Settembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
TRA NOSTALGICI, MILITARI E RICORDI: AL CIS DI VIA ETRURIA SI PARLA DEL LIBRO SENZA L’AUTORE E SPETTATORI… PIU’ CHE CENTRO INIZIATIVE SOCIALI SEMBRA UN CENTRO REAZIONARIO DELLA DESTRA ECONOMICA
«Mi scusi, posso passare davanti, sa vengo da Benevento». Non è ben chiaro se il signore si aspettasse di trovarsi davanti il generale Roberto Vannacci. Si è però messo a pochi passi al banchetto dove è posato il famigerato libro Il mondo al contrario diventato oramai un best seller in Italia e quasi blocca la visuale alla videocamera piazzata dagli organizzatori, in attesa di un grande pubblico che non ci sarà. A un certo punto, a dibattito appena iniziato, gli suona il cellulare. Dall’altra parte del telefono una donna, si parla di bomboniere. Siamo a Roma, via Etruria 79. Non un indirizzo qualunque ma il CIS (Centro Iniziative Sociali) Alberto Giaquinto. Una sede che sembra un museo di cimeli del Movimento sociale italiano, del resto qui, nel 1947 fu aperta la prima sede da Giorgio Almirante in persona. Giaquinto è il giovane ucciso il 10 gennaio 1979, a Centocelle, dopo il primo anniversario di Acca Larentia. A sparargli un colpo fatale alla nuca non fu un militante di sinistra, bensì un poliziotto in borghese: Alessio Speranza, sceso da un’auto civetta. Stavolta però non ci sono i poliziotti cattivi che Giorgio Almirante citava nel suo discorso alla Camera sul caso Giaquinto. Stavolta si è tutti uniti per un generale «coraggioso». Il generale Vannacci, che però non c’è. Si parla del libro sì, ma senza il peccatore. Nonostante la sua presenza non fosse comunque prevista la saletta dove si dovrebbe dibattere sulla sua opera “Il mondo al contrario” si riempie. A pochi chilometri da qui la presidente Giorgia Meloni ha appena tenuto l’assemblea nazionale di Fratelli d’Italia.
Così, davanti allo storico numero del Secolo d’Italia che titola “Mussolini riposa a Predappio”, si accalcano vecchie figure dell’estrema destra romana, tutte accomunate da un nemico comune. Anzi due: la sciatica e il pensiero unico. Suona per ben due volte un cellulare con “La marcia imperiale” di Star Wars. Le sedie cercano di incastrarsi sul pavimento per ospitare una platea decisamente over 60. Poi entrano loro. Domenico Gramazio, mattatore della serata, ex parlamentare eletto in An e nel Pdl, cuore missino. Accanto a lui lo storico della destra Adalberto Baldoni e poi un militare, l’ammiraglio Nicola De Felice, tecnico della Marina Militare, teorico dei respingimenti dei migranti. Colui che ispirò il blocco navale poi inserito nel programma di Meloni. Fuori c’è un maxischermo, con la cassa, che trasmette la diretta dall’interno. Non lo seguirà nessuno, salvo una signora che, mentre iniziano le domande dal pubblico, si fermerà a osservare la diretta, davanti a una sigaretta.
Inizia Gramazio: «La destra politica italiana ha una nostra storia, ha numerosi esponenti militari che hanno avuto incarichi parlamentari e responsabilità. Il libro del generale Vannacci dice cose ovvie, che abbiamo sempre sostenuto. Non vogliamo però creare una contrapposizione tra il generale e i militari o tra lui e il ministro Crosetto. Stiamo parlando di un alto ufficiale, più volte decorato, impegnato in missioni in diverse parti del mondo. Era un diritto e un dovere perciò fare questo incontro». Poi introduce Baldoni, storico della destra. Non prima però di ricordare il suo ultimo libro, scritto con Federico Gennaccari, “La traversata della destra”, una sorta di percorso di Giorgia Meloni dagli esordi della militanza fino a Palazzo Chigi. «Lo trovate qui all’ingresso, invece di 20 euro al prezzo di 15 euro», lancia Gramazio, come le hostess Ryanair. Autopromozione di libro in presentazione di libro. Un inception di libri.
