Settembre 7th, 2023 Riccardo Fucile
LO PSICOTERAPEUTA GENNARO PAGANO E’ STATO CAPPELLANO DEL CARCERE MINORILE DI NISIDA: “LO STATO PER ESSERE COMPETITIVO CON LA CAMORRA DEVE SOSTITUIRLA NELLA FUNZIONE DI SUPPLENZA CHE I CLAN SI SONO DATI”
“Se un ragazzo viene arrestato perché ad esempio coinvolto nel controllo di una piazza di spaccio, nel periodo in cui è detenuto ad aiutare la sua famiglia ci pensa il clan. Quando lui esce dal carcere, non si sente più solo un affiliato. Si sente anche in debito con la camorra. A quel punto non lo recuperi più”.
Gennaro Pagano, psicoterapeuta 43enne, è stato fino a maggio scorso il cappellano del carcere minorile di Nisida. Ora è stato chiamato dal vescovo di Napoli a coordinare il Patto educativo, la rete sociale che la Chiesa cerca di costruire per prevenire altri casi Caivano.
Pagano, ha letto le novità del decreto Caivano in consiglio dei ministri?
“Sì e mi viene lo sconforto, perché lo Stato non può limitarsi alla repressione. Per essere competitivo con la camorra deve sostituirla nella funzione di supplenza che i clan si sono dati. A cominciare dal welfare. La mia impressione è che norme come quelle del decreto Caivano servano invece a Salvini, per prendere qualche voto in più al Nord”.
Diranno che lei esprime una linea ‘buonista’. Anche Don Maurizio Patriciello dice: “Basta buonismo, per i reati gravi la maggiore età va portata a 17 anni”.
“Qui non si tratta di essere buonisti o cattivisti. Chiunque abbia familiarità con questo mondo sa che la camorra esercita un’azione di supplenza sistematica rispetto allo Stato. Questo è il vero problema. Non a caso anche in carcere la camorra è chiamata ‘o sistema’. Perché camorristi non si nasce, si diventa. Attraverso precise dinamiche sociali e culturali. E minacciare il carcere non basta. Anzi, il carcere può diventare un punto di non ritorno”.
Spieghi meglio.
“La maggior parte delle persone si riferisce alla camorra come a una realtà monolitica. In realtà la camorra è un sistema a cerchi concentrici. Il sistema dei clan è il cerchio più stretto e profondo. Ma mano a mano che incontra la società più vasta, la camorra allarga il suo raggio d’azione, fino a diventare nel cerchio più largo, un sistema ideologico di riferimento. In questo modo riesce a funzionare come uno strumento efficace di persuasione”.
Lei ha incontrato centinaia di giovani detenuti, minorenni. Come sono entrati in contatto con la camorra?
“Parliamo delle cosiddette baby gang. Per prima cosa questo è un concetto che presuppone una realtà strutturata. E’ preso in prestito da altri contesti, all’estero o nel Nord Italia, dove c’è un capo riconosciuto, una rete gerarchica, un legame che spesso è anche etnico. Ma le nostre baby gang sono gruppi spontanei, non strutturati, formati da giovani che spontaneamente riproducono una logica di banda. Alcune volte sono legati direttamente alla camorra perchè guidate da figli di boss. Ma più spesso la famiglia camorristica li tollera, li osserva perché ad esempio li considera utili per il futuro. È un rapporto di osmosi. Questo ho visto a Nisida, questo vedo ogni giorno. Le bande giovanili sono costituite da minori che non sono affiliati ai clan ma appartengono al sistema perché sono permeati da cultura camorristica e riconoscono la legittimità del potere della camorra”.
Il carcere riesce a recuperarli?
“La giustizia minorile avrebbe bisogno di una profonda riforma. Mi si consenta di escludere dal mio ragionamento Nisida, perché è una realtà dove davvero si fa tutto il possibile, ed è vista da molti come un’ancora di salvezza. Parlo di quel che accade normalmente in un carcere minorile. Se un ragazzo che non è ancora un camorrista va in carcere la figura educativa che più di tutte ha influenza è quello che io chiamo il terzo educatore, cioè il gruppo stesso dei ragazzi detenuti. Un gruppo che trasmette norme e cultura di tipo deviante. Così per quanto possa esserci la buona volontà e la professionialità di chi ci lavora, il carcere è un luogo ambiguo. Dove spesso si entra cadetti di camorra e si esce con la medaglia di aver completato un percorso”.
Torniamo a Caivano. Come giudica la risposta dello Stato?
“Io dico che ci vuole una miscela di punizione e rieducazione. Ma qui vedo uno sbilanciamento in senso securitario. Lo dico in sintesi: mandano 300 poliziotti in più a Caivano. Ma quanti sono gli assistenti sociali nel paese? E quanti gli insegnanti? Ma soprattutto, qual è la qualità dell’educazione che ricevono questi ragazzi? Come psicologo ho lavorato molto nella formazione del corpo docente, e devo dire che ho trovato tanti professori motivati e appassionati. Ma anche tanti che non avevano il minimo sindacale di competenza relazionale per avvicinare un bambino difficile. Insegnanti che magari hanno privilegiato l’opportunità del posto fisso ad altri percorsi, e si sentono demotivati, per i quali la scuola diventa un cumulo di obblighi burocratici. E invece servirebbe competenza tecnica, relazionale e psicopedagogica. E diciamocelo, servirebbero anche altri stipendi. Dovrebbe prevalere la logica per cui per realtà difficili come Caivano selezioni i professori sulla base della forte motivazione e della preparazione. A Caivano ci devi mandare i migliori. E pagarli di più. Diceva Don Milani con una provocazione che gli insegnanti dovrebbero essere pagati a cottimo, sulla base di quanti ragazzi recuperano”.
