Settembre 6th, 2023 Riccardo Fucile
LA RAGAZZINA SI È CONFIDATA CON UN’INSEGNANTE ED È SCATTATA UN’INDAGINE CHE HA PORTATO ALL’ARRESTO DI QUATTRO PERSONE, COMPRESI I GENITORI: “A NOVE ANNI, TEMENDO CHE FOSSI RIMASTA INCINTA, LA MAMMA MI HA DATO LA PILLOLA ANTICONCEZIONALE”
«Mio zio ha qualche problema con me. E anche mio nonno. Succedono troppe cose brutte in famiglia». Un racconto dell’orrore, uno sfogo tra i banchi della sua scuola, dove forse si sentiva più al sicuro che a casa, una confidenza affidata all’insegnante di sostegno.
E’ così che la tragedia vissuta da due sorelline esce dalle mura domestiche. È così che parte l’indagine dei carabinieri di Monreale che oggi ha portato all’arresto di quattro persone: i loro genitori, il nonno e uno zio.
Questi ultimi avrebbero abusato delle due ragazzine, ripetutamente, nel corso di nove anni. La mamma e il papà, invece, secondo la tesi della Procura, hanno taciuto la drammatica verità, rendendosi loro complici. Le accuse sono di violenza sessuale, violenza sessuale di gruppo e lesioni personali con l’aggravante di aver commesso il fatto in danno di discendenti, con abuso di autorità e nei confronti di minori di 10 anni.
La festa di compleanno
Oggi la più piccola delle vittime ha 13 anni – la sorella ne ha 19 – ma le violenze sarebbero iniziate quando ne aveva sei. Aveva raccontato al papà quello che succedeva, questo non sarebbe servito a sottrarla alla violenza: «Quando papà mi ha chiesto perché piangevo gli ho raccontato che nonno e zio mi avevano fatto questo. Papà si arrabbiò moltissimo con tutti e due. Ma poi è successo di nuovo». Nemmeno la mamma avrebbe trovato la forza di denunciare.
Si sarebbe limitata a minacciare il nonno di farlo, sempre secondo quanto riferito dalla vittima a scuola: «Tutta la famiglia sa di questa cosa – la piccola ha raccontato – poi tra mia nonno e mia mamma c’è stata una discussione e la mamma ha detto al nonno che se lo avesse fatto qualche altra volta lo avrebbe denunciato. Il nonno non l’ho più visto dal mio compleanno. Quel giorno ho festeggiato il mio compleanno con torta, palloncini e i regali. C’era tutta la mia famiglia e i nonni, anche questo nonno».
La pillola
Uno scenario di omertà e degrado, ricostruito grazie alle parole di una delle due vittime, che ha raccolto tutte le sue forze e ha trovato il coraggio mancato ai suoi genitori, scegliendo di proteggersi da sola, chiedendo aiuto alle sue insegnanti, affidando loro anche i dettagli di un film dell’orrore durato troppo a lungo: «A nove anni temendo che fossi rimasta incinta», la mamma «spaventatissima per questa cosa mi ha dato la pillola (anticoncezionale, ndr) ma non potevo essere incinta perché ero piccola».
(da Il Corriere della Sera)
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Settembre 6th, 2023 Riccardo Fucile
LA “RICETTA” CALDERONE GIÀ FALLITA: IN SICILIA 150 ANNUNCI DI OFFERTE A FRONTE DI 38.000 FAMIGLIE, IN CALABRIA 80 PER 14.000, IN CAMPANIA 340 PER 37.000
Il Siisl, la piattaforma che dovrebbe trovare lavoro agli “occupabili”, inizia a gettare la maschera, mostrando le sue falle evidenti.
La stragrande maggioranza di persone che stanno perdendo il Reddito di cittadinanza vive al Sud, ma oltre due terzi degli annunci di lavoro offerti loro dal governo, attraverso la nuova piattaforma, sono al Nord.
E tre quarti di questi annunci cercano precari e propongono contratti di pochi mesi.
