Settembre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
TRA I CANDIDATI DI FORZA ITALIA A SOSTEGNO DI MUSUMECI C’E’ RICCARDO PELLEGRINO, FRATELLO DI GAETANO, IMPUTATO PER ASSOCIAZIONE MAFIOSA
Sarà un’amplissima coalizione di centrodestra a sostenere la candidatura di Nello Musumeci alla Presidenza della Regione, composta da Forza Italia, Cantiere Popolare, UdC, Cdu, Movimento nazionale siciliano, ex MpA, Fratelli d’Italia, Noi Con Salvini ed Energie per l’Italia.
Un fronte eterogeneo, con il quale l’ex presidente della Provincia di Catania proverà a giocarsi la vittoria da pari a pari con il Movimento Cinque Stelle — lontano al momento il centrosinistra, ancora “spaccato” sull’ipotesi Micari.
Ma una coalizione così ampia presumerà anche un grande lavoro di controllo, specialmente in sede di presentazione delle liste. Pena il rischio di candidare qualche impresentabile.
Un rischio che Musumeci non vuole certo correre, stante anche la sua posizione di ex Presidente della Commissione regionale antimafia.
Un incarico ricoperto fino a pochi mesi fa, quando decise di dimettersi per iniziare la campagna elettorale e non confondere il delicato ruolo istituzionale con il più arrembante appeal politico.
Va da sè che l’impegno all’antimafia — come sottolineato in diverse occasioni e l’ultima volta in tv da Telese e Parenzo — rappresenterà il tracciato dell’azione politica e amministrativa di Musumeci.
Come, lo vedremo nelle prossime settimane.
Un primo caso, intanto, viene fuori proprio dalla questione delle liste. A suscitare qualche interrogativo è la candidatura a deputato regionale di Riccardo Pellegrino, già consigliere comunale a Catania, eletto nel 2013 con 1145 voti nelle fila del PdL.
In città abbondano già i nuovi manifesti con il logo di Forza Italia. Pellegrino sarà quindi uno dei candidati di Musumeci all’Assemblea Regionale Siciliana. Peccato che quest’ultimo lo avesse già segnalato nella qualità di presidente della Commissione antimafia.
Il caso è quello delle presunte infiltrazioni mafiose al Comune di Catania che avevano spinto la Commissione ad approfondire i profili di alcuni membri dell’assemblea cittadina.
A proposito di Pellegrino, l’organo presieduto da Musumeci rileva che “si è appurata la presenza di un numero significativo di preferenze nella zona di San Cristoforo, noto quartiere popolare della città ad altissima densità criminale”.
La Commissione prosegue poi rilevando come Riccardo Pellegrino sia fratello di Gaetano, imputato “per aver fatto parte dell’associazione di tipo mafioso denominata clan dei ‘carcagnusi’, facente capo a Santo Mazzei”.
L’ordinanza a carico di Gaetano, precisa la Commissione, data giugno 2014 ed è quindi successiva alle elezioni Comunali.
Ma stante questo, e stante la difficoltà di evidenziare ipotesi di reato quali il voto di scambio, l’organo si interroga circa la responsabilità politica della candidatura di Pellegrino nell’allora PDL.
“Occorre chiedersi se la circostanza de quo fosse nota ai rappresentanti de Il Popolo della Libertà , che lo hanno candidato”, scrive Musumeci nella relazione.
Pellegrino consegnò un’autocertificazione antimafia negativa, ricorda la Commissione, e poteva ben farlo.
Sia perchè il provvedimento a carico del fratello fu emesso successivamente, sia perchè “una norma del tutto inutile come quella vigente obbliga a dichiarare la ‘mafiosità ‘ soltanto degli ascendenti e dei discendenti di primo grado. Se, come è il nostro caso, esiste un caso di sottoposizione a provvedimento custodiale di un proprio fratello, il consigliere non avrebbe dovuto in ogni caso dichiararlo”.