Baldoni inizia subito con il botto. «Non si rassegnano, hanno perso le elezioni, è un bombardamento continuo contro Giorgia Meloni». Poi passa a criticare il c*****ne detto da Pierluigi Bersani a Vannacci. E infine parla di Lilli Gruber intervistata da Aldo Cazzullo. «Il pericolo è che questi rigurgiti vengano legittimati da alcuni esponenti della maggioranza», cita Baldoni. Alza la voce, si altera: «Il fascismo è un fenomeno storico, punto. Non se lo mettono in testa. Va giudicato dal punto di vista storico. Il fascismo è finito con l’ultimo conflitto mondiale». Adalberto Baldoni dice che il fascismo è finito. Sarà, ma intanto il dibattito sul libro non è nemmeno iniziato. Se Vannacci è assente nell’ incontro sembra assente anche ogni riferimento alla sua opera. Finora nessuno cita la sua frase sulla campionessa Egonu, nemmeno il test del metrò parigino, dove il giovane generale provava a sentire con il tatto la “pelle nera” dei passanti, scoprendola diversa. Qui in via Etruria, sembra più una seduta di psicanalisi a ritroso. Un ritrovo nostalgico della fiamma tricolore senza però scadere nei rigurgiti che tanto si aspettano gli acerrimi nemici. Anche il governo Meloni qui assume quasi una forma nostalgica. Le foto e le pagine dedicate alla premier la raffigurano solo quando lottava dai vertici di FdI, quando parlava di blocchi navali, quando gridava dagli scranni di Montecitorio, ancora prima del salto a Palazzo Chigi. «Il governo si è comportato così con il generale perché non poteva fare altrimenti», commentano in platea. Qualcuno si avvicina alla sala, qualcun altro sgattaiola fuori. «Se vuoi ti giro il libro di Vannacci in pdf, via whatsapp», mi assicura uno del pubblico con almeno tre cognomi, piazzato vicino alla porta. Dubita che il militare scenderà in politica. Ha detto «cose coraggiose sì» ma verrà inglobato da personaggi come Matteo Salvini. Tirato per la giacchetta, come lo è già oggi, stracommentato, sovraesposto di circolo in circolo, di tv in tv. Una cena senza festeggiato quella di Piazza Tuscolo, che rispecchia perfettamente quello che il generale sta già facendo in questi giorni. Tutti ne parlano, tutti lo vogliono ma lui cede solo nella sua Toscana. Il 19 è atteso a Grosseto. Stavolta l’invito c’è, appuntamento nella sala del consiglio comunale. Lo ha invitato Gino Tornusciuolo, consigliere leghista, ex Casapound. Dalla città amministrata da Antonfrancesco Vivarelli Colonna, ovverosia il sindaco che mostrò la foto di Elly Schlein accostata a quella di un cavallo, ci si aspetta l’ennesima boutade. Chissà che stavolta il generale ci caschi.
(da Open)
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Settembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
“SU 12.000 RICHIESTE PRESENTATE, L’ITALIA HA EFFETTUATO SOLO 10 TRASFERIMENTI”
Lo aveva anticipato ieri il quotidiano Die Welt: da agosto la Germania ha sospeso le procedure di selezione dei richiedenti asilo provenienti dall’Italia nell’ambito del meccanismo di solidarietà volontaria. E oggi, mercoledì 13 settembre, alla conferenza stampa governativa settimanale il portavoce della ministra dell’Interno Nancy Faeser ha dato l’ufficialità. Nessuna nuova autorizzazione, procedure dall’Italia bloccate. «Al momento non conduciamo altre interviste sul posto per preparare la presa in carico di migranti. Il motivo è che non possono avvenire trasferimenti di Dublino verso l’Italia. E questo già da un po’ di tempo», ha detto Maximilian Kall.
Secondo Berlino quindi la decisione è stata presa in risposta alla decisione del governo Meloni di rifiutare i trasferimenti previsti nell’ambito del regolamento di Dublino.
Secondo i dati presentati dal portavoce di Faeser, la Germania ha già accolto 1.700 dei 3.500 richiedenti asilo promessi negli accordi, e continuerà ad accogliere quelli per i quali sono già avviate le procedure. Mentre l’Italia, «su oltre 12 mila richieste presentate quest’anno sino alla fine di agosto – di rimpatrio di migranti sulla base del regolamento di Dublino – ha effettuato finora solo 10 trasferimenti».
