BERLUSCONI FRENA SUL PATTO CON BERSANI: “O E’ UN GOVERNO ALLA PARI O SI VOTA”
PREVALE LO SCETTICISMO SU UN ACCORDO MALVISTO DA META’ DELL’ELETTORATO DI RIFERIMENTO
Un vento gelido sembra sceso sulla trattativa intorno al Quirinale e al governissimo.
E lo stesso incontro tra Berlusconi e Bersani, che era dato per sicuro ventiquattr’ore fa, è tornato a ballare nelle agende dei due leader.
Il messaggio che da Arcore è arrivato ieri ai luogotenenti che tengono aperti i canali con il Nazareno è intriso di cautela.
Il Cavaliere appare neghittoso: «Cosa ci vediamo a fare io e Bersani se il Pd continua a rifiutare un governo insieme a noi?».
Un’ondata di scetticismo ha dunque travolto le aperture dei Franceschini, Speranza e Latorre.
L’ex premier infatti non si accontenta più di un governo di scopo o del Presidente, nè accetta di lasciar partire un esecutivo a guida Pd garantendo il suo sostegno esterno.
E non vuole dare per scontata l’elezione di una personalità di centrosinistra al Quirinale con i voti del Pdl.
A questo punto, intravisto il varco nel campo avversario, punta al risultato pieno: «Devono mettersi l’anima in pace. O trattano con noi con pari dignità oppure noi andiamo a votare».
Anche sulla partita del Colle i nomi che fino a ieri sembravano più credibili da Amato a Marini — ora vengono avvolti da mille obiezioni.
«Ma siamo proprio sicuri che personaggi della Prima Repubblica siano adatti a interpretare questa nuova fase? La gente — si chiede un berlusconiano di primo piano — cosa dirà visto che Grillo ci sparerà addosso?»
Difficile separare, in questo nuovo atteggiamento di sfida, la realtà di un negoziato comunque difficile dall’abilità del venditore che tratta sul prezzo intuendo che l’acquirente ormai non può sottrarsi. In ogni caso tutto il Pdl — anche il piccolo settore delle colombe — sembra spinto su un piano inclinato che porta verso le elezioni anticipate.
Berlusconi, quando i suoi ambasciatori gli riferiscono delle aperture del Pd, estrae dalla cartellina l’ultimo sondaggio di Alessandra Ghisleri.
E, numeri alla mano, dimostra che un accordo di larga coalizione sarebbe mal visto da quasi la metà degli elettori del centrodestra, tenendo invece il M5S molto alto.
«Non ci conviene dare il via libera a un governicchio con il Pd che dura sei mesi e poi si torna a votare. O si fa una cosa seria oppure meglio votare subito, visto che Grillo adesso sta calando».
Cosa vorrebbe dunque Berlusconi?
Un’apertura esplicita e formale, non gli bastano più i «segnali di fumo» in arrivo dall’altra parte del campo.
Insomma, vanno bene le interviste, ma serve un impegno formale della segreteria, dei gruppi parlamentari o della direzione del Pd per voltare pagina.
E tuttavia il Cavaliere dubita che il Pd possa permettersi questo cambiamento di linea, almeno finchè il timone sarà in mano a Bersani.
«Il segretario Pd dovrebbe mettersi un secchio in testa e abiurare la linea tenuta in questi ultimi 40 giorni, mi pare difficile», riflette Raffaele Fitto.
Fabrizio Cicchitto è sarcastico: «Purtroppo il Pd è venuto meno alla regola aurea del vecchio Pci: il segretario doveva venire dal Regno di Sardegna, vedi Togliatti, Natta e Berlinguer, gli emiliani servivano a portare soldi e voti».
Maria Stella Gelmini, un’altra colomba, suona lo stesso spartito: «I vari Orfini e Speranza sono avvisati. Non acconsentiremo mai alla nascita di un governo che ci veda portatori d’acqua gratuiti».
È solo l’ultima offerta del venditore o davvero tutto sta per saltare?
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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