Giuridicamente corretta, dunque, la posizione di Pellegrino. A proposito del quale la Commissione conclude: “Risponde a verità quanto indicato in ordine alla parentela tra lo stesso consigliere e il fratello Gaetano; è stata accertata la presenza di una concentrazione di voti nella zona di San Cristoforo; la predetta zona coincide con una delle aree di influenza della famiglia Mazzei”.
Non vogliamo aggiungere altro rispetto a quanto messo nero su bianco nel 2015 dalla Commissione presieduta da Musumeci.
Il quale si interrogava sulla responsabilità politica del PDL e se i responsabili dell’epoca sapessero dei trascorsi familiari di Pellegrino.
Ciò che è certo è che egli, invece, sa.
Vedremo nelle prossime ore che provvedimenti deciderà di prendere.
(da “Tribù”)
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Settembre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
PAMELA PISTIS ACCUSATA DI LESIONI AGGRAVATE… E TUTTI I BALLISTI CHE AVEVANO ASSEDIATO LA SEDE DELLA CROCE ROSSA E AVALLATO LA VERSIONE TAROCCO VERRANNO ORA DENUNCIATI?
Tutta un’altra storia. 
Pamela Pistis la 36enne che ha innescato l’assedio al centro della croce rossa al Tiburtino sostenendo di essere stata rapita da un eritreo dopo essere intervenuta a difesa di suo nipote, si è inventata tutto.
E ora è iscritta nel registro degli indagati della procura di Roma con l’accusa di lesioni aggravate dall’uso di arma.
Nello specifico,si tratta di un tondino, un pezzo di ferro di quelli usati nell’edilizia, con il quale ha ferito il 40enne eritreo Yacob, in via del Frantoio.
L’iscrizione è avvenuta sulla base di una informativa dei carabinieri consegnata sabato al pm Alberto Galanti, nella quale si spiega che non c’è stato il presunto rapimento e che anche le ferite lamentate dalla donna sarebbero antecedenti ai fatti.
Anzi, l’unico colpo da lei ricevuto è uno schiaffo del compagno arrivato in un secondo momento per allontanarla dal luogo della lite. La donna ha precedenti, recenti, per furto.
Gli accertamenti scientifici
Il quadro ormai chiaro manca di un’ultima conferma sull’arma che la donna vrebbe raccattato da terra.
Per questo il pm ha conferito un doppio incarico: al medico legale per accertare la compatibilità col tondino delle ferite riportate da Yacob, e ai carabinieri del Ris per i rilievi sull’oggetto. Yacob, 40 anni con disturbi mentali, è stato ferito alla schiena, ed è stato ricoverato in ospedale con una iniziale prognosi di 30 giorni.
Ascoltato dai carabinieri, ha negato di aver lanciato sassi contro i bambini che erano in strada, figli e nipoti della donna ora indagata.
Il ferimento, secondo quanto finora emerso, tra testimonianze discordanti, sarebbe nato dopo la richiesta di una sigaretta fatta da Pamela all’eritreo davanti alla risposta negativa di Yacob, la donna avrebbe reagito colpendolo (in un’altra testimonianza a ferire l’eritreo sarebbe stato il nipote 12enne di Pamela ndr.).
In realtà l’uomo avrebbe solo simulato il lancio di un oggetto per allontanare i ragazzini che lo prendevano in giro .
Il malumore del quartiere
Poi il parapiglia tra un gruppo di migranti e un gruppo di residenti giunti a sostegno della donna che lamentava di essere stata «sequestrata» dagli immigrati.
Circostanza, questa, smentita dalla Croce rossa e da diversi testimoni. Ne è nato comunque un assedio dei residenti alla struttura del quartiere Tiburtino III, alla periferia est della Capitale.
(da “il Corriere della Sera”)
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Settembre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
I DUE GIOVANI MAROCCHINI HANNO 15 E 16 ANNI, FERMATO ANCHE IL TERZO MINORENNE
“Siamo stati noi”. Due fratelli marocchini di 15 e 16 anni si sono presentati ai carabinieri di Montecchio, nel Pesarese, per la vicenda del duplice stupro di una settimana fa a Rimini.