Le assunzioni promesse agli ex beneficiari del sussidio saranno quindi quasi impossibili da realizzarsi nella pratica: i beneficiari del Supporto formazione lavoro, infatti, sono obbligati ad accettare offerte in tutto il territorio nazionale solo se sono a tempo indeterminato; ma come detto prevalgono nettamente quelle a termine, che vanno accettate obbligatoriamente solo a meno di 80 chilometri da casa.
I casi della Sicilia e della Campania sono emblematici.
Nell’isola solo ad agosto quasi 38mila famiglie hanno perso il Reddito di cittadinanza. Al momento gli annunci di lavoro contenuti sul portale sono meno di 150.
Caso molto simile a Napoli e dintorni: nella Regione sono quasi 37mila i nuclei con Rdc scaduto, e appena 340 offerte di lavoro sulla piattaforma. Bisogna ricordare che a volte una singola offerta prevede più di un’assunzione, quindi il numero di posti totali in palio è leggermente superiore, ma di qualche centinaia al massimo.
Insomma, se anche accettassimo l’inverosimile ipotesi di coprire tutte queste posizioni lavorative disponibili, al momento sarebbero comunque ampiamente insufficienti ad assorbire le persone che, rimaste senza Reddito di cittadinanza, potranno ora contare solo sui 350 euro al mese di Supporto formazione lavoro (per massimo un anno e solo per i periodi nei quali seguiranno corsi).
All’opposto di Sicilia e Campania, abbiamo il Veneto con 2.141 famiglie che hanno detto addio al Reddito ad agosto e ben 3.700 annunci di lavoro. In sostanza, mentre il 70% dei perdenti Rdc si concentra nel Mezzogiorno, il 65% delle offerte viene da aziende del Nord.
Meno del 7% le offerte da parte di imprese collocate al Sud, e tante di queste saranno impraticabili per il disallineamento tra competenze richieste e profilo dei candidati.
A Caivano (Napoli), cercano per esempio un “saldatore a filo continuo e montaggio parti in carpenteria”, con requisito di almeno tre anni di esperienza nella stessa mansione. Ad Avellino cercano carrozzieri industriali senior e consulenti tecnici addetti all’accettazione.
La ministra del Lavoro Marina Calderone aveva promesso che sulla piattaforma sarebbero stati pubblicati solo annunci di lavoro per livelli bassi, quindi abbordabili per una platea come gli ex percettori del Reddito di cittadinanza, solitamente con scarse competenze.
Le figure più richieste, in effetti, sono operai e magazzinieri – un migliaio a testa – ma di ricerche orientate verso mestieri più specializzati ce ne sono eccome. Abbiamo una ricerca per programmatore software, che richiede laurea quantomeno triennale in Ingegneria elettronica o Meccatronica. Considerando tutto il territorio nazionale, scrivendo “ingegnere” come parola chiave, vengono fuori quasi 400 risultati; altri 140 escono se si scrive “programmatore”. Malgrado la ristorazione lamenti da tempo scarsità di manodopera, le ricerche per camerieri si fermano a circa 300, poche decine in più per i cuochi e gli chef.
Insomma, a prescindere dalle poche possibilità di incrocio tra domanda e offerta per ragioni territoriali e di competenze che non combaciano, c’è il tema della generale scarsa qualità dei posti offerti.
Per questo sembra difficile che questa sproporzione di annunci a favore del Nord contribuisca a una migrazione dal Sud.
Al momento, gli annunci in tutta Italia sono poco meno di 21mila per circa 60mila posti totali. Ben 15.557 annunci – il 75,4% del totale – riguardano assunzioni a tempo determinato.
Solo 3.881 sono a tempo indeterminato, meno del 19%.
La gran parte dei più “fortunati”, quindi, andrà incontro al precariato, rischiando di tornare nella disoccupazione senza alcun sussidio. E sono molto rari gli annunci che riportano la retribuzione proposta.
