Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile
“QUESTA SIGNORA, ABITUATA AGLI CHAMPAGNE DI PARIGI, NON C’ENTRA NULLA CON LA NOSTRA STORIA”
Matteo Salvini ha persino invitato i cittadini francesi a partecipare la raduno di Pontida, parlando la loro lingua in un video che sfrutta l’intelligenza artificiale. Ma è Marine Le Pen, presidente del partito Rassemblement National, l’ospite più attesa dai vertici della Lega. Dai vertici, appunto.
C’è invece un vecchio big del partito, Mario Borghezio, che ha criticato apertamente il segretario del Carroccio per aver steso il tappeto verde di Pontida ai piedi della francese. «La presenza di Le Pen, contraria alle autonomie, pone un problema serio per i militanti come me. Così si butta al vento l’azione forte e incisiva del ministro Roberto Calderoli, così come si rinuncia a tutte le battaglie per l’autodeterminazione dei popoli». L’ex europarlamentare ha biasimato «la visione di questa signora, abituata agli champagne di Parigi» e che, ha detto Borghezio, «non c’entra nulla con la nostra storia. A differenza del padre, la cui esperienza è stata il sangue dell’Algeria, la donna a cui faccio riferimento è altro».
(da Open)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile
OBIETTIVO: RICOMPATTARE LA GALASSIA RAZZISTA IN EUROPA RACCOLTA IN “IDENTITÀ E DEMOCRAZIA”: NATA ANTIEURO, SU POSIZIONI NO VAX E FILORUSSE, WEIDEL ULTIMAMENTE SEMBRA IN DIFFICOLTÀ
Il primo contatto è avvenuto all’inizio dell’estate. E questa settimana, a Strasburgo, se n’è riparlato tra i dirigenti dei due partiti. In vista delle elezioni europee, racconta una autorevole fonte tedesca, Matteo Salvini ha espresso l’intenzione di incontrare la capa degli ‘impresentabili’ tedeschi, la leader dell’Afd Alice Weidel.Una data ancora non c’è, ma il dado è tratto. Ed è un altro segnale inequivocabile che il leader della Lega intende fare concorrenza a Giorgia Meloni da destra.
Anzitutto ricompattando la galassia nera in Europa, raccolta nel gruppo “Identità e democrazia”.
Mesi fa Salvini aveva già espresso l’ambizione, un tantino smodata, di trasformarlo nel primo gruppo al Parlamento europeo. Domani a Pontida ha invitato un’altra sodale dell’internazionale xenofoba, euroscettica e nazionalista: la leader della destra estrema francese, Marine Le Pen.
La scelta di Alice Weidel, per Salvini, forse non è casuale. La leader Afd è uno degli ultimi volti moderati di una forza politica che nei suoi primi dieci anni di vita si è spostata sempre più a destra. Nata antieuro, ribattezzata “il partito dei professori”, l’Afd ha raggiunto un primo picco nei consensi durante la crisi dei profughi del 2015 radicalizzandosi su posizioni ferocemente xenofobe. E negli anni successivi ha raccolto talmente tanti nostalgici ed estremisti nelle sue fila da finire sotto osservazione dei servizi segreti interni, il Verfassungsschutz, per sospette attività antidemocratiche. È stato il partito dei No vax durante la pandemia, ora è il rifugio dei filorussi che detestano l’Ucraina.
Weidel ultimamente sembra in difficoltà, pressata dalla destra del suo partito. E anche lei si sta radicalizzando. Qualche giorno fa, quando le hanno chiesto perché avesse declinato l’invito dell’ambasciata russa nel giorno della liberazione dal nazismo, l’8 maggio, la leader ha risposto che non voleva «festeggiare la sconfitta del mio Paese». Cioè, la Germania di Hitler.
In Germania, per ora, vige ancora la “Brandmauer”, il “frangifuoco” di Angela Merkel, il divieto per i conservatori della Cdu di allearsi con il suo partito. Un muro che da qualche mese ha cominciato a mostrare qualche crepa. Nei land dell’Est, dove l’Afd raccoglie tra un quarto e un quinto dei consensi, sta diventando sempre più difficile formare coalizioni senza l’ultradestra. E qualcuno, nella Cdu, sta cercando di picconare il “frangifuoco” merkeliano.
L’Afd veleggia nei sondaggi nazionali intorno al 20-22%. E una delle figure più influenti del partito euroscettico, filrousso e complottista, resta lo storico rivale di Weidel, il leader della Turingia Bjoern Hoecke. È l’uomo che definì il monumento all’Olocausto a Berlino «una vergogna».
