Maggio 16th, 2018 Riccardo Fucile
“CON BERLUSCONI UN LEGHISTA ANDREBBE A PALAZZO CHIGI, CON I GRILLINI NON E’ POSSIBILE”
Matteo Salvini deve fare il leader del centrodestra e tornare il prima possibile al voto. Altro
che governo con il Movimento 5 stelle.
Parola del leghista Roberto Maroni che intervistato dal Foglio dà la sua lettura della situazione politica e del tentativo del leader del Carroccio di andare al governo con Luigi Di Maio.
Se Salvini vuole essere il capo del centrodestra allora deve governare con il centrodestra. Bisognerebbe dunque lasciar perdere i 5 stelle e Luigi Di Maio. Salvini dovrebbe tornare a votare, tessere la trama di un nuovo centrodestra a trazione leghista. Con Berlusconi. Che è tornato eleggibile. E che senza dubbio farà opposizione. Altro che “astensione benevola”, come è stato detto. Questo è il vero problema.
Sulla possibilità di vedere un leghista a Palazzo Chigi, Maroni spiega:
Così, con Di Maio, non mi pare possibile. Con il centrodestra invece diventerebbe l’unica opzione sul tappeto. E un leghista a capo del governo, per me che il partito l’ho visto nascere, sarebbe il compimento di un percorso iniziato trent’anni fa. E per la Lega di governo sarebbe un traguardo da incorniciare.
Sull’apparente intesa personale tra Salvini e Di Maio, l’ex presidente della Regione Lombardia commenta:
Questo non lo so. Però so che il M5s è poco affidabile. È evidente. Mettiamola così: i parlamentari della Lega rispondono a Salvini. Quelli del M5s invece a chi rispondono? A Di Maio? A Casaleggio? A Grillo? Alla rete? Imbarcarsi in un governo che potrebbe non durare cinque anni è rischioso. Mentre l’alternativa, cioè le elezioni e la leadership nel centrodestra, è un’ipotesi molto ragionevole.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 9th, 2018 Riccardo Fucile
L’EX GOVERNATORE PREVEDE: “AL VOTO CON UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE CON PREMIO DI MAGGIORANZA”… “SE FANNO PASSARE UN ANNO SENZA DARE IL REDDITO DI CITTADINANZA E SENZA FLAT TAX CHI LI VOTA PIU'”
Le dichiarazioni di Di Maio, con il veto a Forza Italia, “mi sembrano nette. E rafforzano quello che secondo me è lo scenario più probabile: i due leader del centrodestra e dei Cinque Stelle faranno saltare il banco e a ottobre si tornerà alle urne”.
È di questa idea Roberto Maroni, intervistato da Repubblica.
“Se io fossi Salvini o Di Maio non avrei dubbi – dice l’ex governatore lombardo – C’è una data già certa ed è il 26 maggio del 2019. Quel giorno si andrà a votare per le Europee, non si scappa. E se entro quel giorno non avranno fatto il reddito di cittadinanza e l’abolizione della legge Fornero i due leader perderanno la faccia. E un vagone di consensi. A loro conviene votare prima”.
Tornando al voto non si rischia di replicare il risultato del 4 marzo, a suo avviso,
“se si fa una legge elettorale con un premio di maggioranza alla lista. In quel caso Salvini e Berlusconi sarebbero costretti a fare una lista unica, Forza Lega o Lega Italia non importa. A quel punto Salvini avrebbe in mano l’intero centrodestra e, con il Pd ridotto ai minimi termini, la partita elettorale sarebbe tra Salvini e Di Maio. Chi vince governa per cinque anni, chi perde fa il capo dell’opposizione. E finalmente si entra a vele spiegate nella Terza Repubblica. Conviene a entrambi, no?”
