HABEMUS NOMINE! ALL’ENEL COLPO DI SCENA, PAOLO SCARONI PRESIDENTE E FLAVIO CATTANEO AD (CHE SARANNO ALLE PRESE CON LA GESTIONE DEL MAXI-DEBITO DA 80 MILIARDI)
A TERNA FUORI IL COCCO DELLA MELONI, STEFANO DONNARUMMA, DENTRO IL LEGHISTA IGOR DE BIASIO COME PRESIDENTE E GIUSEPPINA DI FOGGIA AD … ALLE POSTE MATTEO DEL FANTE CONFERMATO AMMINISTRATO DELEGATO E PRESIDENTE SILVIA ROVERE IN QUOTA FAZZOLARI… ALL’ENI CONFERMATISSIMO CLAUDIO DESCALZI AD E GIUSEPPE ZAFARANA VA ALLA PRESIDENZA – A LEONARDO LA SPUNTA IL TANDEM ROBERTO CINGOLANI (AD) E, IN QUOTA CROSETTO, STEFANO PONTECORVO (PRESIDENTE)
Il decisionismo da Marchese del Grillo di Giorgia Meloni (“io sono io e voi non siete un cazzo”) esce un po’ ammaccato dalla partita delle nomine. Ha dovuto accettare che la politica è mediazione, trattativa, sangue e merda. Se nelle scorse settimane aveva ostentato un cipiglio autoritario, indisponibile a ogni mediazione, alla fine ha ingranato la retromarcia per accontentare i suoi alleati, Lega e Forza Italia.
Dopo aver passato gli ultimi sei mesi a strombazzare il nome di Stefano Donnarumma come ad in pectore di Enel, la Ducetta s’è dovuta sciroppare Paolo Scaroni (in quota Forza Italia) come presidente e Flavio Cattaneo (in quota Lega) come amministratore delegato.
Appena partito per Washington quel semolino del ministro dell’Economia Giorgetti, i due volponi della politica Salvini e Gianni Letta hanno obbligato Donna Giorgia a scendere a miti consigli.
Un passo indietro obbligato per tenere unita la coalizione ed evitare malumori e pericolose spaccature. In Terna ha dovuto silurare il suo amatissimo Stefano Donnarumma per fare spazio a Giuseppina Di Foggia come ad e al leghista Igor De Blasio come presidente.
Non che alla premier sia andata così male: ha portato a casa la riconferma del suo adorato Claudio Descalzi in Eni, di Matteo Del Fante in Poste. Inoltre ha piazzato il geniale ma vanesio Roberto Cingolani come ad di Leonardo, in barba ai desiderata del ministro della Difesa Crosetto, che avrebbe preferito Lorenzo Mariani.
La “scossa” presa su Enel può essere utile per Giorgia Meloni. La postura autoritaria assunta negli ultimi tempi, con un atteggiamento sempre più insofferente verso critiche e dissenso, le sta alienando simpatie e consensi. Persino nel suo stesso partito. Forse insufflata di lodi dal suo stesso cerchio magico, che la idolatra come una novella Giovanna d’Arco, Donna Giorgia s’era convinta a puntare tutto su un blitz di Pasqua per decidere in solitaria a chi affidare le poltrone più importanti delle partecipate di Stato.
L’argine imposto da Lega e Forza Italia, che ha portato alla nomina del tandem Scaroni-Cattaneo, è un dato politico significativo: obbliga la Meloni a un bagno di realpolitik. Non può decidere tutto da sola: l’attività di governo, soprattutto in un sistema frastagliato e instabile come quello italiano, è soprattutto mediazione e compromesso. Con gli alleati non si guerreggia, si tratta. Anche perché, al di là di ogni velleità di comando, contano i numeri in Parlamento: senza Lega e Forza Italia, Fratelli d’Italia non governa.
Certo, le nomine in Enel sono come i peperoni a cena: pesanti da digerire. Paolo Scaroni non è amato da Claudio Descalzi, di cui è stato capo in Eni, non eccita il Quirinale, ha alle spalle un consolidato rapporto con la Russia che oggi suona piuttosto ingombrante.
(da Dagoreport)
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