(da La Stampa)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile
“LA VERSIONE DI GIORGIA” È IL PROSEGUIMENTO DELLA GUERRA DI VANNACCI MA CON ALTRI MEZZI
I toni sono quelli istituzionali da Presidente del Consiglio. Il registro è colloquiale, con il Tu con cui dialoga con il direttore del Giornale Alessandro Sallusti. E i temi trattati sono quelli della stringente attualità, dalla guerra in Ucraina alla tassa sugli extraprofitti delle banche, sino al vasto – e allo stato attuale irrealizzato – programma di governo della destra, dalla flat tax al presidenzialismo.
Ma quel che davvero caratterizza “La versione di Giorgia”, il nuovo libro intervista della premier Giorgia Meloni, uscito ieri per Rizzoli, non è nulla di tutto questo. Piuttosto, è la quantità di vittimismo e teorie del complotto che punteggiano il volume, come o forse più che nel libro del Generale Vannacci. Con il corollario che qui è un capo di governo in carica, nel pieno esercizio delle sue funzioni, a metterli nero su bianco.
Nel meraviglioso mondo (all’incontrario) di Giorgia, c’è un complotto per ogni cosa. C’è il complotto delle “grandi concentrazioni economiche” che favoriscono l’immigrazione africana anziché quella moldava perché “funzionale al disegno del cosiddetto meeting pot, cioè di mescolare il più possibile per diluire”.
Secondo Meloni, quindi, delle non meglio precisate plutocrazie terracquee favorirebbero l’immigrazione per “snaturare l’identità delle nazioni e rivedere al ribasso i diritti dei lavoratori”, perché “vedono l’identità come un ostacolo al loro potere di concentrazione della ricchezza”, poiché “non avendo territori e confini per vivere, hanno necessità di standardizzare usi e costumi e renderli transnazionali”.
Qualche pagina più avanti, Meloni dà un volto e un nome a questi poteri occulti. Ma se vi aspettate i nomi di Jeff Bezos, o Mark Zuckerberg, o Elon Musk, siete fuori strada. Il nome, sempre lo stesso, è quello che a ogni piè sospinto esce dalla bocca di Vikor Orban e Vladimir Putin. Quello del mefistofelico György Schwartz, per il mondo George Soros, il finanziere – guardacaso ebreo – che tutte le destre d’Europa indicano come il burattinaio occulto dell’agenda globalista.
Giorgia Meloni premette di “non credere ai burattinai, ma”, un po’ come chi “non è razzista, ma”. E infatti, “ma quando parliamo di Soros, parliamo di una persona che tramite la sua galassia di fondazione, persegue apertamente un’agenda politica”.
Da Soros al piano per la sostituzione etnica degli europei – altro complotto caro alle destre europee – il passo è breve. E infatti, dice Meloni che l’ha molto colpita “l’enorme polemica sulle parole del ministro Lollobrigida che aveva detto di voler difendere la società italiana dal rischio di una sostituzione etnica”.
Apriti cielo, dice ancora Meloni, “si è detto che le sue erano teorie suprematiste, neonaziste e ovviamente, razziste”. Cosa che in effetti, è vera, con buona pace della premier.
La teoria del complotto sulla sostituzione etnica è infatti opera di Gerard Honsik, neonazista austriaco condannato due volte, nel 1992 e nel 2009, per aver pubblicamente negato la Shoah. Ed è una teoria che è stata rilanciata, discussa e diffusa proprio dai gruppi della destra più estrema, prima di diventare un cavallo di battaglia anche per la destra istituzionale di Salvini e Meloni.
Non manca, ovviamente, nemmeno il complotto della lobby omosessuale, quella che discrimina Arisa perché definisce Meloni coraggiosa. O che spinge “le teorie gender portate all’estremo”, soprattutto nelle scuole, dove avviano “campagne con le quali si spiega ai bambini di sei anni cosa sia l’omosessualità facendo scambiare i vestiti tra maschietti e femminucce”.
Non manca, ovviamente, la solita tirata sul disastro culturale del ’68 “del sei politico”, e la nostalgia per i tempi dei nostri nonni dove si ti comportavi male a scuola “ti beccavi un ceffone” e dove i genitori mandavano i ragazzi a fare i benzinai d’estate, mentre oggi rischierebbero l’arresto, se lo facessero.
E non manca nemmeno il negazionismo climatico, con Meloni che afferma, dopo l’estate che abbiamo passato, che “lo sviluppo sostenibile non è l’emergenza prioritaria”, bensì un vezzo dell’ “ecologista di sinistra”, che “vive nel centro di una grande città, magari nella Ztl”, con la sua “mountain bike da tremila euro, ovviamente assistita da batterie, perché non sia mai che ci si debba stancare”.
