GLI IMMOBILI FANTASMA DI AN: IL “TESORETTO” SI SVALUTA E NON RENDE
DI NUOVO POLEMICHE SULLA GESTIONE DEL FONDO DA PARTE DELLA FONDAZIONE AN
Torna a far discutere il «tesoro» di Alleanza Nazionale, gestito dalla Fondazione An dopo lo scioglimento del partito nel Pdl.
Si tratta di un patrimonio di oltre 150 milioni di euro tra liquidità (55 milioni dai rimborsi elettorali) e beni immobili, del valore di un altro centinaio di milioni.
Negli ultimi anni, complici anche alcune grane giudiziarie ancora in via di risoluzione, il patrimonio è rimasto di fatto bloccato, se si eccettua l’organizzazione di alcune iniziative andate in scena nelle ultime settimane per commemorare la figura di Giorgio Almirante a cento anni dalla sua nascita.
La situazione sembrava essersi sbloccata nel luglio 2013, quando il CdA della Fondazione decise di emettere due bandi per utilizzare finalmente parte del patrimonio.
Da un lato si mettevano in palio poco più di un milione di euro – frutto degli interessi maturati relativamente alla parte «liquida» – per progetti inerenti l’ambito culturale «di destra». In secondo luogo, si offriva a varie associazioni – sempre riconducibili all’area politica della vecchia Alleanza Nazionale – la possibilità di affittare una settantina degli immobili di proprietà della Fondazione.
Un sistema che, tra l’altro, avrebbe permesso all’ente anche di far fruttare economicamente un patrimonio che, altrimenti, avrebbe costituito esclusivamente un costo in termini di imposte.
Nonostante i bandi indicassero termini perentori – entro il 30 settembre dovevano pervenire le varie proposte e poi una commissione apposita le avrebbe valutate – nel corso dei mesi non se ne è più parlato.
Almeno fino allo scorso aprile, quando il cda della Fondazione ha deciso di annullare entrambe le iniziative.
Spiegando la scelta con le incognite giuridiche generate dalla nuova legge sul finanziamento ai partiti.
«A seguito dell’entrata in vigore della Legge n.13/2014 – si leggeva nel comunicato ufficiale della Fondazione – si è reso necessario procedere a un riesame completo del lavoro di selezione dei progetti / domande, già svolto dalle rispettive Commissioni competenti, onde evitare possibili violazioni di legge».
Il «riesame completo» finora non è ancora stato completato.
Tanto che nel CdA della Fondazione svoltosi giovedì di tutto si è parlato – compreso l’eventuale rilancio del Secolo d’Italia on line – tranne che degli immobili.
Al punto che Maurizio Gasparri, membro dello stesso CdA, ieri ha preso carta e penna e ha scritto una lettera agli altri consiglieri per chiedere quali siano le reali intenzioni della Fondazione riguardo la gestione di un patrimonio finito da troppo tempo in un «limbo» inspiegabile.
«Sono diverse riunioni del Consiglio d’Amministrazione della Fondazione che chiedo lumi sulla gestione del patriomonio immobiliare di proprietà della Fondazione stessa» scrive il vicepresidente del Senato.
«Dopo le numerose richieste – prosegue – al CdA del 12 giugno scorso mi è stata consegnata solamente una relazione stringata sulla gestione di una sola società immobiliare. Da tre anni, i bilanci vengono chiusi con forti perdite. In virtù di questa situazione alquanto confusa chiedo di effettuare una riunione del CdA della Fondazione con all’ordine del giorno l’analisi, immobile per immobile, di tutto il patrimonio, per poter individuare in che stato si trova, chi ne è in possesso, i costi annuali, le potenzialità reddituali».
«Nella stessa riunione del CdA – scrive ancora Gasparri – si dovrà anche discutere e prendere una decisione sulla strategia di gestione del patrimonio al fine di evitare ulteriori perdite d’esercizio causate dal ritardo della messa a reddito degli immobili». «Tutto ciò – la conclusione del senatore di Forza Italia – anche al fine di evitare responsabilità degli amministratori delle società immobiliari nonchè dei membri del CdA della Fondazione».
Peraltro, alcuni degli immobili citati nel bando risulterebbero «occupati» senza che alla Fondazione sia corrisposto alcun affitto.
È il caso, ad esempio, dei 12 vani di via Paisiello 40, a Roma, nei quali Francesco Storace ha aperto la sede del suo Giornale d’Italia .
Per questo immobile, però, è stato già avviato un confronto con la Fondazione che potrebbe portare presto alla stipula di un regolare contratto d’affitto.
Carlantonio Solimene
(da “il Tempo”)
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