Hanno detto di far parte dei quattro che hanno aggredito a Miramare una turista polacca, hanno picchiato l’amico e violentato una prostituta transessuale.
I due sono stati trasferiti a Rimini per l’interrogatorio in Procura alla presenza del pm che coordina le indagini e di un magistrato del tribunale dei minori di Bologna.
Anche il terzo componente, congolese di 17 anni, è stato fermato. Si cerca la quarta persona, l’unica maggiorenne, forse nigeriana.
La svolta è arrivata dopo la diffusione delle immagini di una telecamera di sorveglianza e a causa della pressione esercitata in questi giorni dalla polizia di Rimini.
Secondo le testimonianze, il gruppo era composto da due ragazzi magrebini, uno congolese e da un altro, presumibilmente il capo della banda, di origine forse nigeriana.
I fratelli marocchini sono stati sentiti per formalizzare il loro primo racconto, ma anche per approfondire tutti i dettagli della storia e presumibilmente anche per ricostruire il ruolo delle persone coinvolte.
Dichiarazioni che dovranno essere vagliate: avrebbero ammesso il loro coinvolgimento, ma non si sa se si siano addossati la responsabilità oppure se abbiano cercato di scaricarne soprattutto sui due presunti complici, il nigeriano e il congolese, anche loro residenti a Vallefoglia o comunque gravitanti in zona.
Proprio la presenza di due giovani centrafricani getta nuova luce su un’aggressione in spiaggia a Pesaro, avvenuta il giorno dopo quella di Rimini.
Anche in quel caso una coppietta che si era appartata nella spiaggia del Sacro Cuore, su un lettino, era stata circondata da tre uomini, che i ragazzi hanno descritto di colore. In pochi attimi i tre hanno rapinato i cellulari della coppietta.
Il sindaco del paese dove risiedono i ragazzi parla di “fulmine a ciel sereno”.
Di una comunità “tranquilla e laboriosa”, con poco più di 15 mila abitanti, ma il 40% non “autoctono”.
“Gli stranieri – dice – vengono da tutte le province del mondo e sono circa il 12%-13%, ma non abbiamo mai avuto problemi di integrazione”.
I due ragazzi sarebbero incensurati.
(da agenzie)
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Settembre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
L’ILLUSIONE CHE PAGANDO DEGLI AGUZZINI SI POSSANO SEPPELLIRE I MOVIMENTI DI INTERI POPOLI
Ricevo or ora una clip sconvolgente con questa nota di accompagnamento: “Ignorato (per non dire
oscurato) dal sedicente servizio pubblico televisivo del nostro Paese, circola da giorni in rete un video inquietante che mostra l’uccisione del quinto terrorista del commando Isis a Cambrils Actua, volutamente ammazzato, benchè visibilmente implorante e verosimilmente disposto ad arrendersi“.
I cultori del taglione inneggeranno ancora una volta al grido “giustizia è fatta”, qualcuno meno fanatizzato potrebbe osservare — a prescindere da ogni altra considerazione — che, in luogo dell’esecuzione sul posto, sarebbe stato ben più conveniente arrestare l’ultimo componente della cellula maghrebina che ha insanguinato Barcellona e fargli vuotare il sacco; per ricavarne informazioni ad alto valore d’intelligence, magari utili a prevenire nuovi episodi luttuosi.
Il fatto è che la vicenda terroristica continua a essere avvolta in una bolla di totale disinformazione, gratificante per chi abbisogna di rassicuranti certezze che lo confermino nelle rappresentazioni standard della fenomenologia jihadista; non meno funzionale ai disegni di chi vuole proseguire nella militarizzazione delle società occidentali, coniugata con il disinnesco dei diritti democratici.
Il divo dell’estate italiana, il politico con il massimo score in quanto ad apprezzamento pop è il ministro dell’Interno Marco Minniti; l’antico sodale di Francesco Cossiga aureolato dal merito di aver ridotto i flussi di immigrati verso le nostre coste.