(da Fanpage)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile
“GLI SPAZI CI SONO E NON LI LASCEREMO VUOTI”
«Abbiamo deciso di riaprire un cinema abbandonato dal 2007: gli spazi ci sono e noi vogliamo utilizzarli». Il movimento giovanile-studentesco “Tende in piazza”, nato la scorsa primavera dalla protesta contro il caro affitti di Ilaria Lamera, la studentessa del Politecnico di Milano che aveva piantato una canadese di fronte all’ateneo per denunciare i prezzi folli di una stanza per i fuori sede, insieme al sindacato studentesco Udu, sono tornati a farsi sentire e lo hanno fatto occupando l’ex cinema Splendor in via Gran Sasso a Milano. Complice la fine dell’estate e il ritorno nelle facoltà, il tema dell’emergenza abitativa e del caro-affitti è tornato di grande attualità. «Gli spazi esistono, ma si preferisce lasciarli vuoti», ha spiegato Lamera. «Saremo circa un centinaio di persone a fare un tavolo di discussione». L’occupazione non «ha una data di scadenza», ha aggiunto Barbara Morandi, attivista del movimento. I ragazzi di “Tende in Piazza” si sono recati all’ex cinema dopo una breve conferenza stampa in piazza Leonardo Da Vinci. «Siamo tende e ci prendiamo un tetto», si legge su uno striscione.
«In questi mesi il governo nazionale e regionale e il Comune di Milano non hanno mostrato alcun interesse per i nostri bisogni, ci hanno bombardato solo di falsi e roboanti annunci sui giornali o di iniziative di facciata. Come il tavolo fallimentare sul “Canone Concordato” ma che ha portato risultati ben lontani dalle nostre richieste. Oppure il rinvio della terza rata del Pnrr con i fondi per gli studentati pubblici», dichiarano gli organizzatori della protesta.
«Siamo furiosi – si legge nel comunicato diramato alla stampa – Con l’occupazione temporanea dello studentato di Viale Romagna (lo scorso giugno, ndr) abbiamo voluto ribadire che quelle giornate passate con i piedi nel fango e le tende piegate dalla pioggia sono state solo l’inizio, la nostra lotta non può e non deve fermarsi».
Gli studenti e le studentesse, che oggi accoglieranno negli spazi dell’ex cinema Splendor i collettivi giovanili e le reti dell’abitare, «ma anche i residenti», spiegano che trascorreranno questa notte e le successive all’interno dell’edificio. L’obiettivo è quello di far sapere che «gli spazi da riconvertire ad uso della comunità esistono». L’accusa dietro queste azioni di protesta è rivolta alle istituzioni «che sembravano molto presenti ma senza un impegno serio e concreto», spiega ancora Lamera.
All’interno dello Splendor, gli occupanti hanno iniziato le operazioni di pulizia e di allestimento per preparare lo spazio che accoglierà l’assemblea generale di stasera e domani.
Nei giorni scorsi, comunque, si era già acceso lo scontro tra governo e Unione degli Universitari (Udu) sul tema dell’edilizia universitaria dopo le frasi della premier Giorgia Meloni a Porta a Porta: «Abbiamo spostato 500 milioni dalla terza alla quarta rata del Pnrr per gli studentati, e ho letto che gli studenti hanno scritto a von der Leyen per chiedere di non darci i fondi. Non si lavora contro l’italia all’estero». Immediata la replica della coordinatrice nazionale Udu Camilla Piredda: «Meloni ci ha accusati di odiare gli italiani. Invece di assumersi le proprie responsabilità per il disastro del Governo sul PNRR, fa lo scaricabarile e accusa il sindacato studentesco». Per questo è stato annunciato un fitto calendario di proteste in molte città d’Italia a partire dal 25 settembre.
L’oggetto del contendere riguarda infatti la terza tranche del Pnrr. La Cgil e l’Udu avevano scritto alla presidente della Commissione Ue von der Leyen, chiedendo un controllo rispetto ai posti letto rendicontati dalle autorità italiane. Secondo il monitoraggio svolto dal sindacato studentesco, infatti, soltanto la metà dei 9mila posti letto dichiarati erano effettivamente nuovi. Molti erano invece già esistenti e operativi, spesso in studentati privati aperti da anni, dove una camera può arrivare a costare mille euro al mese.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile
VERSO UNA REPUBBLICA FONDATA SUL LUCRO: LA SANITA’ PRIVATA IMPAZZA (GRAZIE A CHI LA AGEVOLA)
Prendo spunto dalle parole del mio amico e collega Pietro che spesso
negli anni mi ha detto: “Per vedere cosa fare e come comportarsi bisognerebbe guardare gli altri”. Io gli ho sempre risposto che è vero, ma a volte si sbaglia anche a copiare se non si copia bene! Per questo ho sempre pensato che studiare, approfondire e proporre sia meglio che copiare.
Guardarsi intorno non può che aiutare ma non deve servire a pensare, come spesso fanno gli italiani, di essere fortunati e adagiarsi sugli allori di tempi passati quando l’Italia era considerata una delle Nazioni al mondo con una assistenza assoluta: avevamo il secondo sistema sanitario più bello del mondo, dopo la Francia secondo l’Oms, fino al 2000. Oggi almeno il 60% dei fondi pubblici finisce in mano ai privati; più del 50% delle strutture che si occupano di malattie croniche sono private
.Ma negli altri stati?