Circostanza curiosa, visto che le offerte sono pubblicate dalle agenzie private per il lavoro, che dovrebbero conoscere quali informazioni vanno fornite quando si avvia una ricerca di personale.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Settembre 6th, 2023 Riccardo Fucile
I DATI FLOP DEL “RIFORMISTA”
Matteo Renzi ha annunciato una nuova lista con la quale si candiderà alle elezioni europee. Il “brand” scelto è “il Centro”. Strano, perché come direttore de Il Riformista non sembra essere così seguito, anzi.
Il quotidiano online si piazza al 54esimo posto fra i siti di informazione e il cartaceo ha livelli di vendita talmente bassi che sfugge ai rilevamenti. Un po’ come il suo capitano, che sguscia da un partito all’altro e da un’attività all’altra per rimanere al timone. Gli diamo un consiglio, cambi il nome per le prossime elezioni e scelga “Il Meme”.
E dunque Matteo Renzi, che è molto bravo ad azzeccare i “brand”, dopo avere trasformato il brand “Italia Viva” nel brand “Il Centro”, con il quale presentarsi alle europee, potrebbe/dovrebbe (è un suggerimento) cambiare il brand de “Il Riformista” ne “Il Corriere del Piccolo”, così da scrollarsi di dosso quell’allure che da sempre (ai miei occhi) ha avuto “Il Riformista”: imitazione arancione de “Il Foglio” (è ancora arancione?) e fogliettone di un centrocentrocentrosinistra a cui piacciono i piccioli e il potere; una sorta di accrocchio sbavante.
Però “Il Riformista”, al momento, sembra più un libro di poesia stampato in proprio (non fate paragoni con il libro del generale Vannacci perché la poesia non ha mai venduto quanto le minchiatone col botto).
Il ragionamento è: se non ti legge nessuno per quale minchia mai di motivo dovrebbero votarti?
Per dire: “Il Riformista”, secondo il sito similarweb, sarebbe al 54esimo posto tra le fonti di informazione (MOW, per dire, con AM Network è al 36esimo) e il cartaceo è talmente basso nelle vendite che non rientra nelle rilevazioni.
Probabilmente Renzi, quando varca la soglia della redazione, con piglio da timoniere di transatlantico (me lo immagino col cappellino da “Love Boat”), pensa di essere al comando del “Corriere della Sera”, sul quale scrivere argute ma serie riflessioni capaci di indirizzare, come si dice, l’opinione pubblica, riformare da solo il “centro” (cosa nella quale non sono riusciti neanche i democristiani, per dire) e farsi eleggere al Parlamento europeo, senza ovviamente tenere in considerazione i social, che oramai orientano ben più dei quotidiani (Elon Musk per influire sulle elezioni si è comprato Twitter, non un cartaceo: la teoria memetica applicata alla politica pare funzioni alla grande, come nel gossip) e sui quali è famoso per i meme. Anziché “Il Centro” avrebbe dovuto usare il brand “Il Meme”.
(da mowmag.com)
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Settembre 6th, 2023 Riccardo Fucile
LE CASERME TRA QUALCHE MESE FINIRA’ CHE DOVRANNO ESSERE DESTINATE AD ACCOGLIERE GLI ITALIANI IN MEZZO A UNA STRADA
“Io sono Giorgia, sono una donna, sono una mamma… ecc.”. Se le ricordano tutti quelle fortunate esortazioni che, insieme alle altre promesse elettorali, hanno consentito a Meloni di superare il settimo grado superiore della scalata alla poltronissima di Palazzo Chigi e… subito dopo la vittoria eclatante, tutti l’hanno sentita anche esclamare trionfante che: “è finita la pacchia!”, pensando forse che fosse un monito rivolto agli indomiti naviganti che, in ogni stagione, superando freddo, caldo e paura, raggiungono in gran numero i nostri lidi; o forse anche a quei furbacchioni che incassavano il Reddito di Cittadinanza senza averne diritto.
