Destra di Popolo.net

LA STRAGE DI CIVILI A SUMY, IN UCRAINA, CON IL BOMBARDAMENTO NEL CENTRO CITTA’, E’ UNA MOSSA INTENZIONALE DI PUTIN. VOLEVA MASSIMIZZARE LE VITTIME, CON LA TECNICA DEL “DOUBLE TAP”: IL PRIMO MISSILE COLPISCE LA PIAZZA E IL SECONDO ARRIVA QUALCHE MINUTO DOPO, QUANDO IL LUOGO DELLA TRAGEDIA SI È RIEMPITO DI SOCCORRITORI, POLIZIOTTI, AMBULANZE, PASSANTI

Aprile 14th, 2025 Riccardo Fucile

“LA STAMPA”: “IL CREMLINO VUOLE LA CAPITOLAZIONE DELL’UCRAINA E ANNESSIONI TERRITORIALI. KIEV NON ACCETTERÀ MAI E PER FARLE CAMBIARE IDEA BISOGNA PIEGARLA CON STRAGI DI CIVILI”

«Oltre ogni limite di decenza»: il commento del generale Keith Kellogg, l’inviato della Casa Bianca per i negoziati in Ucraina, concentra probabilmente il massimo del disgusto che si può esprimere nel linguaggio della diplomazia. Il bombardamento del centro di Sumy con due missili balistici russi non è soltanto un mostruoso atto di guerra contro i civili ucraini. È un atto palesemente intenzionale, in tutto: nella scelta del bersaglio, nella piazza dell’università locale, nella scelta dell’orario, alle 10,15, nella scelta della data, la domenica delle Palme.
È un atto che aveva lo scopo di massimizzare le vittime, con la tecnica agghiacciante del “double tap”: il primo missile che colpisce la piazza, e il secondo che arriva qualche minuto dopo, quando il luogo della tragedia si è riempito di soccorritori, poliziotti, ambulanze, passanti, per esplodere nell’aria, disseminando munizioni a grappolo. È una strage voluta e calcolata, come quella di Kriviy Rih, pochi giorni fa, con un missile che ha colpito in pieno un bersaglio strategico come il parco giochi dei bambini.
La Russia non ha mai avuto remore a colpire aree residenziali, infrastrutture
civili e abitanti pacifici in Ucraina, ma l’aumento degli attacchi nelle ultime settimane è difficilmente attribuibile al caso. Soltanto ieri, la strage a Sumy ha fatto passare in secondo piano altri raid: a Semenivka, nella regione di Chernihiv, droni russi hanno colpito l’ospedale locale, ferendo un’infermiera, a Kharkiv un drone è finito contro un asilo, fortunatamente vuoto, a Kherson tre civili (di cui due donne anziane) sono stati uccisi dall’artiglieria.
È impossibile non leggere in questa escalation un accanimento e un messaggio, proprio mentre gli emissari russi e americani tornano a parlarsi. L’attacco a Kriviy Rih si è tenuto dopo che Kirill Dmitriev, il negoziatore speciale del Cremlino, è volato a Washington – con una sospensione ad hoc delle sanzioni contro di lui per potergli rilasciare il visto – per un lungo colloquio con l’inviato di Trumop Steve Witkoff.
L’attacco a Sumy è stato lanciato dopo che Witkoff è andato a Pietroburgo, dove si è intrattenuto per 4 ore e mezzo con Vladimir Putin, salutandolo con la mano sul cuore. Un comportamento a prima vista quasi schizofrenico: intensificare gli attacchi proprio mentre la nuova amministrazione americana fa a Putin aperture senza precedenti
Trump è stato invocato da molti politici ucraini ed europei, quasi nel tentativo di spingerlo finalmente a un’azione contro la Russia, che con ogni evidenza sta respingendo la sua diplomazia. Ma se proprio bisogna cercare una logica nel comportamento di Putin, è possibile che stia cercando di terrorizzare la popolazione ucraina, mostrando a Volodymyr Zelensky e ai suoi concittadini che il peggio deve ancora venire le basi per una tregua sono esistite finora soltanto nei desideri di Trump. Il Cremlino non ha mai chiesto di concludere la guerra con un risultato che non fosse la capitolazione dell’Ucraina, e «Putin non può permettersi un cessate-il-fuoco senza annessioni territoriali, che verrebbe letto dal nocciolo duro del suo pubblico come una sconfitta morale», scrive il politologo russo in esilio Vladimir Pastukhov.
L’Ucraina a sua volta non accetterà mai di cedere territori occupati dai russi, dove abitano ancora almeno un milione di cittadini ucraini. Dunque, per far cambiare idea a Kyiv bisogna piegarla con stragi di civili ancora più sanguinose e frequenti
Anna Zafesova
per “la Stampa”