E’ noto come, ad esempio, a Nairobi un tassista che porta un turista quasi “cerca” l’incidente per poter fare controlli al Pronto Soccorso con la carta di credito del passeggero! La privatizzazione della salute in Kenya rivelava le sue aberranti manifestazioni, incluso il fatto che anche partorire in ospedale comportava un costo che la maggior parte della popolazione non poteva permettersi per cui i parti difficili finivano male. Franciska Wanjiru parla della salma di sua madre come un ammasso di pietre, non di un corpo umano, trattenuta da due anni presso il Nairobi Women’s Hospital per il mancato pagamento delle spese ospedaliere. Il suo debito equivale a 43.000 dollari. Nel 2017 una donna si è vista trattenere il figlio appena nato per oltre tre mesi, perché incapace di pagare i 3000 dollari richiesti per il parto. Più di recente, nel marzo 2021, la Corte Suprema ha imposto al Nairobi Women’s Hospital un risarcimento di oltre 27.000 dollari a favore di Emmah Muthoni Njeri, illegalmente detenuta per oltre cinque mesi!
Tutti conosciamo perfettamente che negli Stati Uniti senza una carta di credito non si viene accettati, tanto meno nelle strutture sanitarie.
Ma in Europa?
Prendiamo la Germania che si appresta a varare una nuova riforma sanitaria che prevede un sistema di rimborso delle strutture ospedaliere basato sulla qualità, e non più sulla quantità delle prestazioni, e il potenziamento dell’attività ambulatoriale. Dividerà il sistema in tre livelli di ospedali per alta specializzazione, intermedia e quelli focalizzati solo dalle cure di base.
Anche in Germania il Covid ha evidenziato la carenza del sistema sanitario. In un report da poco pubblicato si dice che in Europa circa dodici medici gestiscono mille casi. La Germania è al terzultimo posto con otto medici e diciannove infermieri ogni mille casi, come dimostrano i dati, che si riferiscono all’anno 2019. Secondo i dati riportati nel Secondo Rapporto sul Sistema Sanitario Italiano realizzato da Enpam e Eurispes e che confronta l’Italia con altri Paesi europei, “in Germania, l’11% del Prodotto Interno Lordo (PIL) è destinato alla spesa sanitaria. Nel 2020, la spesa sanitaria pro capite ammontava a circa 3.760 euro, di cui 557,71 euro erano spese dirette dei pazienti (“out of pocket”). Anche se inferiore alla spesa sanitaria negli Stati Uniti (8.745 dollari), la spesa pro capite in Germania supera la media dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), che era di 3.484 dollari nel 2020. In confronto, l’Italia registrava una spesa pro capite di 2.522,52 euro, di cui 592,43 euro erano spese dirette dei pazienti, corrispondendo a meno del 70% della spesa tedesca”. L’85% della popolazione tedesca, pari a 81,8 milioni di cittadini, è iscritto a una delle 132 assicurazioni sociali “obbligatorie” conosciute come Krankenkassen. Queste sono assicurazioni “non profit” che presentano caratteristiche di strutture sia private sia pubbliche. Il finanziamento del sistema sanitario tedesco è principalmente basato sulle entrate delle assicurazioni sociali obbligatorie (57%) e delle assicurazioni private (9%), con il contributo di altre fonti secondarie. Lo Stato centrale non partecipa al finanziamento, alla gestione né alla proprietà delle strutture sanitarie.
Ma torniamo all’Italia. Il modello della sanità privata si diffonde a macchia d’olio. Il rispetto delle regole viene stracciato alle fondamenta. Così scopriamo da un blitz dei Nas, eseguito in estate in tutta Italia, che le liste d’attesa non vengono rispettate nel 29% dei casi. Denunciati 26 tra medici e infermieri. Scoperte 195 agende di prenotazione “bloccate” “al fine di consentire al personale di poter fruire delle ferie estive o svolgere indebitamente attività a pagamento”. Ebbene sì, il privato vince. Ovunque.
Quindi cosa potremmo fare?
Intanto riaprire l’accesso alla facoltà di medicina. I test selettivi sono assolutamente inutili. Ricordo come fosse oggi che nel corso di laurea che io ho seguito alla fine degli anni Settanta la selezione era naturale, strada facendo. Non occorrono test ai quali partecipano migliaia di giovani speranzosi magari copiandoli per la modica cifra di 20 euro su gruppi Telegram, come sembrerebbe sia successo quest’anno!
