ALFANO ROTTAMA BERLUSCONI, PDL ALLO SBANDO
IL SEGRETARIO GETTA L’AMO ALL’UDC: “SI SACRIFICA PER UNIRE IL CENTRODESTRA”. I PRO-MONTI ESULTANO, I FEDELISSIMI SI AGITANO E IL CAVALIERE TACE… FRATTINI FAVOREVOLE, LA SANTANCHE’ INSORGE: “NON E’ ALFANO CHE DECIDE”
Svolta clamorosa e concordata? Daniela Santanchè non crede che Angelino Alfano sia il ventriloquo di Silvio Berlusconi.
Prima di entrare negli studi di Porta a Porta, legge un dispaccio d’agenzia e dice: “Dov’è la notizia? Chi parla con Berlusconi sa che questa non è una cosa nuova. E poi non è Alfano a decidere sulla candidatura del Cavaliere”.
Galeotta la presentazione a Roma dell’ultimo libro di Ferdinando Adornato (oggi deputato dell’Udc), il segretario senza quid del Pdl annuncia: “Berlusconi è pronto a non candidarsi per unire i moderati e il centrodestra”.
Alafano parla davanti a Pier Ferdinando Casini dell’Udc (ed Enrico Letta del Pd).
È la reiterazione, stavolta più solenne, della solita offerta ai centristi, estensibile fino a Luca Cordero di Montezemolo: un’ammucchiata neodemocristiana per fermare Bersani più Vendola.
Casini incassa con prudenza, se non scetticismo: “Sono pronto alle sfide ma non agli inganni. Vediamo se è vero quello che dice Alfano, non è la prima volta che assistiamo agli stop and go del Pdl”.
Ma le parole del redivivo Alfano suonano innanzitutto come una risposta (una dichiarazione di guerra?) al bombardamento in corso sul Pdl da Palazzo Grazioli, residenza romana del Cavaliere.
Dopo le minacce di azzeramento e di rottamazione della nomenklatura, ecco la soluzione finale che ribalta la scena: ad andare via, secondo il segretario, sarà Berlusconi, non i colonnelli assediati.
Non a caso, ad applaudire subito l’annuncio sono i colonnelli medesimi e i sostenitori dello spirito della Grande Coalizione: Fabrizio Cicchitto, Franco Frattini, Maurizio Lupi, Mario Mauro, Maurizio Gasparri, Gianni Alemanno (“Non si ricandida? È una buona notizia”).
Alfano vuole salvare il Pdl e riunirlo con l’Udc sotto l’ombrello dei popolari europei. Vecchia storia, che va avanti almeno dal febbraio 2011, prima dello spread estivo e dell’arrivo di Monti a Palazzo Chigi, nell’autunno dello stesso anno.
Il segretario dice anche: “Il Pdl non lascerà il campo”. È la linea esattamente contraria alle indiscrezioni di questi giorni riportate dal Giornale di Sallusti.
Da un lato l’oligarchia di partito, dove si fa strada un nascente antiberlusconismo azzurro, dall’altro i movimentisti o i rivoluzionari che sognano la morte del Pdl.
Non solo la Santanchè. Ecco la Biancofiore: “Che Berlusconi non si candiderà con il Pdl lo hanno capito tutti gli italiani e lo sapevano anche i protagonisti della politica. Altra cosa è, come sperano alcuni ambienti terrorizzati dal suo potenziale successo, che Berlusconi si ritiri a Cuba e lasci la politica. L’annuncio di Alfano dunque non è un annuncio”.
In realtà , il problema è la torsione (forzatura?) che Alfano dà ai tentennamenti di Berlusconi delle ultime settimane.
L’unica certezza è questa: il Cavaliere non ha più voglia e penserebbe al ritiro.
E il piano di riunire i moderati risale alle passate offerte a Luca di Montezemolo di guidare il centrodestra.
Offerte però rifiutate dal presidente della Ferrari.
Adesso il progetto viene rilanciato da Alfano e Casini vuol capire fino a che punto si tratti di un bluff.
Del resto B., in questi mesi, è stato a fasi alterne in procinto di fare il padre nobile del Pdl o il candidato premier.
Ieri Berlusconi è tornato a Milano dalla Russia, dove ha partecipati ai sontuosi festeggiamenti per i sessant’anni dell’amico Vladimir Putin.
Primo interrogativo: porterà avanti l’offensiva contro il Pdl?
L’insofferenza verso i colonnelli del suo partito è continuata fino al momento della partenza.
Testimoni raccontano una scena dopo l’ennesima riunione con la nomenklatura. Usciti dalla stanza gli ex An Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa, B. ha aperto le finestre: “C’è un cattivo odore di fascismo”.
Poi c’è Cicchitto, vero conducator degli antiberlusconiani del Pdl.
Questo il titolo, in parte rettificato, di una sua intervista alla Stampa: “Berlusconi i voti non li prendi solo tu, bombardare il quartier generale non aiuta il centrodestra”.
Nel partito è ormai in corso una feroce guerra tra bande e clan, con annesse minacce di scissioni.
Paradossalmente, il ritiro di Berlusconi potrebbe più unire che dividere, anche all’interno. Segno dei tempi.
B. arriverà a Roma solo domani.
Oggi vedrà ad Arcore la famiglia e i vertici del Biscione.
Gli interessi delle sue aziende e i guai giudiziari (a cominciare da Ruby) sono sempre in cima all’agenda.
E non è un mistero che una trattativa sul Monti-bis contempli un salvacondotto completo sulla “roba” e sui processi.
Per quanto riguarda, poi, l’eventuale sesta discesa in campo, Berlusconi si riserverà di decidere solo quando alcune incognite saranno sciolte: le elezioni regionali in Sicilia, il vincitore delle primarie del Pd, la sentenza su Ruby.
Nel frattempo, i sondaggi della fidata Ghisleri continuano a dare conto del grande crollo del Pdl, precipitato tra il 17 e il 18 per cento.
Una catastrofe.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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