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GIORGIA, RICORDATI CHI COMANDA, LA COMMISSIONE EUROPEA PRECISA: “URSULA VON DER LEYEN E MELONI SONO IN CONTATTO SUL VIAGGIO DELLA PREMIER ITALIANA NEGLI USA, QUALSIASI CONTATTO È BENVENUTO, MA QUELLA DI NEGOZIARE ACCORDI COMMERCIALI È NOSTRA ESCLUSIVA COMPETENZA”

Aprile 14th, 2025 Riccardo Fucile

TANTO PER FARE PRESENTE ALLA DUCETTA TRUMPIANA CHE È BRUXELLES A DECIDERE (E A TENERE A GALLA IL PIL ITALIANO CON I SOLDI DEL PNRR)

“La presidente von der Leyen e la prima ministra italiana Giorgia Meloni sono stati in contatto regolare. La presidente è in costante contatto con tutti i leader Ue. Sono stati in contatto anche in relazione a questa missione negli ultimi giorni. E saranno in contatto prima della missione programmata”, come von der Leyen ha detto “qualsiasi contatto con gli Usa è benvenuto”.
Quella di “negoziare accordi commerciali” “è nostra esclusiva competenza”.
Così la portavoce della Commissione Ue Arianna Podestà, interpellata
nell’incontro con la stampa sulla visita di Meloni a Washington e se abbia al riguardo uno specifico mandato Ue.

(da agenzie)

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IL CASO DELLA LAUREA DI MARINA CALDERONE SI INGROSSA: LA PROCURA DI ROMA HA APERTO UN FASCICOLO DI INDAGINE, AL MOMENTO SENZA INDAGATI O IPOTESI DI REATO SUL PERCORSO ACCADEMICO DELLA MINISTRA DEL LAVORO PRESSO LA LINK CAMPUS UNIVERSITY

Aprile 14th, 2025 Riccardo Fucile

LA DECISIONE ARRIVA IN SEGUITO ALL’ESPOSTO PRESENTATO DA UN PROFESSORE UNIVERSITARIO DI BRESCIA, CHE CHIEDE AI PM DI ACCERTARE SE I TITOLI ACQUISITI NEL 2012 E NEL 2016 DALLA CADERONE SIANO FRUTTO DI IRREGOLARITÀ… IL SURREALE COMMENTO DELLA MINISTRA: “PRENDO ATTO CON GRANDE SODDISFAZIONE CHE LA PROCURA HA SANCITO L’INESISTENZA DI OGNI IPOTESI DI REATO. PER ME LA STORIA FINISCE QUI”

La Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine, al momento senza indagati o ipotesi di reato, in relazione ad un esposto presentato da un professore universitario di Brescia sul percorso accademico della ministra del Lavoro, Marina Calderone, presso la Link Campus University.
In particolare il professore Saverio Regasto, ordinario di diritto pubblico comparato, chiede ai pm nell’esposto, in cui sono allegate notizie di stampa, di accertare se i titoli acquisiti nel 2012 e nel 2016 dalla ministra
siano frutto di irregolarità e nel caso si possano configurare ipotesi di reato. Nei giorni scorsi la ministra si è detta “serenissima” in quanto il suo “percorso è assolutamente limpido e corretto, quindi non ho alcun tipo di preoccupazione”.
“Prendo atto con grande soddisfazione quanto comunicatomi dal mio legale, l’avvocato Cesare Placanica, ossia della determinazione del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma che, con riferimento all’esposto sporto nei miei confronti in relazione al mio percorso universitario, ha sancito l’inesistenza di ogni ipotesi di reato e di conseguenza non ha iscritto alcun indagato nel registro delle notizie di reato.
In realtà è una prassi normale non indicare eventuali indagati a fronte di un esposto, solo in una fase successiva agli accertamenti la pratica puo’ essere o archiviata o indicare eventuali indagati.

