ENRICO MENTANA: “SU BRUSCA TUTTI SAPEVANO”
“L’IPOCRISIA DEI NOSTRI POLITICI: NON HANNO FATTO NULLA PER CAMBIARE QUELLA NORMA QUANDO ERANO AL GOVERNO E ORA FINGONO DI SCANDALIZZARSI”… MA QUELLA LEGGE SERVE
Vorrei fare una riflessione a freddo sul “caso” del ritorno in libertà di Giovanni Brusca. Si sa del clamore che ha suscitato, della valanga di reazioni sorprese e indignate. Queste reazioni sono comprensibili da parte di chi ne viene a conoscere la storia solo oggi (“feroce boss mafioso che uccise Falcone, fece strangolare e sciogliere nell’acido il figlio dodicenne di un pentito e si macchiò di centinaia di altri delitti torna libero dopo soli 25 anni”).
Ma sono inaccettabili da parte di TUTTI gli esponenti politici e gli “addetti ai lavori”, partecipi del patto con lo stesso Brusca e tutti i collaboratori di giustizia.
Giovanni Brusca fu arrestato nel 1996. Dopo quattro anni il Comitato del Servizio Centrale di Protezione gli conferì lo status di collaboratore di giustizia, su richiesta dei magistrati che indagavano su Cosa Nostra.
Era l’8 marzo del 2000. Tutte le istituzioni conoscevano la situazione, a cominciare dal governo D’Alema, dove erano ministri Sergio Mattarella, Enrico Letta, Pierluigi Bersani, dove c’era anche Dario Franceschini, e dove sottosegretario alla giustizia era un ex grande pm di Palermo, Giuseppe Ayala.
Poche settimane dopo Giuliano Amato prese il posto di D’Alema alla guida di un governo immutato, ma l’anno successivo a Palazzo Chigi tornò Silvio Berlusconi, con Gianfranco Fini, Umberto Bossi, Roberto Calderoli, Giancarlo Giorgetti, l’attuale presidente del senato Casellati nella squadra di governo.
Tutti conoscevano quello e altri “contratti” dello Stato con i pentiti delle organizzazioni mafiose.
Come non potevano non conoscerli coloro che ebbero di lì in poi responsabilità di governo, da Matteo Renzi a Giorgia Meloni, da Matteo Salvini, all’intero stato maggiore dei 5 stelle. Nessuno ha mai sollevato l’argomento, nessuno ha mai proposto modifiche alla legislazione sui pentiti, tutti sapevano che Brusca era vicino al “fine pena”.
E allora, per dirla tutta, le ipocrite reazioni dei giorni scorsi servivano solo al consueto scopo: entrare in sintonia con le reazioni dell’opinione pubblica, lisciare il pelo allo sconcerto non informato, fingendo sorpresa e indignazione, per elemosinare qualche consenso in più.
Il tutto dopo aver onorato, pochi giorni prima, la memoria di Falcone, che per primo aveva voluto quelle misure sui pentiti, l’arma vincente contro Cosa Nostra.
Enrico Mentana
(da agenzie)
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