E guai a chi glielo tocca ai mazzieri dello scontro di civiltà , difensori dell’ipotetica purezza dell’italica etnia (tipica di un Paese attraversato da millenari flussi migratori, produttivi di infiniti incroci razziali), specie ora che l’azione dell’ex Lothar dalemiano ha incassato persino il plauso di Bruxelles e degli eurocrati.
Forse sarebbe poco elegante osservare come la platea continentale apprezzi il fatto che gli italiani, seppure con qualche ritardo, abbiano clonato la strategia tedesca; quelli negoziando con il boia turco Tayyip ErdoÄan, noi relazionandoci con le feroci organizzazioni criminali libiche: ossia pagare questi aguzzini perchè svolgano il compito detentivo di confinare i migranti in campi di concentramento; nella convinzione di poter seppellire sotto una pietra tombale i movimenti in corso di interi popoli.
Nella risibile distinzione tra rifugiati e migranti “economici” (come se cercare rifugio da carestie e morte certa per fame fossero motivazioni spregevoli).
Staremo a vedere se sarà possibile risolvere un fenomeno di questa entità cancellandolo con un semplice tratto di penna.
Comunque e sempre senza farsi troppe illusioni che le ampie platee di odiatori a comando, quelli che si sentono offesi dalla sola vista di umani con la pelle tre tonalità più scure della propria e giungono a minacciare un prete di Pistoia reo di coltivare umanità , tutta questa canea che disdegna l’epiteto di xenofobo, in quanto dressati adeguatamente dagli imprenditori della paura, trovi disdicevole che le nostre istituzioni foraggino bande spietate.
Del resto, un dato dei tempi: ormai nessuno ha più da ridire se le istituzioni delegano in maniera manifestamente palese i lavori sporchi a soggetti con cui — in passato — decenza o ipocrisia avrebbero consigliato di mantenere le distanze: le guerre occultate e negate ai contractors, i private soldiers, l’accumulazione di ricchezza alla finanza di rapina, le operazioni di polizia per il contenimento dei migranti agli stessi scafisti; presi a libro paga per bloccare le nuove zattere della Medusa. Magari premessa di futuri ricatti.
Nell’apparente ordine che si sta ricreando, come è saltata la linea divisoria tra l’economia legale e quella malavitosa (dai paradisi fiscali e le banche del riciclaggio alle commistioni usurarie tra mafie e imprese), lo stesso accade per le contraddizioni esplosive di una società incanaglita dall’esproprio di verità di cui è vittima.
Che, in conseguenza di una “sindrome di Stoccolma” dilagata a livello di massa, è pure riconoscente nei riguardi dei propri espropriatori.
Pierfranco Pellizzetti
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
A CALCUTTA, TRA LE SUORE CHE ASSISTONO GLI ULTIMI, IL SUO RICORDO E’ VIVO… AIUTARE CHI SOFFRE E’ UNA CURA ALLA LEBBRA DELL’OCCIDENTE
Il volontario arriva nel vicoletto dove appare la scritta «Mother House». Sul muro di fronte è dipinta una falce e martello. Una suora in sari bianco bordato di strisce blu spalma polvere color senape sulla pelle scorticata di un cane zoppo.
Entrando, il volontario viene accolto dal sorriso dolce di altre due suore.
Nel primo cortiletto, una statua grigia della Santa stende una mano con il palmo verso il basso per permettere ai pellegrini di abbassare la testa e ricevere la benedizione dalla scultura.
Passando a un cortile più ampio, che si apre su quattro piani di cellette e uffici, sulla sinistra una breve scalinata porta alla cella di Madre Teresa (lettino, panca, scrittoio) e sulla destra si arriva finalmente alla tomba.
Lì è tutto uno sventolare di sari bianchi e fedeli che cantano e pregano unendosi alla messa celebrata da un giovane prete. I fedeli girano in senso orario, infilano richieste di miracoli, poggiano la fronte sulla pietra.