(da agenzie)

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LA MESSA AMARA DI SEMINARA, IL PAESE DELLE VIOLENZE DI GRUPPO SU DUE RAGAZZINE: MANIFESTAZIONE DI POCHI DAVANTI ALLA CHIESA, MA I SEDICENTI CRISTIANI LA EVITANO

Aprile 14th, 2025 Riccardo Fucile

DAL SINDACO E DAL PARROCO PAROLE DURE, MA I COMPAESANI NON SI SCHIERANO: BENVENUTI NELL’ITALIA DEI VIGLIACCHI… I VIOLENTATORI ERANO FIGLI DI BOSS DELLA ‘NDRANGHETA

Seminara è un paese in provincia di Reggio Calabria dove due minori sono state violentate per anni da giovani rampolli delle famiglie di ‘ndrangheta, ora condannati. Nonostante la sentenza però gran parte del paese non si è schierato dalla parte delle vittime, anzi: una delle due ragazzine ha
cambiato città con la sua famiglia. E davanti al clima di omertà poche decine di persone (quasi tutte donne), si sono incontrate per dire «no alla violenza sulle donne», nello spiazzo antistante la chiesa del paese.
A riportare i dettagli della manifestazione, organizzata dall’associazione «E tu splendi» di Palmi, è il Corriere della Sera che però spiega come il punto sia stato scarsamente partecipato, nonostante la giornata di festa.
I fedeli che evitano la manifestazione e il sindaco che si presenta
Gli organizzatori pensavano di attirare più persone possibili, scegliendo proprio quel punto data la domenica delle Palme. Ma, finita la messa, i fedeli hanno preferito uscire da una porta secondaria, in modo da non essere coinvolti nella manifestazione.
«È un fatto di cultura che lambisce l’omertà», ha detto al Corriere una donna, che preferisce rimanere anonima.
Il sindaco del paese, Giovanni Piccolo, è invece intervenuto alla manifestazione in veste ufficiale. Ha ricordato come il comune si sia costituito parte civile nel processo che, nel primo troncone, ha inflitto pene dai 5 ai 13 anni a sei dei ragazzi coinvolti. E ha ribadito la sua vicinanza alla famiglia della ragazza che ha abbandonato il paese. Presente anche il parroco don Domenico Caruso nel suo breve discorso ha condannato gli atti di violenza: «Spero che vengano puniti con severità».
Alla manifestazione non hanno partecipato le famiglie delle due minorenni vittime. Ma la mamma di una di loro ha ringraziato l’azione dei manifestanti.

(da Open)

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AGENTE CON IL SIMBOLO DEI NEONAZISTI POLACCHI TRA LE FORZE DELL’ORDINE IN SERVIZIO DURANTE IL CORTEO PER LA PALESTINA

Aprile 14th, 2025 Riccardo Fucile

SUL GIUBBOTTO IL SIMBOLO “NARODOWA DUMA” (ORGOGLIO NAZIONALE) DI UN GRUPPO NEONAZISTA POLACCO… INTERROGAZIONE DI BONELLI A PIANTEDOSI: “INACCETTABILE, APRA UN’INDAGINE”

