“COSA NASCONDE L’FBI SUI RAPPORTI DI TRUMP CON PUTIN?”: LA PESANTE ACCUSA DEL CAPOGRUPPO DEM AL SENATO
FINALE DI CAMPAGNA ELETTORALE TRA VELENI, SOSPETTI E GIOCHI SPORCHI
“L’Fbi perseguita Hillary Clinton per l’email-gate, e intanto tiene nascoste delle rivelazioni esplosive sui rapporti fra Donald Trump e Vladimir Putin”.
L’accusa grave viene da uno dei massimi dirigenti del partito di Barack Obama e Hillary Clinton.
E’ il capogruppo democratico al Senato Harry Reid, a lanciare questa nuova polemica, un’altra prova della tensione che si è creata ai vertici delle istituzioni: fra l’intero partito democratico e la più importante agenzia federale di polizia.
Questa era già da mesi la campagna elettorale più negativa e incivile della storia recente, ora sta toccando il fondo, con un finale condito di veleni, sospetti e insinuazioni infamanti attorno al capo dell’Fbi, James Comey, repubblicano. Già la Clinton aveva definito “senza precedenti e profondamente inquietante” il comportamento di Comey, cioè la sua decisione di riaprire a pochi giorni dal voto un’indagine sull’email-gate che era stata ufficialmente chiusa a luglio.
Quella che in teoria è la capa di Comey, la ministra della Giustizia Loretta Lynch, a sua volta ha condannato la decisione dell’Fbi come una turbativa elettorale in contrasto con la prassi e con i regolamenti.
Ora arriva una lettera pubblica di Reid con le bordate più pesanti di tutte.
Il capogruppo democratico al Senato denuncia il “doppio standard” del direttore dell’Fbi, “che si affretta a rendere pubbliche informazioni sulla Clinton nel modo più negativo possibile, mentre non rilascia informazioni esplosive sugli stretti legami fra Donald Trump, i suoi consiglieri, e il governo russo”.
Lo stesso Reid era ai comandi del Senato nel 2013 quando ancora i democratici avevano la maggioranza, e la camera alta si occupò proprio della nomina di Comey, designato da Obama per guidare l’Fbi.
All’epoca Reid aiutò Comey a superare l’esame del Senato, appoggiandone la nomina contro l’ostruzionismo del repubblicano Rand Paul.
Ora Reid rinfaccia al capo dell’Fbi quel precedente: “Fui io a guidare la battaglia per la sua conferma perchè credevo che lei fosse un onesto servitore dello Stato. Con grande delusione, oggi vedo che sei”
(da “La Repubblica”)
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