In ogni caso era comunque un evidente “cambio di passo” mediante il quale i “Fratelli d’Italia”, come avevano promesso prima del voto, miravano a varare le nuove strategie politico-economiche, sostenute ora, per la prima volta, da una donna! Che però possiede una grande grinta e determinazione politica, capace quindi di raggiungere subito quegli ambiti traguardi che tutti attendevano ormai da lungo tempo.
Tra questi ci sono sicuramente quelli che, abbandonando “sinistra e centro” politico, le avevano dato fiducia. Già all’inizio di questa primavera attendevano ansiosi di vedere finalmente fatti concreti al posto delle eterne promesse mai interamente mantenute dai variegati colori dei nostri politici, ormai senza ideali.
Grande è perciò ora la delusione di molti elettori (ma per molti addirittura “sgomento”!) quando aprendo gli occhi si sono ritrovati invece una leader decisionista, sì, ma solo nei tagli ai sussidi statali incluso il più importante di tutti, quel Reddito di Cittadinanza senza il quale intere famiglie rischiano di piombare nella totale angoscia.
Non sono anche questi “Fratelli d’Italia”? O lo sono solo i camerati del partito? Veramente orrenda la scelta dei tempi e del modo in cui questa decisione è stata attuata. Ma come si fa, mi chiedo io, a pensare di fare una cosa simile a qualcuno che è solo vittima dei tempi e magari di alcune sfortunate circostanze? Certo che ci sono i furbi, bisogna trovarli e privarli di ciò che non è loro diritto avere.
Ma perché, non ci sono forse anche nel Parlamento i furbi che si fanno eleggere al solo scopo di farsi i cavoli propri? Perché Meloni non comincia proprio da quelli a far pulizia? Quello sì che sono pesante zavorra per le nostre finanze e una vergogna per la nostra democrazia.
Ma anche con i migranti. Sappiamo bene che non sono tutti “rifugiandi” che fuggono da guerre o da miseria assoluta quelli che arrivano coi barconi. Eppure la nostra premier da mesi visita tutti i paesi del nord Africa per fare accordi con tutti (intanto a spese nostre, poi si vedrà) allo scopo di calmierare un po’ la situazione. Le cifre però al momento dicono il contrario. Infatti è bastato dirle, queste cose, che gli sbarchi da noi si sono subito triplicati, invece di dimezzarsi, ma forse è solo colpa dell’estate calda.
Un noto politico, due giorni fa in tv, ci ha spiegato (storia già vecchia) che per aiutare i sindaci che non hanno più posti per l’accoglienza ci sono, sparse su tutto il suolo italiano, centinaia di caserme facilmente riadattabili e convertibili a questo scopo. Interessante! Meglio aspettare però, perché se va avanti con questa inflazione, inseguita da Lagarde che la combatte alzando i tassi, entro l’estate del prossimo anno si dovrà decidere chi mettere in quelle caserme: i fratelli africani o i fratelli italiani “sfrattati” dalle loro case perché privi di reddito?
(da editorialedomani.it)
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Settembre 6th, 2023 Riccardo Fucile
“VI SEMBRA NORMALE CHE UN VICE-PREMIER CON DELEGA AI TRASPORTI NEI GIORNI DELL’INCIDENTE FERROVIARIO A BRANDIZZO SIA AL FESTIVAL DEL CINEMA DI VENEZIA E A MONZA?”
Per una volta Matteo Renzi l’ha detta giusta: “Vi sembra normale che il vicepremier con la delega ai Trasporti nei giorni dell’incidente ferroviario a Brandizzo sia al Festival del cinema di Venezia e a Monza e non in Piemonte?”.
Infatti non c’è normalità, ma incredulità nell’apprendere che il vicepremier in questione, Matteo Salvini, a poche ore dalla strage dei cinque operai sfilava sul red carpet con Francesca Verdini, “sotto i flash dei fotografi”.
Immortalato mentre mano nella mano bacia la fidanzata, lui tutto tronfio in smoking e lei radiosa in abito da sera. A questo punto uno pensa che il ministro abbia tutto il tempo per rimediare sia pure in ritardo a un comportamento insultante.