Due poliziotti che partecipano alle tensioni avvenute durante la manifestazione pro palestina che si è tenuta sabato a Milano. Uno con indosso un giubbino nero con la scritta in polacco “Narodowa Duma”, cioè Orgoglio Nazionale, simbolo, come denuncia il profilo X di Osservatorio Repressione di “un gruppo neonazista polacco”.
L’altro con un’altra felpa con un diverso logo che per alcuni rappresenterebbe il simbolo del gruppo Teschi dell’Aquila, ultras di estrema destra polacchi e militanti neonazisti ma che in realtà, con ogni probabilità, è quello di una palestra di crossfit con sede a Paderno Dugnano.
È quanto si vede in alcune immagini che stanno facendo il giro del web, indignando manifestanti filopalestinesi e realtà antagoniste protagonisti del corteo molto partecipato di sabato. Secondo quanto riporta Repubblica la Digos milanese ha acquisito le immagini per identificare i due poliziotti sui quali potrebbero essere aperti procedimenti disciplinari. I due nelle immagini, pur essendo in borghese, indossano il casco blu con la scritta Polizia.
“Quanto accaduto a Milano è gravissimo e non può passare sotto silenzio – ha attaccato il parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli – Durante le cariche della polizia contro il corteo pro Palestina organizzato da associazioni e sindacati di base, un agente è stato ripreso mentre indossava una giacca non regolamentare con simboli dell’ultradestra nazionalista polacca. Sulla giacca campeggiavano un’aquila bianca e lo slogan Narodowa duma – Orgoglio nazionale, utilizzati abitualmente da ultras e movimenti di estrema destra in Polonia”.
Bonelli ha annunciato un’interrogazione al ministro dell’Interno Piantedosi “per sapere se ritiene normale che un agente delle forze dell’ordine possa indossare, durante il servizio, una giacca non prevista dall’uniforme ufficiale, per di più con simboli chiaramente riconducibili all’estrema destra internazionale”. “È inaccettabile che chi rappresenta lo Stato sul campo, durante operazioni di ordine pubblico, possa lanciare un messaggio ideologico così pericoloso”. “Vogliamo sapere quali provvedimenti intenda adottare il ministro per accertare le responsabilità di questo episodio inquietante e per garantire che, all’interno delle forze dell’ordine, non vi siano infiltrazioni o condizionamenti ideologici che mettono a rischio la neutralità e la credibilità dello Stato. Questo episodio non deve essere minimizzato né archiviato con leggerezza”, conclude Bonelli

(da agenzie)

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DONALD TRUMP CON I NUMERI È UN DISASTRO, NEL 2006 IL TYCOON FECE UNA FIGURA BARBINA QUANDO ERA OSPITE ALLO SHOW RADIOFONICO DI HOWARD STERN: IL CONDUTTORE GLI CHIESE QUANTO FACEVA 17 PER 6 E LUI RISPOSE 112

Aprile 14th, 2025 Riccardo Fucile

NEMMENO DI FRONTE ALLA CORREZIONE DI STERN (“FA 102”) SI CONVINSE E CONTINUÒ A RIPETERE IL RISULTATO SBAGLIATO… MAUREEN DOWD: “TRUMP, EX PROPRIETARIO DI CASINÒ, SI VANTA DI NON AVER MAI SCOMMESSO IN VITA SUA. MA OGGI STA GIOCANDO D’AZZARDO CON LA VITA E IL FUTURO DEGLI AMERICANI. E STA ROVINANDO IL MARCHIO ‘USA’ COME NESSUNO PRIMA DI LUI”