Il governo propone il carcere per i genitori i cui figli non assolvono l’obbligo scolastico.
“Appunto. L’unica risposta è il carcere. Dopo di che gli istituti di pena scoppiano. Che facciamo ci mandiamo anche le migliaia di genitori che non mandano i figli a scuola? Poi magari facciamo un indulto per depenalizzare i reati minori e cronicizziamo la devianza. Il problema è che i nostri governanti non sanno di cosa parlano. Sento dire che vogliono abbassare la soglia anagrafica della punibilità. Una norma spaventosa: nessuno nega che gli adolescenti siano diversi da quelli dei miei tempi. Ma un ragazzo a quell’età non ha la contezza necessaria delle sue emozioni, non è capace di capire con consapevolezza le conseguenze dei suoi gesti. Sembrano ovvietà, ma evidentemente non lo sono. Vogliono vietare i cellulari, l’accesso ai social… Ma lo sanno che i cellulari entrano regolarmente in carcere? Oppure leggo che vogliono vietare il porno, che ammetto può essere un problema. Ma come fai in un mondo dove tutto è accessibile per definizione? E lo è tanto più in un contesto in cui anche le pay tv sono ‘pezzottate’ regolarmente. Sono norme ridicole e soprattutto inefficaci”.
Ma lei cosa proporrebbe?
“Offriamo un welfare sano alle famiglie. Moltiplichiamo la rete degli assistenti sociali e diamo loro degli strumenti di reale efficacia. E poi sul piano educativo pensiamo a tutor obbligatori e anche ad allontanamenti periodici dalle famiglie più difficili. Allarghiamo le opportunità di questi ragazzi per mostrargli che ci sono altre possibilità, che c’è un’alternativa alla legge del vicolo”.
(da Huffingtonpost)
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Settembre 7th, 2023 Riccardo Fucile
I COSTI SONO LIEVITATI E NESSUNO VUOLE RIDURLI, 22 MILIONI DI CONSULENZE L’ANNO
Nessuno chiede di tagliare i 300 metri di “nastrino tricolore” per le medaglie del Viminale da 1.500 euro, 22 milioni di consulenze l’anno magari sì.
Neppure gli 11mila euro per il fotografo al seguito della Santanchè, visti i costi delle sue campagne per l’Italia. Taglia tu, che mi vien da ridere. Anche sul libro dei sogni del governo Meloni (pensioni, flat tax e superamento della Fornero) cala la scure del rigore.
Tocca trovare 20 miliardi e rotti per la legge di Bilancio e Giorgia Meloni ha chiesto ai suoi ministri di tagliare 1 miliardo e mezzo di spesa nei prossimi tre anni. Chi ha fatto i compiti a casa e chi no si vedrà a metà settembre, ma la linea col Mef è rovente da giorni.
Piantedosi, Schillaci e Nordio puntano i piedi: non c’è niente da tagliare, si mettono a rischio la sicurezza, le riforme etc. La Meloni col loden, del resto, è arrivata fuori tempo massimo, avendo concesso giusto a luglio a tutti i ministri di raddoppiare staff e collaboratori, pure un decreto per aumentare i dipendenti del Turismo da 150 a 324. In ultimo, è circolata una bozza di “decreto Sud” che assegna 500 milioni a Fitto per 2mila assunzioni che avrebbe infastidito non poco i colleghi.
Visti i numeri pare una bega politica tutta interna alla maggioranza, con la Lega che rema contro e le Europee sullo sfondo. Che ci siano margini per tagliare la spesa nei (e dei) ministeri è infatti certo, anzi certificato dal Mef, dove Giorgetti fa da scudo umano agli appetiti dei colleghi e dei partiti: a raccontarlo, più di bilanci e budget pluriennali, è infatti la banca dati Siope con cui il Tesoro da 20 anni monitora i pagamenti effettivi (diretti/indiretti/trasferimenti per costi propri e non) di tutte le amministrazioni dello Stato, ministeri compresi. Gli open data consentono confronti per singole voci di spesa – dal personale agli arredi, dalla carta ai costi di facchinaggio – un anno con l’altro, a partire dal 2015.
Basta smanettarci un po’ per scoprire che la premier ben potrebbe contribuire all’“operazione risparmio” che pretende da altri: stracciando ogni record storico, nel 2022 Palazzo Chigi ha emesso pagamenti per 3,2 miliardi, il doppio del 2018. Nel mezzo del 2023 è già a quota 1,8. Dove corre questa spesa? Ad esempio alla voce “incarichi”: stando a Siope, cinque anni fa Chigi ne pagava per 2,6 milioni, nel 2022 la spesa è salita a 9,9 e a metà 2023 (dato aggiornato al 31 agosto) siamo già a 6,4. Difficile dar colpa all’inflazione.
Tra i confronti interessanti, il capitolo “armi”: i pagamenti della Difesa per “mezzi navali da guerra” passano da 26 milioni (2021) a 113 milioni (2022), le “armi pesanti” da 7,5 a 16,9. Per contro, quelli di Chigi per “beni di valore culturale, storico e archeologico” sono calati di 10 milioni (da 25 a 15,2).