O, per rifondare dalle basi la medicina, costituire una facoltà apposita di medicina del territorio. Cinque anni, senza specializzazione e senza la possibilità di fare tutto ma con la certezza di essere vicini ai cittadini che hanno bisogno nel primo filtro, con assunzione diretta in reparti ospedalieri pubblici o privati accreditati. Faranno il vero primo Pronto Soccorso, deviando i casi realmente urgenti ai vari specialisti. Non avremo più anche nella urgenza, per carenza di personale o per voglia di spingere la salute e la malattia verso il lucro, codici di carte di credito al posto dei codici di necessità come questa estate calda ci ha fatto scoprire.
(da il Fatto Quotidiano)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile
“SI SPRECANO ENERGIE SU POLEMICHE INUTILI”… E POI MANDA UN AVVISO AI NAVIGANTI E ALLA MELONI RICORDANDO QUANDO “IN ITALIA E IN EUROPA INIZIARONO LE MANOVRE SU SILVIO BERLUSCONI: “E QUELLO ERA BERLUSCONI”
Il passato riaffiora, stimolato dagli avvenimenti del presente. E per quanto nei conversari il patron di Mediaset si limiti all’essenziale, in questa fase turbolenta per Palazzo Chigi è chiaro a chi e a cosa si riferisce quando evoca le «manovre» contro il Cavaliere: «E quello era Berlusconi…».
Confalonieri non ha mutato idea sulla premier, «continuo a pensare che Giorgia Meloni sia brava, stia facendo bene e possa fare meglio».
E comunque il centrodestra oggi farebbe bene a concentrarsi sulle cose da fare, «invece si sprecano energie su polemiche inutili. Ogni giorno dalla maggioranza parte una c…ta, e dall’opposizione rispondono con una c…ta e mezza. Basta. Il governo è forte nel Paese: si fermi a ragionare sui problemi. Sull’immigrazione qualcosa bisognerà pur fare per quelle persone. Sull’inflazione, il lavoratore non deve essere sussidiato ma deve veder tutelato il suo potere d’acquisto».
Confalonieri osserva le dinamiche politiche dettate dalla sovrapposizione tra la difficile congiuntura e l’avvio della campagna elettorale europea. E dal modo in cui si rivolge ai suoi interlocutori, si capisce che non condivide certi atteggiamenti: «Ma Matteo Salvini che invita Marine Le Pen, che roba è?».
Nella domanda c’è già il giudizio. Anche se la risposta gli serve per dissipare un dubbio: per capire cioè se il capo della Lega voglia davvero ripetere lo schema del 2019, che portò alla crisi del Papeete.
La stabilità va preservata.
Perciò si aspetta che Forza Italia rafforzi l’area di centro della coalizione, «lealmente alleata della premier»: «Lo spazio c’è. C’è un pezzo di elettorato finito nell’astensionismo che si riconosce ancora nelle idee di Berlusconi, in una forza popolare, liberale, garantista, cattolica, europea. Sono persone che non votano Meloni, perché la considerano una leader di destra. Brava ma di destra». Il consiglio che offre a chi glielo chiede è di «irrobustire l’area dei moderati».
Questo compito spetterebbe a Forza Italia, «che deve aprirsi». Pare che Confalonieri avesse invitato i dirigenti azzurri a ricontattare Letizia Moratti: «Lei, per esempio, l’avrei ripresa. Sì, va bene, era andata via. Ma quanti sono andati via e sono poi tornati? Non può passare il concetto del “pochi ma buoni”, non è berlusconiano. Spero che nessuno pensi sia meglio chiudersi nel “meno siamo meglio stiamo”. Bisogna allargarsi».
In questa logica ci sarebbero stati dei contatti tra Matteo Renzi e la famiglia del Cavaliere. Quando gli è stato chiesto, il presidente del Biscione si è schermito. E alla domanda, ha risposto con un’altra domanda: «Mi spiega come mai lui abbia pochi voti e non raccolga più i consensi di una volta?». Ecco come Confalonieri passa le sue giornate romane. A discutere di politica con i politici. È un rito mantenuto anche dopo la scomparsa dell’amico di una vita: «Il 29 settembre sarà il compleanno di Berlusconi e Forza Italia lo celebrerà con una manifestazione a Paestum. A Paestum… Ma che c’entra Paestum? Silvio è di Milano. È a Milano che andava ricordato».
(da il Corriere della Sera)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile
I PAZIENTI COSTRETTI A RIVOLGERSI A STRUTTURE PRIVATE
Ammalarsi in Sicilia, o infortunarsi, significa andare incontro a tempi di attesa infiniti, un limbo fatto di macchinari rotti, informazioni disperse, liste chilometriche. Lo racconta oggi Repubblica: il quotidiano dice che per una visita senologica a Catania bisogna aspettare sei mesi, per un controllo endocrinologico a Palermo i mesi salgono a nove, e una Tac all’addome a Messina richiede 170 giorni. Le prestazioni saltate durante la pandemia sono 114mila, il piano della Regione per recuperarle è, secondo quanto annunciato, di 48.5 milioni. Già scremare le agende delle diciotto aziende sanitarie e ospedaliere pubbliche siciliane, per epurarle da doppioni e prestazioni non più richieste, sarebbe un inizio. Questo infatti è quello che è stato richiesto dall’assessorato regionale alla Salute, su spinta del governatore Renato Schifani.
