BERLUSCONI ASSEDIATO MA NON MOLLA: “NON LASCIO, PROVINO A SFIDUCIARMI”
IL PREMIER RIPUDIA I TAGLI DEL TESORO E TEME LE MOSSE DI MARONI… DAL BUNKER DI PALAZZO GRAZIOLI MANDA A DIRE: “CHI SOSTIENE CHE STO PER CEDERE SBAGLIA”
“So che qualcuno dice in giro che potrei mollare, lo deluderò anche stavolta. Io non intendo lasciare il passo a nessuno”.
Il “gioco di palazzo” per farlo fuori lo intravede chiaro all’orizzonte, adesso che la manovra sta per diventare legge.
Il partito del governo tecnico si agita, pronto magari all’assalto sulla scia del prossimo terremoto dei mercati.
Silvio Berlusconi resta blindato a Palazzo Grazioli, ma da lì lancia ai pochissimi collaboratori con cui ormai accetta di parlare – in una settimana segnata dal silenzio e dai forfait a tutti gli appuntamenti ufficiali – messaggi decisi, perfino di sfida:”Se hanno i numeri mi sfiducino in Parlamento”.
Il premier quei numeri ritiene di averli ancora, lo dimostrerà oggi con il via libera alla manovra salva-conti. E poi nei mesi a seguire, sostiene.
Allora anche l’uscita di Bossi sul governo che “deve temere”, l’accenno a un possibile governo tecnico, nella lettura del presidente diventa “solo una battuta paradossale”.
Certo, Silvio Berlusconi si sente stretto all’angolo.
Tra il Quirinale che ormai detta la linea della “coesione” nazionale e gli congela ogni velleità di rimpasto, Tremonti che evoca il Titanic e i consueti avvertimenti del Senatur.
Ma non si dà per vinto e, riferisce un uomo di governo che lo ha sentito, mette in guardia i pretoriani: “C’è qualcuno che fa girare la voce di un mio abbandono in modo malizioso, ci sono anche altri deputati che invece sono terrorizzati che questo possa davvero accadere. Ma possono stare tranquilli. Di questi momenti ne abbiamo già affrontati, anche questa volta la spunteremo”-
Detto questo, è un presidente del Consiglio che si tiene fuori dai giochi, costretto al silenzio per non turbare i mercati.
Provato anche fisicamente, oltre che abbattuto, come riferiscono i frequentatori abituali della sua residenza. Segnato ancora dalla sentenza sul lodo Mondadori, ma anche dall'”assedio” delle inchieste giudiziarie sui suoi uomini di partito e di governo.
Per non dire della tempesta finanziaria, sulla quale è stato esautorato in toto dal ministro dell’Economia e dalla “regia” del Colle nella trattativa con le opposizioni.
Abbattuto e sfiancato, dunque. Così, il Cavaliere annulla in sequenza prima la visita di Stato di oggi a Belgrado, suscitando l’irritazione della presidenza serba per la terza missione cancellata da ottobre ad oggi.
Poi, rinuncia anche in serata ai funerali del militare morto in Afghanistan, Roberto Marchini. Soprattutto, non si presenta nemmeno al Senato nel momento in cui viene approvata la manovra del salvataggio dei conti, lasciando non casualmente l’intera scena a Tremonti.
“Avevo progettato il taglio delle tasse, approviamo una manovra che contiene solo tagli, per di più alle famiglie” è lo sfogo che autorevoli fonti attribuiscono al premier.
Non sente per nulla sua, insomma, quell’operazione finanziaria tutta lacrime e sangue.
Nel silenzio del capo tacciono ministri e dirigenti, spariti i coordinatori Pdl. “Non sappiamo che faccia, a cosa pensi, siamo nel caos anche noi” ragiona uno di loro sconfortato in un Transatlantico deserto in serata.
Boatos di nuove intercettazioni in arrivo su uomini di governo avvelenano il clima.
Il neo segretario Alfano parla nel primo pomeriggio a lungo con Marco Milanese (sotto richiesta di arresto) nei salottini della Corea di Montecitorio.
Poi con il presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro, finito sotto inchiesta per camorra. Grane giudiziarie che toccheranno il culmine oggi col voto sull’arresto di Alfonso Papa in aula. Ma soprattutto, nel partito del premier c’è la sensazione diffusa che l’alleanza indissolubile con la Lega si sia dissolta.
E che il Carroccio si prepari “a staccare la spina, se non ora, alla ripresa di settembre”.
Ieri mattina, ai banchi del governo a Montecitorio, lungo colloquio tra Umberto Bossi e Roberto Maroni, alla guida dell’ala più recalcitrante del partito.
E poche ore dopo, è cambiata la linea dei lumbard sull’arresto del pidiellino Papa ed è arrivata perfino la mezza apertura a ipotetici governi tecnici.
Quel che è certo, raccontano nella cerchia leghista, è che il Senatur considera il momento delicato e la permanenza al governo a questo punto tutta da discutere, fin dalle prossime settimane.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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