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COSA SUCCEDE IN UCRAINA

LA CRISI MOSCA-KIEV IN OTTO DOMANDE E RISPOSTE

Come nasce la crisi? Il conflitto tra Mosca e Kiev vedrà davvero l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia o è un bluff di Putin nel suo disegno geopolitico? Quale ruolo per l’Europa? Abbiamo provato a rispondere ad alcuni degli interrogativi di queste ore
L’escalation della crisi russo-ucraina sembra non arrestarsi: la Russia ha ammassato nelle ultime settimane circa 135mila soldati ai confini e nelle aree occupate. Le esercitazioni militari congiunte delle forze russe e bielorusse sono iniziate anche sul confine occidentale, vicino all’Ucraina e agli Stati Nato Polonia e Lituania. Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha lanciato l’allarme: l’aggressione russa all’Ucraina potrebbe avvenire in qualsiasi momento e potrebbe coinvolgere bombe e missili: «È probabile che inizi con bombardamenti aerei e attacchi missilistici che potrebbero ovviamente uccidere i civili». Molti analisti ed esperti continuano a ritenere quella in corso “solo” una guerra di parole e vedere nella strategia di Mosca un “bluff” per rafforzare le richieste avanzate (da anni) all’occidente. Ma nel frattempo le ambasciate di Regno Unito, Corea del Sud, Israele, Lettonia, Estonia, Stati Uniti, Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia, Giappone e Italia hanno invitato i loro civili a lasciare immediatamente Kiev causa sicurezza. E l’ipotesi di un’invasione, dopo un momento di distensione che nei giorni scorsi aveva fatto intravedere uno spiraglio per il lavoro di diplomazie e negoziati, prende nuovamente piede.
Mentre a Kiev si parla di richiamare 2 milioni di riservisti, il presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, ha davanti a sé due opzioni: risanare i rapporti con l’Europa o andare avanti nelle sue pretese. Il segretario alla Difesa americana Lloyd Austin ha detto alla CNN che Washington ha ordinato ad altri 3mila soldati dell’82a divisione aviotrasportata di schierarsi in Polonia, unendosi ai 1.700 già presenti: dovranno, dicono gli Stati Uniti, aiutare i cittadini americani che potrebbero tentare di lasciare l’Ucraina. «Non c’è mai stato un momento in cui la mia comprensione della Russia – in 15 anni di reportage su Russia e Ucraina – è stata così in contrasto con quella degli Stati Uniti», scrive su Twitter Simon Shuster, giornalista della rivista Time. «Spero di avere ragione, e che loro abbiano torto». Sia il presidente Usa Joe Biden che quello francese Emmanuel Macron dovrebbero sentire al telefono Putin nelle prossime ore. Di seguito abbiamo cercato di riassumere in otto domande e risposte alcune delle questioni fondamentali relative alla crisi che preoccupa da giorni tutto il mondo.
1. Come nasce la crisi russo-ucraina?
L’Ucraina, i cui attuali confini sono relativamente giovani, è un Paese dalla storia eterogenea e complessa, ben raccontata anche dall’evoluzione della cultura e della religione nell’area. Oggi nel Paese la lingua ufficiale è l’ucraino, ma la maggior parte della popolazione è perfettamente bilingue e nelle zone a sud-est, più o meno dichiaratamente filo-Mosca, nonché nel Donbass con i due stati separatisti non riconosciuti – la Repubblica popolare di Donetsk e la Repubblica popolare di Luhansk – il russo continua a essere la prima lingua. Lo stesso nazionalismo ucraino oggi ne ricorda le origini: culla della cultura russa moderna, con il Paese che dal IX secolo d.C. è stato il nucleo della Rus’ di Kiev, Stato monarchico medievale nato lungo le sponde del fiume Dnepr e che si estendeva fino alla Bielorussia e alla Russia. Qui domina ancora oggi la chiesa ortodossa, affiliata al patriarcato di Mosca, sancendo di fatto la comunanza di valori con la madre Russia. Repubblica dell’ex Unione Sovietica dal 1923 fino al 1991, l’Ucraina era il “granaio dell’URSS”. Dall’indipendenza, appunto nel ’91, in poi i suoi rapporti con Mosca sono stati complessi anche a causa, ricorda l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), «di un’alternanza tra governi più filo-russi e altri più vicini all’Occidente (seppur nel quadro di una politica multivettoriale volta a sfruttare la rivalità tra i due schieramenti), come quello di Viktor Juščenko, nato dopo la “rivoluzione arancione” di fine 2004, o quello attuale guidato da Volodymyr Zelenskji».