Bisogna riconoscerglielo: Donald Trump è un fenomeno del multitasking. In un solo, spettacolare colpo, il presidente è riuscito a far vacillare l’economia globale, distruggere alleanze internazionali, demolire la reputazione dell’America nel mondo […] e trasformare lo Studio Ovale in una succursale kitsch del Caesars Palace sul Potomac.
Eppure ha trovato anche il tempo di vantarsi di aver vinto il torneo del suo golf club a Jupiter, di firmare un ordine esecutivo per allentare i limiti di pressione dell’acqua nelle docce […] e di ordinare un’indagine su un funzionario della sicurezza elettorale che aveva licenziato quattro anni fa per aver osato dire che le elezioni del 2020 non erano state truccate.
«Viviamo in un mondo alla rovescia, dove gli eroi vengono presi di mira e i mascalzoni hanno il potere di colpirli», ha commentato David Axelrod.
Trump è anche ossessionato dalla vendetta contro studi legali prestigiosi e università dell’Ivy League, colpevoli, a suo dire, di averlo osteggiato o di essersi piegati troppo al “politicamente corretto”.
«La vendetta è l’ossigeno che lo tiene in piedi», ha dichiarato Tim O’Brien, biografo di Trump. E attorno a lui, l’ex presidente ha radunato un piccolo esercito di fedelissimi che lo adulano in riunioni di gabinetto
talmente esagerate da sfiorare il grottesco. Il presidente della FCC, Brendan Carr, porta perfino una spilla dorata con la testa di Trump in stile maoista.
Il ritratto ufficiale di Barack Obama è stato rimosso per far spazio a uno di Trump che alza il pugno, immortalato dopo il fallito attentato contro di lui.
E mentre i mercati crollano e la gente si agita — «si fa yippy», secondo la definizione trumpiana — il Presidente del Caos ci invita a «stare tranquilli». Ma come si fa, se tutto è così instabile?
E dire che Trump non è mai stato un asso con i numeri. Tim O’Brien ha ricordato su Bloomberg come la «formula tragicomica» dei dazi abbia collocato Cambogia e Thailandia in cima alla lista delle “minacce economiche” per gli USA, e abbia addirittura imposto dazi su isole disabitate vicino all’Antartide.
Anche i conti dei repubblicani sul bilancio federale non tornano: tagliare le tasse per i più ricchi per migliaia di miliardi di dollari e fingere che non abbia un costo è una finzione.
Del resto, Trump ha collezionato sei bancarotte, e suo padre ha dovuto comprare 3,4 milioni di dollari in gettoni per salvare uno dei suoi casinò dal fallimento.
La prova definitiva della sua inettitudine matematica? Un’apparizione del 2006 allo show radiofonico di Howard Stern con Ivanka e Donald Jr.
Stern chiede: «Quanto fa 17 per 6?»
Don Jr., tra risatine nervose, risponde: «96? 94?» Trump interviene: «11 e 12. Fa 112.»
«Sbagliato!», replica Stern. «Fa 102.»
Trump continua a ripetere: «112.»
Nel frattempo, gli investitori esitano a comprare i titoli di Stato americani, da sempre considerati tra gli asset più sicuri al mondo. «E indovina chi detiene una gran parte del debito USA?», osserva O’Brien. «Cina, Giappone, Europa. Secondo te, si sentono al sicuro?»
Mentre tutto attorno si agita — Jamie Dimon di JPMorgan ha parlato di possibile recessione — Trump gioca con i fili del potere come un gatto con i gomitoli, affascinato dal suo show personale.
«Tutta questa discordia orchestrata, questo caos, solo per il suo divertimento personale», ha detto ancora O’Brien. «È come un ragazzino in garage con i fiammiferi accanto a una tanica di benzina.»
Ora che la strategia tariffaria di Trump è chiaramente fallita, e che l’amministrazione non è riuscita a convincere nessuno che si tratti di un capolavoro da Art of the Deal, resta da vedere se ci sarà un momento alla
“Mago di Oz”, in cui il sipario si apre e il pubblico vede il ciarlatano per quello che è. Il caos globale riuscirà finalmente a distruggere l’aura di controllo che Trump cerca disperatamente di proiettare?
E ha aggiunto: «La gente ama l’idea di tagliare sprechi e frodi, finché non chiude l’ufficio della previdenza sociale nel proprio quartiere, o saltano i programmi sanitari per i veterani, o scoppiano focolai di morbillo perché chi è al governo non sa cosa sta facendo. Arriverà il momento in cui molti diranno: “Sai che c’è? Questo governo non funziona per me.”»
Trump, ex proprietario di casinò, si vanta di non aver mai scommesso in vita sua. Ma oggi sta giocando d’azzardo con la vita e il futuro degli americani. E mentre anche il dollaro perde il suo fascino, l’uomo che si vantava di essere un genio del marketing sta rovinando il marchio “USA” come nessuno prima di lui.

(da agenzie)

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COSA PROMETTERÀ GIORGIA MELONI A TRUMP? IL TYCOON CHIEDE PIÙ ACQUISTI DI GAS E ARMI AMERICANE, LO STOP AL GREEN DEAL E UN INNALZAMENTO DELLA SPESA IN DIFESA: MA L’ITALIA, TERRA DI PUTINIANI E CON I CONTI DISASTRATI, NON SI PUÒ PERMETTERE DI INVESTIRE NEMMENO IL 2% DEL PIL, FIGURARSI IL 5 CHE CHIEDE IL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO

Aprile 14th, 2025 Riccardo Fucile

COSA FARÀ LA DUCETTA, CHE HA SEMPRE SOSTENUTO LA WEB TAX CONTRO I CATTIVONI EX LIBERAL-DEM DELLA SILICON VALLEY, SE TRUMP LE CHIEDERÀ DI OPPORSI A BRUXELLES? LE AUTO, IL FREE SPEECH, LA CINA E LE BASI USA IN ITALIA: COSA BALLA, E TRABALLA, SUL TAVOLO DEL VIAGGIO DI GIOVEDÌ

Accade spesso che le intenzioni di Giorgia Meloni emergano dalle parole di Antonio Tajani. «L’obiettivo – ha spiegato ieri da Osaka, in Giappone, il ministro degli Esteri e vicepremier – è arrivare a zero dazi e a creare un grande mercato dell’Occidente, un mercato libero Usa ed Europa», che – Tajani non lo dice così dritto – tenga lontana la Cina.
Se questo è il traguardo, secondo il ministro, «l’Ue potrà contare sul sostegno di Meloni, che non va da Donald Trump per trattare cose particolari a favore dell’Italia né per far venire meno l’Unione europea».
E allora capiamo di più come si potrebbe articolare e su quali punti questo tanto atteso bilaterale che andrà in scena alla Casa Bianca tra Trump e Meloni giovedì 17 aprile, concentrandoci su cosa interessa al primo e cosa la seconda potrà portare al tavolo dei negoziati con l’Europa nei lunghi 90 giorni che il presidente Usa ha concesso Bruxelles.
Trump vuole che l’Europa compri più energia dagli Stati Uniti, più gas liquido da trasportare fino al Vecchio Contenente. È una partita strategica che si gioca sull’abbandono a metà della dipendenza dalla Russia, avviato dopo l’invasione dell’Ucraina del 2022.
L’Italia è uno dei mercati dove il tycoon è convinto di poter avere più chance. Primo perché molto dipendente dall’import di energia (con diversificazione di approvvigionamento estesa soprattutto ad Algeria e Azerbajan). Secondo, perché sullo sfondo di ogni trattativa con gli Usa resta la stabilizzazione del Mediterraneo e della Libia, un’arma in più in mano al negoziatore americano
Trump non vuole più sentir parlare del 2% del Pil destinato alle spese militari: quello è un obiettivo vecchio. Ora pretende molto di più dagli alleati e molto probabilmente al vertice Nato di fine giungo a L’Aja si chiuderà con un compromesso al 3, 5%.
L’Italia si trova nelle condizioni peggiori: lontana dal raggiungere il primo obiettivo e con un peso finanziario che le impedisce di puntare più in alto. Meloni darà garanzie sul 2% e nel governo non si esclude che entro l’anno l’asticella salirà al 2, 25%. La premier cercherà l’indulgenza di Trump promettendo una sponda solida sull’estensione delle risorse del piano di riarmo europeo all’industria militare americana, a partire da quelle già
strutturate in joint venture. Una filiera euro-atlantica che nei fatti esiste già.
È l’ossessione di Trump da sempre: nel mercato europeo ci sono poche automobili americane, nel mercato Usa troppe europee. Il tycoon ha soprattutto la Germania nel mirino […] La battaglia riaperta da Meloni contro il Green Deal, il grande piano di norme per la transizione energetica e ambientale varata dalla precedente Commissione europea, è un messaggio di disponibilità inviato a Trump.
Il Green Deal è considerato forse il principale ostacolo per rivitalizzare le chance di una vera concorrenza di Europa e Usa con i produttori made in Cina di auto elettriche. Nonostante le tariffe imposte a Pechino a fine 2024, i modelli cinesi avanzano e conquistano gli europei, e agli occhi di Meloni non si facilita un riequilibrio se si mantengono le scadenze ristrette per l’addio delle auto a combustione

(da La Stampa)

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MELONI E’ OSTAGGIO DI SALVINI. E I SOLDI EUROPEI NON LI PRENDE : L’ITALIA È IL PAESE CHE AVREBBE I MAGGIORI BENEFICI DAI PRESTITI DEL FONDO “SAFE” PER LE SPESE MILITARI, MA NON HA INTENZIONE DI RICORRERE ALLA LINEA DI CREDITO NÉ ALLA POSSIBILITÀ DI UTILIZZARE I FONDI DI COESIONE PER LA DIFESA