Per funzioni e partecipate il Mef è il king size della spesa pubblica, insieme alla Sanità. Il confronto a cinque anni dice che nel 2018 il Tesoro “pagava” 267 miliardi. Nel 2022 salgono a quota 371, cioè 104 miliardi in più. Sarà mica tutto Superbonus? Il novello Diogene dei tagli dovrebbe posare la sua lampada austera tra gli “acquisti di attività finanziarie”: cinque anni fa, Via XX Settembre emetteva pagamenti per 108 milioni, nel 2023 la cifra indicata da Siope è 2,2 miliardi, come e dove non si sa. Tra le uscite correnti dell’anno scorso sono indicate “spese non classificate” per 58 milioni: vogliamo guardarci? E arriviamo ai due ministri che hanno esplicitato il loro dissenso ai tagli.
Nel 2022 quello di Giustizia ha pagato 1,2 miliardi di euro. Cinque anni fa non superava i 900 milioni. Anche qui, tanti punti di domanda: il capitolo di spesa n. 403 “altri servizi complessi” – qualunque cosa significhi – nel 2018 cubava 4,8 milioni di uscite, nel 2022 balza a 22,8 milioni. Via Arenula potrebbe approfondire. E veniamo al Viminale. Anche Matteo Piantedosi ha scelto la platea di Cernobbio per il suo altolà a tagli che minerebbero il cambio di rotta sulle assunzioni di personale (smentito dai sindacati). Per Siope i pagamenti globali negli ultimi due anni sarebbero aumentati di 200 milioni, arrivando nel 2022 a quota 20,6 miliardi. Anche qui, tocca chiedersi se sono necessari 22 milioni di euro di consulenze (aumentati di 3 milioni tra 2021-2022), 5,3 di pagamenti per “attività sociali, sportive e culturali” o perché la voce “canoni e utenze di telefonia fissa” sia balzata da 14,8 a 46 milioni, per mobile da 11 a 25. Per quanto personale nuovo rivendichi il ministro, sarà mica raddoppiato?
(da Il Fatto Quotidiano)
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Settembre 7th, 2023 Riccardo Fucile
LO SALVA UN CONSIGLIERE ELETTO IN FDI (POI ESPULSO DAL PARTITO) IMPUTATO IN UN PROCESSO PER MAFIA
C’è un comune foggiano già sciolto per mafia e uscito dal commissariamento da quasi due anni che si è ritrovato di nuovo senza sindaco. Anzi no. Perché il primo cittadino di Manfredonia, Gianni Rotice, eletto 22 mesi fa a capo di una coalizione formata da centrodestra e civiche, alla fine si è salvato grazie ai contorsionismi di due consiglieri comunali. Uno è un esponente di Forza Italia, Vincenzo Di Staso, marito di sua cugina, l’altro si si chiama Adriano Vincenzo Carbone e aveva conquistato la poltrona in consiglio comunale nelle liste di Fratelli d’Italia.
Ma da poco più di un anno è stato espulso dal partito perché è imputato in un processo che vede alla sbarra i capi della mafia garganica del clan Lombardi-Scirpoli-Raduano.
Per Carbone, commercialista, i pubblici ministeri della Dda di Bari, lo scorso marzo, hanno chiesto un anno e 10 mesi di condanna in abbreviato perché, a loro avviso, ha aiutato il clan suggerendo, dal 2018 fino al dicembre 2021, le strategie per evitare che le società in mano ai mafiosi finissero oggetto di misure patrimoniali in caso di inchieste.
Nella partita legata alla sopravvivenza di Rotice, invece, Carbone ha messo in campo altri stratagemmi. Prima è stato tra i 14 consiglieri che hanno firmato le dimissioni davanti a un notaio facendo decadere l’assise, poi ha effettuato una marcia indietro nel giro di un paio di giorni. Quando ormai un nuovo commissariamento, fino a maggio, era all’orizzonte ha ritirato la sua firma, insieme al forzista Vincenzo Di Staso, facendo scendere a 12 i consiglieri dimissionari. Un numero insufficiente per sciogliere l’assise.
Rotice si è così salvato e ora avrà 20 giorni di tempo per ritirare le sue dimissioni “tecniche” e tornare pienamente nelle sue funzioni. Come raccontato dal sito Immediato.net, per Carbone sono state 48 ore febbrili nelle quali si è speso per far scendere il numero dei consiglieri dimissionari. Per lui, nella nuova giunta che con ogni probabilità andrà a formarsi nelle prossime settimane, c’è già chi avanza l’ipotesi che si spalanchino le porte di un assessorato. L’esperienza del sindaco, seppur barcollante, è quindi destinata a proseguire con il centrodestra che resterà alla guida della città, il terzo comune più grande del Foggiano, dopo 25 anni di governo del centrosinistra e il commissariamento per mafia.
