L’OBIETTIVO DI BERLUSCONI IN CAMBIO DELL’ADDIO: “VOGLIO UN SALVACONDOTTO”
ACCERCHIATO TRA RUBY, TARANTINI E DELL’UTRI L’EX PREMIER CERCA UNA USCITA GARANTITA
«Giochiamoci quest’ultima carta». Incassare il salvacondotto che possa chiudere le sue partite giudiziarie e le sue angosce.
Compiere il passo indietro più volte ventilato, consegnare il suo pacchetto di voti pur di ottenere una qualche forma di «amnistia».
Ma questa volta con patti chiari, con accordi non formali ma «certi».
Un patto tra gentiluomini, tra i «moderati» che darebbero vita al «Ppe italiano» senza Silvio Berlusconi.
Col Cavaliere destinato a restare sullo sfondo e a quel punto poco o nulla interessato ai dettagli, a chi guiderà la coalizione, se il corteggiatissimo Luca Cordero di Montezemolo, col quale è tornato a parlare a più riprese in queste settimane, o lo stesso Pier Ferdinando Casini, che pure ha risposto «no grazie» anche all’ultima avance.
L’ex presidente del Consiglio che atterra a Milano da Mosca e si chiude ad Arcore è un uomo assillato dal tempo che scorre rapido.
E dalle porte che si chiudono sul suo futuro politico e personale. Su un partito avviato verso l’esplosione e il tracollo elettorale.
È il fantasma dei processi, a inseguirlo, in primo luogo.
Non solo la tenaglia Ruby che – a dispetto delle rassicurazioni dei suoi legali – sta per chiudersi già entro l’anno o al più a gennaio. Ma ci sono anche i procedimenti avviati dalla Puglia sull’affaire Tarantino e quello napoletano sul filone Lavitola, a impensierire non poco.
Per non dire – racconta chi nel Pdl tiene d’occhio politica e toghe – il dirottamento sulla Boccassini, nella tana di Milano – del procedimento sul «ricatto» che avrebbe operato Dell’Utri.
«Un accerchiamento» lo definisce, e non da ora, Berlusconi.
Ma a piegare le ultime resistenze e a spingerlo a usare quella che ha sempre considerato l’«arma finale» sono stati anche gli assilli dell’imprenditore che vede il suo gruppo perdere fette importanti di mercato, valore delle azioni, prospettive di sviluppo per l’impero Mediaset.
Le condizioni che il Cavaliere si prepara a porre ai suoi interlocutori in un altro mercato, quello della politica, sono dunque duplici. In fin dei conti, sono le medesime condizioni che erano state poste a novembre, alla vigilia della nascita del governo Monti.
Anche allora i luogotenenti del premier dimissionario hanno provato a piantare dei paletti di garanzia, risoltisi in nulla.
Se non in un via libera sui ministeri ritenuti più «delicati». Berlusconi era un leader all’angolo, costretto dalle cancellerie di mezza Europa a compiere il passo indietro.
Adesso pensa di poter dettare lui le condizioni. E di entrare a pieno titolo in partita.
E’ per questo che, raccontano, questa volta è disposto a giocare sul tavolo verde il jolly. Rinuncia non solo alla corsa alla premiership ma anche al seggio in Parlamento.
«Non a caso l’uscita di Alfano è stata vaga, ambigua su questo punto» fa notare un dirigente di via dell’Umiltà . Ma per farlo – va da sè – «le garanzie sotto il profilo giudiziario dovrebbero essere blindate» nell’ottica di chi ci sta lavorando.
Come sia possibile strapparle, nell’attuale quadro costituzionale, resta tutto da verificare.
Certo è che per tutto il giorno sull’asse Mosca-Roma i contatti sono stati costanti, continui. Angelino Alfano non ha lanciato la pietra nello stagno a occhi chiusi, non avrebbe potuto permetterselo.
Raccontano dalla sede Pdl che l’ultima telefonata col «capo» è avvenuta fino a pochi istanti prima del decollo di Berlusconi dalla capitale russa dopo i festeggiamenti di Putin.
«Giochiamoci quest’ultima carta, proviamo a mettere all’angolo Pier davanti alle telecamere» è stato il messaggio in vista dell’appuntamento pubblico che da li a poco avrebbe atteso Angelino e il segretario Udc.
Per nulla tentato, il leader centrista: «Ne abbiamo viste troppe» commentava Casini dopo aver lasciato la presentazione del libro di Adornato e prima di raggiungere gli studi di Ottoemezzo, dove ha ribadito il concetto.
Per nulla interessato, adesso: «Figuariamoci se dopo anni di deserto accettiamo, per poi sentire Silvio tornare da Mosca e ripensarci e cedere al pressing dei suoi per non mollare».
Invece “Silvio” pensa proprio all’«ultima carta», prima che il partito finisca in mille pezzi.
Del Pdl morente se ne occuperà solo adistanza.
Oggi resterà a Villa San Martino per incontrare i suoi familiari.
Domani a Palazzo Grazioli, per riunire i vertici Fininvest, come accade sempre nei momenti cruciali.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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