L’Ucraina, insomma, resta sospesa tra Unione Europea e Russia, e avanzano le divisioni interne. Nel 2014 scoppia quella che viene conosciuta a livello internazionale come “crisi di Crimea”. La popolazione della penisola di Crimea, presa sotto il regno di Caterina II, «russificata ed eletta ad hub strategico fondamentale dagli zar», ricorda ancora l’Ispi, e poi ceduta da Nikita Krusciov nel 1954 all’Ucraina per questioni di politica interna, è per maggioranza di etnia russa: nel 2014 viene separata nuovamente da Kiev dopo che, a febbraio di quell’anno, l’allora presidente ucraino Viktor Janukovyč e il suo governo vengono esautorati in seguito alle violente manifestazioni pro-europee dell’Euromaidan, contrarie alla svolta filorussa che ne aveva caratterizzato l’operato: al suo posto arriva un governo filoeuropeo non riconosciuto da Mosca. Vladimir Putin risponde annettendo la Crimea e incoraggiando la rivolta dei separatisti filorussi nella parte sud orientale del Paese. Un referendum organizzato dal governo locale crimeo vede l’opzione indipendentista vincere con più del 95% dei voti: Unione europea, Stati Uniti e altri 71 Paesi dell’Onu – al contrario della Russia – non ne hanno mai accettato l’esito, ritenendolo in violazione del diritto internazionale e della Costituzione dell’Ucraina.
2. Perché proprio adesso?
Nelle scorse ore due navi da guerra russe sono arrivate nel porto di Sebastopoli in Crimea: la Georgiy Pobedonosets e la Pyotr Morgunov. E un’esercitazione su larga scala, con più di 30 navi della marina russa, è iniziata nel Mar Nero. L’Ucraina protesta ma il Cremlino spiega di volersi tutelare da un allargamento della Nato ad est: e il porto di Sebastopoli, base della Marina russa e della Flotta del Mar Nero, era ed è un nodo cruciale per Mosca a livello militare. Dopo il collasso dell’Urss, l’espansione della Nato ha incluso anche Paesi che la Russia storicamente considera parte della sua sfera di influenza. Che l’Ucraina entri davvero nella Nato nel futuro prossimo resta un’ipotesi poco realistica a detta di molti osservatori. Se ne parla almeno dal 2008, ma l’Alleanza atlantica non può accettare nuovi membri coinvolti in conflitti. Inoltre, per l’ammissione, all’Ucraina è richiesto di mettere in campo una efficace lotta alla corruzione e avviare un percorso di riforme politiche e militari. Di certo però il Paese dal 2014 ha ricevuto 2,7 miliardi di dollari di aiuti dagli Usa. Ed è, spiega Vox, un palcoscenico per la Russia per cercare di riaffermare la sua influenza in Europa e nel mondo, e per il presidente russo Vladimir Putin per cementare la sua eredità. Putin infatti rivendica apertamente il «diritto storico» di Mosca su Kiev e parla di Russia e Ucraina come «una nazione».
3. Quanto è probabile un conflitto?
L’Ucraina condivide con la Russia un confine di 2.200 chilometri. I soldati schierati da Mosca la circondano ora su tre lati: sul confine orientale dell’Ucraina, vicino alla regione separatista e filorussa del Donbass, in Crimea e in Bielorussia, ufficialmente per un’esercitazione congiunta con Minsk. Sulla carta Mosca ha ora in campo forze sufficienti almeno per conquistare il Donbass – non abbastanza, probabilmente, per l’invasione dell’intero Paese. Il premier britannico Boris Johnson ha parlato nei giorni scorsi dell’ipotesi di una «guerra lampo» per conquistare la capitale Kiev ma il sospetto, da più parti, è che Putin stia di fatto bluffando per alzare la posta con l’Occidente per il suo lungo elenco di richieste che vanno oltre l’Ucraina. Il numero di vittime di una guerra, anche tra i civili, è potenzialmente molto elevato e lo stesso popolo russo non sarebbe favorevole al conflitto: a detta del New York Times, potrebbe portare fino a 50 mila morti tra i civili e 33 mila tra i soldati.
