Febbraio 1st, 2025 Riccardo Fucile
I NUOVI IMPUT GOVERNATIVI AI MEDIA SOVRANISTI: NON SONO PIU’ STATI I GIUDICI A SCARCERARE IL TORTURATORE DI TRIPOLI, MA E’ STATA UNA SCELTA PER IL PAESE
Tra i difensori d’ufficio della premier sul caso Almasri, il più esagitato è Bruno Vespa.
Un’arringa strillata e sopra le righe per il decano di Rai Uno: “In ogni Stato si fanno delle cose sporchissime! Anche trattando con i torturatori, per la sicurezza nazionale. Questo avviene in tutti gli Stati del mondo!”. I suoi “cinque minuti” per Giorgia Meloni, giovedì sera, hanno fatto sobbalzare i colleghi dell’Usigrai: “Così non è informazione, ma propaganda che sa di regime”.
L’editorialino di Vespa è il culmine di una contorsione logica in atto da giorni. All’inizio la destra aveva scaricato la scarcerazione del “torturatore di Tripoli” sulla magistratura italiana. “Una questione giuridica evidentemente imposta dai giudici”, era il primo commento di Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia, il 22 gennaio. Concetto ripetuto da Antonio Tajani, ministro degli Esteri, il 23 gennaio: “C’è stato un vizio, la magistratura è indipendente, ha agito nel rispetto del diritto. E in ogni caso la Corte dell’Aia non è la bocca della verità”.
In soccorso del governo, come sempre, la stampa amica. Il 23 gennaio il Giornale di Alessandro Sallusti titolava in prima pagina: “Criminale di guerra libero, l’errore è dei magistrati”. Libero agitava teorie cospirative: “Le strane coincidenze sul libico arrestato in Italia”. E il direttore Mario Sechi le spiegava su La7: “Sapevano tutti dov’era questo signore, eppure casualmente il mandato d’arresto della Corte penale internazionale viene inviato quando Almasri è in Italia”.
Passano pochi giorni e arrivano gli avvisi di garanzia per Meloni, Nordio, Piantedosi e Mantovano. I toni si alzano e la linea – impossibile da mantenere – cambia radicalmente.
Contrordine: la scelta su Almasri è politica, la premier ha agito per tutelare l’interesse nazionale ed è combattuta dalle solite toghe rosse. Riecco Tajani, giovedì 30 gennaio: “Il problema è la scelta di un magistrato (il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, ndr). Un servitore dello Stato, prima di fare delle scelte a mio giudizio più che azzardate, deve pensare se fa o meno l’interesse dell’Italia”. Ma la magistratura non era indipendente? Per difendere l’inerzia del Guardasigilli Carlo Nordio, lo stesso Tajani espone una teoria quasi comica: “Non era semplice, c’era un documento di 40 pagine con le accuse in inglese, da tradurre”. Ironicamente, lo stesso Nordio aveva accusato i magistrati italiani di aver interpretato male la Corte Ue sui migranti in Albania perché non sapevano tradurre il francese, ma questa è un’altra storia.
Il cambio di linea di Meloni e i suoi è ancor sostenuto con energia dai giornalisti vicini. Nicola Porro offre il microfono alla premier durante la kermesse “La Ripartenza” e la lascia sfogare contro le toghe. Sechi, ex capoufficio stampa di Meloni a Palazzo Chigi, dà il meglio di sé. Su Libero definisce Meloni “La Cavaliera Nera” – facendo l’eco sia a Berlusconi che alla celebre barzelletta di Gigi Proietti – e poi “La Ducia”. Senza ironia, con ammirazione. La sua prima pagina di ieri è da libro Cuore: “La rabbia e l’orgoglio di Giorgia. ‘Indagarmi un danno alla Nazione’”. Il sempre eccentrico Tommaso Cerno, direttore del Tempo derubrica l’indagine su Meloni a “un ridicolo golpetto piccolo-borghese della sinistra”.
Sul suo giornale però le dedica una spettacolare prima pagina, con foto di Giorgia circondata dalle toghe rosso fuoco dei magistrati e la scritta a caratteri cubitali: “Sotto attacco”.
La Verità di Maurizio Belpietro si dedica in questi giorni ai presunti scheletri nell’armadio degli “accusatori” di Meloni, Lo Voi e Luigi Li Gotti. Il Giornale torna a parlare di complotto: “Dietro il caso Almasri le manovre degli 007 della Germania per danneggiare il governo italiano” (e il solito Delmastro gli va dietro: “Occorre un chiarimento in Europa, sarebbe un fatto gravissimo”. Mentre per Giuseppe Cruciani, titolare della Zanzara su Radio 24, “gli Stati democratici trattano con i figli di puttana. Che si diceva prima di Gheddafi? È il nostro figlio di puttana. Ecco, questo Almasri è il nostro figlio di puttana” e in fondo persino “un patriota, perché evidentemente non ci fa arrivare i migranti in Italia”.