Aprile 14th, 2025 Riccardo Fucile

IL GOVERNO SCONTA LA LINEA “PACIFISTA” DI SALVINI: MA COSÌ RIMANIAMO AL PALO CON GLI INVESTIMENTI. OGNI 10 MILIARDI DI PRESTITO, LO STATO RISPARMIEREBBE 45 MILIONI DI INTERESSI…SENZA CONSIDERARE L’EFFETTO-STIGMA SUI MERCATI

Si sta avvicinando il momento in cui i nodi del piano ReArm Europe verranno al pettine. La presidenza polacca dell’Unione europea punta a chiudere entro maggio l’accordo per il via libera al fondo Safe, che metterà a disposizione 150 miliardi di prestiti agevolati ai Paesi per le spese militari.
Ma prima ancora, idealmente entro la fine di aprile, Varsavia vuole concordare una data per l’attivazione congiunta della clausola di salvaguardia che consentirà di scorporare dal Patto di Stabilità le spese per la Difesa.
Ma l’Italia – vale a dire il Paese che potrebbe avere i maggiori benefici dai prestiti di Safe, guidata dal governo che aveva chiesto con più insistenza lo scorporo delle spese militari – non sembra per il momento interessata né a uno strumento né all’altro. E nemmeno alla possibilità di utilizzare i fondi di Coesione nel settore della Difesa. Come ha detto molto chiaramente il ministro Giancarlo Giorgetti al termine dell’Ecofin di Varsavia, Roma vuole prima attendere l’esisto del vertice Nato di giugno.
Nei prossimi giorni il ministro delle Finanze polacco, Andrzej Domanski, contatterà i colleghi dei Paesi potenzialmente interessati all’attivazione della clausola. Che, secondo il commissario all’Economia Valdis Dombrovskis, sono «un’ampia maggioranza».
Sono una quindicina i Paesi che dovrebbero seguire le indicazioni della Commissione. Tra questi ci sarà la Germania e con ogni probabilità anche Francia, Spagna e Portogallo, anche se questi tre Paesi per ora tentennano perché vorrebbero che tutti i governi coinvolti decidessero allo stesso tempo.
Teoricamente, ogni Paese è libero di attivare la clausola in qualsiasi momento e dunque l’Italia potrebbe non entrare nel gruppo in un primo momento e unirsi successivamente. Ma lo spettro dell’effetto-stigma sui mercati è ben presente, per questo gli altri sottolineano l’esigenza di muoversi compatti e vorrebbero che l’Italia fosse della partita sin da subito.
Secondo le stime dell’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen, l’attivazione della clausola potrebbe portare a un aumento delle spese militari pari a 650 miliardi di euro, il che rende questo pilatro del ReArm certamente il più consistente. Ma se i Paesi iniziassero a tirarsi indietro, chiaramente l’obiettivo non sarebbe raggiunto.
Ci sono poi i 150 miliardi del fondo Safe, il cui regolamento è attualmente in discussione in Consiglio con l’obiettivo di approvarlo entro maggio. Lo strumento è stato disegnato per fornire prestiti a tassi agevolati con una durata di 45 anni da utilizzare per le spese militari, seguendo una serie di regole: gli acquisti vano effettuati attraverso appalti congiunti, i fornitori devono trovarsi sul mercato europeo (su questo punto le discussioni sono ancora in corso) e il piano di spesa deve essere approvato dalla Commissione.
Da un punto di vista finanziario, l’Italia sarebbe il Paese che più beneficerebbe di questi prestiti: secondo le simulazioni del think tank Bruegel, il tasso d’interesse dei bond Ue a dieci anni è nettamente inferiore a quello italiano, con una differenza di 45 punti base.
Anche per la Spagna e la Francia questi prestiti sarebbero più convenienti rispetto all’emissione di titoli sui mercati, con rendimenti più bassi rispettivamente di 11 e 18 punti, ma l’Italia avrebbe un guadagno maggiore. Ipotizzando un prestito di 10 miliardi, il risparmio annuale sarebbe di 45 milioni di euro. Se invece l’Italia decidesse di prendere tutti i 150 miliardi – ipotesi puramente scolastica, ma tecnicamente non impossibile, visto che non esistono limiti alla quota di ciascun Paese – il risparmio annuale sarebbe di 675 milioni.