Da qui la decisione tedesca. «Non appena ciò cambia si può anche proseguire con le interviste, e con queste, anche con i trasferimenti nel quadro del meccanismo di solidarietà», ha assicurato Berlino. Intanto non si svolgeranno altre missioni di colloquio ed è stato sospeso l’invio di squadre in Italia per condurre colloqui e preparare il trasferimento nell’ambito del meccanismo di solidarietà volontaria. «Tutti gli Stati dell’Ue sono tenuti a rispettare i loro obblighi. La Germania li sta rispettando e, non appena ci sarà un cambiamento, sicuramente attraverso il meccanismo di solidarietà accoglieremo più persone che richiedono protezione», ha concluso il portavoce.
(da Open)
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Settembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
IN TESTA IL PD, L’EXPLOIT DI FDI E LA PRIMA VOLTA DEL M5S…MALE LEGA E FORZA ITALIA
I numeri saranno ritoccati al rialzo poiché sono aggiornati al 30 agosto 2023, ma cambieranno troppo poco per movimentare la classifica dei partiti che percepiscono più fondi grazie al 2 per mille.
Con la novità del Movimento 5 stelle che, dopo un referendum interno, ha deciso di ricorrere al finanziamento per la prima volta dalla sua fondazione.
I dati sono sono stati anticipati dal Corriere. Anche quest’anno, è il Partito democratico che incassa di più, attestandosi su una cifra di 5,7 milioni di euro: 419 mila italiani hanno scelto di donare al Nazareno il proprio 2 per mille.
Segue Fratelli d’Italia, in continua ascesa, che ottiene 3,3 milioni di euro, con il supporto di 267 mila contribuenti.
Al terzo posto, il partito di Giuseppe Conte: abbandonando alle spalle la battaglia identitaria contro i finanziamenti alla politica, per evidenti necessità di spesa, si è appoggiato sulle spalle di 139 mila persone, ricevendo 1,4 milioni di euro.
Inoltre, il Movimento 5 stelle risulta essere il partito più suffragato dai meno abbienti, visto che in media ogni contribuente gli ha versato circa 10 euro attraverso il 2 per mille.
Al quarto posto della classifica, Italia Viva: Matteo Renzi può contare su 43 mila soggetti che hanno indicato la sua formazione politica, per un totale di 707 mila euro.
Battuta la concorrenza di Azione, che percepisce circa 150 mila euro in meno di Italia Viva ed è stata indicata nelle dichiarazioni di 26 mila contribuenti.
Un primato, però, Carlo Calenda lo registra: il suo partito è quello preferito dalle persone più abbienti, con quasi 21 euro di gettito procapite.
Ancora, ci sono le due Leghe: la bad company che nel nome porta l’indipendenza della Padania guadagna 254 mila euro da 22 mila elettori, mentre quella ribattezzata «per Matteo Salvini premier» ottiene 670 mila euro grazie a 65 mila donatori.
Cattiva performance per Forza Italia, all’11esimo posto, con 291 mila euro incassati da appena 22 mila elettori.
Nel mezzo, ci sono Sinistra italiana, sesta con 582 mila euro, Europa verde, che segue con 563 mila euro ricevuti, +Europa, nona con 442 mila euro e Articolo 1, che può contare su proventi per 390 mila euro.
(da Open)
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Settembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
SOPRANNOMINATO KOMBAT 18, DAL NOME DELLA ORGANIZZAZIONE NEONAZISTA BRITANNICA: OMOFOBO, ISLAMOFOBO, SUPREMATISTA, LIBERO DI CIRCOLARE NEL NOSTRO PAESE
Mentre una piccola parte della società italiana si indegna per i poster degli difensori di Mariupol cercando in loro effimeri nazisti, dei veri neonazisti russi camminano per le strade italiane, fanno selfie nei luoghi turistici e godono la dolce vita negli ristoranti Italiani.
Vi presentiamo Ivan Katanaev, un criminale di guerra russo che, secondo le sue parole, è andato in Donbas nel 2015, nel 2022 nella Mariupol devastata, nell’ottobre del 2022 a Luhansk. Ora ha deciso di prendersi una pausa dall’uccisione di ucraini e il 9 settembre 2023 è tranquillamente è entrato in Italia.
