FININVEST, LA SCURE DI MARINA: BASTA VILLE, AEREI E SFIZI DI PAPA’
LA HOLDING DI BERLUSCONI NON HA VENDUTO SOLO IL MILAN, MA ANCHE YACHT, CAMPI DA GOLF E CINEMA… E PREMIUM AFFONDA IL BILANCIO DI MEDIASET
Basta sprechi e sfizi. La vecchia Fininvest targata Silvio Berlusconi — fatta di ville da mille e una notte, yacht ai Caraibi e milioni buttati nel calcio — è finita.
L’ex-Cav può continuare ad occuparsi di politica e agnelli pasquali. Ad Arcore è iniziata l’era di Marina.
Parola d’ordine: niente soldi gettati al vento. Linea strategica: tagliare i rami secchi — ultimo il Milan – e concentrare il Biscione sui business storici e più redditizi.
Con un unico dubbio: da che parte mettere Mediaset, dopo il rosso da 300 milioni aperto nei conti dalla guerra con Vivendi.
La rivoluzione “morbida” della primogenita è partita da un paio d’anni con il turbo: la scure dell’austerity è caduta sulla flotta di famiglia e sulla Berlusconi Airlines.
A dieta sono finiti golf e residenze di papà . E la dote del new deal – quasi 700 milioni di liquidità — è davanti a un bivio: diventare l’arsenale per difendere Pier Silvio dall’assalto di Vincent Bollorè («un cannibale della finanza», dice sobria la sorella maggiore) o il tesoretto per garantire dividendi — il vero collante di famiglia – ai piani alti dell’impero.
Dove Barbara, Eleonora e Luigi seguono con un filo d’apprensione il braccio di ferro di Cologno con i francesi
La spending review di Marina non ha risparmiato nessuno degli optional accumulati negli anni d’oro da Silvio.
L’addio ai rossoneri – costati 150 milioni solo nel 2015 – è solo l’ultimo capitolo.
Il Morning Glory, trialberi a vela da 48 mt. battente bandiera delle Bermuda, è stato liquidato con una perdita di 3,8 milioni.
Un jet è stato venduto, un altro è stato pensionato dopo un incidente tecnico incassando i soldi dell’assicurazione (1,35 milioni).
Il nuovo Gulfstream 450, l’ammiraglia volante di Arcore, è stato comprato dividendo i costi con i Gavio.
All’asta sono finiti il golf di Tolcinasco e un paio di cinema a reddito zero.
E persino nell’immobiliare – primo amore di famiglia — è tornato a prevalere il realismo: Villa Gernetto, la residenza comprata dall’ex-Cav. per farne un’università con insegnanti come Bill Clinton e Tony Blair, è stata declassata a bene in vendita dove si fanno solo «investimenti per il consolidamento statico».
Buono al massimo – in attesa di un compratore e degli illustri ospiti internazionali – per un meeting dei “seniores” ultra65enni di Forza Italia.
Eliminate le palle al piede mangia-soldi, Fininvest ha dato una lucidata all’argenteria di famiglia: arrotondando la quota in Mondadori, spendendo 150 milioni per salire al 39% di Mediaset e arginare Bollorè e puntando nel mattone sull’Immobiliare Leonardo.
Non la solita villa a 5 stelle, ma 180mila mq. di cemento a Basiglio che grazie a un aiutino della Regione Lombardia potrebbero essere edificati tra breve.
Il vero problema di Marina è adesso un altro: il rischio che nella lista delle palle al piede possa entrare Mediaset, il regno del fratello Pier Silvio.
Lui, solo 12 mesi fa, sembrava essere riuscito a fare il miracolo: cedere a Vivendi — e pure a caro prezzo – Premium.
Un’avventura nata «per evitare che Sky creasse un monopolio in Italia» — come dice l’ad del gruppo – ma diventata strada facendo un incubo. Il pareggio operativo, previsto nel 2011, non è mai arrivato. Le perdite accumulate non sono lontane dal miliardo.
E i 700 milioni spesi per aggiudicarsi la Champions, invece che salvare la barca, l’hanno affondata. L’assegno staccato dai francesi aveva risolto il problema.
Ora il loro voltafaccia l’ha aggravato, riaprendo la dialettica familiare ad Arcore su come utilizzare la liquidità del Biscione.
E Silvio? Lui è sfuggito all’austerity. Un po’ dei suoi sfizi, Villa Certosa in primis, sono fuori da Fininvest. Nessun blitz, per dire, è previsto in Costa Smeralda. Anzi. L’ex premier ha appena fatto richiesta al Comune di Olbia per costruire – vicino al vulcano artificiale – una «struttura amovibile in legno per attività ludica».
Di cosa si tratti, lo scopriremo la prossima estate.
(da “la Repubblica”)
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