che non ci siano piromani scatenati, augurarsi un’estate piovosa e chi più ne ha più ne metta.
Il taglio sotto silenzio
La comunicazione, come tutte quelle scomode, è passata quasi in silenzio. Poche righe, molto istituzionali: il Consiglio dei ministri “ha approvato in via preliminare il regolamento che disciplina i tempi e le modalità  di attuazione del trasferimento della flotta aerea antincendio della Protezione civile al dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa del ministero dell’Interno”.
E ancora: “Per garantire il funzionamento della flotta il dipartimento dei vigili del fuoco potrà  avvalersi di personale in posizione di comando o distacco proveniente da altre amministrazioni pubbliche, fino a un massimo di 20 unità . Le operazioni di trasferimento dovranno terminare entro i 30 giorni che precedono l’inizio della campagna antincendio boschivo 2013. In caso contrario il regolamento prevede che vengano sospese e completate entro i 30 giorni successivi alla fine della campagna”.
Acquisizione completata in silenzio
Bene. Di riduzione non se ne parla. Poi il 24 maggio, la nota sensibilmente più approfondita, ignorata dai giornali e dalle agenzie di stampa, fatta eccezione dell’Asca che spiega come l’acquisizione sia stata completata: “I vigili del fuoco hanno completato l’acquisizione della flotta antincendio, gestita fino a oggi dalla Protezione Civile, costituita dai 19 Canadair CL-415 destinati allo spegnimento degli incendi boschivi.
Sono state completate, infatti, alla mezzanotte del 21 maggio le operazioni di consegna dei velivoli e dei relativi materiali, precedute dalle procedure amministrative con cui, in adempimento alla legge n. 100 del luglio 2012, il dipartimento dei vigili del fuoco è subentrato nella titolarità  di tutti i contratti, in particolare di quello riguardante la gestione operativa e logistica della flotta, affidata a seguito di una gara europea al raggruppamento temporaneo di imprese costituito da Inaer Aviation Italia.
Via i Canadair, restano gli F35
All’avvio della prossima campagna estiva di contrasto agli incendi boschivi — che raggiunge il suo apice nella stagione calda, con punte di criticità  sia per la diffusione che per la gravità  degli eventi — lo Stato potrà  supportare le richieste di concorso aereo provenienti dalle Regioni con un massimo di 15 Canadair operativi (gli altri quattro ruoteranno per la necessaria manutenzione) e da un elicottero AB412 dei vigili del fuoco, a cui potrà  aggiungersi qualche altro mezzo se saranno reperite le risorse ed espletate le necessarie procedure amministrative.
Rispetto allo scorso anno, quindi, quando la flotta aerea statale era composta da oltre 30 velivoli (ai Canadair e all’AB412 dei vigili del fuoco, infatti, si aggiungevano quattro S64 del corpo forestale dello Stato e otto Fire Boss gestiti dal Dipartimento della Protezione Civile, nonchè altri elicotteri messi a disposizione da Esercito Italiano, Marina Militare e Capitaneria di Porto), si avrà  una riduzione del numero dei mezzi disponibili a causa della contrazione delle risorse statali”.
Così è. Punto.
Restano in ballo gli F35 per combattere nemici finora inesistenti.
E pensare che con un decimo di quelle risorse si potrebbe creare la migliore flotta anti-incendio del mondo, che il casco di un F35 costa quanto centinaia di caschi dei pompieri (come hanno ricordato i sindacati di base che sabato hanno protestato a Novara).
Intanto i Canadair che servivano per spegnere gli incendi vengono ridotti del 50 per cento. Con effetti che potrebbero essere devastanti.
Spadaccini e la Sorem
La situazione negli ultimi tre anni è precipitata. Allora l’uomo dei cieli della Protezione civile made in Bertolaso, si chiamava Giuseppe Spadaccini da Pescara, depositario, grazie a una gara d’appalto privata, della gestione dei Canadair della protezione civile fino al 2014 alla sua Sorem. Spadaccini, 53 anni, abruzzese di Chieti, nipote di Felice, vecchio notabile democristiano, finisce in carcere con l’accusa di essere a capo di un’associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale.
Un gruzzolo — secondo le accuse che gli vennero mosse — di 90 milioni di euro sottratto allo Stato. Accusa che provoca immediatamente la revoca dell’appalto.
La storia di Spadaccini e della Sorem nasce nel 1997.
Cominciò ad avere i primi problemi, proprio quando strappò l’appalto alla Sisam, società  che all’epoca era controllata dall’Alitalia. Spadaccini, che insieme a Bud Spencer, all’anagrafe Carlo Pedersoli, controllava la società  di Aerotaxi Air Columbia e che ancora prima aveva gettato le basi per la nascita di Air One, presentò l’offerta nove minuti dopo la chiusura della gara d’appalto indetta dalla Protezione civile, guidata allora da Franco Barberi.
Ma la Sorem ottenne tuttavia l’appalto attraverso una trattativa privata , nonostante la società  non avesse piloti, nè esperienza nè strutture per la manutenzione degli aerei.
Finita l’epoca Spadaccini l’emergenza viene affidata, l’anno successivo, dopo una serie di difficoltà , a un raggruppamento di imprese formato dalla società  Inaer Helycopter Italia e dalla Inaer Aviones Anfibios che era stata messa in piedi proprio per questa gestione. Ma si il consorzio ha battuto in ritirata.
La reazione del Wwf
“Sistemi di telecamere diurne e notturne (a raggi infrarossi) collegate ad una sala operativa nostra o delle forze preposte (forestali e vigili del fuoco) al fine di ottimizzare l’impiego delle risorse umane nell’arco dell’intera giornata e corsi di formazione e informazione per l’avvistamento degli incendi, una buona organizzazione per avvisare le autorità  preposte è a nostro avviso la migliore prevenzione”.
Questo è quello che il Wwf predica da anni.
Ma figuriamoci se c’è uno spazio per attuare queste norme. Anzi. Tagliare i mezzi antincendio non solo vuol dire rinunciare completamente alla prevenzione, ma azzerare anche le possibilità  di agire di fronte all’emergenza.
“Non sappiamo”, spiegano dal Wwf, “incontro a quale situazione andremo. Il dimezzamento della flotta è una cosa molto seria, siamo impreparati. È un ritorno al passato e una rinuncia a quello che si sarebbe potuto fare nel futuro”.
Anche perchè la mano dell’uomo è dietro l’angolo e pronta a scatenarsi.
Dietro a ogni incendio ci sono interessi economici, sopravvive la criminalità .
E quello il governo ha appena convalidato per decreto è senza dubbio una rinuncia a combatterla la criminalità .

Emiliano Liuzzi

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