I dati
Il numero di pazienti in attesa nel triennio 2020-2022 per le prestazioni ambulatoriali si conta facilmente a migliaia. Il record negativo spetta all’ospedale Papardo di Messina, con 35mila pazienti in attesa. Dati che però, secondo il commissario straordinario della struttura, sarebbero inesatti: «Abbiamo fatto un lavoro enorme per ripulire le liste e a oggi risultano 933 prenotazioni ambulatoriali e 133 interventi». Anche il Policlinico messinese dichiara di aver fatto un simile lavoro. «Il problema – hanno spiegato dalla direzione – è che la gente continua a prenotarsi». Nonostante la legge sulla trasparenza preveda il contrario, quasi nessuna azienda pubblica il report mensile sui tempi medi di erogazione delle prestazioni. E chi lo fa, fornisce dati parziali. Anche le indagini dei carabinieri del Nas, che tra luglio e agosto – su mandato del ministero della Salute – hanno eseguito blitz in tutta Italia, hanno confermato la carenza di trasparenza nelle prenotazioni. Solo in Sicilia, sarebbero infatti emerse 23 agende di prenotazione bloccate, con lo stop alle prestazioni, in 23 reparti e ambulatori tra Palermo e Agrigento.
Il confronto con i privati
La situazione nel pubblico è già cupa, ma si staglia con particolare drammaticità se messa a confronto con le strutture private, a cui i pazienti si rivolgono per mancanza di alternative, come sanno bene strutture come la clinica La Maddalena e Villa Santa Teresa. I problemi infatti non riguardano solo i tempi di attesa ma anche le strumentazioni: come denunciato dai sindacati Fials, Cimo, Anaao e altri: «L’Asp di Palermo ha da poco comprato una Risonanza magnetica per l’Ingrassia, ma ne aveva già una comprata nel 2020 rimasta inutilizzata. E le apparecchiature diventano obsolete dopo cinque anni».
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile
SUL PNRR PREVALE (35%) CHI ATTRIBUISCE LE DIFFICOLTÀ ALLE MANCATE RIFORME DELL’ESECUTIVO
Il rapporto con l’Europa è questione centrale per il governo Meloni. Oggi il 39% dichiara fiducia nell’Europa, il 48% esprime sfiducia. Non è solo, e forse non soprattutto, questione di orientamento politico. Certo, gli elettori pd sono europeisti senza se e senza ma (78% di fiducia), ma negli altri elettorati le opinioni tendono ad essere più equilibrate con gli elettori di FdI e M5S più critici (ma in entrambi i casi circa il 40% esprime fiducia in questa istituzione).
È molto di più questione di condizione sociale: sono i ceti popolari ad essere critici verso l’Ue (due terzi degli intervistati meno abbienti nega la fiducia all’Europa), al contrario i ceti medio alti sono favorevoli all’istituzione. Pur in questo contesto critico, si tende a ritenere che il rapporto del governo italiano con l’Europa sia più positivo (46%) che non negativo (30%). Questo indubbiamente grazie alle capacità diplomatiche, da molti sottolineate, della presidente del Consiglio.
I dossier
Questione più complessa invece il Pnrr. Le difficoltà nel perseguire i risultati richiesti sono attribuiti dal 35% alle difficoltà del governo nel procedere sulla strada delle riforme (71% tra gli elettori pd, 53% tra i 5 Stelle), dal 18% invece alle scarse capacità dei governi precedenti, Conte e Draghi, (31% tra gli elettori di FdI), mentre il 10% accusa la burocrazia europea e il 9% non vede rallentamenti.
L’altro grande tema, incognita del prossimo futuro, è la revisione del patto di Stabilità. Prevale in questo caso l’idea di una sua revisione, nel solco delle proposte del governo di escludere alcune spese dal conteggio del deficit (38%), ma il 28% pensa che debba essere riproposto sostanzialmente nelle forme pre-Covid (53% tra gli elettori del Pd). Rilevante la quota di chi non si esprime (35%).
Infine, un contenzioso sempre più evidente è quello relativo alla compagnia di bandiera, l’Ita, per la quale il governo accusa l’Ue di inaccettabili ritardi. In questo caso le opinioni degli italiani tendono a essere meno drastiche: il 37% invita il governo a percorrere tutti i canali diplomatici necessari (66% tra gli elettori pd, 55% tra i pentastellati), mentre 31% si schiera a favore delle lamentele del governo (58% tra gli elettori fdI, 54% tra le altre forze di centrodestra).