Il precedente consiglio venne sciolto nel ottobre 2019 per 18 mesi mentre il sindaco era Angelo Riccardi, esponente del Pd. Nella relazione prefettizia portata dal ministero dell’Interno sul tavolo di Palazzo Chigi erano state ricostruite le dinamiche criminali passate del territorio. Tra i vari elementi confluiti nella relazione anche le frequentazioni di Giovanni Caterino, condannato all’ergastolo perché ritenuto il basista del commando autore della strage di San Marco in Lamis nel 2017, con un un esponente della giunta. I due erano stati immortalati insieme alla festa del politico dopo la sua elezione in consiglio comunale nel 2015 e mentre assistevano a una partita di calcio della squadra locale.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Settembre 7th, 2023 Riccardo Fucile
L’APERTURA DEL FESTIVAL “A BORDO” DI MEDITERRANEA SAVING HUMANS
“Tutto ciò che viene fatto per salvare la vita non può non trovare il sostegno di chi ama la vita, chi crede che l’umanità è l’attenzione al prossimo”. Lo ha detto il cardinale Zuppi, presidente della Comunità episcopale italiana, intervenendo al festival ‘A bordo’, organizzato dalla Ong italiana Mediterranea Saving Humans. La rassegna, che si svolge dal 7 al 10 settembre a Roma, raccoglie numerosi interventi – da parte di esperti di migrazioni, personalità politiche, giornalisti, Ong – ma anche laboratori, workshop ed eventi musicali. L’intervento di Zuppi ha segnato l’apertura del festival.
Il cardinale ha iniziato facendo una distinzione: “L’umanitario non è il buonismo, e questo non deve essere messo in discussione”, ha detto, per poi spiegare: “Il buonismo è l’esatto contrario, è un modo di pensare di risolvere i problemi senza risolverli. Qualcosa che serve più a noi che a chi è in difficoltà. Qualche volta viene usato come caricatura dell’umanitario ma non c’entra niente. L’umanitario pone i problemi, e tocca alla politica, ai responsabili risolverli. Ma nell’umanitario non c’è accondiscendenza, pressappochismo, o addirittura – si dice – complicità”.
Un messaggio chiaro, in un periodo in cui la stretta sulle attività delle Ong è ripresa e diverse navi sono bloccate in porto per aver violato il decreto del governo Meloni sul tema: “Dire che l’umanitario è questo è pericolosissimo per l’umanità, per tutti. È come se il samaritano della parabola venisse sospettato di complicità con i banditi, si dicesse che lo fa perché si sono messi d’accordo, o perché sta curando un suo interesse”.
Zuppi ha poi insistito sull’importanza di continuare a parlare delle persone che tentano di attraversare il Mediterraneo, delle situazioni che affrontano nei Paesi di partenza e delle vittime della traversata: “Se c’è una cosa che dobbiamo combattere è il non conoscere: bisogna far conoscere la sofferenza di chi – pensiamo in maniera ipocrita – non ci riguarda perché non arriva. Spesso non si sente il grido di chi cerca qualcuno che lo sollevi dalla morte”.
Da gennaio a luglio 2023, oltre duemila persone sono morte in mare: “È lo sconfortante bollettino di guerra del Mediterraneo, che papa Francesco tante volte ha chiamato un grande cimitero. E qui si parla solo di quelli che veniamo a conoscere. Per questo, tutto ciò che viene fatto per salvare la vita non può non trovare il sostegno di chi ama la vita, chi crede che l’umanità è l’attenzione al prossimo. Non si può morire di speranza, lo ribadisco, e per non farlo bisogna dare legalità. Si vince l’illegalità garantendo la legalità”.
(da Fanpage)
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Settembre 7th, 2023 Riccardo Fucile
IN COMPENSO A GAETA, DOVE SI TERRÀ L’EVENTO, CI SARANNO I FEDELISSIMI DELLA “VEDOVA”, I “FASCINOSI” TULLIO FERRANTE E ALESSANDRO SORTE
Torna la festa della Libertà in casa Forza Italia. A volerla il nuovo segretario Antonio Tajani, che come location ha scelto la “sua “Gaeta”: un posto tranquillo, eventi non grandi, onde evitare la grande fatica di portare messe di persone per far vedere che sì, Forza Italia è ancora in palla. Si parte domani alle 16 e concluderà la tre giorni domenica lo stesso Tajani. A scorrere l’elenco degli interventi ci sono tutti, o quasi: manca dal programma la compagna del fondatore Silvio Berlusconi, Marta Fascina.
La dama di Arcore, sotto sfratto perché i figli di Berlusconi le hanno chiesto gentilmente di lasciare la dimora a breve, prima della scomparsa del fondatore aveva voluto avere un ruolo nel partito e sembrava lei la prescelta da Marina Berlusconi e Pier Silvio, soprattutto, come cinghia di trasmissione tra la famiglia e il partito. Le cose evidentemente sono cambiate e adesso, anche scorrendo il programma della festa a Gaeta, di lei non c’è traccia.
Ci sono però i suoi fedelissimi, come Tullio Ferrante e Alessandro Sorte che venerdì all’inaugurazione parteciperà al panel auto celebrativo sulla storia di FI. Ci sarà, tra gli interventi in programma, anche quello della minoranza con Licia Ronzulli. Ma solo lei. Per il resto ci saranno i ministri, tutti, da Bernini a Pichetto Fratin e Zangrillo e i governatori, anche quelli più in rotta con Tajani, come Renato Schifani.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2023 Riccardo Fucile
NEL SETTORE MANCANO 100MILA PERSONE DISPOSTE A SPACCARSI LA SCHIENA, MA C’È CHI PAGA PER PASCOLARE, MUNGERE E FARE FORMAGGI, RIGOROSAMENTE AL FRESCO IN ALTA QUOTA, MA SOLO PER QUALCHE GIORNO
I cittadini vanno in ferie e pagano per imparare a falciare il prato, fare i covoni di fieno, mungere, portare al pascolo il bestiame..