È la ragione di Stato dello scatenato Vespa: “Lo sanno tutti che in ogni Stato si fanno cose sporchissime”. Ma pure in molte redazioni.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Febbraio 1st, 2025 Riccardo Fucile
LE REAZIONI DELLE OPPOSIZIONI, DA SCHLEIN A CONTE, DA FRATOIANNI A CALNEDA, DA MAGI A FARAONE
Il terzo no al trattenimento dei migranti in Albania scatena le opposizioni.
La segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, replica, rivolta alla premier Giorga Meloni: “Si rassegni” perché “i centri in Albania non funzionano e non funzioneranno, sono un clamoroso fallimento. Aumentano a dismisura le risorse pubbliche sprecate: oltre un miliardo di euro che poteva essere investito per assumere infermieri e medici nei reparti svuotati della sanità pubblica”.
Secondo Riccardo Magi di +Europa la decisione dei giudici segna “la pietra tombale sulle politiche migratorie messe in atto finora da Giorgia Meloni. Non le resta che dichiarare fallito questo sadico esperimento ed evitarci le sue solite vagonate di vittimismo”.
Per il Movimento Cinque Stelle più che di “modello Albania” bisognerebbe parlare di “gioco dell’oca in cui “errare è umano, perseverare è una prerogativa del governo Meloni”, dicono Alfonso Colucci e Alessandra Maiorino.
Leoluca Orlando, europarlamentare di Avs, dice che “il modello bandiera del governo Meloni” è un “totale fallimento” e un “becero spot politico sulla pelle di chi soffre”.
Nicola Fratoianni, leader di Sinistra italiana, aggiunge: “Un finale già scritto. Ora Giorgia Meloni non utilizzi anche questo episodio per fare la vittima e per accusare la magistratura del nostro Paese. Devono smetterla di fuggire dalle loro responsabilità di fronte al Parlamento e al Paese”.
E ancora, Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde attacca: “La decisione della Corte d’Appello di Roma certifica il fallimento dell’accordo con l’Albania. A questo disastro politico si aggiunge uno spreco inaccettabile di denaro pubblico. Il governo – conclude chiedendo che la premier riferisca in Parlamento – continua a ingannare i cittadini con la sua retorica anti-migranti, ma la realtà è che le sue politiche sono inefficaci, costose e umilianti per l’Italia”.
Davide Faraone di Italia Viva affonda: “Una caporetto”.
Il senatore Enrico Borghi ironizza: “Avevano presentato lo sbarco dei 49 migranti come un secondo D-Day. E’ finita come l’ennesima (e costosa) retromarcia in terra albanese. Il modello Albania fa acqua da tutte le parti. Sappiamo già il copione, anche stavolta è colpa di qualche complotto, statene certi”.
Per Carlo Calenda di Azione i cpr in Albania sono semplicemente “una follia che va chiusa subito”.
(da agenzie)
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Febbraio 1st, 2025 Riccardo Fucile
CI SONO PALESI VIOLAZIONI DEI PROTOCOLLI SANITARI, L’ASSISTENZA VIENE FATTA DA MEDICI MILITARI E NON CIVILI
I migranti sono sbarcati dalla nave Cassiopea martedì 28 gennaio ed immediatamente
trasferiti nel centro di Shengjin che si trova proprio accanto all’area portuale. Dopo i primi screening in 5 sono stati subito mandati in Italia, quattro perché minorenni ed uno perché soggetto vulnerabile. Il giorno dopo si sono tenute le audizioni, nel centro di Gjader, con procedura accelerata degli altri migranti. Tra questi uno, un cittadino bengalese, è stato mandato in Italia per approfondimenti. Per gli altri 43 migranti c’è stato il rigetto della richiesta di asilo. Da sottolineare come le 43 audizioni si sono svolte tute mercoledì 29 gennaio, in videoconferenze. È lecito quindi immaginare che ognuna di esse sia durata una manciata di minuti.
A monitorare la situazione c’erano gli avvocati dell’ASGI, tra cui Amarilda Lici che abbiamo raggiunto per farci raccontare cosa hanno riscontrato. “Dopo le audizioni svolte nella giornata del 29 gennaio sono arrivati gli esiti e tutte le domande sono state rigettate” ci dice. Ed è qui che le procedure secondo l’avvocata dell’ASGI si fanno farraginose al punto da mettere a rischio la puntuale assistenza legale.
