BENI CONFISCATI ALLA MAFIA, DALL’USO SOCIALE ALLA VENDITA ALL’ASTA PER FARE CASSA
IL GOVERNO VUOLE VENDERE ALL’ASTA GLI IMMOBILI SEQUESTRATI ALLE COSCHE, INVECE CHE RESTITUIRLI ALLA COLLETTIVITA’ COME STABILITO DALLA LEGGE LA TORRE … IL RISCHIO REALE E’ CHE L’ACQUISTINO DEI PRESTANOME DEI CLAN….META’ DEI 8446 IMMOBILI SONO ANCORA BLOCCATI
Ad Altofonte, paese natale del boss Mimmo Raccuglia, c’è una villa a tre piani confiscata al mafioso Michelangelo Camarda: avrebbe dovuto tramutarsi nella nuova caserma dei carabinieri, ma, indovinate un po’, mancano allo Stato i soldi per ristrutturarla.
Con la nuova norma che il Senato ha approvato come emendamento alla Finanziaria, questa villa ora potrebbe finire all’asta e i mafiosi, secondo il sindaco, se la ricomprebbero immediatamente, attraverso prestanomi dalla fedina penale pulita.
La possibilità di mettere all’asta i beni sottratti ai mafiosi sta creando polemiche a non finire, per molti segna un passo indietro nella strategia di lotta ai patrimoni illegali che le Procure ritengono strumento indispensabile nella lotta alla mafia.
Questi beni, secondo molti politici, dovrebbero servire a tutto e all’incontrario di tutto: con questi si pagherebbero, a seconda dei giorni, incentivi e assunzioni nelle forze dell’ordine, ricambi alle autoblindo per le missioni di pace, persino sostegni ai precari, tra un po’ anche i cateteri per gli ospedali. Quando non sanno cosa dire, ecco il politico che evoca “i beni dei mafiosi”.
E l’opinione pubblica se la beve e dice “ma che bravi”.
Peccato che questi immobili in realtà siano solo 8.446, di cui 4.372 destinati e consegnati e oltre 4.000 ancora bloccati.
Sono 7.152 quelli confiscati nelle regioni del Sud.
Fino ad oggi in base alla legge La Torre questi beni erano destinati alle attività delle istuzioni locali o di associazioni come Libera che, con la loro gestione, hanno creato un circuito virtuoso di economia legale.
Don Ciotti in questi giorni ha polemizzato duramente con la proposta del governo di vendere all’asta i beni, sottraendoli alla collettività .
Se l’obiettivo è quello di recuperare risorse finanziarie, vi sono già strumenti come il “Fondo unico giustizia”, alimentato con i soldi liquidi sottratti alle attività criminali, di cui una parte deve essere destinata ai familiari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia.
Il pericolo denunciato dagli addetti ai lavori è che a riacquistare i beni confiscati saranno i clan, attraverso prestanomi e società finanziarie in apparenza ultrapulite e nulla potrà lo Stato per opporsi di fronte alle risultanze di un’asta pubblica.
Immobili e terreni, una volta proprietà dei padrini, oggi ospitano scuole, fattorie, centri di cultura, uffici comunali: diventano il segnale della presenza dello Stato sul territorio, un monito ai mafiosi, una speranza per gli onesti. Che senso ha mutare direzione e dare un segnale di debolezza ai clan e di ripiegamento ai cittadini?
Mentre le forze dell’ordine, nonostante Maroni, si sacrificano e arrestano latitanti, senza straordinari e senza buoni pasto, il Governo vuole dare un segnale in controtendenza per raccattare due spiccioli?
Si va ad assumere una grande responsabilità per il futuro di legalità del Sud.
Leave a Reply