Gli schieramenti
E, in conclusione, quale sarebbe l’atteggiamento migliore da tenere nei confronti dell’Unione europea? Qui le opinioni si dividono quasi perfettamente a metà. Il 39% infatti ritiene che il governo dovrebbe battere i pugni sul tavolo, con un atteggiamento più rigido che faccia valere meglio gli interessi nazionali. Il 38% al contrario reputa che occorrerebbe essere più collaborativi, perché questo sarebbe il modo migliore per fare gli effettivi interessi del Paese.
Con differenze interessanti: gli elettori pd massicciamente schierati sulla collaborazione (76%), mentre questa ipotesi viene sostenuta più freddamente dagli elettori pentastellati (48%). Nel centrodestra l’opzione di irrigidimento è sposata dai due terzi circa (ma un terzo sarebbe «trattativista»). Insomma, l’Europa rimane un tema divisivo, che in qualche modo produce atteggiamenti parzialmente diversi sia nel centrodestra che tra i 5 Stelle. L’unica certezza è che il Pd è rimasto l’ultimo partito europeista.
Nando Pagnoncelli
(da il Corriere della Sera)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile
“HO AVUTO SCONTRI ENORMI CON DI MAIO”… “CREDO CHE SCHLEIN FACCIA LA SUA STRADA NEL PD, ABBIAMO COSE IN COMUNE”
Roberto Fico, ex presidente della Camera oggi presidente del Comitato di garanzia del Movimento 5 stelle, continua a fare politica: «Come potrei fare altrimenti con tutti gli impegni che ho?». Non è stato più candidato perché ha raggiunto il limite grillino dei due mandati, ma partecipa ai comizi e si vede spesso alla Camera dove ha le porte sempre aperte in quanto ex parlamentare.
Ovviamente è in contatto con Beppe Grillo: «Ci sentiamo al telefono molto spesso, parliamo di transizione ecologica, reddito universale. Beppe è sempre pieno di idee e offre spunti di riflessione».
La settimana prossima, il 20 settembre, il presidente Giuseppe Conte sarà a Lampedusa, nonostante da ex presidente del Consiglio in passato abbia battezzato i decreti sicurezza con il segretario della Lega Matteo Salvini, e l’allora pentastellato Luigi Di Maio (poi scissionista).
Fico però, dice, non è mai stato d’accordo: «Ho avuto degli scontri enormi con Di Maio. La sua politica andava su alcune questioni a braccetto con quella di Salvini, la mia andava esattamente nella direzione opposta. Oggi possiamo dire che quella battaglia politica è stata vinta dalle idee che io e tanti altri nel M5S portavamo avanti».
Che messaggio volete lanciare con questa visita di Conte?
La politica di Giorgia Meloni e della destra è sotto gli occhi di tutti: è un fallimento totale. Lavorano molto male in Europa. Perché se fai asse con i paesi sovranisti come Ungheria e Polonia, che non vogliono la ridistribuzione dei migranti, diventa facile per Francia e Germania – anche se sbagliano totalmente – , non venire incontro all’Italia.
Mentre adesso abbiamo una sofferenza a Lampedusa gigante, con un numero di sbarchi incredibile, e un alto numero di partenze dalla Tunisia nonostante gli accordi. Giuseppe Conte a Lampedusa darà un segnale forte di critica a una politica sbagliata. Ribadiamo la necessità dei salvataggi in mare. Il primo compito che abbiamo è salvare le vite, e nessuno deve dare colpe alle Ong
C’era un periodo in cui il suo partito con Di Maio chiamava le Ong «i taxi del mare».
Come le dicevo non ho mai accettato l’espressione “taxi del mare”, non ho accettato di andare dietro alla Lega, il contratto di governo non parlava dei decreti sicurezza, che successivamente sono stati modificati anche grazie a Conte.
Il sindaco di Lampedusa, Filippo Mannino, in passato era vicino al Movimento 5 stelle, oggi non più.
Quello che mi interessa adesso è dare sostegno a un sindaco e a una comunità che ha dichiarato lo stato di emergenza. Ciò che vale sempre e comunque è che bisogna essere vicini ai sindaci soprattutto nei comuni di frontiera.
E in parlamento?
Dobbiamo sicuramente cambiare la legge Bossi-Fini e superare un’impostazione antistorica. Mi immagino cosa avrebbe detto Giorgia Meloni se fosse stata all’opposizione: «Gli sbarchi stanno aumentando, non sapete gestire…». Quelle cose le possono dire guardandosi allo specchio.
Una cosa su cui lavorerete con le altre opposizioni?
Io penso che sia doveroso lavorare con le altre opposizioni sempre dove ci sono temi e obiettivi comuni. Lavorare come abbiamo fatto sul salario minimo è praticabile senza dubbio. Oltre a questo ci sono tanti punti: con il Partito democratico possiamo combattere contro l’autonomia differenziata.
