“ABBIAMO UN SOGNO NEL CUORE/RENZI A SAN VITTORE”: NELLA PANCIA DEL CORTEO GLI SLOGAN SONO TUTTI CONTRO IL SEGRETARIO PD
“RENZI RENZI VAFFANCULO”…UN ANZIANO ABBRACCIA FASSINA E SCOPPIA IN LACRIME: “RENZI E’ UN UOMO DI MERDA”… I DIRIGENTI DEMOCRATICI SI GIUSTIFICANO : “UN PEZZO DI PAESE È ARRABBIATO”
Stefano Fassina arriva al millesimo selfie, seguito da stretta di mano e pacca sulla spalla, “Stefano non mollare”, quando i compagni della Fiom di Varese intonano il coro della nuova resistenza: “Abbiamo un sogno nel cuore/ Renzi a San Vittore”.
Dove per San Vittore è da intendersi il carcere storico di Milano.
Fassina prosegue con lo sguardo dritto. Un paio di metri più dietro c’è Gianni Cuperlo. Due giovani del servizio d’ordine, con tanto di fascia al braccio, sorvegliano a vista lui e Fassina. Cuperlo viene attorniato da un gruppetto di esodati. “Noi siamo veri, non finti”. A Cuperlo viene rinfacciato il voto a Palazzo Madama contro l’articolo 18. Lui ribatte, in quanto deputato, non senatore: “Io non l’ho votato”. Finisce con una foto, tutt’insieme, sotto lo striscione degli esodati.
La goccia democrat nel mar rosso di Roma Alle 8 e 45, tre quarti d’ora prima della partenza, piazza della Repubblica, più nota col nome di piazza Esedra, è una distesa immensa di un solo colore. Cgil, Pci, Cobas, Rifondazione. I deputati del Pd sono una decina. Una goccia nel mar rosso che bagna Roma, in una meravigliosa giornata di sole.
I già citati Fassina e Cuperlo, poi Alfredo D’Attorre, nuovo volto bersaniano, Barbara Pollastrini, Roberta Agostini e una stoica Monica Gregori, che farà tutto il percorso, fino a piazza San Giovanni, con una stampella .
Pippo Civati, a conferma delle divisioni della minoranza del Pd, perde subito il contatto con il resto dei colleghi. “Cuperlo e Fassina dove sono finiti? Non li vedo più, li ho persi”.
Su un camion, una gigantesca “cassa” diffonde un’imperiosa voce di donna: “In questa piazza ci vuole coerenza, qui i senatori del Pd che hanno votato contro l’articolo 18 non sono graditi”. Sono le 9 e 55. L’avanguardia del corteo sta svoltando in piazza Santa Maria Maggiore, per imboccare il tratto verso San Giovanni.
‘O rottamatore bamboccione e i cori contro il premier
Ma il Jobs Act non è l’unico macigno che appesantisce il cammino dei deputati del Pd, nuovi cirenei di sinistra nell’anno primo della luminosa era renziana. La croce che inchioda il passo e lo rende faticoso e lento è lo stesso Renzi. L’avversario, anzi il nemico è lui. Ieri il Pregiudicato. Oggi lo Spregiudicato.
“Renzi, Renzi, vaffanculo”. “Renzi, Renzi, vaffanculo”. È un popolo che vota in maggioranza per il Pd e che nell’ultimo sabato d’ottobre scandisce slogan contro il proprio segretario, peraltro inquilino di Palazzo Chigi. “Renzi, la senti questa voce: vaffanculo, vaffanculo”.
I cori variano i motivetti musicali, non la sostanza. “Fassina non le fa effetto camminare sentendo questi cori?”. “Certo che mi fa effetto, ma questa è una piazza arrabbiata che va ascoltata e compresa”.
Più tardi, quando il corteo è finito e sul palco si alternano interventi e video, Fassina in una delle decine di interviste rilasciate dice: “Manifestazione contro Renzi? È una lettura sbagliata”. La decina del Pd, che comprende anche Guglielmo Epifani, Rosy Bindi e Cesare Damiano, è testimone oculare di uno strappo enorme tra questa piazza e la Leopolda.
Altra scena. Alcuni operai napoletani raggiungono Cuperlo. “Gianni non votare contro l’articolo 18, te lo chiedo in ginocchio”. Cuperlo: “Non c’è bisogno di inginocchiarsi”. Un secondo dopo si alza un urlo primordiale. “’O rottamatore bamboccione addo stà ?”. “Il rottamatore bamboccione dov’è?”. La risposta arriva da un altro urlo: “Viciè miettec ‘o pesce in mano”. “Vincenzo mettigli il pesce in mano”. Dove il “pesce” in questione non è in senso ittico.
Il pianto del compagno sul petto di “Stefano”
L’ineluttabilità del dramma in corso tra la piazza rossa e la Leopolda senza colori avviene lontano dagli occhi del corteo. In via Tasso, laddove i nazisti torturavano i partigiani durante l’occupazione della Capitale, il servizio d’ordine invita i parlamentari del Pd a “tagliare” e abbreviare la parte finale del percorso.
Fassina è raggiunto dalla moglie Rosaria, che ha in mano la bandiera della Cgil di Vicenza. Ci sono i due figli piccoli, Cecilia e Livio. Domani, per loro, dovrebbe essere il giorno dello zoo, in riferimento all’ormai nota risposta di Fassina all’invito della Boschi alla Leopolda.
Oggi Cuperlo fa una foto all’intera famigliola ritrovatasi. A quel punto passa un anziano signore. Grida: “Gianni siamo gli ultimi mohicani”. Poi: “Oh, qua c’è pure Fassina”. L’anziano abbraccia Fassina, poggia il capo sul suo petto e scoppia in lacrime. È un pianto che dura più di un minuto. Anche Cuperlo partecipa all’abbraccio.
L’anziano si asciuga gli occhi. “Sono Iannacchero Antonio, vengo da Avellino, sono un pensionato della Cgil e ho votato Pd fino al 2013. Adesso sono di Sel”.
Rivolto a Fassina: “Tu sei una persona perbene. Mi devi promettere che a quello gli dai una pugnalata in fronte. Quello è un uomo di merda”.
Ecco il punto: come far rimanere questo popolo nel recinto del Pd renziano?
L’assenza di Bersani e il tormento della scissione
Il fondamentale quesito tormenta la minoranza del Pd più del sole di questa mattinata. Tutti ripetono lo stesso ritornello: “Questo popolo è del Pd”. Ma gli assenti pesano. Bersani non c’è. Orfini, giovane turco, è in Cina. Mancano il capogruppo della Camera, Speranza, e i bersaniani della segreteria.
Dice D’Attorre: “No, non ho sentito ancora Bersani. Non venendo, lui si è incaricato dell’unità del partito, a differenza del segretario”. L’obiettivo della “Ditta” rosso antico, Civati a parte, è quello di riprendersi il partito, non di andarsene. Per il momento la prossima trincea è il Jobs Act a Montecitorio. Il sussulto finale è di Cuperlo: “Oggi andrò a vedere Leop…”. Silenzio. “Oggi andrò a vedere Leopardi al cinema”.
La Leopolda è a una distanza siderale, non a un’ora e quarantacinque di treno.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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