COSI’ I DAZI DI TRUMP RISCHIANO DI COLPIRE L’INDUSTRIA ITALIANA
TASSE AGGIUNTIVE SU CHIP, PRODOTTI FARMACEUTICI E ACCIAIO IMPORTATO
Fin da prima che Donald Trump rimettesse piede nella Casa Bianca, le minacce di dazi aggiuntivi avevano raggiunto l’Unione europea in maniera forte e chiara. La querelle di meno di 24 ore tra Washington e la Colombia, con la brusca decisione del tycoon di imporre dazi dal 25 al 50% come rappresaglia, ha reso il timore concreto. E ora è Trump stesso che annuncia misure imminenti che colpiranno soprattutto il settore farmaceutico, l’acciaio e l’alluminio. Proprio i settori in cui l’Italia esporta di più negli Stati Uniti, per circa 20 miliardi di euro annui. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha rassicurato: «Andiamo nella giusta direzione». Anche se al momento non sembrano esserci molti spiragli per rendere il nostro Paese un’eccezione alla nuova strategia commerciale americana.
Il protezionismo di Donald Trump
L’annuncio di Trump, in un incontro a Miami con i rappresentanti Repubblicani della Camera, è stato categorico. Dazi a chip per i computer, prodotti farmaceutici e acciaio importato «in un futuro molto prossimo». Lo scopo? «Dobbiamo riportare la produzione negli Stati Uniti. Se vuoi smettere di pagare le tasse devi costruire il tuo impianto proprio qui, in America». Il fenomeno dell’offshoring – vale a dire la costruzione di fabbriche in Paesi con condizioni economiche vantaggiosi – ha danneggiato troppo il gigante a stelle e strisce. Che ora alza gli scudi. E promette, a chiunque riporterà la produzione nella madrepatria, un «abbassamento delle tasse del 15%». Ma quali saranno le conseguenze per l’Italia?
Quanto vale l’export italiano negli Usa
Nel 2023 il valore delle esportazioni verso gli Usa ha raggiunto i 67,3 miliardi di euro, contro un import di 25,2 miliardi. Una differenza di 42 miliardi che sorride all’Italia, anche perché quasi sempre in crescita nell’ultimo decennio. Da un approfondimento sulle relazioni commerciali con gli Stati Uniti, pubblicato dal Ministero degli Esteri, sono chiari i punti di forza. 12,3 miliardi di euro per i macchinari, 8 miliardi per i prodotti farmaceutici e 12 miliardi per mezzi di trasporto e autoveicoli. Già nel 2018, a dire il vero, lo stesso Trump durante la sua prima amministrazione aveva deciso di tassare indiscriminatamente l’acciaio al 25%, per ragioni di «sicurezza nazionale» ai sensi della Section 232 dello US Trade Act del 1962. Il provvedimento era poi stato sospeso nei confronti dell’Unione europea da Joe Biden, senza però che si arrivasse a una soluzione di lungo periodo.
Il peso dei dazi sull’economia italiana
È indubbio, dunque, che nuovi dazi peserebbero non poco. Secondo Prometeia, nel 2023 l’export italiano è stato colpito per un valore di 2 miliardi di dollari, figli della lunga controversia tra Ue e Usa che coinvolge Airbus e Boeing. Con l’imposizione di nuove tasse, il valore potrebbe più che raddoppiare, arrivando a toccare anche la cifra di 7 miliardi di dollari. L’istituto di previsioni economiche ha però distinto due casistiche possibili. La “migliore” per l’Italia sarebbe l’aumento dei dazi oggi in vigore, che andrebbe a colpire maggiormente settori come la moda e il cibo e porterebbe a un costo aggiuntivo di 4 miliardi. La peggiore sarebbe, invece, un aumento generalizzato e unilaterale su tutte le linee tariffarie di 2 punti e mezzo. In questo caso, andando a colpire il settore farmaceutico e dei macchinari, il costo aggiuntivo supererebbe i 7 miliardi.
(da agenzie)
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