DI MAIO TEME CHE IL PD POSSA SFRUTTARE FICO CONTRO DI LUI
AGGRAPPATO PATETICAMENTE ALLA POLTRONA: “TRA UNA SETTIMANA SPENGO IL FORNO CON LA LEGA”
Una settimana, su per giù. È quanto Luigi Di Maio è disposto a concedere ancora a Matteo Salvini.
Una tagliola temporale che i leader dei 5 Stelle ha l’esigenza di fissare per rendere più credibile la sua minaccia: «Aspettiamo che Casellati consumi il suo mandato, poi se Salvini non rompe con Berlusconi, spegniamo il forno della Lega».
Una settimana, dunque, perchè è il tempo che i 5 Stelle calcolano servirà alla presidente forzista del Senato per onorare il suo impegno. E dopo?
Fino al tardo pomeriggio di ieri i grillini non escludevano nemmeno un pre-incarico al leghista Giancarlo Giorgetti. «Ancora meglio per noi», spiegavano, perchè anche il suo tentativo a vuoto certificherebbe l’impossibilità di formare un governo a partire dal centrodestra unito.
«Capiranno che non possono fare nulla senza di noi» ragionava ieri Di Maio incredibilmente senza cravatta persino in aula, prima di dare il mandato di riprendere i contatti con gli emissari del Carroccio.
A una condizione: che capiscano che il tempo sta scadendo. Il capo politico del M5S sente di avere un’arma in più, che è l’arma dell’alternativa: «Salvini non ne ha. Non può dire, come noi, che se non va bene uno, si punta sull’altro».
L’altro è il Pd, che ieri, attraverso il reggente Maurizio Martina, ha fatto il primo passo nella direzione indicata dal M5S, facendo quello che non ha fatto il M5S.
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«Un’iniziativa utile» si sono limitati a commentare in una nota i capigruppo dei 5 Stelle Danilo Toninelli e Giulia Grillo, senza tradire troppo entusiasmo.
In realtà ai vertici del M5S, in primis a Di Maio, la mossa di Martina torna davvero utile, ma prima di tutto sul tavolo con Salvini.
Per ridurgli ancor di più i margini di trattativa, costringerlo nell’angolo di una scelta: «O restare all’opposizione con Berlusconi o partecipare al governo del cambiamento». Di Maio, per ora, non ha proprio intenzione di scansarsi. Resta fermo, cocciuto nell’insistere che non si farà nulla senza di lui premier e che «Salvini non può dettare condizioni, con il 17%, a un partito del 32%».
Se invece continuerà a farlo, Di Maio dovrà essere conseguente alle sue parole: spegnerà un forno, e terrà acceso solo quello con il Pd.
Dovrà farlo anche perchè è quanto gli chiedono di fare Martina e Andrea Orlando, i due più attivi in queste ore a non indietreggiare sulla sfida dei temi lanciata dai grillini.
Poco, invece, preoccupano le intenzioni degli ex 5 Stelle, guidati alla Camera dal presidente del Potenza Calcio, Salvatore Caiata, che ieri affermava di voler «sentire le proposte di tutti», compreso il centrodestra, «senza pregiudizi».
Ma solo se e quando il centrodestra fallirà , solo quando Di Maio capirà che davvero Salvini non vuole rompere con Berlusconi, il corteggiamento a distanza con il Pd potrebbe diventare una vera trattativa.
Scenario che non dispiacerebbe a Sergio Mattarella, come tutti dicono a mezza bocca. Ma alla strategia del Capo dello Stato il M5S affida anche le ultime speranze di siglare il patto con la Lega sulle ceneri del centrodestra.
E non si augurano di meglio che Casellati come nome per il primo mandato esplorativo. Costringe il centrodestra a girare in cerca di voti, sapendo che alla fine si dovrà rassegnare di fronte ai no dei grillini.
Ma soprattutto è l’opzione giusta perchè scaccia (per il momento) l’altra, quella che Luigi Di Maio teme ancora: un mandato al presidente della Camera Roberto Fico, che potrebbe essere sfruttato dal Pd per rientrare in gioco, spiazzando il leader del M5S. «So che a molti, soprattutto tra i nostri ministri, piacerebbe di più il Pd…» ha confidato ai suoi collaboratori Di Maio, che invece in cuor suo sembra preferire Salvini.
Nè a lui nè ad altri del M5S è sfuggito l’assist di Fico al Pd sulla riforma delle carceri che necessita di un parere obbligatorio del Parlamento e che il presidente della Camera ha chiesto di trattare in commissione speciale come provvedimento d’urgenza, contrariamente a quello che avevano chiesto i 5 Stelle durante la capigruppo, votando con la Lega e contro il Pd.
Il primo a dichiarare apprezzamento è stato Orlando. Il primo a spaventarsi è stato Di Maio, convinto che i dem vogliano puntare su Fico per fargli rinunciare alla premiership.
(da “La Stampa”)
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