Una vacanza bucolica “a tiratura limitata” per faticare sotto il sole mentre gli appelli della Coldiretti per trovare lavoratori stagionali restano inascoltati. Mancano 100 mila braccianti estivi e in Italia un prodotto agricolo su 4 è raccolto da mani straniere con 358 mila lavoratori regolari provenienti da 164 Paesi diversi (Romania, Marocco, India e Albania ai primi posti): sono loro a fornire oltre il 30% delle giornate di lavoro necessarie al settore. Ma latitano gli italiani che però pagano per diventare turisti-contadini per pochi giorni piuttosto che essere pagati per fare i contadini sul serio. Da disoccupati, studenti, pensionati e percettori di reddito di cittadinanza, nessuna candidatura.
La sorpresa invece arriva appena oltrepassi i confini: a soli 20 minuti di treno dal Brennero, in una valle verde e selvaggia come quella del Wipptal, nel Tirolo austriaco, scopri che i turisti si mettono, pagando, al servizio delle necessità del territorio.
Se raggiungi St. Jodok, 300 abitanti, sei nel posto giusto: qui c’è la “Scuola della malga”, capace di trasformare un cittadino qualsiasi in un contadino d’alpeggio.
Costo: 349 euro con 3 pernottamenti con colazione in camera doppia, merende, una cena con piatti regionali, autobus fino alla malga. Non è raro trovarci italian
Il turista contadino va di moda anche in diverse località montane italiane. A Livigno, in Valtellina, potrete fare un’esperienza dentro una tipica malga sull’Alpe Federia, a 2.200 metri, dove viene portato il bestiame durante l’estate e ci si mette subito al lavoro con la mungitura e il ricovero degli animali nella stalla. Poi si cena da “contadini” e si va a letto presto perché all’alba ci sono gli animali da portare al pascolo, altri da mungere per imparare a fare burro e formaggi.
Poi si può tornare cittadini con il souvenir di due esclusivi trofei (compresi nella quota di 85 euro per le attività, il pernottamento e la cena): una tuta e gli stivali da lavoro.
Una delle valli più amate dal turismo montano è l’Alta Badia e anche qui non mancano le occasioni per diventare contadini dal taglio dell’erba con la falce alla cura del bestiame fuori e dentro la stalla. Ma se hai tra i 18 e i 45 anni e vuoi veramente metterti alla prova barattando le tue ferie con un lavoro di volontariato (minimo una settimana, massimo 2 mesi) c’è il progetto Pasturs.
Gli organizzatori spiegano in anticipo che quella che si va a vivere non è una vacanza (vietato portare il cane, l’amico del cuore, la fidanzata, il marito o i figli) ma chi la sceglie ha compiti precisi sugli alpeggi: «Accompagnerai il pastore in tutte le sue occupazioni quotidiane, ci si sveglia all’alba, ci si occupa in toto del gregge o della mandria. Se il pascolo è vicino alla baita si torna per pranzo, altrimenti ci si accontenta di pane, formaggio e salumi».
Si accudiscono gli animali fino al tramonto, si cena e si va a dormire per ricominciare il tutto all’alba del giorno dopo. Se “resisterete” all’esperienza, beh, allora pensateci: dentro di voi batte un cuore bucolico. Siete pronti a cambiare vita e, forse, anche a partecipare al reality “Il contadino cerca moglie”.
(da agenzie)
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Settembre 7th, 2023 Riccardo Fucile
I MILIARDARI HANNO RADDOPPIATO LE LORO FORTUNE
Tassare i super-ricchi. E’ il minimo per fare del mondo un luogo meno ingiusto e diseguale di quanto lo sia oggi. Un mondo in cui negli ultimi 10 anni i miliardari del pianeta hanno più che raddoppiato le proprie fortune arrivate a 11.800 miliardi. Su scala globale per ogni dollaro di gettito fiscale solo 4 centesimi provengono da imposte patrimoniali
A darne conto, con la consueta puntualità e documentazione, è Oxfam.
Un Rapporto che fa pensare
Nell’ultimo decennio i miliardari del pianeta hanno più che raddoppiato i propri patrimoni, passati da 5.600 a 11.800 miliardi di dollari. Eppure, su scala globale, per ogni dollaro di gettito fiscale solo 4 centesimi provengono da imposte patrimoniali e con le regole attuali metà dei milionari del mondo non sarà assoggettata ad alcuna imposta di successione, potendo trasferire, esentasse, una ricchezza pari a 5 mila miliardi di dollari ai propri eredi.
Uno scenario di disarmante ingiustizia da cui prende le mosse l’appello ai leader del G20 – che si riuniranno in India i prossimi 9 e 10 settembre – lanciato oggi con una lettera aperta firmata da quasi 300 milionari, economisti di fama mondiale e rappresentanti politici di quasi tutti i Paesi del G20, promossa da Oxfam, Patriotic Millionaires, Institute for Policy Studies, Earth 4 All e Millionaires for Humanity.
Centrale nel testo la richiesta urgente perché venga raggiunto al più presto un nuovo accordo internazionale sulla tassazione dei grandi patrimoni, con l’obiettivo di “impedire che l’esorbitante concentrazione di ricchezza comprometta il nostro futuro comune”, mentre sempre più persone in tutto il mondo “chiedono a gran voce un cambiamento” che renda più inclusive le nostre economie e più eque, dinamiche e coese le nostre società.