“Il gestore del centro, la Medihospies ci ha detto che i loro operatori chiedono in prima battuta agli avvocati d’ufficio nominati per l’udienza di convalida se vogliono fare anche le procedure per la presentazione del ricorso contro il rigetto della domanda di protezione internazionale e solo se questi legali non se la sentono, verrebbe fornito ai migranti un elenco stilato dal Tribunale di Roma, di avvocati esperti in materia di immigrazione” spiega l’avvocata.
Quello che va sottolineato è che una volta arrivato il rigetto, i migranti hanno solo 7 giorni di tempo per poter presentare il ricorso.
“Ci chiediamo – spiega l’avvocata Lici – quanto effettivamente i migranti riescano a comprendere le tempistiche ed i passaggi legali che hanno diritto a fare, contando che si trovano in una situazione di trattenimento all’interno del centro. In buona sostanza i tempi così accelerati metterebbero in discussione il diritto di difesa immediata”.
Al centro della questione ci sarebbero quindi i tempi velocissimi delle procedure. “Risulta indubbiamente fondamentale fornire un adeguata e chiara informativa fin dall’arrivo sull’importanza di una difesa legale che possa assistere i migranti in tutte le fasi delle procedure” conclude la legale dell’ASGI.
Le ong: “Assistenza medica non può essere fatta dai militari”
Intanto una nota sottoscritta da una ventina di associazioni e Ong ha denunciato le violazioni dei protocolli sanitari per i migranti a bordo della nave militare Cassiopea.
“Non ci sono certificazioni individuali per ogni persona trasferita, gli screening medici sono effettuati da medici militari e non da medici indipendenti, non c’è chiarezza sui metodi usati per l’accertamento dell’età delle persone fermate” denunciano le realtà associative tra cui Medici Senza Frontiere, Mediterranea Saving Humans ed Emegency. Affidare gli screening sanitari a medici militari, significa affidarli a personale che deve sottostare alle gerarchie previste.
Precedentemente queste operazioni di assistenza sanitaria venivano effettuate dal personale dell’OIM (organizzazione internazionale per le migrazioni). “Il personale sanitario che risponde a catene militari gerarchiche in ambiti civili e umanitari si può trovare a vivere contraddizioni che possono limitarne l’indipendenza e minare il dovuto approccio centrato sul paziente” denunciano le associazioni. Tra l’altro la legge prevede che il personale medico militare può svolgere queste operazioni solo in caso di calamità naturale.
“L’assenza di una certificazione individuale per ogni persona trasferita, segnalata da alcuni parlamentari durante la visita al centro di Shëngjin, è particolarmente critica, poiché tale documento dovrebbe precedere il trasferimento per garantire la piena tutela delle persone migranti” denunciano le Ong. Nella nota si chiede il coinvolgimento dell’UNHCR, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati, nelle procedure con un ruolo di monitoraggio e coordinamento, per garantire l’assistenza sanitaria adeguata e il rispetto dei diritti delle persone migranti coinvolte nelle procedure.
(da Fanpage)
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Febbraio 1st, 2025 Riccardo Fucile
MIGLIAIA LE RICHIESTE DI RINNOVO ATTENDONO DI ESSERE EVASE
Il rinnovo dei permessi di soggiorno degli immigrati che vivono e lavorano regolarmente in Italia è sempre più una corsa a ostacoli, che costringe queste persone a interminabili trafile burocratiche, lunghe code e persino pernottamenti in tenda davanti agli uffici immigrazione delle questure.
Sono cittadini che pagano regolarmente le tasse, mandano i loro figli a scuola, contribuiscono in quota parte al benessere del Paese, ma sono costretti, ogni anno, a rinnovare quel pezzo di carta che permette loro di soggiornare regolarmente sul territorio nazionale.
Benzoni (Azione): “Come i ritardi per i rinnovi dei passaporti, ma in gioco c’è la vita delle persone”
“Siamo nella stessa situazione che abbiamo già affrontato per i passaporti – spiega a Fanpage il deputato di Azione, Fabrizio Benzoni – e quindi c’è un aumento del numero delle domande che però non corrisponde a un aumento dei posti che possono essere prenotati e degli agenti in servizio per smistare le pratiche. Ovviamente la differenza tra un passaporto e un permesso di soggiorno è che il secondo incide sulla vita di tutti i giorni, favorendo l’illegalità, la clandestinità, il lavoro nero. La situazione ovviamente più grave riguarda i rinnovi, perché ci sono tempi di attesa lunghissimi e spesso si concretizza quando il richiedente è già a metà del periodo di validità del precedente. Praticamente se hai un anno di rinnovo ti arriva dopo sette mesi e quindi devi subito ricominciare la trafila per l’anno successivo. Il problema è che con il cedolino che registra la prenotazione, come ha confermato il ministro Piantedosi recentemente, non si può far nulla. Un esempio pratico sono i contratti di affitto delle case: a nessun proprietario basta il cedolino, ci vuole il permesso di soggiorno; idem per aprire un conto corrente, per rinnovare un contratto di lavoro, per iscrivere i figli a scuola e per tante altre operazioni”.
