ADDIO A GIUSEPPE COMAND, L’ULTIMO TESTIMONE DELLE FOIBE
NEL 1943, CON I VIGILI DEL FUOCO DI POLA, RIESUMO’ LE VITTIME DEI PARTIGIANI DI TITO… “SI BEVEVA COGNAC PER CERCARE DI RESISTERE ALL’ORRORE”
Non aveva origini istriane nè aveva nulla a che spartire con la tormentata storia dei nostri italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia.
Eppure suo malgrado era l’ultimo testimone vivente di come le salme furono tirate su a grappoli dalle Foibe nell’autunno del 1943, dai Vigili del Fuoco di Pola. Per questo Giuseppe Comand due anni fa, all’età di 97 anni, ricevette dal capo dello Stato Mattarella il titolo di Commendatore al merito della Repubblica.
Un’ultima inaspettata gioia, che gli fu conferita dopo che Avvenire aveva scoperto e raccontato la sua storia.
Il 2 gennaio, a due anni dall’intervista, il commendatore Comand a 99 anni ha però lasciato questa vita.
Comand nel 1941 fu scelto tra un gruppo di militari trasferiti a Sussak, nei pressi di Fiume (allora Italia, oggi Croazia) in appoggio al Corpo dei vigili del fuoco di Pola guidati dal maresciallo Arnaldo Harzarich.
Dopo l’8 settembre del ’43 «i tedeschi ci destinarono a riesumare dalle foibe quei poveri corpi», ci raccontò nel gennaio di due anni fa.
«L’odore della decomposizione era pestilenziale, l’aria irrespirabile fino a chilometri di distanza. I miei compagni coraggiosi, Vigili del Fuoco di stanza a Pola, buttavano giù cognac prima di calarsi nella foiba: scendevano per centinaia di metri con due corde e una specie di seggiolino, mettevano il cadavere nella cassa e davano quattro colpi di corda, il segnale per dire tiratemi su». Un ricordo ancora insopportabile, antico di decenni eppure sempre vivido: «Sono passati 74 anni, ma sento ancora quell’odore, e soprattutto le parole dei miei compagni, che sotto choc si sfogavano tutte le sere raccontando ciò che avevano trovato…».
«Norma Cossetto sul fondo, a occhi aperti»
Allora Giuseppe Comand era un ragazzo di 23 anni, ma non scordò mai l’orrore delle stragi compiute dai partigiani comunisti di Tito contro gli italiani.
Tra i suoi ricordi più vividi, quello della giovanissima Norma Cossetto, figura simbolo del martirio istriano, recuperata dalla Foiba di Surani dove giaceva «con gli occhi spalancati che ancora guardavano in su» verso l’apertura irraggiungibile. È la prima volta che lo riferisco a qualcuno», ci aveva detto in pianto Comand.
Testimoniò anche ciò che gli raccontarono due sorelle che in quei giorni cucinavano per la squadra di Harzarich, e che in foiba avevano perso un fratello: «La povera Norma era stata sequestrata dai partigiani di Tito e per tutta la notte si erano sentite le sue urla mentre la seviziavano e la stupravano in branco. Non aggiungo cosa le fecero prima di gettarla in foiba viva, non ce la faccio: anche allora ero scioccato, ma erano tempi in cui all’orrore si era abituati, adesso soffro di più».
È morto in serenità , senza accorgersi di nulla, aspettando la cena in casa sua, racconta la figlia Maria Luisa. «Sarò sempre grata ad Avvenire che gli ha permesso di togliersi quel macigno dal cuore – aggiunge -. Erano decenni che sentiva il tormento di un’ingiustizia troppo grande: lui, che istriano non era, non sopportava quando vedeva negare le stragi avvenute nelle Foibe, così come non tollerava più il silenzio che troppo spesso copre ancora oggi la verità su questa tragedia. Si sentiva investito della responsabilità di testimoniare quanto aveva visto con i propri occhi, ed essere riuscito a farlo anche se in vecchiaia gli aveva regalato un sollievo che desiderava da tanto. L’onorificenza data da Mattarella e il clamore che ne seguì, con tante altre interviste su diversi giornali, gli restituirono la pace».
(da “Avvenire”)
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