Poi aggiunge:
“Ma quello che io continuo a giudicare più utile per il Paese è l’accordo tra il centrodestra unito e i Cinque Stelle. Con la leadership al centrodestra: Salvini o altri non è granchè importante”.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 22nd, 2018 Riccardo Fucile
“FECE PRESSIONI PERCHE’ VENISSERO AUTORIZZATE LE SPESE DI VIAGGIO A TOKYO DELLA PATURZO, CON LA QUALE ERA LEGATO DA UNA RELAZIONE AFFETTIVA”
A due anni e 4 mesi dall’apertura della prima udienza il procuratore aggiunto Eugenio Fusco è riuscito a iniziare la requisitoria nel processo in cui è imputato l’ex governatore della Lombardia Roberto Maroni e a chiedere una pena.
L’accusa ha chiesto due anni e mezzo. L’ex segretario della Lega Nord è a giudizio per le ipotizzate pressioni per far ottenere un contratto di lavoro e un viaggio a Tokyo a sue due ex collaboratrici dell’epoca in cui era ministro dell’Interno, Mara Carluccio e Maria Grazia Paturzo.
“La presenza di Maria Grazia Paturzo nella delegazione del viaggio a Tokyo era dettata esclusivamente dalla relazione affettiva” con Roberto Maroni ed è “in questo contesto che si inserisce la condotta di Maroni affinchè la società Expo si accollasse le spese“.
Il leghista Maroni rinunciò poi al viaggio in Giappone e al suo posto andò l’allora vicepresidente della Lombardia, Mario Mantovani. La Paturzo a quel punto, ha proseguito il pm, “scomparve” e non partecipò alla missione.
Secondo l’accusa fu “una pressione, una induzione indebita” e non una “sollecitazione” perchè sarebbe stato lui a chiedere a Giacomo Ciriello, capo della sua segreteria politica, “di insistere” per ottenere da Christian Malangone, ex dg di Expo e “braccio destro” dell’allora commissario Beppe Sala, “la promessa” affinchè venissero autorizzate le spese del viaggio a Tokyo per Maria Grazia Paturzo, sua ex collaboratrice ai tempi del Viminale, nel 2014 temporary manager a Expo e con la quale era “legato da una relazione affettiva”.
Malangone condannato in primo grado è stato poi assolto in appello. Verdetto che il pubblico ministero ha cercato di smontare. Peri Ciriello l’accusa ha invece chiesto 2 anni e 2 mesi.
Imputati con Maroni anche Ciriello, Andrea Gibelli ex segretario generale del Pirellone e Mara Carluccio, l’altra ex collaboratrice di Maroni ai tempi del suo incarico di Ministro dell’Interno.
Per il pm, sulla base degli sms e WhatsApp scambiati tra i protagonisti della vicenda tra il 27 e il 29 maggio 2014, “ricorrono i requisiti fissati dalle Sezioni Unite della Cassazione per dire che ci troviamo di fronte a una induzione indebita: c’è reiterazione, insistenza, perentorietà e carattere ultimativo“.
Inoltre, ha aggiunto “la condotta di Ciriello è diretta conseguenza delle insistenze di Maroni che gli chiede di insistere con Expo”. Quanto alla prospettazione del vantaggio indebito, “anche potenziale”, Fusco ha sostenuto che per Malangone, che di lì a poco “si sarebbe ritrovato a ricercare un nuovo posto di lavoro (Expo spa si è sciolta dopo l’Esposizione Universale, ndr), la benevolenza del Presidente Maroni contava tanto”.
Infine il pm Fusco ha voluto dare qualche “nota di colore”.
Ricordando la telefonata in cui Maroni ha spiegato a Sala di aver rinunciato alla missione a Tokyo perchè era troppo lontano e incompatibile con la sua agenda ha affermato: “Tutte balle”.
E rivolgendosi alle difese ha ribadito che il cambio improvviso di programma era dovuto al “malessere” di Isabella Votino, la sua portavoce, che non vedeva di buon occhio la Paturzo.
E ancora ha ricordato che quando Ciriello, si accinge a organizzare la trasferta del Presidente lombardo a Berna, telefona in ambasciata per sapere se è diponibile un “palco per un discorso di Maroni, si sente rispondere: ‘Ma qui non abbiamo nemmeno un microfono’”.
Per Gibelli l’accusa ha chiesto un anno di reclusione e 800 euro di multa, mentre per Mara Carluccio la proposta è di 10 mesi e 800 euro di multa.
