IL NEORELATORE IN GIUNTA, DARIO STEFANO: “VOTO PALESE COME PER PREVITI”
AUSPICA UN ACCORDO TRA I GRUPPI PER CONSENTIRE UNA DEROGA AL REGOLAMENTO
«Sì al voto palese in aula ». Come si decise per Previti nel 2007, anche se lui si presentava dimissionario. Lo dice Dario Stefà no, il presidente della giunta per le elezioni del Senato, a poche ore dalla auto-nomina a relatore sull’affaire Berlusconi. Che esprime «massimo rispetto per le decisioni della magistratura», visto che «siamo in uno Stato di diritto»
Che succede con lei, uomo di Sel, come relatore? Una svolta a sinistra? Vendola al potere? Una nuova minaccia per Berlusconi?
«Magari fosse così semplice. Una cosa è la battaglia politica, che mi vede impegnato tutti i giorni in Senato, in piena sintonia col partito e il nostro elettorato, altro è un compito istituzionale, che deve restare scevro da condizionamenti politici».
Perchè si è auto scelto?
«Ci ho riflettuto a lungo, pur avendo ricevuto molteplici sollecitazioni. È consuetudine che il presidente riferisca direttamente sul caso, per cui mi sono convinto che la soluzione più istituzionale fosse quella di assumere questo ruolo. Sarà più facile riuscire a mantenere sereno il confronto, ma pure sottrarlo a eventuali dinamiche di governo».
In giunta c’è una maggioranza “diversa”, Pd-M5S-Sel-Sc. Il governoregge?
“Dovrebbe dirlo chi lo sostiene. Sotto il profilo costituzionale, non c’è alcun nesso tra la procedura in giunta e i meccanismi fiduciari dell’esecutivo. Per dirla fuori dalle formule: se pure il governo dovesse cadere domattina, la procedura della giunta — per legge — non si arresterebbe».
La giunta lavora ma tutti pensano al voto segreto in aula. Lei che ci dice? Berlusconi compra o non compra?
«Guardi, a costo di sembrarle ingenuo, continuo a credere alla solidità di una convinzione che ogni senatore dovrebbe maturare in coscienza e non per appartenenza partitica. Se così è, non credo cambi molto tra voto segreto o palese».
Favorevole a cancellare il voto segreto?
«Sono in ballo esigenze diverse: da sempre il voto riguardante iparlamentari avviene a scrutinio segreto, ma è pur vero che l’attuale contesto storico chiede la massima trasparenza nelle decisioni. Sarei soddisfatto se, come avvenne nella seduta della Camera del 31 luglio 2007 per Previti, vi fosse un accordo unanime fra i gruppi per consentire in deroga il voto palese».
Prima Mediaset, poi Mondadori. Nelle carte dei giudici Berlusconi è sempre il dominus delle sue imprese, quindi anche dell’illegalità . Lei che idea si è fatto?
«Ho letto gli atti con molta at-tenzione. Per mia cultura, poichè siamo in uno Stato di diritto, va espresso massimo rispetto per le decisioni della magistratura. Sempre».
Il video. Che effetto le ha fatto mentre la giunta doveva decidere? Un colpo basso? Un’interferenza? Il grido del naufrago? O solo un film già visto?
«Non ho mai votato Berlusconi, sono un parlamentare eletto nelle liste di Sel: le mie valutazioni sono alquanto scontate. Parallelamente però, da presidente della giunta, devo dire di non essermi sentito coinvolto, anche perchè il video non fa alcun riferimento al nostro lavoro».
La gente si chiede: è possibile che per far decadere dal Senato uno che per legge non ha diritto di starci si perdano tre mesi?
«So bene cosa pensano i cittadini, ogni giorno ricevo centinaia di email. E so anche bene che il 9 settembre ci si aspettava la decisione della giunta. Ma occorre essere realistici: il relatore Augello ha presentato 71 pagine di relazione, meritevoli di approfondimenti. A soli 9 giorni da quella data, la giunta ha votato. Rispettando quell’”immediatamente” della legge Severino. Non era affatto scontato».
Berlusconi si è difeso nel processo con il fior fiore degli avvocati. Che senso ha, adesso, che venga a difendersi pure in giunta? Da cosa? Dai magistrati o da voi?
«Il senso è tutto nella legge, che certo oggi non invento io. Il contraddittorio è un principio sacro, senza che ciò significhi che gli interessati debbano sfuggire alla fermezza del collegio».
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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