Al centro della lastra di marmo grigiastro spicca un cuore di petali di rose rosse. Una donna ne raccoglie uno e lo mangia, come fosse un’ostia consacrata. Tramite il tocco della statua e il sapore dolciastro del petalo si cerca un contatto sensoriale con Santa Teresa, il cui nome originale in albanese significa proprio Rosellina.
L’accoglienza
Il volontario chiede se può visitare uno dei centri dove vivono moribondi, lebbrosi, malati e afflitti. A ricevere i visitatori che vogliono saperne qualcosa di più c’è Suor Blessiella, il clichè della monaca severa: «Ma c’è troppo poco tempo! Domani? Doveva fare richiesta scritta. Si vede che lei non capisce proprio niente di quello che facciamo qui. Comunque va bene, si presenti alla messa delle 6 domattina e vedremo».
Mi scusi, dice il volontario, pensando a un famoso detto della Santa: «La sofferenza è un dono di Dio».
È l’alba. Strade deserte. Al primo piano 100 suore e 60 volontari pregano in ginocchio. Le novizie ammirano estasiate un prete spagnolo con la barba e fissano, dietro di lui, un Cristo in croce che gli somiglia davvero tanto.
La Madre Superiora ha più di 70 anni, ma resiste in ginocchio, pallida e impassibile, accanto a un’ondeggiante suor Musicista alla tastiera dell’organetto, trasportata da un canto angelico a due voci che sfida schiamazzi, camion, latrati, grida e clacson che s’infiltrano dalle finestre aperte.
La preghiera
Ecco una comitiva di 45 fedeli di Madrid pronta all’ultimo di 18 giorni di volontariato. Donne con la treccia, t-shirt e pantaloni stampati stile «vengo da un’ora di yoga». Uomini con pinocchietto e codino. Dopo un’ora di Ave Maria, Mea Culpa, Alleluia e Padre nostro, una suora s’appisola sulla panca con il breviario in mano.
Fa caldo. È Calcutta. È estate. Il volontario quasi si ricrede. Pensa all’aria condizionata. Ma è troppo tardi. Colazione di pancarrè, banane e tè al latte e si parte a piedi per 40 minuti di sudore attraverso lo slum, schivando risciò, jeep della polizia, treni, popò di vacche, vacche, uomini che s’insaponano nella doccia collettiva, bambini che prendono in giro gli stranieri, stalle a cielo aperto, montagne di spazzatura ovunque, folle che scendono dal treno mentre una donna canta malinconica in fondo alla banchina.
Sembra tutto coreografato così bene. Ma il volontario sa che bisogna aver pazienza.
La città della gioia qualche gioia la darà . Ecco che si arriva ai cancelli blu di Prem Dan, casa per moribondi e afflitti, come aveva avvertito la suora americana alla registrazione. Mutilati con la garza sporca di iodio, malati e disabili seduti sotto un tetto di ondulati a prendere il fresco. I più gravi, nello stanzone.
Un uomo con una malformazione sullo stomaco grande come un neonato, gambe e braccia scheletriche, giace nella sua branda. Un altro, tutto ossa, s’accascia, non si vuole rialzare. Un’ambulanza porta via un morto.
Bisogna salire sul terrazzo che fa da tetto. Il volontario s’infila il grembiule e per due ore, fazzoletto in testa alla Mauro Corona, si mette a strizzare panni, pantaloncini, magliette, camice, teli, lenzuola e a stenderli sotto un caldo che frigge.
Tre ragazzi spagnoli sono in vena mistica. «L’uomo per me è fondamentalmente buono, poi viene traviato» dice Francisco, papa-boy catalano con un braccialetto che avverte «Dite no alla nuova droga» (è la pornografia, spiega).