I firmatari dell’appello
Tra i firmatari figurano l’ereditiera e filantropa Abigail Disney, gli ex premier di Romania, Croazia, Repubblica Ceca e Bulgaria, il deputato USA Brendan Boyle, ex ed attuali parlamentari europei tra cui Aurore Lalucq; artisti come Brian Eno e Richard Curtis, l’ex Presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite Maria Espinosa ed economisti del calibro di Gabriel Zucman, Joseph Stiglitz, Thomas Piketty, Jayati Ghosh, Kate Raworth, Jason Hickel e Lucas Chancel.
“Tassando gli ultra-ricchi si possono trovare le risorse necessarie per affrontare le grandi sfide del nostro tempo”
L’estrema concentrazione della ricchezzanelle mani di pochi rappresenta “un disastro economico per l’ambiente e per il rispetto dei diritti umani che minaccia la stabilità politica in tutto il mondo – continua la lettera – (…) Decenni di riduzione delle tasse per i più ricchi, basata sulla falsa promessa che della ricchezza ai vertici avremmo beneficiato tutti, hanno contribuito ad acuire le disuguaglianze, portandole a livelli allarmanti”.
Da qui la richiesta che il G20 agisca subito e intervenga per aumentare il prelievo sugli individui più ricchi. Un intervento che aumenti l’equità dei sistemi fiscali e che generi risorse indispensabili ad affrontare le enormi minacce globali che ci troviamo davanti.
“Per quasi 2 miliardi di persone l’inflazione ha superato l’aumento dei salari”
“Per la prima volta da decenni, – sottolineano i firmatari – la povertà estrema è in aumento e quasi due miliardi di persone vivono in Paesi in cui l’inflazione ha superato la crescita dei salari. Inoltre, si sta rapidamente esaurendo il tempo a disposizione per gli Stati per effettuare gli investimenti necessari a contenere l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi, come previsto dall’Accordo di Parigi”.
“In campo ci sono proposte autorevoli e condivise: trovate il coraggio di attuarle!”
“Molto lavoro è già stato fatto – conclude la lettera – Esistono tante proposte di tassazione della ricchezza avanzate da parte di alcuni dei più importanti economisti al mondo. L’opinione pubblica è favorevole alla tassazione degli ultra-ricchi. Lo siamo anche noi. Ora manca solo la volontà politica per fare concreti passi in avanti. È ora che la troviate”.
“Negli ultimi decenni, le disuguaglianze economiche e sociali si sono acuite in molte parti del mondo.– aggiunge Morris Pearl, presidente dei Patriotic Millionaires ed ex amministratore delegato di BlackRock – Il crescente divario tra ricchi e poveri ha destabilizzato l’economia globale, indebolito la coesione sociale e favorito l’affermarsi di proposte politiche estreme e populiste. Come persona molto ricca, in rappresentanza di un’organizzazione di persone facoltose che la pensano come me, chiedo al G20 di tassarci. I leader delle maggiori economie mondiali devono coordinare un’azione rapida e decisa per ridurre i pericolosi livelli di disuguaglianza che abbiamo raggiunto. Se non si riuscirà a tassare efficacemente le grandi ricchezze, il risultato sarà un indebolimento dell’economia globale, il declino delle istituzioni democratiche e l’aggravarsi di disordini sociali. Il G20 deve agire”.
“Auspichiamo che l’appello al G20 non cada nel vuoto e stimoli azioni conseguenti da parte dei governi. – ha commentato Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia fiscale di Oxfam Italia – Non è facile, ma ne vale la pena. Ne sono convinti i firmatari dell’appello, tra cui alcune tra le persone più facoltose al mondo. Il proposito è anche supportato dalla maggioranza dei cittadini europei che avalla l’idea di aumentare il prelievo a carico dei più ricchi. Non a caso sull’introduzione in Europa di un’imposta sulle grandi fortune è stata di recente presentata un’Iniziativa dei Cittadini Europei e presto partirà la relativa raccolta firme. Per consolidare il sostegno formale di chi chiede maggiore equità del prelievo e per poter generare considerevoli risorse da destinare al finanziamento delle politiche di coesione, delle strategie di transizione ecologica e sociale in Europa e degli interventi di solidarietà internazionale”.
Una scheda illuminante
Nell’ultimo decennio (2012-2022) le persone con un patrimonio superiore ai 50 milioni di dollari hanno visto incrementare del 18,3% il valore della propria ricchezza aggregata netta, mentre i miliardari Forbes hanno visto aumentare le proprie fortune del 98% in termini reali. I patrimoni dei miliardari sono aumentati al ritmo di 2,7 miliardi di dollari al giorno nell’ultimo triennio. Il periodo considerato va dal 18 marzo 2020 al 30 novembre 2022. Tra marzo 2020 e novembre 2022 per ogni dollaro di incremento della ricchezza netta del 90% più povero del pianeta, il patrimonio medio di un miliardario Forbes è aumentato di 1,7 milioni di dollari. Tra le economie più floride dell’area OCSE, in media, l’aliquota marginale più alta sui redditi personali è passata dal 58% del 1980 al 44% del 2016 (o anni più recenti). Nello stesso periodo e con riferimento allo stesso gruppo di Paesi, l’aliquota della tassazione dei dividendi percepiti dalle persone fisiche è passata dal 61% al 42%. In media (su 117 Paesi) l’aliquota dell’imposta sulle rendite finanziarie si attesta oggi ad appena il 18%.
(da Globalist)
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Settembre 7th, 2023 Riccardo Fucile
CI SONO SOLO POLITICI INVASATI
Tranquilli. La grande maggioranza di quelli che arrivano da noi, migranti, ci considerano un paese di transito. Ben altre sono le loro mete in Europa.