Le ultime foto sono dalla città di Verona, dopo di che ha chiuso la sua pagina di Instagram.
Ivan Katanaev, soprannominato Kombat 18, è diventato noto al grande pubblico a metà degli anni ’90 quando ha organizzato Fratria, la più grande comunità di tifosi dello Spartak.
Combat 18 è un’organizzazione neonazista britannica e 18 è un noto codice numerico usato dai neonazisti per citare Aldof Hitler: 1 (lettera A, la prima dell’alfabeto) e 8 (lettera H, l’ottava dell’alfabeto).
Il 23 giugno 2015 Katanaev ha rilasciato un’intervista al giornale Sports.ru, nella quale ha dichiarato quello che segue.
Ma lei simpatizzava per il fascismo?
Sì.
Lei parte per il Donbas stasera. Perché?
Sto prendendo delle cose per la milizia: uniformi e altre cose.
La Crimea è nostra?
Al cento per cento.
Lei è contro gli omosessuali…
Assolutamente!
Dal 2015 al 2023 Ivan Katanaev non ha cambiato i suoi pensieri ed è rimasto accanito sostenitore dell’invasione russa in Ucraina, come conferma la lettura del suo canale Telegram.
Dal 24 febbraio 2022 publica post di sostegno della guerra, posta le raccolte dei fondi per militari (leggi invasori) russi, fa auguri di buon compleanno a Putin e promette a tutti gli ucraini una morte veloce e sicura.
Ricapitolando, Ivan Katanaev, neonazistia ortodosso, suprematista e imperialista russo, militante russo nei territori ucraini , omofobo, islamofobo, odiatore dell’”Europa marcita sotto le lobby gay”, sostenitore di Putin e invasione dell’Ucraina, si fa i selfie per l’Italia.”
(da Forzaucraina.it)
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Settembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
LA VOCE DEI DISPERATI CHE NON HANNO PIU’ NULLA DA PERDERE
Seduto sul muretto di un piccolo giardino a piazza Beb Jebli, una delle piazze principali di Sfax, in Tunisia, Mohammed Keita aspetta che i volontari della Mezzaluna rossa arrivino a distribuire i pasti.
Vengono una volta al giorno e portano da mangiare alle decine di migranti subsahariani che da settimane sono accampati nel giardino, tra la polvere gialla del terreno e i cespugli.
Dal 2 luglio, infatti, ci sono state proteste e attacchi della popolazione locale contro gli stranieri, accusati di aver ucciso un tunisino in una rissa, e da quel momento nessuno ha più voluto affittargli le case.
Molti migranti sono stati vittime di maltrattamenti da parte della polizia, alcune decine infine sono stati trasferiti con la forza in una zona desertica al confine con la Libia, a centinaia di chilometri da Sfax, dove sono stati abbandonati senza acqua, né cibo.
Keita, originario della Guinea Conakry, è stanco, affamato, ma soprattutto preoccupato perché non sa che fine ha fatto il figlio, Ousmane, di nove anni. Lo ha perso durante la traversata del Mediterraneo e ora non si dà pace. Si chiede se sia ancora vivo e cosa gli sia successo. “Nella confusione, sulla spiaggia, la notte che ci siamo imbarcati. Ci hanno messo su due piroghe diverse”, racconta. “La mia barca subito dopo la partenza è stata intercettata dalla guardia costiera tunisina e riportata indietro, mentre la sua ha continuato a navigare”. Da quel momento non ha saputo più niente del bambino: spera che sia arrivato a Lampedusa perché in quelle ore non c’è stata nessuna notizia di naufragi, ma non ne ha la certezza.
Keita ora pensa solo a riprovare la traversata. “Ma non ho i soldi da dare ai trafficanti, li ho finiti”. È arrivato in Tunisia dalla Guinea il 20 aprile 2023, ha trascorso quattro mesi a Tunisi, lavorando in un albergo per guadagnare il denaro necessario a partire. Ha dovuto aspettare agosto.
Conosce già l’Europa: “C’ero arrivato nel 2007, sempre attraverso il mare. Ho lavorato e mi sono dato da fare, però non avevo i documenti in regola e ho deciso di tornare a casa. Ma la situazione economica nel paese è terribile, non c’è lavoro. Così quest’anno ho deciso di nuovo di riprovare, portando con me mio figlio”. Ha una sorella che vive in Francia, e vorrebbe raggiungerla.