Lucas l’andaluso è scettico: «Non credo in un essere superiore. Credo ci siano esseri illuminati come Madre Teresa o Vincent Ferrer, che han cambiato alcune cose nel mondo. Ma non credo nel Dio Cristiano o nel paradiso. Però se c’è un’inferno sicuramente ha una sala VIP per catalani!» dice dando una pacca a Francisco.
Il lavoro
Già qui si comincia a percepire un’inizio di quell’euforia ed energia che va in crescendo, pur attorniata da sofferenza e morte. O forse proprio per questo. Più son disgustosi e umili i lavori, più forte è la carica che l’eseguirli sembra infondere nel volontario. E il senso di unione, di una cura per quella che Madre Teresa chiamava la lebbra dell’Occidente: la solitudine.
Così Alfonso, un basco corpulento e chiacchierone, gira tra gli afflitti offrendo di tagliare le unghie dei piedi e delle mani. Andreas, l’argentino hippie, sembra felice di svuotare pappagalli pieni di urina, dopo aver riassettato i letti di mezza camerata tra malati in dialisi, alcuni senza un’occhio, altri con gli arti malformati, ma tutti con sorrisi luminosi.
È ora di lavare piatti e bicchieri. Rocio, Maria e Cristina, tre sorelle di Madrid, dicono che nel settore femminile si fanno più o meno le stesse cose.
«Ma oltre a tagliare le unghie, diamo anche lo smalto», ride Maria. Pilar domani torna a Madrid al suo lavoro di segretaria di un notaio. «È un’esperienza che cambia – ammette – i primi tre giorni: shock totale. Non pensavo di farcela. Caldo, rumore, puzza, cani, corvi, sporco, cibo. Trauma. Poi mi sono abituata. Adesso torno felice di tornare. Non come dopo le vacanze al mare, quando la fine delle ferie è una tristezza…»
Volon-turismo? Sì, un po’. La sensazione che alcuni facciano le due o tre settimane da Madre Teresa non per vocazione, ma per l’esperienza, per dire di averlo fatto, c’è.
Volon-turismo
Andy è uno studente tedesco, alto, snello, sorriso simpatico: «Prossima tappa, Varanasi e Mumbai. In treno. Sono venuto per fare un’esperienza. Non sono molto religioso. Certo, dò il mio 8 per mille alla Chiesa, ma sono venuto per capire. Vedere la gente che dorme a cielo aperto, o qui tra gli afflitti, è scioccante. Ma non serve a nessuno che ti emozioni della tua empatia. Qui si fa qualcosa di concreto. E mi servirà quando penserò che le cose mi vanno male, in Germania, e mi arrabbierò perchè non c’è il wifi o non si trova uno Starbucks. Allora ricorderò che ho rasato la barba a un malato tremolante a Calcutta».
Keith, ex legionario neozelandese, pensa soprattutto a portare vassoi di the caldo agli afflitti, mentre Lucas, risciacquando i bicchieri di alluminio, ammette: «Dopo tre settimane, che noia! Sempre la stessa cosa!» L’argentino grida contro un gruppo di volontari che sfoderano gli smartphone: «Ma vi pare il posto dove farsi i selfie!»
Si avvicina Suor Sabina. Nel 1961, a 18 anni, prese i voti nel Kerala.
Venne Madre Teresa in persona a raccogliere lei e la sorella alla stazione. «Aveva in mano la nostra lettera, ci disse di andare con lei. La seguimmo. Fu un viaggio faticoso, non eravamo mai state in treno. Poi la nostra vita cambiò. Mia sorella andò in Siberia. Ora è in Messico. Ha 80 anni. Ho girato tutta l’India con le sorelle missionarie. Ogni tanto torno in Kerala a vedere la mia famiglia, ma ormai questa è la famiglia.
Com’era la Madre? La madre è la madre. È tutto. Era la mamma che mi metteva in bocca le medicine quando avevo la febbre. Quella era la madre. Tutto cuore. Tutto amore».
Si continua così fino al tramonto.
Lebbra, malati terminali. Dolore, ma forza. La sera si torna alla Casa Madre. «Quello che si vive esternamente qui – conclude Pilar, cattolica praticante – lo provo dentro di me durante l’orazione».