Potrebbe rientrare in hotel, slacciarsi il papillon nero di raso e correre con la scorta a posare un fiore su quelle rotaie.
E invece lui avrà pensato di essersi sdebitato con quei poveri morti, con quell’inconveniente che rischiava di guastargli il trionfante weekend bofonchiando un “andrò fino in fondo”.
Abbastanza incomprensibile visto che lui non è la Procura di Vercelli e che l’indagine interna alle Ferrovie era già avviata (a meno che non fosse un lapsus, l’inconscia ammissione che “fino in fondo” ci stava andando definitivamente la sua reputazione).
Passano i giorni – intanto a Brandizzo dopo Sergio Mattarella hanno portato il cordoglio del governo i ministri Zangrillo e Calderone, ma Salvini il tempo per un atto di pietà non lo trova proprio. Perché, ragazzi, c’è Monza, l’Autodromo, la Formula Uno ed eccolo in un’altra immancabile passerella che dà come una carezza alla gomma di una Ferrari. E mentre posa, tutto tronfio, per fotografi e telecamere sembra dirci: io sono Salvini e voi no (per fortuna).
Nel cercare, invano, in Rete qualcosa che corregga, che smentisca tanta tristezza leggiamo il commento di un’attrice, Ornella Muti e di sua figlia Naike: “I ministri dovrebbero fare i ministri e non sfilare sui tappeti rossi”.
Giusto, ma anche sbagliato visto che ci sono ministri che si fanno nominare ministri proprio per poi pavoneggiarsi a Venezia, a Monza, allo stadio Olimpico, al Premio Strega e in ogni altra location dove sfoggiare la combinazione smoking&spocchia.
Da notare, infine, che nell’orgia di talk che ha preso a imperversare con l’arrivo delle prime piogge, non un maestro di giornalismo che si sia soffermato su tanta ignominia. Magari soltanto per chiedere se, ogni tanto, a Salvini può capitare di vergognarsi di Salvini (interrogativo che facciamo nostro).
(da Il Fatto Quotidiano)
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Settembre 6th, 2023 Riccardo Fucile
E’ ESPRESSIONE DI UN MONDO CHE NON PUO’ NE’ SCONFESSARE, NE’ DIFENDERE APERTAMENTE, PENA LA PERDITA DI VOTI O DI IMMAGINE
A megghiu parola è chidda ca ‘un si dici. Così recita un proverbio siciliano il cui significato è di facile comprensione: la parola migliore è quella che non si dice.
È un invito alla prudenza perché spesso il silenzio è più efficace delle parole che sanno essere lame affilate e taglienti, e perciò possono essere pericolose.
È su questa base culturale che è nata l’omertà mafiosa che è un vincolo e un obbligo assoluto a non parlare. Ho pensato a tutto ciò quando ho visto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni tenere la bocca chiusa in diverse e importanti occasioni. Ripercorriamone alcune.
Quando si trattò di occuparsi della strage di Bologna dell’agosto 1980 Meloni parlò di terrorismo ma evitò di pronunciare la parola fascista che è la qualifica che storici e magistrati attribuiscono a quella orrenda strage che causò il numero più elevato di vittime innocenti di tutte le stragi dell’Italia repubblicana sia di matrice eversiva nate sotto l’ombrello della strategia della tensione sia di matrice mafiosa. Meloni ritenne prudente non fare uscire dalla bocca quella parola.
Altro episodio è quello delle dichiarazioni dell’ex responsabile della comunicazione della regione Lazio, Marcello De Angelis, che proprio sulla strage di Bologna assolse Fioravanti, Mambro e Ciavardini. De Angelis non è stato muto, anzi! Ha parlato, ha parlato troppo e ha parlato a sproposito. Alla loquacità di un simile personaggio, che non è certo uno sconosciuto essendo stato parlamentare per due legislature, ha fatto da controcanto il silenzio di Meloni che è stata zitta per tutto il periodo delle polemiche che sono rimbalzate su giornali e tv per giorni e giorni.