(da agenzie)

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CROSETTO: “SERVE UN INVESTIMENTO MOLTO SUPERIORE A QUELLO CHE FACCIAMO”. BRAVO, MA SEI TU AL GOVERNO, DILLO ALLA TUA AMICA

Aprile 14th, 2025 Riccardo Fucile

IL MINISTRO DELLA DIFESA: “LA RUSSIA CONTINUA A COLPIRE CON INTENSITA’ E SI FA FINTA DI NIENTE, FORSE QUALCUNO ADESSO SE NE E’ ACCORTO”

Il ministro della Difesa Guido Crosetto dice che «la Russia continua a colpire con intensità, vive in un’economia di guerra e va avanti con una programmazione modello Urss sul riarmo, che indica una postura aggressiva di lungo periodo. Si fa finta di niente, ma forse adesso qualcuno se ne è accorto perché lo schifoso attacco a Sumy è avvenuto il giorno
della Domenica delle Palme: colpevoli solo di essere ucraini come i bambini uccisi al parco giochi. E di non essersi piegati a Putin». E
riguardo Donald Trump uomo di pace, secondo il ministro, «c’è anche un elemento di influenza sulle opinioni pubbliche: l’idea che bastasse un rapporto personale per poter ragionare con Putin. Per quanto quel rapporto ci sia, è evidente che Putin va avanti col suo disegno», dice a La Stampa.
La soluzione Berlino
Sulla soluzione Berlino proposta da Keith Kellogg – che prevede di consegnare a Mosca le quattro regioni orientali invase – è diplomatico: «Penso che chi debba dare il giudizio sulle soluzioni per l’Ucraina sia innanzi tutto l’Ucraina, cioè la nazione invasa ed attaccata». Mentre sulle spese alla difesa « Trump dice: siccome non investite da 20 anni, per raggiungere il livello adeguato investite al cinque per cento. Razionalmente non fa una piega, ma per il bilancio delle nostre nazioni è impensabile. I Paesi europei non possono toccare welfare e conquiste sociali. Ciò detto, in questo contesto, il due per cento non è più un punto di arrivo da tempo, ma solo di partenza. Ma questo è solo un target economico. Il mio impegno irrinunciabile è garantire la difesa di questo Paese, indipendentemente da quel che accade».
La verità
«La verità è che al momento non abbiamo né risorse né scorte né investimenti per garantire la difesa dell’Italia nei prossimi anni come dovremmo. E quindi serve un’accelerazione. Non lo dico io, ministro pro tempore alla Difesa. Lo dicono le forze armate, i tecnici cui abbiamo delegato la difesa del nostro Paese. Lo direbbero anche a un ministro dei Cinque stelle». E quindi «servirebbe un investimento molto superiore a quello che facciamo, ma occorre anche un intervento di tipo normativo. Per fare un esempio, forze armate efficienti devono avere un trattamento giuridico diverso rispetto al pubblico impiego: non mando uno a combattere fino a 65 anni. Basta guardare come fanno gli altri Paesi».
I volenterosi
Infine, secondo Crosetto i volenterosi non possono essere il primo nucleo del pilastro europeo della Nato: «No, il pilastro europeo della Nato sono tutti i Paesi europei che fanno parte della Nato. I volenterosi sono un esercizio teorico di un possibile impegno in Ucraina, di cui al momento non si vedono i presupposti. Il pilastro europeo della Nato ha compiti reali e di capacità. Serve alla difesa delle nazioni, non a fare comunicazione politica». Una difesa comune si fa anche senza «nessuna confederazione. L’Europa non può che mettere insieme le forze armate di tutti i Paesi,
come dice la carta europea, utilizzando la dottrina attuale. Domani mattina potremmo iniziare a farlo ed è il mio invito da mesi: subito esercitazioni comuni, centro di comando e di controllo unici nei quali le forze di 27 Paesi operano come fossero di una sola nazione».

(da agenzie)

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