IL MIRACOLO DI SANGIULIANO: LA MOLTIPLICAZIONE DELLE POLTRONE: IL NUOVO DECRETO DI RIORGANIZZAZIONE DEI MUSEI ITALIANI, VOLUTO DA GENNY, PORTA A 60 IL NUMERO DEGLI “ISTITUTI AUTONOMI” (16 PIÙ DI PRIMA), CON CONSEGUENTE AUMENTO DEI “SUPER DIRETTORI” CON SUPER STIPENDI
L’ELENCO LASCIA PERPLESSI I TECNICI: DIVENTANO “AUTONOMI” MUSEI CHE NON HANNO NESSUNA POSSIBILITÀ DI SOSTENERSI DA SOLI
Ricordate i 20 “super direttori” creati da Dario Franceschini nell’ormai lontano 2016, chiamati a dirigere i 20 maggiori musei italiani – dopo una veloce selezione per titoli e colloquio, e una seguente nomina fiduciaria del ministro – con uno stipendio più che triplicato rispetto a quello dei loro predecessori? Otto anni e cinque riforme ministeriali dopo, i “super direttori” sono diventati 60, alcuni dirigono un museo, altri ne dirigono 15, e nessuno pare più in grado di spiegarsi il perché.
L’ultima novità venerdì, quando è arrivato agli uffici del ministero il nuovo decreto di riorganizzazione dei musei italiani: contiene la lista dei musei statali redistribuiti tra i 60 nuovi “istituti autonomi” (16 più di prima, il triplo di quelli esistenti nel 2016) creati dal ministro Gennaro Sangiuliano.
Un elenco che ha lasciato perplesso più di un tecnico, sia per quanto riguarda gli istituti che sono stati dotati di autonomia (cioè di un proprio bilancio a parte, e di direttore con maxi-stipendio), sia per quanto riguarda i luoghi assegnati a ciascun direttore/istituto.
Tra i musei di primo livello (quello di Uffizi e Colosseo, con direttore meglio pagato), fa la sua apparizione il “Vittoriano e Palazzo Venezia”; la Galleria dell’Accademia di Firenze avrà un direttore in comune con il Museo del Bargello
Diventano “autonomi” poi gruppi di istituti che non hanno nessuna possibilità di sostenersi da soli, come le “Ville nazionali della Tuscia”, i “Musei nazionali di Lucca”, i Musei archeologici di Gabii e Palestrina, i “Musei nazionali di Capri”, i “Musei nazionali di Melfi e Venosa”. Per chiedere fondi, non esistendo sistemi automatici di redistribuzione tra grandi e piccoli, si dovrà sempre battere cassa dal ministro o dal dirigente preposto.
Per il resto, la ristrutturazione appare molto spesso un vorticoso caos. Resta autonomo ad esempio il Museo nazionale dell’Arte digitale di Milano, che non ha una sede, né un cantiere, mentre non è autonomo il Cenacolo Vinciano, che conta 400 mila visitatori l’anno.
Da una parte, i musei della Liguria, delle Marche, del Molise, dell ’Umbria, avranno un unico direttore per tutti. Dall’altra, da Viterbo a Lucca, dall’Emilia alla Campania, si moltiplicano gli incarichi fiduciari, spesso divisi per città o cittadine.
Difficile spiegare questo vortice se non con gli equilibri interni: molti dei dirigenti più fidati nominati dal dg musei Massimo Osanna, sui cui pende un’indagine Anac per potenziale conflitto di interessi, vedono, ad esempio, ampliarsi il numero di istituti sotto il loro controllo.
Si prospettano mal di testa anche per l’utenza. L’istituto “Musei Nazionali di Siena”, ad esempio, non comprenderà i musei di Chiusi (Siena). I “Musei archeologici nazionali di Venezia e della Laguna” non comprendono il museo archeologico di Portogruaro (Venezia), ma comprendono Palazzo Grimani, che non è un museo archeologico.
Commovente la così nominata “direzione musei statali di Roma”, che farebbe pensare a un ufficio che gestisce i musei statali di Roma, e in realtà rimasta con la direzione delle sole case museo Praz, Andresen, Boncompagni Ludovisi. Abbiamo chiesto al ministro un commento sui criteri della nuova organizzazione e sul fatto che alcuni dirigenti vedranno ampliare la propria sfera di competenza, senza risposta.
(da il Fatto Quotidiano)
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