È partito a gennaio da casa, ha attraversato il Burkina Faso, il Niger e l’Algeria per arrivare in Tunisia. “Per quelli come me le cose in Tunisia sono molto peggiorate dopo che il presidente Kais Saied ha fatto certe dichiarazioni controverse”, osserva. “Da quel momento i tunisini hanno smesso di affittarci le case, si fa fatica a trovare lavoro. Ci sono gruppi di tunisini che ci molestano, vengono a provocarci per picchiarci. La maggior parte delle persone dorme per strada, abbiamo grossi problemi”, denuncia, riferendosi al discorso in cui a febbraio Saied accusava i migranti subsahariani di volere eliminare i tunisini in un piano di “sostituzione etnica”, usando una delle principali teorie del complotto di stampo suprematista, diffusa di solito da gruppi politici dichiaratamente xenofobi e razzisti in tutto il mondo.
Keita ha speso duemila dinari per provare ad attraversare le 99 miglia marittime che separano le coste di Sfax da Lampedusa, la piccola isola del Mediterraneo che è il primo punto di approdo per i migranti sulla rotta tunisina. Ma già due tentativi sono andati a vuoto. La prima volta sono stati intercettati e la seconda è stata fermata solo la sua barca e riportata a Djerba, nel sud del paese. Ha dovuto camminare a piedi per chilometri per raggiungere di nuovo Sfax, il principale porto di partenza dei migranti. Ora vuole a tutti i costi provare di nuovo: “I trafficanti sono tutti tunisini”, assicura.
Partenze aumentate
Secondo il ministero dell’interno italiano, quest’anno le persone arrivate attraverso la rotta tunisina hanno superato quelle approdate con la rotta libica e sarebbero aumentate di più del 300 per cento nei primi mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022. E anche se l’Unione europea ha siglato con Tunisi un Memorandum d’intesa che tra le altre cose mira a rafforzare il controllo delle frontiere e il loro pattugliamento, le persone continuano a partire dirette a Lampedusa. Anzi, per Matteo Villa dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), le partenze sarebbero addirittura aumentate dopo la firma del memorandum il 16 luglio. In queste otto settimane sono arrivate in Italia dalla Tunisia quasi 31mila persone, mentre nelle otto settimane precedenti agli accordi ne erano arrivate 19mila.
I principali porti di partenza sono Sfax, le isole Kerkenna, Mahdia, ma anche Zarzis più a sud. Rispetto agli anni passati, la novità è il numero di migranti che arrivano dall’Africa subsahariana e dall’Africa occidentale che vengono in Tunisia per salire su piccole imbarcazioni di ferro, molto precarie, riempite anche con trenta o quaranta persone.
“Preferiamo venire in Tunisia che andare in Libia”, spiega Fatima Sefahie, una donna originaria del Burkina Faso. “Qui si è aperta un’occasione per noi”. La Libia infatti è considerata più pericolosa a causa delle violenze efferate e sistematiche a cui sono sottoposti gli stranieri nel paese. Molti raccontano di avere attraversato il deserto tra Algeria e Tunisia a piedi.
Per raggiungere la Tunisia Sefahie ha camminato per giorni nel deserto senza cibo, insieme ai suoi due bambini. Ora dorme su un materasso nella piazza di Sfax, mentre i figli giocano con gli altri bambini, incuranti di quello che accade intorno. Alcuni cucinano con dei fornelli da campo, altri offrono piccoli servizi come il taglio dei capelli o le acconciature con le treccine, per raccogliere qualche soldo in cambio. “Non è facile vivere così, per una donna è ancora più difficile. Qui non ci affittano le case, non possiamo lavarci, non possiamo lavorare”, racconta Sefahie.