Il pubblico ministero, prima di concludere la requisitoria, ha spiegato che l’indagine è stata “in presa diretta”, cioè “che tutto quello che è avvenuto si è appreso dalle telefonate a cui poi sono stati trovati riscontri”.
Il pm Fusco ha inoltre tenuto a sottolineare che Maria Grazia Paturzo e Mara Carluccio “in tutta questa storia non si sono mai mosse e sono rimaste sempre a Roma, in piazza del Gesù”, dove ha sede l’ufficio di rappresentazione di Regione Lombardia, “andando in ufficio quando volevano, prima o dopo i loro contratti. Questo credo sia una grande anomalia — ha sottolineato — così come l’eccessiva rapidità nelle procedure di assunzione per entrambe”.
Per tutti gli imputati, il pm Fusco ha comunque chiesto le attenuanti generiche.
Il procuratore aggiunto, inoltre, ha chiesto alla Corte di inviare in Procura gli atti relativi alle testimonianze di Isabella Votino, Mara Carluccio, Maria Grazia Paturzo e dell’avvocato Cristina Rossello per valutare se, testimoniando nel corso del processo, abbiano commesso falsa testimonianza.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 18th, 2018 Riccardo Fucile
“L’UNICA SOLUZIONE SONO LE LARGHE INTESE E UN RITORNO AL VOTO TRA UN ANNO”
“Vedo impossibile un governo assieme tra Lega e M5S”. Lo afferma l’ex governatore della Lombardia, il leghista Roberto Maroni a “Mezz’ora in più” su Rai 3.
“Mi sembrerebbe un ritorno indietro alla Prima Repubblica, ai governi balneari”, aggiunge l’ex governatore sperando che “il centrodestra si confermi”.
“Un eventuale governo Lega-M5S metterebbe in grande imbarazzo le alleanze di centrodestra che governato in Lombardia e in Veneto”, aggiunge l’ex governatore della Lombardia osservando che non si possono fare governi a livello nazionale con un partito, appunto i Cinquestelle, e poi con questo partito battersi nelle amministrazioni locali.
Piuttosto, argomenta Maroni, “io faccio il tifo per un governo di larghe intese: garantirebbe la compatezza del centrodestra e potrebbe durare un anno per una legge elettorale fatta bene. C’è già la data: il 26 maggio 2019, quella prevista per le europee”.
Quanto alle mosse di Berlusconi, “il Cavaliere teme l’opa di Salvini su Forza Italia, vuole a tutti i costi evitarlo. Da qui al 23 quando si decideranno i presidenti delle Camera si giocherà “.
Quello che vuole il leader di Fi è “evitare un governo che escluda Forza Italia e sta lavorando per l’unico governo possibile che possa evitare elezioni anticipate in autunno. E l’unica soluzione sono le larghe intese”.
(da agenzie)
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Febbraio 26th, 2018 Riccardo Fucile
IL GOVERNATORE SI SFOGA DOPO LA PUBBLICAZIONE, DA PARTE DI UN UTENTE LEGHISTA, DELLA FOTO TAROCCATA DELLA MANIFESTAZIONE DI MILANO IN CUI E’ STATO CANCELLATO LA SCRITTA “VIVA IL NORD” PER NON COMPROMETTERE IL VOTO AL SUD
«La gloriosa storia della Lega Nord non può finire così. E non finirà ». Sembra una promessa,
quella di Roberto Maroni.
Il governatore lombardo è sempre più lontano da Salvini e la riprova arriva quasi ogni giorno. L’episodio più recente è di questa mattina, quando ha dichiarato che «Antonio Tajani sarebbe un ottimo premier», in contrasto con il «Salvini premier» che compare in tutti i manifesti della Lega.
Ieri sera, poi, ha condiviso sul suo profilo Facebook la foto di un militante pugliese della Lega che sabato scorso era venuto a Milano per la manifestazione di piazza Duomo.
Un’immagine in cui tra la folla sventolava una bandiera con la scritta «Prima il Nord», il classico slogan padano prima della svolta nazionale salviniana. Sennonchè, la foto è stata poi ritoccata: e la bandiera con la scritta nordista è scomparsa (come segnalato dal canale Facebook Informazione democratica).