IL LIBRO DI VANNACCI
Poi è arrivato il libro scritto dal generale Roberto Vannacci con le sue posizioni da tutti ritenute omofobe, razziste e contro persone omosessuali. Uno scritto controverso con giudizi sprezzanti, banali e molto discutibili che ha indotto il ministro della Difesa Crosetto, tra i fondatori di Fratelli d’Italia, a intervenire. Ne è nata una polemica pubblica che ha spinto altri ministri e dirigenti di FdI a polemizzare con Crosetto. Ha parlato persino il presidente della Repubblica Sergio Mattarella con parole pacate ma nette e inequivocabili.
Meloni è stata zitta anche quando è andata a Caivano. Ha fatto un monologo e non ha accettato domande temendo che qualcuno le chiedesse conto di quanto pochi giorni prima aveva detto il suo compagno, Andrea Giambruno, che ha pronunciato parole inqualificabili. Meloni non poteva commentarle.
In quale veste avrebbe dovuto farlo? Di compagna? Di leader di FdI? O di presidente del Consiglio? E ancora una volta ha scelto di stare muta. A questo punto una domanda è ineludibile: perché sta zitta quando s’affrontano certi temi? La risposta è semplice: perché non può fare diversamente. Tutto il suo ambiente di riferimento è vissuto come in un mondo parallelo, inventato.
Un ambiente molto particolare che non ha mai fatto i conti con il fascismo. Che vive nel rimpianto e nella nostalgia dei tempi andati, che sogna ancora svastiche, gagliardetti, camicie nere, terre da conquistare e imperi da costruire. Rappresentano gruppi coesi che si sentono ancora in guerra con il “nemico interno”
Meloni è espressione genuina di questo mondo che non può né sconfessare né difendere apertamente. Perciò deve tacere. Se lo sconfessa teme di perdere quei voti, se lo difende teme l’appannamento della sua immagine che sta cercando di costruire in Europa come leader affidabile. Ma un’immagine così fa a pugni con la giovane Giorgia Meloni di Atreju dove si esibiva De Angelis cantando Claretta e Ben, canzone dedicata a Claretta Petacci e Benito Mussolini.
PREMIER E LEADER DI PARTITO
Il punto vero è che Meloni non può parlare perché è presidente del Consiglio e segretaria di FdI. È questa doppia veste che la paralizza. Infatti non sempre si capisce quando parla da presidente del Consiglio e quando da leader di partito. Quando tace è perché non vuole e non può entrare in contrasto e in contraddizione con una delle due figure che riveste.
La segretaria di FdI vorrebbe parlare, ma la presidente del Consiglio non può farlo. Questa è la contradizione più evidente, e finché non se ne libera non sarà in grado di dire fino in fondo la sua opinione, e dunque scappa, si sottrae alle conferenze stampa, fa video solitari senza domande.
Potrebbe essere libera se rinunciasse al posto di segretaria di FdI. Ma non solo non vuole fare questo passo, ma addirittura sta costruendo, con la nuova responsabilità assunta dalla sorella Arianna, un partito a conduzione familiare seguendo un modello di Familismo amorale (per citare il titolo del famoso libro di Edward C. Banfield). Meloni è una e trina. All’apice c’è lei, poi c’è la sorella, poi c’è il cognato. Seguono caporali e pretoriani che tali rimarranno per sempre.
(da editorialedomani.it)
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Settembre 6th, 2023 Riccardo Fucile
NEI NUOVI PROGRAMMI VOLUTI DA PUTIN È PREVISTO UN MODULO DI ADDESTRAMENTO MILITARE DI BASE. QUESTO COMPRENDERÀ “IL MANEGGIO DEI FUCILI, L’USO DELLE BOMBE A MANO, LE OPERAZIONI CON I VELIVOLI SENZA EQUIPAGGIO E IL PRIMO SOCCORSO SUL CAMPO DI BATTAGLIA”
I bambini russi impareranno da quest’anno anche a usare i kalashnikov: lo scrive il ministero della Difesa britannico nel suo aggiornamento quotidiano di intelligence. Il rapporto, pubblicato su X, ricorda che il nuovo anno scolastico russo è iniziato con un nuovo programma di studi che incorpora sia le abilità militari sia la visione del Cremlino sulla storia dell’Ucraina.