“Quando piove siamo sotto l’acqua, quando è caldo, siamo sotto al sole. Non ho nulla di mio, zero”, continua, mostrando un sacchetto di plastica che contiene qualche vestito. La polizia, in seguito a dei controlli, spesso prende i telefoni e gli oggetti di valore agli stranieri. “Nel deserto stanno morendo un sacco di persone, anche donne e bambini. Sono senz’acqua, senza cibo”. Anche Sefahie ha già provato ad attraversare il mare, come la maggior parte delle persone in questa piazza, ma è stata respinta e riportata al punto di partenza dalla guardia costiera tunisina. “La prima volta c’è stato un naufragio, sono morti dei bambini in acqua. Noi siamo sopravvissuti”. Non ha paura di morire: “Sarà dio a decidere. Ma finché vivo continuerò a provare. Non c’è alternativa per me, qui non posso restare”.
Ibrahim Djallo e Boubacar Bari hanno 13 e 14 anni, sono originari della Guinea Conakry. Sono partiti perché le famiglie non avevano soldi per mandarli a scuola. “Vogliamo aiutare le nostre famiglie, lavorare in Europa”, dice Djallo mentre beve un succo di frutta riparandosi dal sole sotto a un cespuglio. Anche loro hanno camminato per chilometri nel deserto tra Algeria e Tunisia. “Lì a Kasserine è un problema grosso per noi migranti: la polizia ci ha derubato, ci ha picchiato con dei coltelli, ci hanno minacciato, poi ci hanno lanciato addosso dei cani”, racconta Djallo. Boubacar Bari è stato morso, si tira giù i pantaloni per mostrare i segni lasciati dai denti dei cani.
Anche i due ragazzi stanno aspettando di avere abbastanza soldi per fare la traversata, non hanno ancora provato. Non sono spaventati. “Non sappiamo quando riusciremo a partire, quello che è sicuro è che ci proveremo”, continua Djallo. Intanto è arrivata una buona notizia: il figlio di Mohammed Keita è sbarcato sano e salvo a Lampedusa, è nell’hotspot e se ne sta prendendo cura un amico di Mohammed, un compaesano. “È vivo”, sospira Keita, che sta cercando di mettersi in contatto con il ragazzo e spera che la sorella possa andare a prenderlo dalla Francia. “Ora non vedo l’ora di riabbracciarlo”.
Annalisa Camilli
( da Internazionale)
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Settembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
SOSTENUTO DALLA CORRENTE CONSERVATRICE “MAGISTRATURA INDIPENDENTE”, IL MAGISTRATO È STATO VOTATO ANCHE DAL VICEPRESIDENTE DEL CSM, FABIO PINELLI, E DAL LAICO RENZIANO, ERNESTO CARBONE… MA NON ERA GRATTERI QUELLO CHE SI LAMENTAVA PER L’ESISTENZA DELLE CORRENTI?
E’ Nicola Gratteri, 65 anni, il nuovo procuratore di Napoli. Il capo dei pm di Catanzaro è stato nominato dal Csm a maggioranza alla guida della procura più grande d’Italia. Il posto di procuratore di Napoli era scoperto da quasi un anno e mezzo, da quando Giovanni Melillo lo aveva lasciato per assumere l’incarico di capo della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.
Gratteri ha ottenuto 19 voti contro i cinque andati al procuratore di Bologna Giuseppe Amato e agli otto alla procuratrice aggiunta di Napoli Rosa Volpe, che è stata per un anno ‘reggente’ della procura partenopea. A favore di Gratteri hanno votato il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, il Pg della Cassazione Luigi Salvato, i laici di centro-destra,il lacio di Iv Ernesto Carbone consiglieri di Magistratura Indipendente, l’indipendente Andrea Mirenda e il togato di Unicost ,Antonino Laganà, mentre il resto del gruppo ha sostenuto Amato.
Per Amato si sono espressi anche la presidente della Cassazione Margherita Cassano e il consigliere indipendente Roberto Fontana. Per Volpe invece il gruppo di Area, Mimma Miele (Md) e il laico del Pd Roberto Romboli.
E l’arrivo del nuovo capo è preceduta da polemiche, riprese ufficialmente, anche dal parlamentino di Palazzo dei Marescialli. Specie dai togati di corrente del centrosinistra, che con Tullio Morello in particolare (esponente di Area), puntano il dito contro alcune “infelici dichiarazioni” che l’ormai procuratore di Napoli aveva reso in audizione al Consiglio
(da agenzie)
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Settembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
“CI ASPETTAVAMO DALLE ISTITUZIONI DEGLI STUDENTATI”
“La media è di 650 euro, 690 euro a stanza singola quando in realtà zona davanti al Politecnico sono anche a 950 euro a stanza”. Per questo sono tornati a protestare gli studenti universitari: in piazza Leonardo Da Vinci, davanti al Politecnico di Milano, sono tornate le tende contro il caro affitti. In protesta ci sono una ventina di ragazzi tra cui Ilaria Lamera, ovvero la prima studentessa che la scorsa primavera passò la notte in tenda sostenuta poi da tanti altri universitari.
