IL PPE SI SPOSTA A DESTRA: LA MISSION E’ PROSCIUGARE IL TERRENO AI SOVRANISTI
MANFRED WEBER PER IL DOPO JUNCKER ALLA COMMISSIONE UE
“I nazionalismi portano alle guerre”, sentenzia Angela Merkel di fronte alla platea del Ppe che a Helsinki le tributa l’applauso più lungo di tutti, ancora prima che inizi a parlare.
“Ancora non sapete cosa sto per dire…”, si schernisce lei, al suo ultimo giro di boa in politica, presto non più presidente della Cdu, cancelliera fino al 2021 e stop.
Merkel chiude un Congresso che decide di spostare i Popolari a destra con l’elezione di Manfred Weber, bavarese, attuale capogruppo a Strasburgo.
Sarà lui lo ‘Spitzenkandidat’ del Ppe, il candidato per il dopo-Juncker alla testa della Commissione europea per il voto di maggio. Ancora cristiano-sociali, ma più a destra: in questa corsa interna Weber era anche il candidato di Viktor Orban, di tutti i Popolari del sud e dell’est.
Non c’è storia per lo sfidante Alex Stubb, 50 anni, finlandese, vicepresidente della Banca per gli investimenti europea, curriculum lunghissimo di cariche istituzionali, conoscenza delle lingue, maratoneta, feroce critico delle violazioni dei diritti nell’Ungheria di Orban. La paga: si ferma al 20 per cento, contro il 79,2 per cento di Weber, 46 anni, curriculum decisamente più asciutto, volto perennemente in modalità ‘sorriso democristianamente rilassato’, prima elezione in Baviera, la terra di Horst Seehofer, il ministro degli Interni tedesco che è riuscito a spostare più a destra la linea della Cancelliera.
Dopo la proclamazione, sulle note di ‘One vision’ dei Queen, Weber e Seehofer si abbracciano. Ci mancherebbe. Ma questo è un dettaglio.
Il succo della questione lo spiega il presidente ungherese Orban ogni volta che parla con Antonio Tajani che gli chiede di moderarsi, soprattutto dopo che il Parlamento europeo gli ha votato una condanna per violazione dello stato di diritto dell’Unione. “Io potrei anche moderarmi – dice lui – ma poi qui in Ungheria vincono i ‘nazisti’…”. Storie di realismo politico.
Come anche quella del legame tra Orban e Matteo Salvini: a Tajani l’ungherese ha confidato anche ieri sera a cena che “in Italia il mio unico interlocutore è Berlusconi”, assente a Helsinki.
Parlando al congresso scuote un po’ l’Ue (“Non siamo stati capaci di tenerci gli inglesi dentro e i migranti fuori”) ma giura sull’unità del Ppe citando Helmut Kohl: “Ci ha insegnato che ci possono essere disaccordi, malintesi ma si sta uniti”.
Il nemico è a destra. E il Ppe si sposta a destra pensando di prosciugare l’acqua degli avversari.
“Dobbiamo avere la volontà politica di proteggere le frontiere cristiane, dobbiamo fare in modo che nessuno passi le frontiere europee senza passaporto…”, dice Weber immerso nel blu senza scampo che colora la scenografia di questo congresso, in ogni angolo se si eccettua la giacca aragosta della Merkel.
Applausi per Manfred, lui continua: “Io sono cristiano, sembra antiquato come approccio? Non mi interessa, l’importante è avere una base. Siamo orgogliosi del nostro retaggio cristiano, lo difenderemo ma ci vogliono atti concreti che servano a tutti i cittadini a prescindere dalla loro origine”.
Ancora: “Salvini, Le Pen e i polacchi, queste persone parlano molto di nazionalità , queste persone dicono che bisogna esser orgogliosi delle proprie nazioni che le loro nazioni sono migliori delle altre e che bisogna odiare l’Europa. La nostra risposta è questa: non voglio che gli egoismi creino delle separazioni e delle divisioni, siamo orgogliosi di avere ottenuto questa coesione tra l’identità europea”.