4. Qual è la posizione degli Stati Uniti?
Gli Stati Uniti hanno parlato di sanzioni in caso di invasione dell’Ucraina, che a sua volta ne ha chiesto invece di preventive. Sull’entità, comunque, pesa il disaccordo con gli alleati europei della Nato, che nel caso subirebbero le più pesanti ripercussioni. Paolo Magri direttore dell’Ispi, parla di «guerra di parole» americana: «Escalation, colpo di stato, invasione, l’invito a lasciare il Paese. È la risposta della Casa Bianca all’altra escalation: quella di uomini, armi ed esercitazioni sul terreno messa in campo dalla Russia attorno all’Ucraina». E vuole dare, per Magri, «il senso di un’America che prende sul serio la minaccia ed è pronta a reagire con fermezza, nonostante Biden abbia già escluso l’ipotesi più estrema: il coinvolgimento militare Usa o Nato per sostenere l’Ucraina attaccata». La «guerra di parole», per il direttore dell’Ispi, ha quindi tre obiettivi: «Rafforzare la posizione Usa nel negoziato, che continua. Mostrare agli americani un Biden forte e determinato, riducendo lo spazio dei repubblicani nell’attaccarlo come inadatto ad affrontare crisi. Lanciare un messaggio chiaro alla Cina su future tensioni con Taiwan». Ma le guerre di parole «surriscaldano il clima, accendono le opinioni pubbliche e danno agio a Mosca di parlare di “pericolosa retorica da Guerra Fredda”». E «rischiano di complicare invece che aiutare. Di dare ragione a chi sostiene che può ferire più la lingua che la spada». E oggi il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dice: gli avvertimenti degli Stati Uniti su una possibile invasione russa dell’Ucraina «causano il panico».
5. Qual è la posizione della Russia?
Nel 2021 la Russia ha presentato agli Stati Uniti una lista di richieste: la Nato, per Mosca, deve fermare la sua espansione verso est, negare l’adesione all’Ucraina e annullare il dispiegamento di truppe nel blocco di Paesi – da quelli baltici ai Balcani, ovvero buona parte dell’Europa orientale – che si sono uniti dopo il 1997. Ultimatum rigettati da Usa e Nato e definiti da Michael Kofman, direttore della ricerca nel programma di studi sulla Russia presso la CNA, un’organizzazione di ricerca e analisi ad Arlington, in Virginia, «un tentativo non solo di assicurarsi l’interesse in Ucraina, ma essenzialmente di riconsiderare l’architettura di sicurezza in Europa».
Gli Stati Uniti e l’Europa hanno «ignorato» le richieste della Russia sulla sicurezza, dice oggi il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov al segretario di stato americano Antony Blinken in un colloquio telefonico secondo quanto dichiara una nota di Mosca. Per Lavrov le affermazioni di Washington su un’invasione russa dell’Ucraina sono delle «provocazioni» e un modo di fare «propaganda» anti-russa.
6. A che punto sono i negoziati?
Al momento, dice il dipartimento di Stato Usa, solo il 6% dei confini russi tocca Paesi dell’Alleanza Atlantica. Ma la Nato doveva evitare di avvicinarsi così alle frontiere con Mosca? Ascoltare Putin ora potrebbe dargli il potere di intervenire nei processi decisionali della Nato e sulla sicurezza europea? La via diplomatica «resta aperta», dice oggi Blinken a Lavrov. Ma è necessaria una «de-escalation». In un’intervista a Qn l’ambasciatore Ettore Sequi, segretario generale della Farnesina, invoca «fermezza sui principi ma apertura e disponibilità al dialogo con Mosca». «Riteniamo che ci sia spazio per la diplomazia. La posizione comune è di rimanere fermi sui principi dell’integrità territoriale dell’Ucraina e del suo diritto di determinare il proprio destino in termini anche di alleanze, ma allo stesso tempo vogliamo mantenere la porta aperta al dialogo con la Russia», dice Sequi.