“Credo che questa sia una situazione assurda e che dovrebbe essere compito delle istituzioni riuscire a trovare una soluzione per questa cosa”, spiegano gli studenti ai microfono di Fanpage.it. C’è chi lasciano la loro testimonianza: “Sono uno studente pendolare, sono ormai al sesto anno di architettura e mi è sempre piaciuta l’idea di trasferirmi a Milano però mi è stato impossibile a causa dei prezzi”. Altri ancora: “Io ho 37 anni, sono anch’io in una stanza e ho dovuto accontentarmi, primo ero in affitto normale e troppe spese, sono dovuto andare in condivisione”.
La protesta ripresa dopo l’estate
La protesta degli studenti si era fermata durante l’estate perché avevano creduto alle “promesse da parte del Comune, della Regione e più o meno del governo, ma non abbiamo individuato cambiamenti”. I prezzi delle stanze di Milano infatti restano altissimi e gli studentati ancora nulla: “Ci aspettavamo che i soldi che erano destinati dal Pnrr per gli studenti non venissero regalati a dei privati e che fossero invece utilizzati per costruire degli studentati, per primo”.
Gli studenti costretti a fare i pendolari
Per gli studenti che non si possono permettere questi prezzi folli la soluzione è fare i pendolari: “Io ho iniziato a frequentare il Politecnico quattro anni fa e per arrivare qua ci metto circa un’ora e mezza, quando trovo tutte le coincidenze giuste e mi piacerebbe molto trasferirmi vicino al Politecnico per non perdere tre ore al giorno. Purtroppo non ce la faccio perché i prezzi sono totalmente inaccessibili”. Le storie degli studenti in difficoltà sono tantissime, chiedono quindi soluzioni immediate.
(da agenzie)
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Settembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
NEI PRIMI MESI DEL 2023, SONO STATI INTERCETTATI 174.608.112 MALWARE, MENO SOLO DI STATI UNITI (417.545.421) E GIAPPONE (355.248.073)
L’Italia è il terzo Paese al mondo, e il primo in Europa, per attacchi malware da parte degli hacker. Il dato arriva dall’ultimo report dell’azienda di sicurezza informatica Trend Micro Research, inserito nello studio “Stepping ahead of risk”. Con riferimento ai primi sei mesi del 2023, il report conferma che l’Italia è una delle vittime principale dei cybercriminali, che mirano ai dati di aziende e pubbliche amministrazioni per portare avanti richieste di riscatto ed estorsioni.
Solo qualche giorno fa, gli hacker avevano messo a segno l’ennesimo colpo, violando i siti di Roma Capitale gestiti da Zetema, una partecipata del comune. Come spiega Trend Micro, l’Italia ha visto un totale di 174.608.112 malware intercettati da gennaio a giugno del 2023. Queste le prime cinque posizioni: Stati Uniti (417.545.421), Giappone (355.248.073), Italia (174.608.112), India (120.426.491) e Brasile (96.908.591).
Le minacce via e-mail che hanno colpito l’Italia nel primo semestre 2023 sono state 119.048.776 mentre le visite ai siti malevoli sono state 5.470.479. Quelli ospitati su server italiani, e poi bloccati, ammontano a 68.334. Nel nostro Paese, il numero di app malevole scaricate nel primo semestre 2023 è stato di 78.724.698, con 1.804 malware pensati appositamente per intercettare le informazioni bancarie.
A livello globale, nella prima metà del 2023, la rapida espansione di strumenti di intelligenza artificiale generativa ha permesso ai cybercriminali di utilizzare nuovi strumenti come WormGpt e FraudGpt per organizzare truffe e campagne. “Diversi gruppi hanno anche unito le forze, per massimizzare i risultati delle proprie attività malevole. L’uso dell’intelligenza artificiale consente di eseguire attacchi più elaborati. La buona notizia è che la stessa tecnologia può essere utilizzata dai team di security per lavorare in modo più efficace” affermano gli esperti.