Il presidente russo Vladimir Putin ha tenuto personalmente una lezione aperta con 30 scolari il primo giorno del trimestre”. “Gli argomenti dell’esame di storia nazionale aggiornato includono la riunificazione della Crimea con la Russia e l”Operazione militare speciale’ in Ucraina – scrivono gli esperti di Londra -. Il Parlamento russo ha approvato il programma di studi lo scorso anno”.
In particolare, sottolinea il ministero, “un elemento, ‘Fondamenti di sicurezza della vita’, è rivolto agli studenti dell’ultimo anno e comprende un modulo di addestramento militare di base. Questo comprenderà il maneggio dei kalashnikov, l’uso delle bombe a mano, le operazioni con i velivoli senza equipaggio (Uav) e il primo soccorso sul campo di battaglia”. Gli alunni potranno anche ricevere la visita di veterani ucraini.
“Il nuovo programma di studi persegue tre obiettivi: indottrinare gli studenti con le motivazioni del Cremlino per l”Operazione militare speciale’, instillare negli studenti una mentalità marziale e ridurre i tempi di addestramento per la mobilitazione e il dispiegamento – conclude il rapporto -. L’introduzione delle operazioni con gli Uav indica la loro crescente importanza sul campo di battaglia e le lezioni apprese su questi sistemi direttamente dal conflitto in Ucraina”.
(da agenzie)
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Settembre 6th, 2023 Riccardo Fucile
APPENA TRE DENUNCIATI PER CONTRABBANDO DI SIGARETTE, SPACCIATORI E CAMORRISTI NON SI SONO FATTI TROVARE, ANCHE PERCHÉ L’AZIONE ERA STATA ANNUNCIATA IN POMPA MAGNA DAL GOVERNO
Tante divise come ieri a Caivano non si erano mai viste. In 400 tra poliziotti, carabinieri, militari della Gdf e polizia metropolitana sono stati schierati nel Parco Verde, teatro dello stupro di due bambine di 10 e 12 anni. «È iniziata l’operazione di bonifica», ha detto la premier Giorgia Meloni. Un blitz annunciato da tempo e questo, forse, ha permesso a spacciatori e camorristi di non farsi trovare.
Il bilancio finale non è esaltante: tre persone denunciate per contrabbando di sigarette, circa 44mila euro sequestrati, così come una pistola replica, 170 proiettili anche di Kalashnikov, una mazza da baseball e un coltello. Recuperati circa 400 grammi di hashish e marijuana e 28 di cocaina. Poco se si considera che il Parco Verde è tra le principali piazze di spaccio d’Europa.
(da agenzie)
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Settembre 6th, 2023 Riccardo Fucile
CI SARANNO TAGLI A RAFFICA, E NESSUNA CERTEZZA SUI SOLDI DEL PNRR. CON LO SPADONE DI DAMOCLE DI UNA MANOVRA CORRETTIVA IN PRIMAVERA (PRIMA DELLE EUROPEE)
Un’altra tegola si abbatte sui conti italiani. O meglio sulla politica economica del governo Meloni. Nelle previsioni che la Commissione Ue presenterà lunedì prossimo le tinte saranno foschissime. Per l’Europa, per la Germania e anche per l’Italia. Sovvertendo tutte le attese ottimistiche illustrate a maggio scorso.
Un documento che getterà un’ombra di paure e sospetti sulla legge di Bilancio che l’esecutivo italiano si appresta a redigere. Se prima i “tagli” erano corposi, a questo punto dovranno essere corposissimi
Quattro mesi fa, Palazzo Berlaymont aveva fissato la crescita del Pil europeo nel 2023 all’1 per cento. Secondo le elaborazioni degli uffici di Bruxelles […], quella stima dovrebbe essere ridotta di almeno un paio di decimali. L’Italia dovrebbe subire la stessa sorte se non peggiore.
