GIUSTIZIA, IL DIKTAT DI BERLUSCONI: LA PRESCRIZIONE NON SI TOCCA
FORZA ITALIA E NCD SI IMPONGONO PER BLOCCARE LA RIFORMA DEL MINISTRO ORLANDO
Il 29 agosto dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri la riforma della giustizia promessa da Matteo Renzi, ma sui temi più delicati l’accordo è ancora lontano.
Non a caso negli ultimi giorni il premier ha focalizzato i suoi tweet sulla giustizia civile, tacendo sul resto: intercettazioni telefoniche, responsabilità civile dei magistrati, nuovo Csm.
E, soprattutto, la prescrizione, che per come è architettata ora porta a una cifra record di procedimenti penali cancellati in corsa, soprattutto per i reati dei colletti bianchi e degli amministratori pubblici.
Nel 2012, in Italia sono stati dichiarati prescritti 113 mila procedimenti penali, il 7% di quelli conclusi.
Di questi, 39 mila sono defunti durante il processo di primo o di secondo grado, con un evidente spreco di risorse — già all’osso — della macchina giudiziaria.
Il 13,7% dei processi prescritti in Cassazione ha riguardato i reati contro la Pubblica amministrazione .
Una nota dolente che è costata all’Italia numerosi richiami dall’Unione europea, rimasti finora lettera morta.
Ogni riforma tesa a prolungare i tempi di “scadenza” dei reati, infatti, è vista come fumo negli occhi dal centrodestraberlusconiano-alfaniano.
Nel 2012, in piena emergenza economica, Silvio Berlusconi minacciò addirittura di far cadere il governo Monti se avesse osato farlo.
Nulla è cambiato: anche stavolta, l’ex premier Berlusconi, insieme a Ncd, si è fatto sentire con il ministro Orlando per bloccare il processo di riforma.
Ora la patata bollente passa nelle mani di Renzi, che al momento naviga a vista. Eppure in altri Stati indubbiamente di diritto, esistono meccanismi semplici e lineari che garantiscono tanto il cittadino incriminato quanto l’interesse pubblico di concludere un processo.
I nostri parlamentari li conoscono, dato che sono elencati in un dossier dell’Ufficio studi della Camera pubblicato il 26 maggio.
Ma forse sono troppo semplici per diventare oggetto di intese più o meno larghe.
In Francia il termine per perseguire i reati più gravi è di dieci anni, ma “può essere interrotto da qualsiasi atto di istruzione e di azione giudiziaria”.
E ogni volta il cronometro torna a zero: la prescrizione arriva perciò dieci anni dopo l’ultimo intervento delle toghe.
In Germania il limite massimo, comprese le interruzioni, arriva al doppio dei termini originari: se un reato si cancella in dieci anni, una volta avviata l’indagine la giustizia ne ha a disposizione ben 20.
Il dossier della Camera ricorda un’altra norma tedesca che difficilmente troverà cittadinanza nella riforma Renzi-Alfano: per reati compiuti da membri del Parlamento federale, la prescrizione scorre non da quando è stato commesso il reato, come in Italia, ma “dal momento in cui viene avviato il procedimento”.
E nel Regno Unito? Nella patria dell’Habeas corpus la prescrizione non esiste.
Limiti all’inizio di un’azione penale sono posti solo per i reati più lievi, mentre per i più gravi “non sussistono”, e comunque è il giudice che valuta caso per caso “l’interesse pubblico”.
In Spagna, semplicemente, il tempo si congela per tutta la durata del processo.
Nessun sistema, tra quelli citati, contiene alchimie simili a quella della nostra legge ex Cirielli: anche in Italia la prescrizione è interrotta dagli atti dell’autorità giudiziaria, ma la norma approvata sotto il governo Berlusconi impone che per i non recidivi (la stragrande maggioranza dei politici e dei colletti bianchi) non possa comunque superare il tempo fissato dalla legge aumentato di un quarto.
Così anche chi sa di essere colpevole tira il processo più in lungo possibile, sperando nel colpo di spugna, invece di accettare subito le pene più lievi garantite dai riti alternativi.
“La nostra è un’anomalia assoluta, ma non è piovuta dal cielo”, commenta Alberto Vannucci, direttore del Master in analisi della criminalità organizzata e della corruzione dell’Università di Pisa.
“Il legislatore ha fatto una manovra a tenaglia per ostacolare la punizione dei corrotti. Da un lato la legge Cirielli, dall’altro una serie di intoppi procedurali che allungano i processi. Tutti provvedimenti adottati da Mani pulite in poi con consenso bipartisan, anche se il centrodestra ci ha messo indubbiamente più passione.
Risultato: gli studi dicono che in Italia sono prescritti circa il 10% degli inquisiti per corruzione, mentre negli altri Paesi dell’Unione europea non si va oltre il 2%”.
Mario Portanova
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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