Maroni alla manifestazione di sabato non era andato, anche se era previsto addirittura un suo intervento dal palco.
E ora, ha condiviso il post messo online da Gianni Fava, assessore lombardo all’agricoltura e sfidante «padanista» di Salvini al congresso della Lega scorso maggio.
Che nel suo commento ha scritto: «Se questi sono i nuovi padroni della Lega prevedo tempi bui. Provo un profondo senso di vergogna nel vedere abbinato il nome della Lega a soggetti di questo tipo. Io continuerò a dire: Prima il Nord! Io però come tutti sanno non devo chiedere scusa. Io no!»
(da agenzie)
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Febbraio 6th, 2018 Riccardo Fucile
SENZA FARE NOMI, MARONI ATTACCA SALVINI: “NO AL MANGANELLO MEDIATICO O AI GIUSTIZIERI NAZISKIN”
“La gerarchia delle schifezze mi obbliga ad anteporre al vuoto spompato dei grillini l’orrore del criminale fascistoide di Macerata, che spara agli immigrati per risolvere il problema dei clandestini. Un pistolero che milita nella destra nostalgica e che lo scorso anno era stato candidato alle elezioni Amministrative. Questa è la gente che si propone di guidare le istituzioni del nostro Paese? Ma vaffa”.
Così Roberto Maroni parla di Luca Traini, l’ex candidato consigliere comunale della Lega Nord, che ha sparato sugli immigrati a Macerata, nella sua rubrica settimanale sul ‘Foglio’.
Secondo Maroni, che non cita mai il suo partito, c’è un “dovere morale; mettersi al lavoro per (ri)creare una classe politica che non ci faccia rimpiangere Andreotti”.
“Conosco bene il mondo della politica – prosegue l’ex leader della Lega -. Vi ho incontrato tante persone capaci, uomini e donne che nella vita hanno lavorato, animate dalla passione e non dall’odio. Avversari fra loro, certo, ma con quel rispetto reciproco che fa la differenza. Sono le persone che servono oggi, più di ieri. Le nuove camicie nero-grilline del manganello mediatico o i giustizieri naziskin no, grazie”.
Dunque, conclude Maroni, c’è un “dovere morale: mettersi al lavoro per (ri)creare una classe politica che non ci faccia rimpiangere Andreotti. Aristotele diceva che l’uomo è per natura un animale politico. Bene, purchè prevalga l’uomo e non l’animale”.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 19th, 2018 Riccardo Fucile
LA BONGIORNO SBULACCA: “AD ANDREOTTI LA MIA SCELTA SAREBBE PIACIUTA”… E MARONI REPLICA: “IO E BOSSI QUELLI COME ANDREOTTI LI ABBIAMO COMBATTUTI, E’ DAVVERO CAMBIATO IL MONDO”
Roberto Maroni si è talmente ritirato dalla politica che oggi ha ritenuto in un tweet di
rimarcare la sua distanza dal progetto di Lega nazionale portato avanti da Matteo Salvini.
L’antefatto è l’annuncio di Giulia Bongiorno candidata con il Carroccio e il fatto è l’intervista rilasciata dall’avvocata al Messaggero in cui l’ex difensore di Andreotti sostiene che “Siccome la Lega di Salvini, per prima cosa, ha il pragmatismo nella sua politica, credo che ad Andreotti la mia scelta sarebbe piaciuta”.
Maroni però era evidentemente in vena di litigare visto che su Twitter ha risposto: “È davvero cambiato il mondo: io e Bossi quelli come Andreotti li abbiamo sempre combattuti”.
Una bella frase che rimarca la sua differenza con Salvini e i suoi legami con il Nord che ha portato la Lega in Parlamento.
Ma non del tutto vera, visto che nel 2006, dopo la vittoria del centrosinistra alle elezioni, la Lega, votò, a partire dalla seconda votazione (nella prima scelse Calderoli) proprio il senatore Giulio Andreotti come presidente del Senato contro Franco Marini, candidato della maggioranza.
