I PIEDI DI ARGILLA DI LEGA E M5S
LA LOTTA PER LA LEADERSHIP DI DUE CANDIDATI CON UN ELETTORATO VOLUBILE, RENZI INSEGNA
Non c’è stata alcuna luna di miele dopo il tormentato matrimonio tra i Cinquestelle e Lega perchè l’incompatibilità di carattere s’è palesata quasi subito, in occasione del respingimento della nave Aquarius e dell’inchiesta sullo stadio della Roma.
Il dissidio non si basa su inconciliabili letture dei fatti di questi giorni, del tipo i grillini contro e i salviniani a favore della linea più intransigente nei confronti dei migranti, oppure i primi in difesa e gli altri critici della giunta Raggi.
No: a minare in profondità il governo pentaleghista è la lotta per la leadership, dalla quale è peraltro escluso Giuseppe Conte, l’unico che istituzionalmente avrebbe il diritto a pretenderla.
Non c’è altro dietro il fuoco d’artificio di definizioni, frasi a effetto e hashtag forgiati e diffusi da Matteo Salvini, Luigi Di Maio ed epigoni, tutti prolifici, fantasiosi, talvolta inconsapevoli copy, come si usa appellare quanti si guadagnano da vivere inventando slogan.
L’elenco di parole, neologismi e locuzioni a loro attribuiti di recente è forzatamente incompleto: “è finita la pacchia” (Salvini sugli immigrati) e #chiudiamoiporti (idem), “l’abbiamo premiato per il lavoro fatto” (Di Maio su Luca Lanzalone, il superconsulente del Movimento 5 Stelle, poi arrestato per fatti corruttivi, al quale la giunta romana affidò per riconoscenza la presidenza della municipalizzata Acea che prevede un compenso di 240mila euro l’anno) e “finchè non arriveranno le scuse noi non indietreggiamo” (Di Maio, con piglio mussoliniano, sulle affermazioni offensive del presidente francese Macron all’indirizzo degli italiani) e “me l’hanno imposto” (la sindaca Virginia Raggi riferendosi ancora a Lanzalone, planato a suo tempo sul Campidoglio per volontà , dice ora lei, di Beppe Grillo e dei neoministri Alfonso Bonafede e Adriano Fraccaro).
Il segretario della Lega e il capo politico del Movimento 5 Stelle si muovono con obiettivi a breve diversi se non addirittura opposti.
Salvini sforna annunci ad alto ritorno d’immagine ed è premiato dalla maggioranza degli italiani che plaude al divieto alle navi delle Ong di attraccare ovunque, da Pozzallo a Trieste.
Le reazioni pubbliche di Di Maio e dei più noti esponenti del Movimento 5 Stelle appaiono invece mosse difensive nel tentativo di salvare la credibilità del partito dell'”onestà , onestà ” minata dallo scandalo romano, in attesa che la tempesta mediatico-giudiziaria si plachi.
Poichè i sondaggi danno ormai i potenziali voti per la Lega appena sotto quelli per i pentastellati, non c’è da illudersi che la campagna elettorale portata avanti dai due gruppi dal 2013 possa concludersi quando si passerà all’ordinaria amministrazione governativa. Non accadrà .
A emergenza seguirà emergenza, a nemico seguirà nemico (l’Unione Europea, i profughi, la Germania, l’euro), fino allo scontro finale Lega vs. M5S, una sorta di sfida all’O.K. Corral dalla quale, nelle rispettive attese, uscirà un solo vincitore.
La politica, però, non si lascia piegare dalle arroganze dei capi e dalle analisi dei loro consiglieri, come le recenti vicende italiane dovrebbero aver insegnato, e invece non accade.
Quattro anni fa, sull’onda del 41 per cento ottenuto alle europee, Matteo Renzi si convinse d’aver ipotecato almeno un decennio di politica nazionale e si comportò di conseguenza, mostrando scarsa o nulla capacità di ascolto: si crearono così le condizioni per le batoste del referendum del 4 dicembre 2016 e delle elezioni del 4 marzo scorso.
Analogamente, il consenso di cui gode adesso Salvini non è talmente saldo da resistere nel caso la flat tax non si concretizzasse nel giro di qualche mese: Trump ha dovuto mantenere un’analoga promessa elettorale dopo un anno dall’insediamento alla Casa Bianca, quando s’accorse che il suo consenso andava rapidamente erodendosi. I piedi di argilla di Lega e Cinquestelle poggiano sulla volatilità dei loro elettorati.
Solo flat tax e reddito di cittadinanza potrebbero rafforzarli, ma per introdurli non bastano gli slogan.
(da “Huffingtonpost”)
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