IL FEDERALISMO DEI TAMPONI
LE REGIONI CHE FANNO APPOSTA POCHI TEST PER IL CORONAVIRUS
Il Corriere della Sera pubblica oggi un grafico che permette di valutare l’attuale livello di ricerca del virus delle Regioni, elaborato dagli esperti della Fondazione Gimbe.
Il periodo di riferimento è tra il 22 aprile e il 20 maggio, il passaggio dal lockdown alla «Fase 2».
Tre dati sono importanti: quanti tamponi «diagnostici» al giorno ogni 100 mila abitanti (i tamponi «diagnostici» sono i primi, quelli che servono a scoprire se una persona è infetta o no, escludendo i successivi di controllo); quanti «positivi» vengono scoperti (sempre per 100 mila abitanti), e infine la percentuale di tamponi «positivi» sul totale.
Incrociando i dati, le Regioni vengono collocate in quadranti: il primo è quello delle più virtuose, con numero di tamponi sopra la media italiana e numero di nuovi malati ben sotto la media. Tradotto: quelle Regioni cercano tanto il virus e lo trovano poco, dunque la bassa circolazione del Covid 19 è in qualche modo garantita da una vasta lente di ricerca.
Umbria e Basilicata, ad esempio, nel periodo di riferimento hanno fatto 2.700-2.800 tamponi e hanno trovato solo 8«positivi» (sempre su 100mila abitanti).
Nel secondo quadrante si posizionano invece le Regioni con tamponi sotto la media ma anche «positivi» sotto la media: trovano pochi malati, ma li cercano anche poco. Dunque, può restare il dubbio che circoli più virus di quello che viene intercettato. Puglia e Campania, ad esempio, hanno scoperto solo 19 e 10«positivi» per 100mila abitanti, tra il 22 aprile e il 20 maggio, ma hanno fatto anche meno di 600 tamponi.
Fare pochi tamponi potrebbe essere una strategia opportunistica (e rischiosa): tenere il numero di casi ufficiali basso e non andare a cercare gli asintomatici, col pericolo che poi il sommerso riemerga in ospedale, all’improvviso, coi ricoveri.
Dunque il vero tema è: quali Regioni stanno cercando il virus in maniera approfondita ed efficace?
Per certe Regioni come la Lombardia con un elevato numero di casi, il tracciamento dei contatti dei «positivi» può diventare problematico ma per uno screening profondo e capillare non c’è altra strada.
Nel terzo quadrante (il quarto è vuoto), si trovano Piemonte e Lombardia, più la Liguria e l’Emilia-Romagna, che fanno tamponi in media col resto d’Italia ma trovano più «positivi». «Vista l’incidenza dei nuovi casi, è auspicabile – ribadisce Cartabellotta – che queste Regioni aumentino la propria capacità di effettuare tamponi».
(da agenzie)
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