La giornata è lunga, ma alla fine, pur non essendo credente, il volontario si accorge con sorpresa di non sentirsi stanco, anzi di avere più energia della mattina alle 6.
Quel volontario sono io.
(da “La Stampa”)
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Settembre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
SOLUZIONE SOFT: DAL COMMISSARIATO DI TREVI CAMPO MARZIO ALLA DIREZIONE CENTRALE ANTICRIMINE
E’ stato trasferito il poliziotto che urlò: “Se tirano qualcosa, spezzategli il braccio”, durante lo
sgombero di piazza Indipendenza.
Una frase shock che, secondo quanto riportato dal quotidiano Il Tempo, gli è costata la rimozione e il trasferimento nella sede del Dac, la direzione centrale anticrimine, dal commissariato di Trevi Campo Marzio dove prestava servizio come dirigente.
La rimozione era stata annunciata subito dopo le polemiche sollevate da un video che mostrava la reazione del poliziotto durante gli scontri con rifugiati e movimenti per la casa.
Sulla vicenda, lo stesso capo della Polizia, Franco Gabrielli, il 25 agosto scorso in un’intervista a Repubblica, affermò: “La frase pronunciata in piazza è grave. Quindi avrà delle conseguenze. Abbiamo avviato le nostre procedure interne e non si faranno sconti”.
In realtà la soluzione adottata è stata solo quella di togliere il funzionario da compiti di ordine pubblico.
(da agenzie)
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Settembre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
TRIGGIANO: LA PARROCCHIA E’ ANCHE SEDE DEL COMITATO DI LIBERA
Indagini sono in corso da parte dei carabinieri per risalire ai responsabili di un attentato incendiario compiuto a fine agosto che ha distrutto l’auto del parroco di Triggiano (Bari), don Valentino Campanella, data alle fiamme nella notte fra il 25 e il 26 agosto sotto la sua abitazione a Cellamare (Bari).
Sull’episodio sono in corso accertamenti anche da parte dei militari della Sezione investigazioni scientifiche del reparto operativo di Bari.
I carabinieri stanno sentendo persone che possano riferire dettagli su minacce precedenti all’episodio indirizzate al sacerdote e stanno analizando le telecamere di videosorveglianza per ricostruire l’accaduto.
I militari, coordinati dalla magistratura barese, ritengono che si tratti di un incendio doloso e stanno effettuando verifiche su alcune lettere anonime contenenti minacce ricevute da don Valentino nei giorni scorsi.
Accertamenti sono in corso anche sulla individuazione di eventuali collegamenti con un altro episodio simile verificatosi un anno fa, quando fu incendiata di notte sotto la sua casa a Bari, l’auto dell’ex parroco di Triggiano, don Salvatore De Pascale, al quale nel 2016 è succeduto proprio don Valentino nella parrocchia di San Giuseppe Moscati, sede dallo scorso anno anche di un presidio dell’associazione antimafia Libera.
(da agenzie)
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Settembre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
TUTTI PAZZI PER I SUOI SCATTI SU INSTAGRAM
A vederlo sfilare accanto alla sorella sul red carpet del Festival del Cinema di Venezia, tutti si sono
domandati se si trattasse di un attore. E invece no.
Pier Francesco Boschi, fratello di Mariaelena, è un “ragazzo qualunque” che ha conquistato in pochissimo tempo l’ammirazione di tutti.
Dal giorno del defilè è inarrestabile il flusso di commenti e tweet che si susseguono sui social network, con tanto di condivisione di scatti provenienti da un (vero o presunto?) profilo Instagram dove il giovane si mostra in tutta la sua avvenenza.
Un successo inaspettato quello che è toccato a Pier Francesco, 28 anni, ingegnere civile, fresco di laurea presso l’Ateneo di Bologna.
Eppure gli apprezzamenti che sta ricevendo e l’oggettiva bellezza ne hanno fatto già un sex simbol.