Al terzo scrutinio Marini battè Andreotti per sei voti (con cinque schede bianche e una nulla) e il giorno dopo La Padania, come ricorda Wikipedia, uscì con una foto del senatore a vita in prima pagina sormontata dal titolo mordace “Mio nonno in carriola. Meno male che doveva spaccare il centrosinistra…”.
Insomma, la Lega prima approvò la strategia di Berlusconi e poi si sfilò quando questa fallì.
E chi era direttore della Padania all’epoca?
Proprio Gianluigi Paragone, che dopo una carriera in RAI oggi si presenta alle elezioni con il MoVimento 5 Stelle.
Com’è piccolo il mondo, vero?
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile
SUL “FOGLIO” SPIEGA LE RAGIONI DEL SUO ADDIO: “LA POLITICA NON E’ SOLO MARKETING, SALVINI SI DOCUMENTI SU CHE FINE HA FATTO STALIN”… “QUESTO MODO DI FARE POLITICA NON MI APPARTIENE”
“Salvini con me si è comportato da stalinista. Il mio addio? Incompatibilità con lui. La
politica non è solo marketing”. Roberto Maroni, governatore uscente della Lombardia, torna sulle ragioni della sua non ricadidatura. “Io sono una persona leale. Sosterrò il segretario del mio partito. Lo sosterrò – ha aggiunto – come candidato premier. Ma da leninista, non posso sopportare di essere trattato con metodi stalinisti e di diventare un bersaglio mediatico solo perchè a detta di qualcuno potrei essere un rischio”.
Maroni è prodigo di consigli con il suo compagno di partito. “Consiglierei al mio segretario non solo di ricordare che fine ha fatto Stalin e che fine ha fatto Lenin ma anche di rileggersi un vecchio testo di Lenin. Ricordate? L’estremismo è la malattia infantile del comunismo. Se solo volessimo aggiornarlo ai nostri giorni dovremmo dire che l’estremismo è la malattia infantile della politica”.
E sul futuro? Possiamo dire, chiede il Foglio, che fra i tratti di incompatibilità culturale tra lei e il suo segretario, e forse fra i tratti di incompatibilità politica, vi è anche un’idea diversa del rapporto che deve avere la politica con la giustizia? “Possiamo dirlo. E’ così. E’ questo uno dei tanti motivi che mi hanno spinto a ragionare su un futuro diverso, lontano da un modo di fare politica che capisco ma che, le dico la verità , proprio non mi appartiene”.
“Devo anche riconoscere — prosegue Maroni — che in questi giorni sono stato massacrato dai miei compagni di squadra, che hanno scelto di dare alla mia vita nuova un’interpretazione del tutto arbitraria, mentre sono stato ricoperto di affetto e amicizia da un mondo politico lontano da me, e questo mi ha colpito”.
Maroni si riferisce a un sms di Matteo Renzi, e “tanti altri.
Ma una telefonata — rivela — mi ha fatto particolarmente piacere: quella di Giorgio Napolitano. Siamo stati quindici minuti al telefono, con simpatia e affetto, ha riconosciuto che la mia è stata una scelta coraggiosa, e lo ringrazio, ha detto che noi del 1955 siamo fatti così, vale per me e vale per Veltroni, e che a un certo punto abbiamo bisogno di prendere aria e di pensare alla nostra vita”.
Maroni parla anche del Jobs Act, dicendo che non va rottamato: “Non scherziamo. Se mai, migliorato. Purtroppo tutto questo non si può dire perchè in campagna elettorale, e vale anche per questa campagna elettorale, da una parte e dall’altra ci sono spesso valutazioni su questi temi che prescindono dal merito, frutto di perversi atteggiamenti ideologici in base ai quali tutto quello che è stato fatto prima di noi deve essere cancellato. Questa non è politica, è propaganda”.
(da agenzie)
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Gennaio 8th, 2018 Riccardo Fucile
DIETRO LA MOSSA DI BOBO, IL DISEGNO DI BERLUSCONI: AVERE UNA LEGA “RESPONSABILE” CON CUI DIALOGARE DOPO IL VOTO… SALVINI INFURIATO… LO AVEVAMO DETTO 24 ORE FA
Come ai tempi in cui Berlusconi aizzava, adulava e allettava i “colonnelli” di An contro Gianfranco Fini, legandoli a sè per depotenziare lo scomodo alleato. Solo che, al posto di Fini, in questo deja vu del berlusconismo c’è l’odiato Salvini.
