DRAGHI A MILANO INCONTRA AMMINISTRATORI DELEGATI E IMPRENDITORI E PARLA DA LEADER DELL’UE: “L’EUROPA PUÒ NEGOZIARE CON TRUMP, A PATTO DI FARLO CON UNA VOCE SOLA”
“PER ESEMPIO POTREBBE GARANTIRE IL LIVELLO DI SPESA PUBBLICA SULLA DIFESA CHE RICHIEDE TRUMP, E COSÌ ABBATTERE I DAZI” … IL MESSAGGIO ALLA POLITICA: “LA STRADA DELLA TECNOCRAZIA È FINITA, ORA L’UNICA STRADA È QUELLA DELLA DEMOCRAZIA”
«La strada della tecnocrazia è finita, è finita tanto tempo fa, è servita per fare l’avvio» all’Europa, dove ora «l’unica strada è quella della democrazia, e questa passa per il Parlamento europeo e per quelli nazionali»
Così Mario Draghi, intervenendo ieri al World business forum a Milano. L’idea di Unione, fa notare l’ex numero uno della Bce, è cambiata: un tempo mandare qualcuno nelle istituzioni europee «era un modo per pensionarlo, per premiarlo, tanti anni fa queste cose venivano viste così». Ora non più.
«E la difficoltà in cui si sta trovando questa Commissione dipende esclusivamente da chimiche di politiche nazionali: questo, per quanto renda complesso il processo europeo, è un segnale positivo», segno che ora l’Europa fa la differenza. «E per prendere grandi decisioni bisogna che i cittadini europei si riconoscano» nell’Ue.
Che cosa succederà all’Europa con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca? La domanda del momento da 1 milione di dollari è stata posta ieri a Mario Draghi, ex-presidente del consiglio ed ex-presidente della Bce, da una cinquantina di amministratori delegati, italiani e non, partecipanti al prestigioso appuntamento annuale milanese dell’Executive Lunch organizzato da Porsche Consulting.
Draghi ha focalizzato l’attenzione su una delle poche certezze sulle prossime mosse di Trump: i dazi. Per Draghi, non ci sono dubbi sul fatto che il nuovo presidente americano introdurrà dazi ai prodotti importati negli Usa dalla Cina e dall’Europa. Ma lo farà con una differenza sostanziale tra i due mercati, che consentirà alla Ue un qualche margine di manovra.
I dazi sui prodotti cinesi «saranno più alti e non saranno negoziabili» mentre secondo Draghi i dazi sui prodotti europei saranno più moderati di quelli imposti alla Cina e soprattutto «saranno negoziabili». L’Europa insomma avrà la possibilità di interagire, e sarà meglio se lo farà con una sola voce, con Trump.
«L’Europa per esempio potrebbe garantire il livello di spesa pubblica sulla difesa che richiede Trump, e così abbattere i dazi», ha ipotizzato Draghi, sottolineando il fatto che l’Europa – a differenza della Cina – potrebbe trovarsi nella posizione di poter rispondere […]: ma dovrà quindi essere pronta per saper agire.
L’Europa è molto più dipendente dagli Usa e dalla Cina di quanto questi due Paesi non lo siano nei confronti dell’Europa. Il Pil europeo dipende per il 50% dal commercio, mentre per Usa e Cina la percentuale si aggira sul 25%-30%. L’Europa dipende dagli Usa nel conflitto tra l’Ucraina e la Russia: l’80% degli aiuti all’Ucraina proviene dagli Stati Uniti
E gli Stati Uniti sono il primo partner commerciale della Ue, con un interscambio di beni superiore agli 800 miliardi di euro, e sono il primo o il secondo partner commerciale di molti Stati europei (per esempio la Germania).
Draghi ha poi ammonito che l’Europa deve imparare dai suoi errori per non ripeterli. Uno di questi, citato da esempio dall’ex-premier, è quello dei pannelli solari, un mercato che l’Europa ha oramai perso perché ora è dominato dalla Cina. Qual è stato l’errore
Mentre la Cina metteva qualsiasi tipo di sussidio e di incentivo sulla produzione di pannelli solari nel suo mercato domestico, l’Europa agiva sulla domanda. Che cosa è accaduto? Che i sussidi sulla domanda europea hanno aiutato i produttori cinesi, che erano già stati assistiti dal loro Stato.
Ebbene per Draghi è importante che in futuro l’Europa non ripeta lo stesso errore: «I sussidi vanno dati alla produzione, ai residenti in Europa», ha detto con vigore. A chi gli domandava come e dove indirizzare la politica industriale europea, in un momento di grandi sfide multiple, Draghi ha spiegato che in passato la politica industriale mirava a creare aziende-campioni (sbagliando malamente come è avvenuto per esempio con Ilva o Gioia Tauro).
«Ora la politica industriale si concentra su settori», ha detto, come per esempio l’high tech e lo spazio. E a questo riguardo, Draghi ha menzionato i successi di Elon Musk. E lo ha fatto non per contribuire all’acceso dibattito sui commenti sui giudici italiani del magnate che presto diventerà capo del dipartimento dell’Amministrazione Trump per la sburocratizzazione, ma per rimarcare che «Musk non è nato nel deserto».
Se Musk e le sue imprese sono un colosso nei campi dell’innovazione tecnologica e dello spazio è perché “molti anni fa la pianificazione della politica industriale Usa ha portato a questo».
E l’Europa dovrà fare altrettanto nei nuovi campi di sviluppo, come per esempio quello del data management: la politica industriale deve puntare allo sviluppo dei settori chiave del futuro.
Draghi qualche ora prima aveva parlato – a porte chiuse -della necessità di velocizzare la realizzazione dell’Unione del mercato dei capitali davanti alla platea del World Business Forum di Milano (una due-giorni di incontri e dibattiti dedicati alla comunità degli affari al Mico, la Fiera di Milano).
All’evento di Porsche Consulting l’ex presidente del Consiglio ed ex presidente Bce ha spiegato che negli Usa le aziende start-up hanno più possibilità di diventare grandi perché trovano i primi finanziatori che poi, come un trampolino di lancio finanziario, gli consentono di accedere ai mercati dei capitali: in Europa, ha detto, è più difficile questo “scale up”.
E poi ha chiarito di non essere «favorevole al gigantismo», come alcuni commentatori hanno sostenuto. Ma in Europa «siamo piccolini» ha rimarcato e queste nostre dimensioni non funzionano più, non sono più al passo con i tempi, perché attorno a noi, negli Usa e in Cina, prosperano i giganti.
(da agenzie)
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