EX TERRORISTI ARRESTATI IN FRANCIA, GIUSTIZIA SENZA VENDETTA
IN ATTESA DELL’ESTRADIZIONE GIUSTAMENTE SCARCERATI GLI EX TERRORISTI
I principali protagonisti degli Anni di Piombo hanno più o meno tutti, seppur con varie sfumature, bollato la cattura degli ex terroristi in Francia come “vendetta di Stato”. Sergio Segio, fondatore di Prima Linea ossia uno dei gruppi che negli anni 70 ha abbracciato la lotta armata, ha parlato di “volontà vendicativa postuma da parte delle istituzioni”.
Oreste Scalzone, cofondatore di Potere Operaio, è andato anche oltre: “Questa è più di una vendetta, ormai siamo alla damnatio memoriae”.
Quanto sia strumentale e partigiana questa posizione lo si è capito oggi, quando le agenzie hanno battuto la notizia che nessuno di questi ex terroristi, ormai avanti negli anni e alcuni anche malati, stasera passerà la notte in carcere.
Tutti e nove (il decimo è ancora latitante) dormiranno a casa, visto che la magistratura francese ha giustamente accordato loro vari gradi di libertà, dal semplice obbligo di firma ai domiciliari. E’ la prova regina che non c’è brama di vendetta ma sete di giustizia.
A chi stamattina si è ironicamente chiesto “E adesso che ve ne fate?”, si può rispondere senza ironia che intanto non li si manda in carcere. Sicuramente non lo farà la Francia, molto difficilmente lo farà l’Italia, chi per età e chi per malattia. Ed è giusto che sia così, si badi bene, anche perché non c’è nessuna esigenza di custodia cautelare visto che si sa chi sono, cosa hanno fatto e non c’è rischio di reiterazione del reato.
La giustizia francese ha infatti mostrato quella umanità che peraltro anche tanti parenti delle vittime, ormai a 40-50 anni dai fatti, condividono, a volte assieme a un altro sentimento tanto nobile quanto connesso all’amore e cioè il perdono. Il perdono che per esempio rivendica Gemma Capra, vedova del commissario Calabresi, che “non è una debolezza, ma una forza che ti fa volare alto”.
E quando non c’è il perdono c’è comunque spesso il sentimento di pietà, intesa come disposizione d’animo a sentirsi solidali con chi soffre. Qui ci viene in aiuto Mario Calabresi, figlio di Gemma e del commissario Luigi, che a caldo ha subito messo le cose in chiaro: “Sul piano personale, come mia madre e i miei fratelli, non riesco a provare alcuna soddisfazione, l’idea che un uomo anziano e molto malato vada in galera non è di alcun risarcimento per noi”.
Anche perché, come in questo caso, la giustizia non si può ridurre a brandello di carne da dare in pasto a un popolo affamato di rancore e odio. La giustizia invece è intrinsecamente l’idea di un mondo migliore, dove chi sbaglia è giusto che paghi, laddove la pena non è un fine ma uno strumento per capire e superare l’errore, o comunque è un modo per onorare il nostro contratto sociale. E i contratti si onorano sempre, anche dopo 40-50 anni. Pacta sunt servanda.
Così la stessa umanità che viene assicurata agli ex terroristi arrestati forse dovrebbe essere data in cambio da questi ultimi agli stessi familiari delle vittime, e più in generale all’intera comunità nazionale, con un semplice gesto, quello della verità.
Una verità parziale ovviamente, nel senso di parte, su quello che avvenne davvero in quegli anni, e in quanto tale ovviamente né esaustiva né oggettiva, ma fondamentale per poi arrivare prima o poi a una verità di categoria superiore, quella con la v maiuscola, la verità storica. Perché solo allora si potrà chiudere una stagione di contrapposizione frontale in una reale riconciliazione nazionale, in cui a dominare finalmente sarà la pietas, stavolta intesa in senso latino ovvero quella virtù, considerata parte della giustizia, per cui si tributa la debita reverenza e rispetto ai congiunti, ai proprî concittadini e al proprio prossimo in generale.
(da “Huffingtonpost”)
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