Ma sulla manovra italiana bocciata da Bruxelles,Weber già si comporta da candidato, morbido: “Siamo tutti sulla stessa barca, il budget italiano ha già avuto un impatto sui tassi della Grecia, ma io dico dobbiamo trovare un compromesso e sederci intorno a un tavolo”.
A Helsinki il Ppe si comporta da primo della classe. Tajani già annuncia che si ricandida come presidente del Parlamento Europeo: lui ancora sullo scranno più alto di Strasburgo, Weber alla Commissione (sempre che lo Spitzekandidat regga alla prova dei negoziati tra capi di Stato e di governo dopo il voto).
Ad ogni modo, a Helsinki l’aria è ultra-rilassata, come la faccia di Weber, in effetti. I due sfidanti non sembrano nemmeno tali: sempre seduti vicini, sorrisi e abbracci anche dopo la vittoria, “Alex ho bisogno di te in campagna elettorale”, “Certo Manfred ci sarò al cento per cento”.
Gli ultimi sondaggi danno il partito in calo ma ancora primo nel Parlamento Europeo anche al prossimo giro.
Il termometro segna un 25,4 per cento contro il 19,7 per cento dei Socialisti che soffrono la dipartita dei Laburisti britannici dall’Ue.
Il 25,4 vale 180 seggi a Strasburgo, contro i 63 che conquisterebbe l’Enfi, il gruppo del Front National e della Lega, dato all’8,9 per cento.
Poi ci sono i Conservatori e Riformisti, attualmente in maggioranza col Ppe e i Liberali: 7,7 per cento per loro, 54 seggi.
E infine il gruppo Efdd, Europa della Libertà e della Democrazia diretta, il gruppo in cui siedono gli eurodeputati del M5s, viene dato al 7,7 per cento, 55 seggi.
Sommati, Enf, Ecr (che includeranno anche Fratelli d’Italia, ma attualmente comprendono i Democratici di Svezia, estrema destra) e Efdd fanno quasi il 25 per cento.
Ma sono tre gruppi variegati, non fanno blocco comune in Parlamento.
Altro elemento di relativa tranquillità per un Ppe che nella sua parte italiana (Forza Italia) spera di includere Salvini, staccandolo dalla Le Pen e portandolo nel gruppo dei Conservatori, nella parte straniera gioca la partita convinto di poter dare ancora le carte.
“Mi raccomando: resistiamo in Italia…”, sussurra a Tajani Kristalina Georgieva, ex commissaria Ue ora alla Banca Mondiale. In sala i delegati cominciano a defluire.
Da Bruxelles la Commissione Europea ha appena ‘bastonato’ Roma con i numeri non ottimistici delle previsioni economiche per l’anno prossimo, cozzano con la manovra appena bocciata dall’Ue, un ‘taxi’ verso la procedura di infrazione sul debito. A Helsinki guardano all’Italia come una nazione completamente isolata. Anche se non ne parlano dal palco, tranne l’austriaco Sebastian Kurz: “Se alcuni membri dell’Ue non fanno come Spagna e Portogallo”, che hanno avuto la Troika, “se c’è un debito alto come in Grecia, non va bene. Se c’è un modus operandi come in Italia, questo non è corretto per l’Italia ma nemmeno per l’Ue”.
“Siamo sotto attacco da ovest e da est: l’Europa è l’unico modo per tutelare tutti”, dice Tajani tra gli applausi. “E’ il momento di dire no ai nazionalismi stupidi e limitati che respingono l’altro. Chi è patriota ama anche gli altri che vengono da lontano”, dice Jean Claude Juncker, anche lui a fine corsa politica come Merkel.
L’inno alla gioia, l’inno dell’Ue chiude il congresso in Finlandia, oltre mille chilometri di confine con la ‘minacciosa’ Russia, paese dove l’anno prossimo si vota anche per le politiche.
Sui banchi qualcuno dimentica i biscotti a forma di cuore distribuiti dai fans di Weber. Oggi non ci sono gli hotdog regalati ieri da Stubb. E non c’è nemmeno il Babbo Natale di ieri. Inizia la campagna elettorale che guarda già a maggio: la più difficile della storia europea, concordano tutti.
(da “Huffingtonpost”)
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