DRAGHI E IL PARTITO DEL PNNR
IL SUO NOME POTREBBE RITORNARE DOPO LE ELEZIONI
No, Mario Draghi un lavoro non deve trovarselo da solo (se vuole). Meglio che resti a disposizione non tanto per il centro (che forse verrà) ma per quel “Partito del Pnnr”, che ha come primo teorico Bruno Tabacci.
D’altra parte, per gli strani paradossi della politica italiana può persino accadere che nel momento stesso in cui Draghi dichiara che non ha intenzione di mettersi in politica (esclusa la guida attuale del governo, evidentemente), si allarghi la fetta di chi è pronto a chiederglielo in maniera continua. Costruendo le condizioni “a sua insaputa”.
Dopo la conferenza stampa di venerdì, si è avuto un esempio di questo fenomeno. Non si parla di un partito per Draghi, ha chiarito Carlo Calenda. Ma casomai di immaginare che lui guidi una coalizione, dopo le elezioni, come “figura super partes”.
Ai costruttori del centro, alla ricerca di una federazione, con Matteo Renzi che nicchia e Pier Ferdinando Casini che sfugge, è toccato specificare che no, l’ex Bce non dovrebbe certo mettersi alla guida di tale eventuale esperimento. Ma che funzionerebbe come orizzonte, prospettiva, possibilità.
“Nessuno ha mai pensato a Mario Draghi come un leader, come un ritrovato Monti che scende in campo. Non credo la sua storia personale e professionale, l’approccio con cui è diventato presidente del Consiglio, possa portare a questo”, ha detto Giovanni Toti. Per poi però aggiungere: “Credo che dobbiamo adottare l’agenda, l’approccio del governo Draghi, la sobrietà e la capacità di agire”.
Clemente Mastella, viceversa, ci tiene a dire che lui a Draghi non aveva mai neanche pensato: “Il presidente del Consiglio ha risposto in maniera un po’ strana dicendo che lui ha eventualmente altri posti di lavoro, ma l’idea del centro per quanto mi riguarda non ipotecava Draghi come capolista o come federatore di quest’area”.
Fa un certo effetto, poi, sentire Antonio Tajani doversi difendere per aver ipotizzato un ruolo alla guida dell’Europa per il premier. “Uno schiaffo da Draghi? Mah, io non l’ho sentito. Da parte mia c’è stato un segno di rispetto e di attenzione. Dire che potrebbe essere il futuro presidente della Commissione europea o del Consiglio europeo mi sembra un attestato di stima”.
Ieri è arrivato pure il sondaggista. Mai alla guida di un partito o di una coalizione, Mario Draghi potrebbe rientrare in gioco per il Quirinale se Sergio Mattarella decidesse di lasciare prima, ha detto Renato Mannheimer.
Il tormentone, tra corteggiatori respinti e strateghi al lavoro, è partito. Nelle intenzioni di chi vede il premier a Palazzo Chigi anche dopo il 2023, la prima tappa è la legge elettorale proporzionale. Perché il premier non deve candidarsi, ma tornare in gioco dopo il voto.
Va detto che sulla possibilità di farlo il proporzionale, la dinamica già inizia ad assomigliare a quella dell’elezione del Capo dello Stato. Molto dipende dalla Lega. Sulle reali intenzioni di Matteo Salvini, nessuno scommetterebbe.
(da Il Fatto Quotidiano)
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