A PICCO NEI SONDAGGI, FORZA ITALIA TENTATA DAL RITIRO DEL SIMBOLO: “SOLO LISTE CIVICHE”
STIME SOTTO IL 10%, SALLUSTI DISTACCATO DI 20 PUNTI DA SALA…A ROMA LA MELONI TENTENNA, STORACE SI AUTOCANDIDA CON L’APPOGGIO DI ALEMANNO E IL CAOS E’ COMPLETO
Correre ovunque con liste civiche. Abbandonare nelle grandi città il drappo ormai lacero e stracciato (e perdente) di Forza Italia.
È la “pazza idea” che tenta Silvio Berlusconi, come lui stesso va raccontando nelle telefonate ricevute a cavallo di Capodanno.
Troppo alto il rischio di un bagno di sangue al voto di giugno a Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli.
Il colpo di grazia è arrivato – tutt’altro che imprevisto – dal sondaggio realizzato dalla Lorien consulting e reso pubblico l’ultimo giorno del 2015: il partito del Cavaliere precipita al 9 per cento su base nazionale, dunque ormai sotto la fatidica soglia di galleggiamento del 10.
E questo, nonostante l’ultimo mese di battage mediatico dell’ex premier.
Poco più clementi i numeri degli ultimi sondaggi di Alessandra Ghisleri che collocano Fi sopra quella soglia. Ma la sostanza non cambia.
“Non possiamo certificare il fallimento, se quello fosse il dato nazionale alle amministrative, sarebbe la fine” è lo sfogo di un Berlusconi assai demoralizzato.
Da qui l’ipotesi illustrata ai più fidati, di presentarsi alle amministrative con liste civiche, magari piazzando i consiglieri forzisti uscenti nelle liste personali dei candidati sindaci. Addio Fi.
Il motivo è lampante: il voto di primavera sarà l’ultimo banco di prova prima delle Politiche e se ratificasse quel tracollo e quel distacco dal Carroccio, le chiavi della lista unica con l’Italicum passerebbero a Salvini. Per Berlusconi e i suoi non più del 30 per cento dei posti. Un disastro, appunto, che Berlusconi vorrebbe risparmiarsi.
“Fi torni faro della coalizione con Lega e Fdi” è l’utopia che rilancia Mariastella Gelmini, coordinatrice in Lombardia.
Ma anche nelle città i sondaggi non si discostano da quelli nazionali. Proprio a Milano tornano a salire le quotazioni diuna candidatura di Alessandro Sallusti, perchè nell’ultimo rilevamento recapitato ad Arcore è emerso che con lui Forza Italia raggiungerebbe almeno il 16 per cento, con un altro candidato meno marcato scenderebbe sotto il 10. Sebbene il direttore del Giornale resti a una ventina di punti di distacco da Giuseppe Sala, sempre che l’ex commissario Expo vinca le primarie del centrosinistra.
Ancora più complicata la situazione a Roma. Giorgia Meloni è a un passo dalla candidatura, sebbene ancora tentenni.
Ma con lei e senza un proprio uomo Fi nella Capitale precipita nei sondaggi ben al di sotto del 10 (si parla del 6-7). “Alfio Marchini non può essere il candidato del centrodestra” si ostina a ripetere la leader di Fdi.
Intanto Francesco Storace rompe gli indugi e minaccia di correre lui, sostenuto (per ora) dal solo Gianni Alemanno. Insomma, il caos.
In questo quadro, Salvini lancia segnali di crescente insofferenza. “Se questi di Fi continuano a fare giochetti, alle amministrative corriamo al primo turno da soli con la Meloni” è lo sfogo raccolto dai suoi.
Berlusconi è convinto di ricomporre il quadro con un nuovo incontro a tre subito dopo l’Epifania (il 5 si vedranno a Roma gli sherpa dei tre partiti al tavolo di Altero Matteoli). Intanto, la manifestazione unitaria del centrodestra a Roma è già slittata dal 6 al 20 febbraio.
È una corsa al si salvi chi può. I governatori Giovanni Toti e Roberto Maroni la settimana scorsa hanno pranzato a Milano e pianificato una manifestazione da tenere insieme a Bergamo dall’eloquente titolo “Il centrodestra che vince”.
Il loro, sottinteso: senza sigle di partito ma col solo logo delle due regioni nel simbolo.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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