Ne scrive Tommaso Coluzzi su fanpage: “Le domande d’asilo registrate nei Paesi europei continuano ad aumentare, tanto da avvicinarsi ai livelli dello scoppio della guerra in Siria. Secondo i dati dell’Agenzia dell’Ue per l’asilo – l’Euaa – nei primi sei mesi del 2023, le richieste arrivate nei Paesi dell’Unione e in Norvegia e Svizzera sono aumentate del 28% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Un dato in netta crescita rispetto al passato recente e agli ultimi anni di calo dopo le crisi in Medio Oriente. Tra gennaio e giugno sono state presentate 519mila domande d’asilo nei ventinove Paesi (i ventisette più i due extra-Ue considerati nello studio dell’Euaa). Sulla base di questi dati, la proiezione verso la fine dell’anno non è complessa da immaginare: “Con le tendenze attuali le domande potrebbero superare il milione entro la fine dell’anno”.
La maggioranza di coloro che chiedono asilo in Europa sono siriani, afghani, venezuelani, turchi e colombiani. Parliamo di un gruppo di nazionalità da cui arriva il 44% delle domande, praticamente la metà del totale. Di tutti i rifugiati, invece, 4 milioni sono ucraini. Tornando al dato generale, invece, risulta che sia il più alto numero di richieste dal 2015-2016. Parliamo di anni fortemente condizionati dal conflitto in Siria, che ha fatto aumentare il flusso di rifugiati in Europa. All’epoca le domande furono 1,3 milioni nel 2015 e 1,2 milioni l’anno successivo. Nel 2022, invece, sono state poco meno di un milione: circa 995mila.
Secondo l’Euaa, la Germania è il Paese che ha ricevuto il maggior numero di domande d’asilo, il 30% del totale. In pratica una persona su tre che chiede lo status di rifugiato in Europa, fa domanda a Berlino. Segue la Spagna con il 17% e la Francia con il 16%. A riprova del fatto che anche gli altri Paesi europei subiscono la pressione dei flussi migratori, non solo l’Italia.
L’agenzia, nel suo report, dice che a causa di questo aumento molti Paesi europei “sono sotto pressione nel trattare le domande” e che il numero di fascicoli in attesa di decisione è aumentato del 34% rispetto al 2022. Insomma, più richieste e tempi più lunghi. Inoltre il 41% delle domande di prima istanza ha ricevuto una risposta positiva”.
Italia, addio. Se possibile
Ne dà conto, per EuropaToday, Dario Pretigiacomo: “Il numero di migranti che chiedono asilo nell’Unione europea continua ad aumentare: nel 2022, al netto dei rifugiati ucraini, sono state 1 milione le richieste registrate dai 27 Paesi Ue. A cui aggiungere le circa 520mila domande arrivate nei primi sei mesi del 2023, in crescita del 28% rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. Sono i dati dell’ultimo rapporto dell’Euua, l’agenzia europea per l’asilo. Dati che disegnano uno scenario di crisi che potrebbe essere peggiore di quella vissuta nel 2015-2016. E che indicano come l’Italia non sia il Paese del blocco con il più alto numero di richiedenti asilo.
Secondo i dati del 2022, infatti, l’Italia ha processato 84mila domande, un terzo di quelle arrivate agli uffici per l’asilo in Germania (244mila). Berlino resta di gran lunga il Paese europeo con la maggiore quota in assoluto di richiedenti. Al secondo posto, c’è la Francia con 156mila, seguita da Spagna (118mila) e Austria). L’Italia si piazza al quinto posto, in termini assoluti. Ma scivola molto più indietro se si confrontano richieste di asilo e popolazione. Da noi, l’anno scorso ci sono state 1,4 domande ogni mille abitanti, percentuale più bassa tra i grandi Stati Ue. In termini relativi, veniamo scavalcati da Paesi più piccoli: in Grecia il rapporto è di 3,7 richieste di asilo ogni mille abitanti, in Belgio del 3,6, in Bulgaria del 2,8, in Austria addirittura del 12.
Le cose non sembrano essere cambiate anche nei primi sei mesi del 2023: è vero che l’Italia ha già circa 62mila domande d’asilo, ma l’aumento delle richieste riguarda quasi tutti i Paesi Ue, e Germania, Francia e Spagna hanno numeri ben più alti.
L’Italia, inoltre, è tra le grandi economie dell’Ue quella che si è attivata meno nel 2022 per ricollocare nel suo territorio rifugiati dalle zone di guerra nel mondo: sempre escludendo gli ucraini, l’anno scorso abbiamo portato nel nostro Paese appena 80 persone attraverso i cosiddetti canali sicuri. La Svezia ne ha ricollocati circa 5mila, la Germania 4.775, la Francia 3.200, l’Olanda 1.405, la Spagna 1.110, la Finlandia 1.090.
Il rapporto dell’Euua segnala poi un aumento dei cosiddetti movimenti secondari, ossia dei passaggi di richiedenti asilo dal Paese di arrivo (dove in base al regolamento di Dublino dovrebbero restare in attesa dell’esito della procedura) a un altro Paese Ue. Il fenomeno ci riguarda da vicino, dato che i governi del Nord Europa hanno più volte accusato l’Italia di favorire la “fuga” di migranti dalle sue strutture per raggiungere la Germania o la Francia: nel 2022, da noi ci sono state circa 10mila domande implicitamente ritirate da richiedenti asilo. Un ritiro implicito, spiega l’agenzia europea, “può indicare movimenti secondari non autorizzati verso un altro Paese”, e per questo viene usato come indicatore per capire l’entità di queste fughe.