(da agenzie)
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Settembre 13th, 2023 Riccardo Fucile
“L’ALT AI SOLDI DI MOSCA? CI TROVAMMO IN SEGRETO BERLINGUER, CHIAROMONTE ED IO PER STARE LONTANO DA ORECCHIE INDISCRETE. E PROPOSI DI CHIUDERE QUEI RUBINETTI”… “L’ERRORE DELLA SINISTRA? NON ESSERE STATA COERENTE NELL’ORGANIZZARE UN PARTITO DI MASSA”
Gianni Cervetti, un compagno del secolo scorso, un pezzo di storia del Pci, compie novant’anni e quando si volta indietro cerca di non farsi travolgere dal pessimismo: «Alla mia età sarebbe facile, ma preferisco l’ottimismo della volontà». Guarda al passaggio d’epoca che segna una regressione della cultura politica che ha conosciuto, ma riconosce due fatti di grande rilievo, per le donne: una è premier, l’altra segretaria del Pd.
Un giudizio su Giorgia Meloni?
«Non credo che meriti giudizi di parte come i miei. Guardando alle radici delle persone e agli orientamenti internazionali vedo però scelte assai dubbie per i rapporti con alcune forze europee che guardano a un passato che non deve riemergere»
Ed Elly Schlein?
«Non amo le pagelle. Sarà valutata attraverso l’azione politica che riuscirà a realizzare».
Nella sua storia, come quadro del Pci negli anni di Mosca, la segreteria milanese e lombarda, il Parlamento e l’Europa, certi strappi non sono stati anche incoerenza?
«Se allude alla Nato e a Berlinguer, era giusto prendere le distanze dall’Urss e dall’involuzione brezneviana. Io ero a Mosca con il segretario del partito quando deflagrò lo strappo dopo l’intervista di Pansa al Corriere. Parlò al congresso del Pcus e nella sala si alzò un brusio. Uscimmo insieme: è giusto così, gli dissi. Berlinguer aveva ragione».
Un altro strappo fu quello dello stop ai finanziamenti, il flusso di denaro che da Mosca arrivava nelle casse del Pci e che lei in un libro ha chiamato l’oro di Mosca…
«Non era incoerenza, era la svolta per non subire più l’influenza sovietica nella politica del Pci. La riunione decisiva avvenne verso la fine del 1975. Eravamo in tre: Chiaromonte, Berlinguer ed io. Ci trovammo in segreto alla Camera per stare lontano da orecchie indiscrete. Proposi di chiudere quei rubinetti…».
Lei allora era l’uomo dei rubli, si diceva che pensava in russo e traduceva in italiano.
«Quella scelta resta un piccolissimo fatto storico, utile per avviare il partito verso l’Europa. Non a caso la visione europeista di Berlinguer portò alla candidatura nel Pci di Altiero Spinelli, uno dei padri degli Stati Uniti d’Europa».
Davanti all’azione aggressiva della Russia, l’Europa si è comportata come l’Unione che lei difende e sostiene?
«È stato giusto difendere l’Ucraina, i russi hanno le colpe maggiori. Ma anche gli ucraini hanno qualche responsabilità. Bisogna lavorare tutti per una conclusione positiva di questa guerra insensata».
Qual è l’errore che imputa alla sinistra, che ha perso voti e governo del Paese?
«Uno, fondamentale. Non essere stata coerente nell’organizzare un partito di massa. Espressione un po’ datata per dire che se una forza vuole essere democratica e riformista deve anche essere estesa come un guanto che aderisce alla mano. La mano è la società».
Nella società crescono le diseguaglianze: anche nella sua Milano aumenta il divario tra ricchi e poveri. Le piace la città di oggi?
«Non si può chiedere questo a un milanese che ha amato e ama la sua città, la sua cultura e la sua azione politica e sociale. Milano ce l’ho sempre nel cuore, dalle radici alle realtà che si sono succedute negli anni. È città nazionale e democratica. Non deve sentirsi trascurata da Roma, la trascuratezza è un obiettivo che va superato dai milanesi stessi».
(da il Corriere della Sera)
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