Il profilo Instagram di Pier Francesco è fresco di qualche giorno.
Se fosse confermato che appartiene a lui e non a un fan club, verrebbe da pensare che stia prendendo piuttosto bene questa ondata di notorietà . Staremo a vedere.
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
SONDAGGIO EUROMEDIA: MUSUMECI 34%, CANCELLERI 33%, CROCETTA 18,4%, MICARI 16%, FAVA 9,5%
Mentre in Sicilia il centrosinistra ancora litiga tra due candidati un sondaggio di Euromedia Research dà il candidato del centrodestra Nello Musumeci in testa con il 34% incalzato da Giancarlo Cancelleri del MoVimento 5 Stelle (33%).
Il rettore dell’Università di Palermo Fabrizio Micari è accreditato del 16% dei voti, mentre Claudio Fava, che MDP e Sinistra Italiana vorrebbero candidare, arriva al 9,5% e Rosario Crocetta supera entrambi arrivando al 18,4%.
Il sondaggio è stato commissionato da Forza Italia all’istituto di Alessandra Ghisleri per misurare l’agibilità politica del candidato Musumeci, che ad oggi dovrebbe essere affiancato da Gaetano Armao.
Questo nonostante Musumeci sia ormai alla terza candidatura in Sicilia.
Cancelleri, che fino a qualche tempo fa volava nei sondaggi, è staccato di un punto ma con mesi di campagna elettorale ancora davanti la partita è apertissima.
Il punto è però che nel frattempo in Sicilia la questione del candidato del centrosinistra è formalmente ancora aperta.
Anche se il Partito Democratico ha formalizzato la candidatura “orlandiana” (nel senso di Leoluca) di Micari, Crocetta continua a chiedere le primarie pensando di avere una chance di vincere rispetto al candidato “calato dall’alto” e senza investitura popolare.
Il partito sembra deciso a non concedere la corsa perchè ritiene fallimentare l’esperienza di governo di Crocetta.
Crocetta non ha digerito la proposta del candidato “civico”, indicata da Leoluca Orlando, ricaduta sul rettore di Palermo Fabrizio Micari, blindato da Renzi, nel tentativo, poi naufragato, di costruire una coalizione di campo largo formata da democratici, centristi di Ap, Si e Md senza passare dai gazebo.
Ma “di coalizioni e accordi con gli uomini di Alfano, di certo — dicono da Sinistra Italiana — non si discute; primarie o non primarie poco cambia”.
Concetto ribadito di fatto da Bersani. “Noi costruiamo la sinistra, Alfano è altro” ha detto il leader di Mdp a Marina di Pietrasanta (Lucca), convinto com’è che “la sinistra è in costruzione e non in frantumi”.
Non a caso, nell’Isola, i partiti alla sinistra del Pd correranno con una sola lista e dovrebbero chiudere lunedì dopo l’assemblea regionale di Si, sul nome di Claudio Fava, vice presidente dell’Antimafia e indicato dai bersaniani di Mdp.
Sul nodo delle candidature in Sicilia a Palermo ieri Angelino Alfano ha incontrato i suoi per discutere di liste e programmi. Si è deciso di aspettare cosa farà PD, che a breve dovrà confermare il sostegno a Micari. L’idea sembra essere quella di riproporre il metodo che ha portato alla designazione di Micari anche per le elezioni politiche. Con risultati simili, viene da pronosticare.
Riepilogando: Musumeci al 34% vuol dire che neanche mettendo insieme tutto l’avanspettacolo destrorso (da Lega a Fdi, da FI a Udc, fino a lombardiani e liste civiche) il candidato sfonda.
Stessa cosa per il M5S che doveva vincere a mani basse e rischia di finire secondo.
A sinistra si assiste al suicidio: tre liste che insieme potrebbero raccogliere il 43,9% si presentano divise. Non solo, il più forte è pure Crocetta, il presidente uscente che vogliono far fuori.
(da agenzie)
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