Il disegno di legge del ministro Roberto Calderoli è il più criticato durante le audizioni nelle storia delle istituzioni. Per me mina le fondamenta della nostra Repubblica. Lo ha portato avanti Calderoli ma non piace nemmeno ai patrioti di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, che per rimanere al governo rinnegano ogni cosa.
Non sono d’accordo tra di loro secondo lei?
Non solo, fanno anche moltissima confusione e dimostrano incompetenza nel gestire le cose. Pensi al passaggio dal Reddito di cittadinanza, al nulla, alla card del ministro Lollobrigida.
Ma dove è finita la destra sociale di Fratelli d’Italia? Non c’è quando si colpisce il popolo. Sono questioni che si pagano dal punto di vista elettorale. Quello che sta facendo il governo è un disastro totale, possiamo metterli in fila. Aggiungo il superbonus. Per quanto male ne possano dire, ci sono tanti imprenditori che subiranno l’impatto di questa impostazione dello stato. Saranno costretti a prorogare qualcosa.
Parliamo di un altro tema di attualità: Caivano. Lei è napoletano. Meloni ha detto che risponderà colpo su colpo alla criminalità. Ci sono blitz frequenti. Sbaglia?
È doveroso intervenire, ma con uno stato che lavori con tutte le sue funzioni. Dalle forze dell’ordine alla magistratura, come anche il tempo pieno per gli studenti, gli assistenti sociali, la formazione e lo sport. Ma va fatto con una grande volontà nel tempo.
Cosa ne pensa del decreto baby gang? Ci sono misure come il carcere per i genitori che non mandano i figli a scuola.
Le misure servono tutte, repressive ed educative. Ma mi sembra più propaganda che un fatto reale. Identificare le famiglie dove i figli non vanno a scuola ci serve per avere una relazione forte con loro tramite i tribunali dei minori, le scuole e i comuni. Presenteremo proposte di modifica in parlamento.
Lei parla da politico che fa politica, ma con il limite dei due mandati è rimasto in panchina.
Io continuo a fare politica a 360 gradi, collaboro alle campagne elettorali, sarò alla festa di Sinistra Italiana. In questi giorni sono nelle Marche per incontri sull’autonomia differenziata: questa non è panchina, è avere ancora più la libertà di girare sui territori e dare un grandissimo contributo.
E perché non in parlamento? In Italia o fuori? Avere volti più conosciuti potrebbe aiutarvi elettoralmente.
Per adesso abbiamo la regola dei due mandati e io la rispetto. Inoltre siamo cresciuti nei sondaggi, se lavoriamo costantemente i risultati arrivano.
E domani la regola potrebbe cambiare?
Non me ne occupo io.
Beppe Grillo sembra irremovibile. Che rapporti ci sono tra Conte e il fondatore?
I rapporti sono sereni. Grillo è il garante del Movimento e si occupa degli aspetti inerenti il suo ruolo, come per esempio anche la costituzione degli organi del M5S, e non solo. Dà idee importanti sulla comunicazione.
Ci può fare un esempio? Il suo contratto, ha detto Conte, è stato rinnovato.
E giustamente rinnovato! Un grande lavoro di idee e comunicazione come è nella specifica professionalità di Beppe tra le più importanti d’Italia. Un esempio? Qualsiasi campagna elettorale fatta nel Movimento.
Passiamo alle alleanze. Il presidente del Movimento ha detto che non ci possono essere alleanze strutturali con il Pd per le regioni. Come mai?
Il concetto è che si fanno le alleanze lì dove ci sono le condizioni per poterle fare. diverso di farle dove possibile. Alle comunali di Napoli abbiamo trovato un terreno dove era possibile, e lo abbiamo fatto. Ma a prescindere non serve: sarebbero accozzaglie. Dove si possono portare avanti ci siamo, altrimenti no.
Anche con Matteo Renzi?
Non è una persona affidabile. Va per la sua strada, come dimostra anche il salario minimo.
Lei è stato il primo del M5s ad andare alla festa dell’Unità nel 2018. Con chi si confronta oggi? Che opinione ha di Elly Schlein?
Parlo spesso con vari esponenti, tra cui Marco Sarracino, responsabile per il Sud del Pd (scelto da Schlein e parte della sua corrente, ndr). Credo che la segretaria faccia la sua strada nel Pd, è stata molto caparbia, con un percorso chiaro e netto. Ha voluto una forte discontinuità e sta provando a portarla avanti. Non voglio dare giudizi sui leader degli altri partiti, ma ci sono cose comuni che possono essere sviluppate.
Il Movimento è uscito con un comunicato molto tiepido su Cappato, poi Conte ha specificato che ci sarà il vostro appoggio. Come mai questo cambio di comunicazione?
Non è cambiato nulla, la nostra linea è di non frammentare un’alternativa alla destra e abbiamo deciso così di concentrare le forze.
(da editorialedomani.it)
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