GIUSEPPE PREZZOLINI: “L’ITALIA VA AVANTI PERCHE’ CI SONO I FESSI”
L’INTELLETTUALE CHE HA MESSO A NUDO; AMANDO E DISPREZZANDO, LA NOSTRA ITALIANITA’
“L’Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono”.
Giuseppe Prezzolini, nato a Perugia il 27 gennaio del 1882, era un intellettuale di quelli che non hanno paura di raccontare la realtà per come la vedono, senza bisogno di conformarsi alle visioni e alle interpretazioni condivise dai più. Una qualità che ha caratterizzato tutta la sua carriera di intellettuale, scrittore ed editore prima e di docente poi.
La dualità che divide tutti gli italiani – ed ogni italiano – in furbi e fessi è storica. “Non c’è una definizione di fesso. Però: se uno paga il biglietto intero in ferrovia; non entra gratis a teatro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente sulla magistratura, nella pubblica istruzione, ecc.; dichiara all’agente delle imposte il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci, ecc. – questi è un fesso”.
“Prezzolini è stato uno dei personaggi più significativi della cultura contemporanea del nostro Paese. Ha incarnato una costante esigenza critica e scettica in un mondo di cultura sempre più tendente al conformismo e all’ortodossia” disse di lui Giovanni Spadolini, storico, giornalista e politico.
Nato a Perugia ma giramondo per natura e necessità (il padre era un prefetto e spesso doveva cambiare città), Prezzolini sviluppò un’intelligenza sottile e pungente che lo avvicinò alla filosofia idealistica di Benedetto Croce. Anche grazie a questa influenza, nel 1908 fondò (e diresse con interruzioni fino al 1914) il settimanale La Voce, una delle esperienze editoriali più rivoluzionarie del Novecento. Spregiudicata nelle battaglie culturale, vivacemente polemica rispetto al conformismo italiano di quegli anni.
Diviso tra l’ammirazione per Mussolini e il rifiuto dei metodi fascisti, con l’ascesa del Duce Prezzolini si allontanò dall’Italia e, dopo alcuni anni a Parigi, si stabilì a New York trovando impiego come professore alla Columbia University.
Nel 1968 si trasferisce a Lugano perché “non sopporta la burocrazia, la corruzione, la furbizia, la scioperomania della classe politica”. Nel 1982, come regalo per i 100 anni, Prezzolini ricevette dal capo dello Stato Sandro Pertini la “Penna d’oro”. A lato della cerimonia, pare che scherzando disse a Montanelli “se vado in bolletta, la vendo”.
Non ebbe il tempo: il 14 luglio dello stesso anno morì nella sua casa in Svizzera.
(da Il Giorno)
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