Per capire lo strappo di Roberto Maroni e la sua rinuncia a ri-candidarsi in Lombardia, occorre riavvolgere la pellicola del film.
E fermarla alla scena numero uno.
Nella giornata di sabato il leader della Lega è in montagna con la figlia, per un ultimo giorno di relax. E Roberto Maroni è a colloquio con Silvio Berlusconi.
Tra i due il rapporto è solido, fatto di confronti periodici, di stima e amicizia reciproca, e di un’intesa ostentata anche in pubblico, come quando il governatore lombardo in un’intervista al Corriere criticò la linea lepenista di Salvini, richiamando le origini nordiste e la centralità della coalizione con Forza Italia.
Nel corso della lunga e amichevole chiacchierata la decisione, di non candidarsi al Pirellone, diventa irrevocabile.
La scena numero due, che spiega tutto, è del giorno dopo, nel corso del vertice ad Arcore, dopo che Salvini ha da poco appreso la notizia.
I tortelli di zucca sono ancora fumanti sui piatti e Silvio Berlusconi, col sorriso di chi la sa lunga, si rivolge a Giancarlo Giorgetti, altro colonnello leghista: “Giancarlo, perchè a questo punto non ti candidi tu?”.
Giorgetti, uomo forte della Lega da diversi lustri, sin dai tempi di Bossi, in passato ha più volte accarezzato l’idea di correre per il Pirellone, ma non in questo modo, sulla scia di un’emergenza, e declina garbatamente l’invito che il Cavaliere gli ha rinnovato anche questo pomeriggio, nel corso di un nuovo colloquio, sempre ad Arcore, dimora tornata ad essere il centro di gravità permanente del centrodestra italiano.
Ma della candidatura lombarda parleremo tra un po’. Torniamo alla dinamica.
Dice un azzurro di casa ad Arcore: “Il gioco di Berlusconi è semplice. La sua best option restano sempre le larghe intese, e sta provando a prendersi una parte della Lega. Giorgetti lo vuole avvolgere con la poltrona della Lombardia, governando assieme, Maroni lo utilizza apertamente in funzione anti-Salvini”.
Le parole di oggi del governatore uscente confermano questa tesi: “Non vado in pensione e resto a disposizione, perchè so che cosa significa governare”.
Non proprio le parole di uno che si ritira dalla politica per motivi personali. L’operazione pensata , prosegue la fonte di rango, è questa: “Al momento in cui si discuteranno le larghe intese, Salvini dirà no. E occorrerà una parte responsabile della Lega che possa sostenere il governo. Appunto, Maroni e una pattuglia di parlamentari. È chiaro che in un governo del genere un ex ministro dell’Interno ha tutti i titoli per entrare”.
Si spiega così l’ira funesta di Salvini, che ha subito, dall’inizio, l’intera operazione e ne vede le possibili conseguenze.
I sospetti del giorno prima sul complottone del Cavaliere sono diventate certezze nella giornata di oggi, dopo le dichiarazioni del governatore lombardo.
Al punto che ha già fatto sapere che Maroni non sarà candidato perchè — questo il ragionamento — “se uno non ricandida in regione per motivi personali, per quali motivi si deve andare in Parlamento?”.
Torniamo alla Lombardia.
Il candidato è Attilio Fontana, ex sindaco di Varese, ex presidente del consiglio regionale lombardo, uomo mite, non troppo noto, nella geografia interna della Lega legato a Giorgetti, anche se non convince fino in fondo Forza Italia, che spinge per la Gelmini.
Il problema è che, nel gioco delle caselle per le regionali, in quota Forza Italia c’è già il Lazio col nome di Maurizio Gasparri, ex colonnello che lasciò Gianfranco Fini. Perchè poi, in fondo, il Cavaliere conosce la riconoscenza anche a distanza di anni.
(da “Huffingtonpost”)
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