Per il primo rilascio si può attendere fino a un anno e mezzo
Nell’ultima rilevazione, datata 11 ottobre 2024, il numero dei permessi di soggiorno in corso di validità superava i 4,3 milioni, molti dei quali erano in attesa di rinnovo. Nelle questure si sono creati dei veri e propri imbuti, che hanno costretto l’amministrazione a correre ai ripari con l’assunzione di lavoratori interinali a supporto del personale degli uffici. Il problema è che un cittadino immigrato a cui scade il permesso di soggiorno diventa un irregolare e perde ogni diritto, finendo in quel tritacarne fatto di limitazioni e odio gratuito messo in piedi dalle destre al governo, che minacciano di mettere in pratica deportazioni di massa in stile trumpiano.
“Le persone colpite dall’inefficienza degli uffici immigrazione – continua Benzoni – fanno parte della cosiddetta ‘immigrazione buona’ di cui tanti esponenti del governo si riempiono la bocca. E la loro provenienza sociale è abbastanza trasversale. Un altro tema che desta molta preoccupazione è quello dei tempi di attesa ancor più lunghi per il primo rilascio del permesso di soggiorno: in quel caso l’attesa per avere una risposta può durare anche un anno e mezzo, durante il quale il richiedente non può far nulla. Abbiamo toccato il record di minori non accompagnati che vivono nelle nostre città: vengono accolti dalle comunità fino ai 18 anni e poi devono iniziare questa Odissea, che tra l’altro ha dei costi importanti, lasciati a loro stessi. Non possono lavorare perché non hanno i documenti in regola e in molti casi sono di fatto spinti all’illegalità”.
Insomma, una persona che magari ha vissuto in Italia sin dai primi anni di vita, ha studiato in Italia e in Italia si è fatta una vita, oltre a non veder riconosciuto il diritto di cittadinanza perché chi governa non ha intenzione di concedere né lo Ius Scholae né tantomeno lo Ius Soli, rischia di perdere tutto quello che ha per colpa della burocrazia e delle “liste d’attesa” negli uffici delle questure.
“La destra – spiega ancora il deputato di Azione, che ha depositato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi – ha fatto della lotta all’immigrazione irregolare una sua bandiera ma poi non fa nulla per risolvere un problema meramente burocratico che crea immigrati irregolari. I fatti di cronaca di questi giorni raccontano di persone accampate al freddo fuori le questure, a Torino e in altre città, per non perdere il posto. Non sono scene da Paese civile. Piantedosi rispondendo alla mia interrogazione ha detto che gli interinali a supporto del personale delle questure non saranno confermati alla scadenza dei contratti, che è a metà marzo, quindi saranno rimpiazzati, se saranno rimpiazzati, da personale interno che verrà spostato da altre mansioni. Mi chiedo perché non si possa dare la gestione di queste pratiche anche alle amministrazioni locali e agli uffici postali, potrebbe essere una soluzione”.
Chi aspetta un anno e mezzo il permesso di soggiorno finisce sfruttato o nell’illegalità
Uno dei casi limite si è verificato a Torino, dove una donna, madre di due figli adolescenti, ha perso il lavoro e ora rischia di perdere anche la casa popolare, perché senza il permesso di soggiorno riceverà automaticamente lo sfratto. E c’è chi lucra sulle vite private di queste persone, approfittando della loro condizione precaria per mettere in atto truffe e ricatti: la piaga del caporalato è si fonda sul miraggio del permesso di soggiorno, utilizzato come strumento di sottomissione per sfruttare lavoratrici e lavoratori. E c’è il fondato timore che il ritardo nella concessione dei rinnovi possa far impennare il lavoro nero, perché i datori di lavoro, senza il “pezzo di carta” non possono rinnovare i contratti ai dipendenti. “Ho raccolto le storie di queste persone attraverso un form che ho pubblicato online – conclude Fabrizio Benzoni – e di storie come quella della donna che rischia di perdere la casa ce ne sono tantissime. Alcuni dei documenti richiesti per il rilascio del permesso di soggiorno richiedono lo Spid, ma per il rilascio dello Spid serve il permesso di soggiorno. È un cane che si morde la coda. Il problema dell’illegalità e del lavoro nero si palesa soprattutto in quell’anno e mezzo in cui il richiedente attende il primo rilascio: trovandosi in un limbo in cui è impossibilitato ad accedere a un lavoro regolare o a un contratto di affitto per una casa, viene raggiunto facilmente da chi ha interesse a sfruttarlo col lavoro nero o per azioni illecite”.
(da Fanpage)
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