CAOS NEI CINQUESTELLE: “MANOMESSE LE MAIL DEI PARLAMENTARI”. IL DEPUTATO ARTINI FINISCE NEL MIRINO, MA MOLTI PARLANO DI TRAPPOLA PER FARLO FUORI
GLI EX M5S DIVISI IN TRE GRUPPI, QUALCUNO ANDRA’ IN SOCCORSO DEL GOVERNO
Una scialuppa di salvataggio, nel tempestoso mare del Senato. Una barchetta che tenga a galla il governo di Matteo Renzi e lo affranchi da compromessi difficili con Forza Italia.
A formarla, potrebbero essere alcuni parlamentari eletti con l’M5S, ma cacciati o comunque usciti dal gruppo.
Quello che è successo martedì, con Luis Orellana che dice sì al documento di Economia e Finanza facendo arrivare il governo alla sospirata quota 161, potrebbe quindi ripetersi in altre occasioni, e a opera di altre persone.
Le manovre di avvicinamento del Pd sono continue, perchè i numeri, a Palazzo Madama, sono ballerini da sempre. Matteo Renzi incassò la sua prima fiducia il 24 febbraio con 169 voti.
Sul jobs act, ne ha avuti 165. Ieri, sul decreto stadi, 164.
A parte il problema politico dei civatiani (Corradino Mineo, Felice Casson e Lucrezia Ricchiuti avevano votato no alla legge delega sul lavoro per l’articolo 18), i voti che spesso mancano sono quelli della galassia di centro.
I popolari Mario Mauro e Tito Di Maggio si tirano fuori da mesi. Martedì non c’era il neoacquisto dell’Ncd (da Gal) Pietro Langella.
E poi vabbè, Pier Ferdinando Casini era a Ginevra, Pietro Ichino aveva un problema di famiglia, il democratico Renato Turano era a Chicago e un altro senatore pd — Ignazio Angioni — ha fatto tardi.
«Paradossalmente, quel che è accaduto sul def è molto positivo — dicono nelle stanze del Pd al Senato — perchè finalmente tutti hanno capito qual è il rischio».
Il presidente dei senatori pd Luigi Zanda non è meno esplicito: «Di fatto, il governo ha appena 4 voti di vantaggio. Non possiamo considerare acquisiti i senatori a vita, che spesso non ci sono. Continuiamo quindi a subire gli effetti velenosi del porcellum di Calderoli e Berlusconi. Sia in aula che in commissione, ogni singola votazione deve essere preparata con grandissima cura».
Con margini così ristretti, tutto diventa prezioso. Anche il voto di Lorenzo Battista, che dai 5 stelle è passato al misto per poi transitare nel gruppo per le autonomie (è stato il primo a votare per Renzi, con la fiducia al jobs act).
O quello di Luis Orellana, che su singoli temi — di volta in volta — valuterà se convergere con il Pd.
Potrebbero fare lo stesso Adele Gambaro (che votò la fiducia al governo Letta), o la neofuoriuscita Cristina De Pietro: non è ancora tornata a Palazzo Madama, ma tutti la attendono per capire quale strada voglia intraprendere.
Perchè per quanto assurdo possa sembrare, all’interno del misto i 5 stelle sono divisi in 3 gruppi.
Ci sono i battitori liberi Mastrangeli, Nitori e Gambaro.
Quelli di “Movimento X” (Paolo Romani, Bartolomeo Pepe, Silvia Bignami e Maria Mussini) e il gruppo di cui fa parte Orellana, “Italia lavori in corso”, con Francesco Campanella, Fabrizio Bocchino, Monica Casaletto, Paola De Pin e Alessandra Bencini.
Per ora, l’ultimo gruppo ha interloquito per lo più con Sel, e alle regionali appoggia quel che resta dell’Altra Europa di Tsipras.
E però — dice Campanella — «non abbiamo pregiudizi nei confronti di nessuno, i renziani finora ci hanno cercato solo per chiedere voti, non hanno aperto una discussione politica. Per questo non ci fidiamo, e di volta in volta decidiamo come comportarci. Luis ha sbagliato perchè non ha detto quello che intendeva fare».
Nel frattempo, in una giornata convulsa in cui i grillini hanno attaccato con violenza Luis Orellana (gli insulti vanno da verme, a venduto e traditore) scoppia un’altra grana alla Camera.
Sul blog, un post non firmato invita i parlamentari a dismettere il server di Montecitorio, perchè il deputato che lo ha gestito fino a qualche mese fa -Massimo Artini — avrebbe compiuto delle irregolarità .
Un’accusa che arriva (guarda caso) alla vigilia dell’elezione del prossimo capogruppo, carica per cui era in pole position proprio Artini.
Le voci parlano di un rischio espulsione.
Il deputato toscano che in realtà ha aiutato i suoi colleghi appena arrivati in Parlamento con un sistema operativo che permettesse loro di comunicare — dice di essere sereno: «Non ho fatto nulla di scorretto».
Patrizia Terzoni lo difende apertamente su Facebook, e un’altra deputata dice chiaro: «Se lo fanno fuori succede un casino. Se ne va la maggior parte di noi, possono giurarci».
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica”)
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