Nelle scorse settimane i negoziati, definiti «non semplici», hanno visto un nulla di fatto nei colloqui di Parigi tra i consiglieri politici di Russia, Ucraina, Francia e Germania. La «base del lavoro» resta negli accordi di Minsk, il cessate il fuoco firmato da Mosca e Kiev nel 2015 che prevedeva anche le elezioni nelle regioni separatiste e il ritiro delle forze filo russe. Un protocollo mai del tutto implementato. In un colloquio telefonico, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha invitato il segretario di Stato Usa Blinken a «prendere sul serio» le «ragionevoli preoccupazioni della Russia in materia di sicurezza». La Cina infatti guarda con attenzione alla crisi russo-ucraina e alle reazioni dell’Occidente: sta infatti valutando i rischi di reincorporare Taiwan. Dalla Germania è arrivato l’avvertimento sulle possibili sanzioni alla Russia, che coinvolgerebbero anche Nord Stream 2, il gasdotto che trasporta il gas naturale dai giacimenti russi alla costa tedesca: 1230 km sotto il Mar Baltico, è il più lungo gasdotto del mondo pensato per potenziare il gas già fornito dalla Russia all’Europa e raddoppiare il tracciato del già esistente Nord Stream, parallelo al nuovo progetto. «Se la Russia invade l’Ucraina in un modo o in un altro, il gasdotto Nord Stream 2 non andrà avanti», ha detto nei giorni scorsi anche il portavoce del dipartimento di Stato Usa, Ned Price. Completato a fine 2021, non è ancora in funzione. Osteggiato dagli Usa da sempre e voluto da Germania e Russia, il suo percorso evita gli Stati baltici, i paesi di Visegrad (ovvero Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria), l’Ucraina e la Bielorussia, spuntando loro le armi nelle negoziazioni con Mosca. D’altro canto, il 40% del gas europeo arriva da Mosca: la Russia vuole dimostrarsi un interlocutore commerciale affidabile, ma se dovessero arrivare le sanzioni Nato potrebbe minacciare una riduzione delle forniture che avrebbe un impatto diretto sull’Europa.
7. Qual è il ruolo dell’Unione europea nel conflitto?
Da Euromaidan in poi l’Ucraina appare sempre più vicina all’Europa, e la spinta arriva anche dalle generazioni più giovani. L’attuale presidente Volodymyr Zelensky, eletto nel 2019, è vicino all’Occidente. Nei giorni scorsi il capo della diplomazia dell’Unione europea Josep Borrell ha spiegato di non ritenere il rischio di un’invasione russa imminente. Nella notte, Björn Seibert, capo di gabinetto della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e Jack Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Usa, hanno avuto un colloquio telefonico in cui si è parlato del «coordinamento transatlantico nella preparazione di un robusto pacchetto di sanzioni che andrebbe applicato rapidamente in caso di ulteriore aggressione militare dell’Ucraina da parte della Russia», dicono dalla Commissione europea.
E si è parlato anche, a proposito di gas, «della partnership Ue-Usa sulla sicurezza energetica» e dei passi da fare «in caso di interruzione delle forniture per l’Europa».
8. Come viene percepita la crisi in Ucraina?
Dal governo ucraino, in questi giorni, è arrivato l’appello alla popolazione a mantenere la calma e di evitare il panico. «Al momento è cruciale restare calmi, uniti all’interno del Paese, evitare azioni destabilizzanti e che creino il panico», si legge in una nota del ministero degli Esteri. Il panico è il «migliore amico» dei nemici dell’Ucraina, dice ancora oggi Zelensky secondo quanto riporta la Cnn dopo aver assistito ad esercitazioni militari nei pressi di Kherson, nel sud del paese. Deve «analizzare tutte le informazioni» sulle minacce ai confini, dice, e «la verità è che abbiamo informazioni diverse». Il pericolo di un’invasione, almeno fino a qualche giorno fa veniva accolto tra le strade di Kiev – ma anche nei Paesi vicini alle frontiere – con un misto di incredulità e rivendicazione. «Se dovessero arrivare, siamo qui». Ma ora la tensione sembra salire. E non sono poche le persone ad avere pronta una valigia per poter scappare da un momento all’altro. Di certo la storica «amicizia tra tre popoli fraterni» – russo, ucraino e bielorusso – sembra ora un ricordo lontano.
(da Open)
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This entry was posted on sabato, Febbraio 12th, 2022 at 21:06 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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