A maggio scorso, […] il Pil per quest’anno segnava un più 1,2 per cento. Un dato che aveva fatto urlare di gioia la maggioranza di centrodestra. Ma quella cifra non è più considerata attendibile. E dovrà essere tagliata in maniera sensibile. Del resto già l’Istat aveva nei giorni scorsi stimato un aumento del Prodotto interno loro dello 0,7 per cento quest’anno.
Una soglia che ormai appare anche a Bruxelles più credibile di quella precedente. Un risultato che risente del cattivo andamento del turismo nella stagione estiva che si sta chiudendo, dell’alto tasso di inflazione e dei riflessi provocati dal deciso rallentamento della “locomotiva” tedesca.
Già nelle precedenti previsioni, infatti, la Germania era quotata con un più 0,2 per cento e ora vedrà ridurre ulteriormente quella crescita. Sostanzialmente intorno allo “zero”. Una situazione che si avvicina alla stagnazione se non alla vera e propria recessione. Facendo materializzare sul Vecchio Continente uno degli incubi peggior: la stagflazione, ossia recessione e inflazione alta.
Il tutto avrà delle conseguenze pesantissime soprattutto per il nostro Paese. Con questi dati, il governo Meloni dovrà prepararsi alla “battaglia” autunnale della legge di Bilancio con un solo strumento: le forbici. Se vorrà rispettare le indicazioni concordate con la Commissione la scorsa primavera, Palazzo Chigi e Economia dovranno adottare provvedimenti che fino a pochi giorni avevano escluso. L’impianto governativo infatti si basava su due gambe per quest’anno: la crescita all’1 per cento e il rapporto deficit/Pil al 3,7. Traguardi che appaiono sempre più lontani.
Tutte le promesse elettorali confezionate meno di un anno fa rischiano dunque di rivelarsi dei sogni infranti. Anche perché lo scontro già avviato tra i ministeri, in vista della definizione del Dpb (il Documento programmatico di Bilancio) che deve essere consegnato alla Commissione europea per una prima valutazione sui nostri conti pubblici, si concentra già su tre voci del bilancio: sanità, pensioni e istruzione.
È lì che i “tecnici” cercano gli eventuali risparmi. Ma è sempre lì che si annidano le maggiori insidie nel rapporto con l’opinione pubblica e nelle relazioni tra i partiti della coalizione governativa. Senza contare che Roma non ha alcuna certezza sui soldi del Pnrr e sull’esito delle prossime tranche. E senza dimenticare che gli effetti del caro-energia dovranno essere pesati quando l’inverno diventerà rigido.
Nelle interlocuzioni ordinarie tra Roma e Bruxelles, allora, la necessità di mettere a punto una manovra «prudente», come l’ha definita il titolare del Tesoro Giancarlo Giorgetti, era già stata sottolineata. Una indicazione che sta già facendo innervosire il vicepresidente del Consiglio leghista, Matteo Salvini. In questo nuovo quadro le preoccupazioni dei vertici istituzionali europei sono destinate ad aumentare.
E stanno mettendo l’Italia, o meglio la squadra “meloniana”, già davanti ad un bivio: adottare subito tutti i provvedimenti in grado di rispettare gli impegni e quindi procedere con i “tagli” o sperare in una imprevista inversione di tendenza nel 2024?
Un quesito non da poco perché sottintende l’accettazione di un rischio già segnalato nei contatti informali: la manovra correttiva in primavera. Una formula del passato che diventerebbe un macigno nel primo semestre del prossimo anno, ossia nel pieno della campagna elettorale per le Europee.
Il bivio di Giorgia Meloni consiste dunque nel decidere se accettare ora la resa dei conti con l’opinione pubblica o rinviarla a giugno. Un dilemma che rovina i piani sovranisti. E che la difficoltà del nostro Paese nella trattativa per il nuovo Patto di Stabilità.
(da Repubblica)
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