DOPO LE PROTESTE NO VAX, RECORD DI CONTAGI A TRIESTE
L’IMMUNOLOGO MINELLI: “PESANO ASSEMBRAMENTI, PERCENTUALE DI VACCINATI, MA ANCHE POLVERI SOTTILI DELL’AREA PORTUALE”
“La dimostrazione di ciò che la deriva antivaccinista può produrre arriva da Trieste, un fortino decaduto”. Così l’immunologo Mauro Minelli analizza con l’HuffPost quello che sta accadendo nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia su cui, dopo i giorni di fuoco delle proteste No Green Pass, ora pende la scure dell’incidenza Covid settimanale più alta d’Italia con 139 positivi ogni 100 mila abitanti.
Mentre la media nazionale è al di sotto dei 50 casi per 100 mila abitanti, rimanendo in Regione Udine e Gorizia si attestano a meno di un quarto del dato dei cugini triestini. Il dato del capoluogo friulano, da maglia nera, è raffrontabile soltanto con quello registrato a Vibo Valentia, in Calabria, dove l’incidenza è a quota 91.
“A Trieste non solo c’è solo l’incidenza dei contagi più alta del Paese: anche per quanto riguarda le vaccinazioni, rispetto all’ottima media italiana, la città presenta tassi poco incoraggianti”, ricorda Minelli, coordinatore per il Sud Italia della Fondazione per la Medicina personalizzata, riferendosi a una percentuale di triestini vaccinati con una dose pari a circa il 71% della popolazione contro la media nazionale che si attesta ormai sull′85%.
Non è un caso che Riccardo Riccardi, vicepresidente del Friuli Venezia Giulia con delega alla Salute, nei giorni scorsi abbia lanciato l’allarme per il capoluogo di Regione dicendo che “la crescita dei casi è simile a quella del mese di ottobre dell’anno scorso”.
Un ottobre che, in questo 2021, è stato caldissimo. Le ultime settimane ci hanno consegnato immagini delle strade e del porto di Trieste gremiti di persone e di lavoratori portuali che protestavano contro il Green Pass, uniti, non distanziati, impegnati a scandire slogan, a presidiare, chiedendo a gran voce “libertà di scelta” rispetto alla certificazione verde.
Così molti si domandano se sull’aumento dei casi di Covid-19 abbia pesato l’effetto cortei. Il professor Minelli risponde che “il rischio contagio purtroppo non esiste solo negli ambienti chiusi.
L’anno scorso è stato pubblicato un nostro studio condotto con epidemiologi e statistici dell’Università dell’Aquila che ha dimostrato come, in particolari aree e condizioni, anche all’esterno il rischio di contrarre il virus esista e non sia da sottovalutare.
Per esempio, in prossimità di agglomerati industriali, produttivi e con intensi traffici veicolari (e il porto di Trieste con i suoi intensissimi traffici navali certamente non è esente da questi rischi), dove è più elevata la concentrazione atmosferica di una particolare tipologia di polveri sottili (PM 2.5), il virus riesce a diffondersi e penetrare più facilmente”.
“A dimostrarlo è stata la stessa grande incidenza che il Covid-19 ha avuto all’inizio della pandemia nelle grandi aree industriali del Nord Italia. A questo va aggiunto il fatto che nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia sono venute meno le basilari misure anti-contagio con assembramenti, mancato distanziamento interpersonale, poche mascherine. Fattori a cui va aggiunta la presenza di persone non vaccinate. Tutti questi elementi hanno creato un habitat sfortunatamente ‘ideale’ per il virus”, spiega l’immunologo.
“Trieste deve essere un monito. I vaccini sono sicuri, gli ultimi dati Aifa lo ribadiscono: il vero pericolo per la salute è il Sars-Cov-2. E fatta eccezione per chi non può riceverlo a causa di particolari condizioni cliniche, è bene che tutti coloro che possono farlo si vaccinino, abbandonando l’idea del tampone quotidiano. Inoltre, dobbiamo evitare in Italia comportamenti che in Gran Bretagna hanno portato allo scenario attuale. Quindi anche le buone abitudini come il mantenimento della distanza interpersonale e le mascherine devono continuare ad essere nostre compagne per il prossimo inverno”, conclude l’esperto.
(da Huffingtonpost)
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