CONTRO IL CAPORALATO
DALLO SCIOPERO DEI BRACCIANTI AFRICANI DEL SALENTO CONTRO L’ARROGANZA DEL CAPORALATO, UNA DESTRA VALORIALE E SOCIALE DOVREBBE TRARRE SPUNTO PER LE SUE SCELTE POLITICHE E UMANE… CONTRO LO SFRUTTAMENTO DEI LAVORATORI IN NERO PER RIAFFERMARE LA PRESENZA DI UNO STATO OGGI LATITANTE
Le cronache di questi giorni parlano di uno sciopero di braccianti africani nelle campagne del Salento contro l’arroganza di una istituzione che da anni prospera nel mondo agricolo meridionale: il caporalato.
La masseria Boncuri nel comune di Nardò è una struttura di accoglienza per braccianti immigrati impegnati nella raccolta del pomodoro.
Le condizioni di vita di questa comunità sono disumane.
Ammassati sotto tende questi lavoratori subiscono la selezione dei caporali che impongono carichi di lavoro sempre più gravosi per una misera paga.
I caporali speculano sul lavoro di queste persone con vessazioni e taglieggiamenti.
Stipati come bestie su pulmini senza sedili i braccianti sono trasportati nei campi, costretti a pagare questo trasporto indegno.
L’assenza dello Stato è totale.
Non si vedono forze dell’ordine, finanzieri, ispettori del lavoro; il campo è libero per un caporalato violento, retaggio di un mondo di antica miseria.
Ora che la misura è colma, la rabbia dei migranti è divenuta lotta contro l’ingiustizia. Incrociano le braccia per far valere i loro diritti e la dignità di esseri umani.
Leader di questa battaglia, è un giovane studente camerounense.
Dal politecnico di Torino dove studia ingegneria, Yvan Sagnè si è trasferito nel Salento per pagarsi gli studi con il lavoro stagionale della raccolta di pomodori.
Quakhe notte fa è stato picchiato a sangue e, invece di tutelare il suo diritto di protestare, è stato rispedito a Torino per garantire la sua incolumità .
Mi viene da chiedere se Yvan Sagnè conosce la vita di Giuseppe Di Vittorio che esattamente un secolo fa organizzava le lotte contadine in Puglia.
Figlio di braccianti che lavoravano la terra dei marchesi Rubino-Rossi di Cerignola, il giovane Di Vitttorio, pur faticando nei campi, imparò da autodidatta a leggere e scrivere e maturò una coscienza politica e sindacale che mise al servizio delle lotte bracciantili. Divenne la più autorevole figura del sindacato.
Oggi il nuovo Di Vittorio nelle campagne salentine ha la pelle nera.
Sono passati cento anni e il proletariato agricolo viene da paesi dove si vive di stenti. Come è possibile che in questa nostra Italia possa prosperare una nuova forma di schiavismo?
A pochi chilometri da questi campi, sulle spiagge assolate di questo angolo di Mediterraneo, migliaia di giovani vivono le vacanze agostane; molti non conoscono il dramma dei loro coetanei africani.
È giunto il momento di indignarsi rispondendo all’appello e alla mobilitazione contro il caporalato che sindacati, Comune di Nardò, asscoiazioni e artisti pugliesi realizzeranno oggi nella città salentina.
Un modo concreto per aiutare questi ragazzi che da quindici giorni sono senza salario e farli vivere in maniera più decorosa.
Assistiamo a queste forme di sfruttamento e al contempo al disastro dei prezzi.
In molte regioni la frutta viene lasciata marcire perchè i prezzi pagati ai contadini sono così irrisori che non conviene raccoglierla.
È giusto ricordare il monito di Pier Paolo Pasolini: «Quando contadini e artigiani spariranno, sarà la fine della nostra storia».
Oggi i nostri contadini sono anche gli africani che raccolgono i pomodori, i macedoni nelle vigne del barolo, gli indiani che accudiscono le vacche in pianura padana, i magrebini e i polacchi negli alpeggi.
Questa umanità va difesa e tutelata.
Questo dovrebbe essere il compito di una destra valoriale, sociale e solidale che voglia e sappia passare dalla enunciazione teorica ai fatti concreti.
Oggi avremmo voluto la classe dirigente di Fli in prima linea, a fianco dei nuovi poveri.
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