AIUTO, MI SI È SGONFIATO IL PNRR! A CAUSA DEI RITARDI NEI PROGETTI E NELL’UTILIZZO DEI FONDI EUROPEI, IL TANTO DECANTATO IMPATTO DEL RECOVERY SUL PIL ITALIANO È STATO NULLO NEL 2022 (+0,1%) E SARÀ MODESTO NEL 2023 (+,0,8%)
SE CERCATE UN RESPONSABILE DEL FLOP, BUSSATE A PALAZZO CHIGI: LA SCELTA DELLA MELONI DI SMANTELLARE L’ORGANIZZAZIONE DEL MEF EPOCA DRAGHI/FRANCO PER METTERLA NELLA MANI DI FITTO HA COSTRETTO A RIAZZERARE TUTTO, TRA FUNZIONARI, DOSSIER
Per il governo il Pnrr è una grande opportunità per sostenere ed espandere la crescita, ma se le cose dovessero girare male potrebbe rivelarsi anche questo un fattore di rischio. Stando all’ultimo Documento di economia e Finanza (Def) ritardi e intoppi che hanno impedito di mettere a terra tutti i fondi disponibili, già l’anno passato hanno dato un contributo molto ridotto al Pil.
La previsione era di poter contare su 18 miliardi di investimenti pubblici, mentre a consuntivo ci si è fermati a 4. Il contributo alla crescita del prodotto interno doveva essere di 0,7 punti ed invece è stato ridotto ad un molto più modesto 0,1. Quest’anno le cose dovrebbero andare meglio ed il Pnrr dovrebbe contribuire con un +0,8 alla crescita, aumentando di un paio di decimali le stime precedenti (+0,6), ma non è detto che questo “salto” si verifichi.
Il Def non dettaglia le spese anno per anno rinviando tutto alla ridefinizione del “nuovo” Pnrr. L’1% di crescita previsto dal Governo è realistico? Va detto che tutte le stime delle istituzioni internazionali sono un poco più caute ed oscillano tra +0,6 dell’Ocse, il +0,7 dell’Fmi ed il +0,8 della Commissione europea.
Sono 4 gli scenari analizzati dai tecnici del Mef mettendo in conto ipotesi meno favorevoli circa il profilo della domanda mondiale, i prezzi dei beni energetici, i tassi di cambio e le condizioni dei mercati finanziari.
Nell’ipotesi di minore vigore nell’andamento del commercio mondiale a partire dall’anno prossimo – è scritto nel Documento di economia e finanza – il tasso di crescita del nostro Pil sarebbe inferiore a quello dello scenario tendenziale di 0,2 punti percentuali sia nel 2024, sia nel 2025. La forte ripresa nel 2026, con la domanda estera che ritorna ai livelli dello scenario di base nel terzo trimestre dell’anno, fa sì poi che in tale anno il Pil cresca in misura maggiore rispetto allo scenario di riferimento di 0,3 punti percentuali.
L’andamento meno favorevole dei prezzi dei beni energetici (ipotizzando un aumento del 20% rispetto allo scenario base) determina invece una diminuzione del tasso di crescita di 0,3 punti nel 2023 e di 0,4 nel 2024.
Il percorso di rientro inizierebbe gradualmente a partire dall’anno successivo, con un tasso di crescita del Pil più elevato rispetto al quadro di riferimento di 0,4 e 0,2 punti rispettivamente nel 2025 e nel 2026.
Nello scenario di deterioramento delle condizioni finanziarie dell’economia invece, il profilo di crescita del Pil risulterebbe minore, rispetto al quadro tendenziale, di 0,1 punti percentuali nel 2024, di 0,4 punti nel 2025 e di 0,5 punti nel 2026. Insomma quest’anno potrebbe “ballare” un po’ meno della metà (0,4 punti) della crescita prevista dal governo, mentre è sul 2024 che in caso di scenari avversi si concentrano i maggiori rischi di rallentamento. Incrociamo le dita.
(da La Stampa)
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