Ecco perché l’Italia è anche il Paese europeo che ha ricevuto il maggior numero di richieste da parte di altri Stati membri affinché si riprenda i migranti “sfuggiti”: nel 2022, ci sono state inoltrate oltre 30mila domande di questo tipo. Dall’altro lato della barricata, la Germania e la Francia sono i Paesi Ue che hanno inviato più richieste in uscita: quasi 70mila la Germania, circa 45mila la Francia. Richieste per lo più rimaste senza risposta: l’Euua segnala che i trasferimenti di dublinati nel 2022 sono stati appena 16mila, su 166mila richieste complessive”.
Frontex report
Gli «sviluppi sul campo» in una serie di Paesi di origine e di transito, guidati da «fattori macroeconomici globali» (soprattutto inflazione persistente e recessione globale), avranno «un impatto negativo» sulle condizioni socioeconomiche di ampie popolazioni e faranno presagire un aumento dei flussi migratori verso l’Europa. Per il 2023/2024 «è probabile» che le rotte del Mediterraneo orientale e del Mediterraneo centrale «vedranno una maggiore attività migratoria e una proporzione più elevata dei flussi migratori complessivi verso le frontiere esterne dell’Ue».
Lo si legge nell’analisi sui rischi per l’anno che verrà di Frontex. «Parte di questo fenomeno – prosegue il rapporto – sarà probabilmente l’uso crescente dei corridoi dalla Turchia, dal Libano e dalla Siria verso il Mediterraneo centrale, che segnerà un’ulteriore sfumatura tra le rotte del Mediterraneo orientale e centrale: questo fenomeno sarà esacerbato dall’aumento dei collegamenti aerei tra le due aree geografiche, che hanno già portato alla registrazione di migranti, come i siriani, tradizionalmente presenti solo nel Mediterraneo orientale, sulle rotte provenienti dalla Libia».
«Ai flussi verso nord dalla Libia e dalla Tunisia si aggiungerà un numero crescente di migranti nordafricani e da vari Paesi subsahariani, i cui Paesi devono affrontare previsioni economiche, di sicurezza, di diritti umani e climatiche preoccupanti per il 2023/2024. I fattori – si legge ancora – che mitigano i flussi di migranti irregolari sono una maggiore cooperazione attraverso il Mediterraneo e un rinnovato impegno bilaterale e multilaterale per consentire alle autorità dei Paesi terzi di prevenire il traffico di migranti sul loro territorio».
Sul fronte migranti per il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi “la soluzione è cercare di bloccare il più possibile le partenze, assoggettare quelli che arrivano alle norme europee e nazionali e quindi implementare il sistema delle espulsioni e dei rimpatri”
(da Globalist)
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Settembre 7th, 2023 Riccardo Fucile
SOLO 2 NEOLAUREATI SU 3 TROVANO UN IMPIEGO DOPO L’UNIVERSITA’, MOLTI LASCIANO IL PAESE E NON TORNANO PIU’
Il Bel Paese è ancora il fanalino di coda dell’Unione europea: solo il 65,2% dei neolaureati italiani trova un lavoro.
Secondo le rilevazioni Eurostat, sopra di noi ci sono tutti gli altri Paesi dell’Unione, sia gli Stati che fanno poco meglio di noi, ad esempio la Grecia (66,1%) e la Romania (66,9%), sia quelli che guidano nettamente la classifica, cioè il Lussemburgo (93,4%), i Paesi Bassi (92,9%) e la Germania (92,2%). Numeri che raccontano due “Europe” ben diverse.
Se si guarda la media dei Paesi membri, i dati Eurostat sull’occupazione giovanile nel continente risultano piuttosto positivi: nel 2022, ben l’82,4% dei giovani tra i 20 e 34 anni che ha completato un percorso universitario ha ottenuto un impiego, oltre il 17% in più rispetto all’Italia. Questi numeri aiutano anche a capire perché così tanti italiani neolaureati lascino il Paese. Infatti, nel periodo 2010-2021 hanno preferito trasferirsi all’estero circa 81mila giovani in più rispetto a quelli che sono ritornati.
Dal 2014 ad oggi – con l’eccezione degli anni della pandemia – c’è stata una crescita costante dei giovani neolaureati che entrano nel mondo del lavoro: un aumento di oltre 7 punti percentuali. Tuttavia, analizzando le tendenze bisogna riconoscere che l’Italia nello stesso arco di tempo è riuscita a migliorare di molto questo dato. Infatti, come emerge dalle rilevazioni Eurostat fatte nel corso degli anni, l’Italia è passata dal 45% del 2014 al 65,2% del 2022, una crescita quasi tre volte più grande di quella della media europea. Ma di lavoro da fare ce n’è ancora tanto.
La nostra penisola ha anche un altro problema: il basso numero di laureati. Nella fascia d’età 30-34 anni, gli italiani con un diploma universitario sono il 26,8% contro il 41,6% della media Ue. Oltre ad abbassare la media, siamo anche ben lontani dall’obiettivo europeo che è stato fissato al 40%. Infine, per completare il quadro bisogna parlare anche dei neet – i neither in employment nor in education and training -, visto che troviamo l’Italia in fondo pure a questa classifica, con il 30,9% dei giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non si formano. Peggio di noi solo la Grecia, con il 31,5%.
(da Fanpage)
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